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Autore: IceQueenJ    21/09/2014    1 recensioni
Bella e Edward si conoscono da quando erano bambini, ma un giorno Bella deve trasferirsi con in genitori in Italia. Passano gli anni e i due continuano a tenersi in contatto, questo grazie alle loro famiglie.
Tutto cambia con una visita inaspettata.
Cosa accadrà quando Edward rivedrà Bella?
Cosa accadrà quando Bella lascerà il suo ragazzo e dopo qualche mese tornerà a Forks a conoscenza di cose che non dovrebbe sapere?
E come reagirá Edward?
Riusciranno a risolvere i loro problemi?
Riusciranno a superare tutte le sfide che gli si presenteranno?
-Questa storia è stata pubblicata anche su Wattpad.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Charlie/Renèe, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Buona domenica a tutti.

Come vi aveva detto la scorsa settimana, ieri non sono riuscita ad aggiornare, ma sono riuscita a trovare un pò di tempo tra un capitolo di citologia e l'altro per pubblicare il nuovo capitolo della storia.

Non avendo altro da dire .... vi lascio alla sua lettura.

Spero che vi piaccia e che recensiate. Ah, se trovate qualche errore di battitura comunicatemelo, provvederò a correggere.

Ally!

Capitolo 16: Pace fatta

Pov Bella

Il giorno dopo mi svegliai stanca ma sorridente.
Le ore piccole con Alice si facevano sentire, ma ne era valsa la pena. Mi sono mancati i momenti con lei.
Cercai di alzarmi dal letto, ma qualcosa me lo impedì.
Alzai la testa e mi accorsi che Alice era praticamente attaccata a me, stile cozza.
‘Pensa Bella, pensa. Cosa faresti se ti trovassi in una situazione del genere?’.
I miei occhi si illuminarono. ‘Trovato!’.
Presi il braccio di Alice e, molto lentamente, lo alzai. Sempre lentamente, spostai prima le gambe e poi cercai di alzare il busto, cosa che non mi riuscì, perché la voce di Alice mi spaventò talmente tanto, che caddi sul pavimento.
“Bella? Stai bene?”, disse Alice affacciandosi per vedere le mie condizioni.
“Cavoli Alice! Ma quanto ce l’hai leggero il sonno? Mi stavo alzando per andare a fare colazione!”, dissi massaggiandomi il sedere.
“Molto leggero. Scusa s – se ti ho spaventata … Hahahahah”, disse iniziando a ridere.
“Smettila di prendermi in giro. Mi fa male il sedere”, dissi massaggiandomi la parte dolorante. “D’accordo … d’accordo. Ti do una mano. Su andiamo a fare colazione”.
Dopo esserci alzate e ricomposte andammo in cucina, dove trovammo Christian, Emmett, Jo, Rose e il mio piccolo cucciolo, Thomas.
“Tia Ali, tia Bella!”. Tommy ci corse incontro attaccandosi alle nostre gambe. Entrambe ci abbassammo per salutarlo e poi Alice, dopo averlo preso in braccio, si avvicinò al tavolo.
“Buon giorno! E io che pensavo che quel rumore significasse che tu e mio fratello ci stavate dando dentro”, disse il sempre simpatico Emmett.
A quelle parole Christian tossì. “D – dando dentro? La mia piccola non fa queste cose”, annuii Christian convinto.
“Caschi male Emm, mi dispiace. Edward è a Forks con Jasper. Ieri abbiamo fatto una serata tra ragazze e loro, tra ragazzi. E Christian … davvero credi che Bella sia ancora come zia Renee l’ha fatta?”, Alice rimproverò suo fratello e mio cugino, guardandoli in cagnesco.
“No, non lo credo. Però … un conto è pensarlo, un conto è averne la certezza”.
“Ma allora cos’era quel rumore?”, intervenne interessata Rosalie.
“Ehm … ecco … Bella era caduta dal letto”, disse Alice iniziando di nuovo a ridere, seguita, poi, da tutti gli altri.
“Sono caduta perché Alice mi ha spaventata a morte. Non sono così sbadata”.
Christian venne ad abbracciarmi, continuando, però, a prendermi in giro. “Ci crediamo tesoro, ci crediamo. Ah dimenticavo! Poco fa ti sono arrivati dei fiori. Li manda Edward. C’è qualcosa che dovrei sapere?”.
A quelle parole mi s’illuminarono gli occhi. “Davvero? Dove sono? Oh nulla. Ieri pomeriggio abbiamo avuto una piccola discussione, riguardo quella cosa di cui ti ho parlato tempo fa”.
“Oh bene … anzi, male! Tutto risolto?”.
Feci per rispondere, ma intervenne Alice. “Si spera”.
Poi tutti in coro: “Ma state sempre a litigare voi due?”.
“Oh … lasciatemi in pace. Faremo pace, tranquilli. Adesso vado a vedere i miei fiori”.
Andai in salotto e quello che vidi mi lasciò senza parole.
Un mazzo di rose bellissime!
Mi avvicinai e presi tra le mani il biglietto che mi aveva mandato.
“Perdonami. Non volevo dire quello che ho detto. Dammi la possibilità di spiegarmi. Dammi un’altra possibilità per amarti”.
Sospirai, stringendo il biglietto al petto. ‘Che dolce che è il mio amore’.
Dopo averli rimirati per bene, mi diressi nella mia stanza, con aria ancora sognante, dove trovai Alice intenta a scavare nel mio armadio.
Restai a guardarla per un po’, aspettando che si accorgesse di me, ma non lo fece, così parlai. “Si può sapere cosa stai facendo?”.
Sobbalzò. “Nulla. Sto … sto cercando qualcosa da mettermi, ecco”, si illuminò per aver trovato una scusa.
“Faccio finta di crederci?”.
Al mio sguardo indagatore e alla mia posa da generale, che lei stessa mi aveva insegnato, alzò le mani in segno di resa.
“Uffa … che palle che sei, Bella! Oltre a cercare qualcosa per me, stavo cercando anche qualcosa per te”.
“Per me? E per quale motivo?”.
“Semplice … devi farti bella per mio fratello. Dovete fare pace come si deve”.
“Oh Alice … faremo pace come si deve anche senza tutti questi accessori”, dissi indicando le cose che mi aveva scelto. Non ricordavo neanche io di avere quel top così scollato e quella gonna così corta, insieme a bracciali, collane e roba varia.
‘Questo non è decisamente il mio genere!’.
“Non credi di aver esagerato un po’? Sai che mi so vestire? E sai che a Edward è sempre piaciuto il mio stile? E sai che non gli farà piacere vedermi vestita in questo modo? Vuoi farlo arrabbiare ancora di più?”. Gli posi tutte quelle domande sapendo quanto questo l’avrebbe fatta innervosire.
E infatti …
“Bella … ti prego smettila con tutte queste domande. Mi stai dando su i nervi. Forse ho esagerato un po’, quindi fammi vedere di cosa sei capace MisshoesageratocongliaccessoriSwan”.
Sorrisi e mi avvicinai all’armadio. Presi i vestiti che volevo indossare e glieli mostrai.
“Beh … devo dire che hai ragione. Farai colpo anche così”.
“Vedi Alice … io non ho bisogno di fare colpo. Ho già … fatto colpo”.
“Hahahahah … oddio Bella! Sei sicura di essere la mia timida migliore amica? Perché da quando stai con mio fratello, io non ti riconosco più. Sei ancora più bella e sexy di prima”.
“In effetti … neanche io mi riconosco. Però … so che voglio essere al top per lui. Boh … forse sarà l’amore”.
“Sarà … ma qua, secondo me, tu hai finalmente capito che sei bellissima e quindi devi assolutamente vestirti bene. Primo, per far venire un colpo a mio fratello e per farlo ingelosire e secondo, per farti sbavare dietro da tutto il mondo maschile … Hahahahah!!!”.
Con lei risi anch’io.
In fondo, però, un po’ di verità c’è. Dalla scorsa settimana ho capito tante cose. La più importante di tutte è quella di valorizzarsi. Non che prima non lo facessi, ma ora, mi piace attirare gli sguardi degli altri maschi e vedere Edward infuriarsi per questo.

Dopo esserci lavate, vestite, truccate e … insomma aver fatto cose da femmine, prendemmo l’auto e ci dirigemmo verso Forks.
Dio! Sono così agitata.
Che io ricordi, non sono mai stata tanto preoccupata per una discussione.
“Eccoci arrivati Bells. Allora siamo d’accordo. Entriamo ed io porto via Jazz, così potrete parlare tranquillamente. Oggi è lunedì, quindi i miei genitori sono al lavoro, e di conseguenza sarete di nuovo soli. Mi raccomando, non litigate di nuovo. Oh … sta tranquilla, si sistemerà tutto. Lo so”.
Feci un respiro profondo e poi scesi dall’auto.
Prima che Alice mettesse le chiavi nella toppa, la porta si aprì. Edward e Jasper stavano per uscire e quando si accorsero di noi rimasero a bocca aperta.
“Ciao fratellone … ciao Jazzino. Mi sei mancato tanto”.
Mamma che imbarazzo!
Edward era rimasto impalato sulla porta a guardarmi e non accennava a fare una mossa.
Alice corse ad abbracciare il suo Jasper e li sentii bisbigliare tra loro.
Entrammo in casa e un silenzio imbarazzante si diffuse. Non avevo il coraggio di guardare nella sua direzione e lo stesso sembrava succedere a lui.
“D’accordo allora noi andiamo … mi raccomando! Comportatevi bene!”.
Jasper rise in risposta alle parole della sua ragazza e poi la tirò verso la porta.
Non riuscendo più a sopportare quel silenzio imbarazzante, decisi di dire qualcosa. “Stavate uscendo?”. Edward restò per un po’ in silenzio, probabilmente valutando se dirmi la verità o meno, poi optò per la verità. “Stavamo andando a casa di Christian. Volevo parlare con te, ma a quanto pare mi hai preceduto”.
Annuii.
‘Perché deve essere tutto così imbarazzante?’.
Siamo entrambi in piedi, uno di fronte all’altra, così vicini eppure così lontani. Non c’è mai stata tutta questa freddezza tra noi.
“Grazie per i fiori, sono … magnifici”.
Edward stava iniziando a rilassarsi. “Sono contento che ti siano piaciuti”.
Annuii.
Non sapevo cos’altro dire.
La distanza che c’era tra noi non mi piaceva. Mi rendeva insicura.
“Senti Edward … mi dispiace. Io non volevo tenertelo nascosto. Ho pensato di dirtelo tante volte, ma, a volte, eri così distante da me, che avevo paura di distruggere la nostra amicizia. È vero … quella scoperta mi ha fatto capire tante cose, cosa più importante che tengo a te. Ci tengo! Non solo come amico. È vero … dopo ho mollato Manu, ma le cose non funzionavano più tra noi. Lui si era allontanato da me e io da lui”.
A quelle parole si avvicinò a me.
Mi strinse tra le sue braccia e in quel momento mi sentii tremendamente bene. “Perdonami, ti prego. Sono stato uno stupido. Prima che ci mettessimo insieme volevo dirtelo, ma poi la parte stupida di me mi ha fermato, perché credevo che … che poi saresti tornata da lui e io non l’avrei mai sopportato. Quando hai detto che volevi andare via, mi sono sentito tradito. Ho pensato a così tante cose. Tutte brutte”.
Gli sorrisi, spostandogli una ciocca ribelle di capelli dagli occhi. “Anch’io mi sono sentita tradita. Una parte di me pensa ancora che debba farti penare. Non riesce a credere che tu mi abbia tenuto nascosto qualcosa del genere, ma l’altra, quella innamorata, mi dice di dimenticare e continuare ad amarti, come ho fatto fino ad ora e voglio farlo. Però …”.
“Però?”.
“Però … entrambi abbiamo tradito la fiducia dell’altro. Sarà difficile”.
Mi strinse a se ancora più forte di prima. “Ma non sarà di certo impossibile”.
Sorrisi sul suo petto. “No, non lo sarà”.
Andò a sedersi sul divano e mi trascinò con se.
“Mi spieghi perché sei andata via in quel modo?”.
“Perché ero confusa. Volente o nolente, quella scoperta ha confermato i dubbi che avevo quando l’ho lasciato e saperlo ha fatto male”.
Volevo terminare la mia spiegazione, ma lui m’interruppe. “C – Confusa? Come ha fatto male? Provi ancora qualcosa per lui?”.
Si allontanò da me e abbassò lo sguardo.
“No Edward, fammi finire. Mi ha fatto male sapere che quando stavamo insieme, mentre io ero a casa a studiare o in palestra, lui fosse con qualcuno che non fossi io. Mi ha fatto male, perché ha confermato i dubbi che avevo. Mi ha fatto male perché i miei amici italiani mi hanno fatto sentire in colpa perché stavo con te e molto probabilmente alcuni di loro sapevano che lui frequentava qualcun altro. Ero confusa, è vero, ma sono andata via solo perché non volevo che tu pensassi che lo amo ancora. Alice ed io ne abbiamo parlato. Me la sono presa con te, anche se in fondo al cuore sapevo che tu volevi solo proteggermi, quando invece era il mio cuore a essere arrabbiato con lui per avermi fatto questo. Capisci? Non dubitare nemmeno per un momento che io non ti ami. Io amo te, solo te. Ho sempre amato te, adesso lo so”, gli accarezzai una guancia e lui si rilassò al mio tocco, poi sorrise. “Credimi”.
“Ti credo … ma ti perdono solo se tu perdoni me. Non volevo dire quello che ho detto. Tu non sei come le altre. Tu sei tu e basta e sei cento … mille volte migliore di loro. Questa storia non è un errore per me, non lo sarà mai. Ti ho aspettata tanto”.
“Lo sai che sei sempre perdonato, vero?”.
“Lo so, ma sai … ho sempre paura che tu mi lasci. Non potrei mai sopportarlo. Smetterei di vivere, come ho fatto in questi due anni”.
“Non ti lascerò Edward. Non lo farò mai”.
Si sporse per baciarmi ed io lo lasciai fare. Le sue labbra mi erano mancate.
“Pace fatta?”.
“Sì piccola, pace fatta”.
Sorridendo sulle mie labbra mi prese in braccio e mi portò nella sua stanza. Quella stessa stanza in cui ci eravamo amati per la prima volta, in cui ci eravamo urlati contro e in cui quel lunedì di agosto, ci amammo di nuovo.
Facemmo l’amore con calma. Facemmo l’amore con … amore. Sì, quella è la parola giusta. Perché noi ci amavano e ci saremmo amati sempre.
Certo, ci sarebbero stati giorni in cui avremmo litigato … in cui ci saremmo urlati contro … in cui ci saremmo detti “Ti odio, è finita”. Altri in cui avremmo riso, forse anche pianto, ma ci saremmo amati, sempre, esattamente come adesso.
Avremmo trovato sempre un modo per fare pace. Perché chi ama davvero … perdona, dimentica e continua ad amare.

“Amore … che ne dici di uscire un po’?”.
“Mmm …”. Mugugnai qualcosa.
Rise. “Allora? Di la verità … ti ho sfinita talmente tanto che non riesci a dire altro”.
Gli tirai uno schiaffo sul braccio. “Smettila scemo! Dove vuoi andare?”.
“Ahia! Ma quanto sei manesca! Non so, magari potremo fare una passeggiata e poi comprare un gelato, che ne dici? Ho voglia di uscire con te, solo con te. È da tanto che non lo facciamo e poi potremmo sai … se incontrassimo i paparazzi, potremmo confermare che stiamo ancora insieme, così smetteranno di pubblicare articoli su me e qualcuno che non sei tu”.
Sorrisi e lo baciai.
“Certo, andiamo a marcare il territorio, Eddy”.
Rise. “Al mio tre ci alziamo da questo letto. 1 … 2 … 3!”.
Ci alzammo contemporaneamente, continuando a ridere.
Quando indossai i jeans, ritrovai la lettera nella tasca e glie la passai, ricordando la mia intenzione di restituirgliela. Quando Edward la vide, scosse la testa. “Io non la voglio. La lettera era per te. Tienila tu”.
“Ma io non la voglio. Mi ricorderà cose che non voglio ricordare”.
Edward mi scrutò attentamente, la prese dalle mie mani e si illuminò. “D’accordo, allora distruggiamola”. Dopo averla fatta in mille pezzi e aver sistemato tutto, uscimmo.
Andammo alla nostra gelateria preferita.
Il proprietario, Joe, un simpatico signore cinquantenne, ci salutò con calore. Ci conosceva da quando eravamo dei bambini e in più, suo figlio Mark andava al liceo con Edward e Jasper. “Edward, Bella … che piacere vedervi. Come va?”.
“Tutto bene, grazie. Vorremmo un gelato”.
“Il solito?”. Edward annuì. “Ecco a voi … gelato cioccolato e nocciola per Bella e menta e cioccolato per Edward”.
Dopo averne mangiato un po’, esclamai soddisfatta: “Grazie Joe è fantastico, come sempre!”.
Edward, che nel frattempo era andato alla cassa a pagare, tornò con ancora in mano i soldi. Lo guardai confusa e lui si strinse nelle spalle, girandosi a guardare Joe.
“Oggi offre la casa, ragazzi. Sono contento che stiate ancora insieme, dopo quello che è successo in questi giorni. Vi conosco da quand’eravate bambini e siete sempre stati così uniti, sono stato molto in pena per voi”.
Sorrisi al pensiero di Joe, preoccupato per noi.
Edward rispose per entrambi. “In realtà non ci siamo mai lasciati. Era tutta una bufala, Joe. A dirti la verità, abbiamo avuto una piccola discussione, ma questa storia non ci ha divisi”.
“Oh sono contento che siate rimasti uniti. Sono contento per voi. Ci vediamo, d’accordo? Fatevi vedere più spesso”.
“Contaci, Joe! Il tuo è il gelato più buono al mondo. In questi anni che ho vissuto in Italia mi è mancato”.
Edward mi prese per mano e uscimmo dalla gelateria. Come sempre, i paparazzi, saputa la notizia ci assediarono e iniziarono a porgerci le loro solite e stupide domande.
Sbuffai e mi strinsi a Edward.
Arrivati in macchina, sospirai di sollievo.
“Giuro che non li sopporto più! Sto per perdere la pazienza. ‘Bella lo hai perdonato? Edward è vero che l’hai tradita? Che ne è della ragazza bionda?’. Che cazzo gliene frega a loro se ti ho perdonato o meno? Li odio!”, urlai esasperata.
Edward rise alla vista del mio broncio. “Su calmati, piccola. Lo fanno per farci innervosire. Non preoccuparti di loro. Presto ci lasceranno in pace”.
Si avvicinò per baciarmi.
“Se lo dici tu”.
“Mmm … lo dico e se pure non lo faranno, pazienza. Noi saremo più forti di loro”, mormorò. “Su … adesso torniamo a casa, perché …”.
“Perché?”, lo guardai curiosa.
“Perché ho una cosa da fare con te”, mi disse con il suo solito sorriso.
Iniziai a lamentarmi. “Davvero? Cosa?”.
Lui iniziò a ridere. “Secondo te?”. Ammiccò nella mia direzione e non riuscii a non arrossire.
Perché riusciva sempre a mettermi in imbarazzo?
Dopo un po’ di tempo mi accorsi che non eravamo diretti a casa sua ma a Seattle, direzione Queen Ann Hill, quartiere in cui vive Christian.
Casa mia.
“Che ci facciamo qui?”.
“Non preoccuparti. Devo solo prendere una cosa che mi ha preparato la signora Bolton”.
“E cosa ti avrebbe preparato la signora Bolton?”.
Lui sbuffò. “Uffa … smettila con tutte queste domande e goditi questa sorpresa”.
“Ma io non sapevo che fosse una sorpresa. Pensavo stessimo andando a casa”.
“Beh … tecnicamente questa è casa tua, quindi …”. Rise.
Gli diedi una spinta per farlo scendere dalla macchina. “Uffa … d’accordo! Prendi quello che devi prendere e andiamo. Su su … scendi dalla macchina!”.
Lui mi sorrise e mi baciò. “Sei incredibile! Devo trovare il modo per farti amare le sorprese, perché non smetterò mai di sorprenderti. A tra poco!”.
Scese dall’auto e scomparve nel cancello della villa di Christian.
Quando fece ritorno, aveva un cestino da picnic in mano e il plaid scozzese che da bambini usavamo per giocare.
“Amore ma … dove dobbiamo andare? E a cosa di ci serve il cestino da picnic?”.
“Oggi faremo trekking!”, disse allegramente.
“Edward … uffa! Trekking? Non ho voglia di fare trekking!”, mi lamentai come una bambina.
“Io sì. Hai anche le scarpe da ginnastica e se ti stanchi ti porto io, come sempre. Sarà divertente, vedrai. Il posto in cui andremo è bellissimo e sicuro. Lì nessuno ci disturberà. Fidati”.
Mise in moto e prese la mia mano tra la sua e la strinse sul cambio. “D’accordo … trekking sia! Ma poi voglio una ricompensa!”.
Gli sorrisi.
“Tutto quello che vuoi amore, tutto”.
“Guarda che ci conto”.

Il viaggio verso la nostra meta sconosciuta (sconosciuta solo per me) durò mezz’ora circa.
Nonostante fossi un po’ arrabbiata con lui perché non voleva dirmi la nostra destinazione, finalmente, dopo due giorni iniziai a rilassarmi, complice anche il panorama mozzafiato.
Pian piano il mio broncio scomparve, lasciando il posto al sorriso che illuminava il mio volto da quando stavo con Edward.
Nonostante la mia felicità ritrovata, pensai a come far capire a Edward e al resto della mia famiglia che io odiavo le sorprese.
Iniziai a pensare che più avrei mostrato odio e più loro me ne avrebbero fatte.
Che poi nemmeno ricordo quando ho iniziato a odiarle.
Quando ero piccola, le adoravo.
Ci pensai su.
‘Ricordi quando vi trasferiste in Italia? Il giorno del tuo quinto compleanno Edward doveva farti una sorpresa, ma non poté venire. Tutti ti dissero che avevano una sorpresa per te e tu riuscisti a scoprire che sarebbe venuto lui, ma poi non arrivò’.
Ringraziai mentalmente la mia vocina per avermelo ricordato e mi voltai a guardare il mio ragazzo che canticchiava tra se una canzone dei Muse, il suo gruppo preferito.
Sentendosi osservato, mi lanciò uno sguardo e mi sorrise.
“Che c’è? Perché mi guardi in quel modo?”.
Ricambiai il suo sorriso e scrollai le spalle. “Nulla … pensavo a quando ho iniziato a odiare le sorprese e come sempre è colpa tua”.
“Colpa mia? Che ho fatto stavolta?”.
“Ricordi quando eravamo piccoli?”. Lui annuì. “Per il mio quinto compleanno avevamo organizzato una festa e tutti mi dissero di avere una sorpresa per me. Pochi giorni prima erano arrivati Christian e i suoi genitori ed io pensai che fosse quella, ma mi dissero che ne avrei trovata un’altra la mattina del mio compleanno. Così non fu, perché quella mattina non venne nessuno. La sorpresa eri tu”.
Chiusi gli occhi ricordando quel giorno.

Italia, Volterra, 13 settembre 2000
“Mamma … papà! Dov’è la mia sorpresa? Tanto io so già che cos’è! Vi ho sentiti parlare l’altra volta”. Oggi è il giorno del mio compleanno.
Qualche giorno fa, per la mia festa, è arrivato mio cugino Christian che ha dieci anni.
Mi è mancato tanto.
La mia mamma e il mio papà mi hanno detto che avrò un’altra sorpresa oggi, ma loro non sanno che io ho già scoperto chi arriva.
Finalmente rivedrò Edward e Alice. I miei migliori amici.
Corsi in cucina, dove mamma e papà stavano facendo colazione.
Nonostante fossi grande, papà mi prese in braccio e mi fece gli auguri. “Buon compleanno Bells”.
“Allora papi? La mia sorpresa? Sono già arrivati? So già che arriveranno zia Esme e zio Carl con Edward, Emmett e Alice. Dove sono? Li avete nascosti?”.
Vidi gli occhi di mio padre intristirsi. “No tesoro, purtroppo non sono riusciti a venire. Hanno avuto un problema. Però ti prometto che a Natale andremo a Forks e tu potrai stare con loro. D’accordo?”. “Non promettere papi. Sei cattivo! Io … io voglio stare ora con loro. Ho sempre festeggiato con Edward. Lui mi aiutava a spegnere le candeline. Adesso chi lo farà?”.
Corsi nella mia stanza, ripensando alla promessa che Eddy mi aveva fatto.
‘Edward … dove sei? Avevi promesso che se ti avessi pensato saresti venuto subito da me. Non mi vuoi più bene? Avevo ragione io. Siamo troppo lontani e tu ti sei dimenticato di me’.
Dopo un po’ di tempo, arrivò Christian che mi abbracciò.
“Hey cuginetta che hai? Perché piangi? Nessuno dovrebbe piangere il giorno del suo compleanno”.
“Mi manca Edward. Lui aveva promesso, ma non ha mantenuto e io adesso sono arrabbiata con lui”. “Bells sai che manchi anche tu a lui? Me lo ha detto Emmett a scuola. Dice che Edward non vuole fare amicizia con le altre bambine perché dopo la sua fidanzatina si arrabbia”.
“Davvero?”.
“Sì. Lui ti vuole bene e se non è venuto è perché non ha potuto farlo. Prima che io venissi qui, Edward era così contento di prendere l’aereo e venire da te”.
“Ma resta il fatto che io non voglio più sorprese allora. Perché le sorprese sono brutte”.

“Davvero? Hai iniziato a odiarle per questo?”.
“Che posso farci. Tu sei sempre stato al centro dei miei pensieri e non vedevo l’ora di rivederti. Mi mancava il mio amico”.
Lui mi lasciò la mano e mi passò il braccio sulla spalla per stringermi a se.
“Anche a me mancavi tu, lo sai. Ricordo i capricci che feci perché Emmett non stava bene. Ero deciso a prendere l’aereo e venire da solo. Litigai anche con Emmett, dicendogli ‘Uffa fratellone … proprio ieri dovevi buttarti in una piscina di acqua ghiacciata? Io volevo andare da Bella. Uffa!’. Camminai due giorni per casa sbattendo tutto quello che mi capitava a tiro. Anche Alice era arrabbiata con lui. Emmett patì le pene dell’inferno in quei giorni. Non ti dico Alice cosa gli combinò”.
Risi. “Non lo sapevo. Non me lo avete mai raccontato. In quel momento riuscivo solo a pensare al fatto che tu non avevi mantenuto la promessa”.
Lui mi sorrise e aprì la portiera del suo lato. “Le altre però le ho mantenute. Non muoverti. Vengo ad aprirti la portiera”.
Aspettai che facesse il giro e poi scesi.
Dopo aver preso tutto l’occorrente ci incamminammo lungo il sentiero.
“Allora trekking?”, mi chiese.
“Sì trekking. Tanto se cado ci sei tu”.
“Sì, ci sono io. Ci sarò sempre io”.
Mi prese per mano e ci incamminammo verso la sua sorpresa.
Quel giorno superai la mia avversione per le sorprese.
Come? Semplice. Grazie a Edward.
Mi aveva portata al nostro prato magico e vedendo tutto quello che aveva preparato per me, per noi, capii che forse … da quel giorno avrei gradito qualche sorpresa in più.
Magari con il tempo sarei riuscita a non arrabbiarmi con Christian o Alice, ma fino ad allora ci sarebbe stata una sola eccezione. Avrei gradito solo quelle da parte di Edward.

 
Vestiti Bella
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Eccoci arrivati alla fine del capitolo.

Spero di non aver deluso le vostre aspettative.

Al prossimo sabato!
   
 
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