Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Tomi Dark angel    22/09/2014    2 recensioni
Tratto dalla storia:
Sequel di: "How To Train Your Sherlock"
Tratto dalla storia: "Questa è Londra, il segreto meglio custodito di questa parte di… be’… nulla. Sì, forse non sarà il massimo della bellezza, ma questo mucchio di rocce e palazzi riserva un bel po’ di sorprese. La maggior parte della gente di solito ha passatempi come leggere o sferruzzare caldi maglioni invernali. Noi invece, preferiamo fare una cosa che ci piace chiamare… CORSE DI DRAGHI!!!"
Johnlock, con accenni di Mystrade. Dedicato a chi impara, cresce e vive leggendo, figlio di innumerevoli mondi e personaggi che, ad ogni parola accarezzata dagli occhi di chi legge, sbocciano tangibili intorno all'anima del lettore per trascinarlo in avventure mozzafiato che egli saprà custodire in eterno nella purezza del proprio cuore.
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Ripetimi dove stiamo andando.-
-Non te l’ho detto, John. E no, non ho intenzione di dirtelo.-
-Neanche un indizio?-
-No.-
-E perché ci sono anche Noah e Molly?-
-Perché ce li siamo trovati alle calcagna di punto in bianco e tu mi hai detto di non seminarli.-
John sorride alla risposta secca di Sherlock. Gli stringe le braccia intorno al collo, affonda il viso nell’incavo tra spalla e collo per ripararsi dal soffiare incessante del vento che poco a poco, con l’aumentare della quota, diventa sempre più freddo. Inspira il profumo della sua Furia Buia, si bea del calore emanato da   quel corpo, adesso premuto contro il suo. L’urtare incessante dei muscoli alari contro le gambe non lo infastidisce, ma John deve indossare degli spessi bendaggi per evitarsi lividi in caso di virate improvvise. A prima vista potrebbe apparire scomodo, ma non è così, non per John. È così abituato a volare in quella posa, aggrappato al collo di Sherlock e con le gambe intrecciate alle sue, che ormai quasi si addormenta durante il tragitto. Sa bene che, se pure allentasse la presa su di lui, Sherlock stringerebbe le mani artigliate intorno ai suoi polsi per tenerlo aggrappato a lui, in equilibrio. Non lo farà cadere, mai.
L’imponente drago a due teste, che stranamente pare niente affatto cresciuto durante gli ultimi due anni, li affianca. Le due teste cornute, entrambe coronate da corna massicce dall’aria micidiale, fissano lo sguardo violetto sulla strada, schizzando a tratti verso il basso nel vano tentativo di ricostruire e riconoscere il percorso che stanno seguendo.
Sulla sua groppa, aggrappata a una delle punte cervicali, siede Molly. Indossa un giubbotto di lana, ha il viso coperto per metà da una sciarpa e le mani abbracciate dai guanti. Di lei, si vedono solo gli occhi color nocciola che, timidi e non visti, ogni tanto si posano su Sherlock.
Ripensa a quell’unica volta in cui ha potuto sfiorare liberamente quella pelle lunare, quel viso privo d’imperfezioni, quel corpo allenato che tanti sogni ha saputo popolare, che tanti incubi ha saputo costruire. L’ultima volta, Sherlock si è fatto toccare per pura necessità, ma Molly è certa che se riprovasse a sfiorarlo per motivi ben diversi, probabilmente la Furia Buia le staccherebbe la mano. A parte questo tuttavia, la stessa Molly non lo farebbe mai: è cresciuta insieme a John, è sopravvissuta alla guerra grazie a lui. Non lo ferirebbe in maniera così meschina. Mai. Qualunque sogno proibito ella nutra, resterà nel cassetto fino alla fine, fino alla morte. Per John, per Sherlock, per se stessa. Per la loro serenità.
-Sherlock, seriamente: stiamo volando da troppo tempo. Dove accidenti ci porti?- urla John per sovrastare il ringhio del vento. Si guarda intorno, fissa lo strato di nuvole perlacee che compatte, coprono quasi interamente la vista sottostante. Nuvole vaporose, morbide come zucchero filato, leggere, informi.
Quante volte, da bambino, John ha perso tempo a fissare le nuvole all’affannosa ricerca di forme riconoscibili da identificare? Allora sognava di toccarle, di accostarsi a quelle matasse di zucchero filato galleggiante anche solo per poterne saggiare la consistenza con le dita corte di bambino. Gli era sempre apparso come un desiderio lontano, un sogno irrealizzabile, una meta che non avrebbe mai sfiorato. Adesso invece, John addirittura le sovrasta le nuvole e, nonostante siano passati due anni dal suo primo volo, a volte ancora fatica a crederci.
Fatica a credere nel miracolo che ha tra le mani, fatica a credere che quel sogno sia reale. Il vento che profuma di vaniglia, il freddo che gli morde la pelle, l’adrenalina che scorre nelle vene. Il mondo visto dall’alto, sovrastato, abbracciato da un unico sguardo incantato che pare spingersi oltre l’immaginario, oltre qualsiasi confine mai delineato dall’uomo. Tutto questo è semplicemente Sherlock, il miracolo che per pura casualità ha voluto incrociare solo e soltanto John Watson. Perché proprio lui? John se lo domanda tutti i giorni.
-Comincia a fare un po’ freddo, o sbaglio?- domanda Molly, innervosita.
Noah emette  un basso grugnito, che si condensa all’istante in una candida nuvoletta di vapore.
-Ci siamo.-
Improvvisamente, Sherlock comincia a calare sensibilmente di quota. Appesantisce il corpo, scudiscia leggermente la coda per equilibrare il peso. Quando poi s’accosta esageratamente alle nuvole, sbatte le ali un’unica volta per diradarle. Il vento prodotto è così violento, così implacabile, che all’istante le nuvole spariscono nel nulla, soffocate dalla stretta del vento e dalla grandezza di ciò che improvvisamente si srotola imponente davanti agli occhi di John.
Luce. Colori. Acqua.
Di meraviglie paesaggistiche, John ne ha viste anche troppe. La sua stessa casa, arpionata in cima a una splendida cascata, rientra nella cerchia di bellezze straordinarie alle quali John non riuscirà mai ad abituarsi. Dovrebbe essere abituato. Eppure, quel paesaggio… è qualcosa che sfonda di netto ogni più fervida immaginazione.
Il cielo sparisce, annegato nella brillante aurora boreale che stende le sue propaggini di luce cangiante in ogni direzione, come un telo immenso e ancora in via d’espansione volto ad abbracciare il mondo intero. I colori danzano, si ripiegano come vestigia di seta, si contorcono e poi mutano in sfumature diverse, inimmaginabili, che John ha saputo osservare soltanto sulle ali arcobaleno di Sherlock.
In basso, sotto di loro, vi è un mare sconfinato, avvolto da un sottile strato di nebbia che ammanta l’ambiente di un’atmosfera sognante, vaga, bellissima. Sull’acqua si riflettono chiaramente i colori e le loro sfumature, al punto da ricreare uno specchio perfetto del cielo che confonde e rimescola il sopra e sotto come due gemelli posti uno innanzi all’altro. John potrebbe tuffarsi in quell’oceano e avere la certezza di fare il bagno in una splendida tavolozza in continuo mutamento.
-Ma… questa è neve?- mormora Molly, rivolgendo il palmo guantato verso il cielo. Leva il naso, ride come una bambina quando un cristallo ghiacciato le si posa tra gli occhi, congelando la pelle in quell’unico, minuscolo punto.
Solo allora John si rende conto che effettivamente, Molly ha ragione: la neve piove leggiadra dal cielo, danzando a mezz’aria prima di affogare nell’oceano di colori che ha trasfigurato il mare.
-Sherlock… è splendido.- mormora con voce rotta dall’emozione. Si preme una mano sulla bocca spalancata, fissa con occhi sbarrati di bambino l’ennesima meraviglia che il mondo ha saputo costruire lì, davanti ai suoi occhi.
Sherlock non risponde, non reagisce. Semplicemente, si guarda intorno alla ricerca del gigantesco iceberg di spuntoni che l’ultima volta ha rischiato di essere la sua tomba. Non avrebbe dovuto portare John laggiù, alla mercé di uomini armati di reti e uncini, ma di menzogne, il suo compagno ne sopporta anche troppe. John merita di sapere, perché quegli umani rappresentano una minaccia che potrebbe coinvolgere tutti loro, se solo i cacciatori decidessero di spingersi più a sud, verso Londra. Sherlock potrebbe annientarli seduta stante, ma è quasi certo che quelle persone non caccino draghi per semplice sport. C’è qualcosa dietro, qualcosa di grosso. E, se si trattasse di una minaccia ben più grande di quanto appaia realmente, allora John deve sapere.
Sherlock non è interessato a difendere Londra, poiché rifiutò la corona così come sua madre gli sconsigliò di fare anni addietro, ma John… a John interessa difendere i suoi amici, perché è nella sua indole, così com’è nella indole di Sherlock proteggere il suo umano. E, qualunque sarà la scelta di John, Sherlock vorrà rispettarla e seguirla come fosse sua.
-Sherlock.- chiama allora John, con una punta di dubbio nella voce. –Seriamente… perché siamo qui?-
Molly e Noah lo guardano, otto paia d’occhi fissi su di lui nel vano tentativo di scavare, di comprendere. Ma Sherlock risulta spesso un libro aperto solo agli occhi di John.
-Perché è qui che sono stato ferito l’ultima volta. Fate attenzione.-
Guarda Noah, che gli rilancia un’occhiata interrogativa, intrisa di domande: cosa devo aspettarmi, adesso?
Sherlock non sa rispondere. Altre reti? Uncini? Arpioni ben più grandi e forse micidiali? No, quei cacciatori non miravano ad ammazzare i draghi, ma a catturarli. Forse, il pericolo più grande potrebbe nascere dalla probabile presenza di sedativi.
Sherlock vorrebbe sentirsi forte, vorrebbe poter avanzare con maggiore sicurezza. Purtroppo però, sa bene di essere lui l’anello debole: se i cacciatori in questione lo rivedessero, saprebbero riconoscerlo e, di conseguenza, conoscerebbero anche la sua debolezza, ossia il punto cieco che scopre la parte sinistra del corpo.
John.
-Da che parte, Sherlock?-
La voce di John brucia di rancore, segno che probabilmente ha percepito la vicinanza di coloro che hanno quasi ammazzato il suo compagno. Non è un buon inizio, considerato che Sherlock dovrà impegnarsi ad allontanare un più che incazzato John da quei maledetti cacciatori. Ma è tardi per tirarsi indietro.
Lentamente, Sherlock cala di quota. Volta il capo a destra e a sinistra, aguzza l’udito, scudiscia la coda, pronta a intercettare e distruggere qualsiasi rete si accosti a John. John: la sua priorità, il suo diamante. Niente dovrà intaccarlo, non una goccia di sangue spillerà dal suo corpo. Sherlock ha deciso così, e così sarà.
Lentamente, la Furia Buia piega un’ala e vira appena verso destra. Non scarta, non azzarda movimenti bruschi. Vorrebbe confondersi col sottile strato di nebbia che pare avanzare in maniera compatta verso di loro, lenta e invasiva come strato di sogno sempre più fitto, sempre più accecante. Dannazione.
-Ci vedete, in mezzo a questa nebbia?- domanda allora Molly, esprimendo ad alta voce le preoccupazioni di Sherlock.
Noah lo guarda, chiede silenziosamente se gli è concesso spazzare via quel debole fastidio con un unico, possente battito d’ali. Certo, sarebbe una mossa tanto utile quanto stupida: se i draghi vedessero i cacciatori, sicuramente i cacciatori vedrebbero loro.
-Non…-
Un sibilo, il segnale che Sherlock attendeva. Il suo corpo risponde, reagisce istintivo a un pericolo già avvertito in precedenza: velocemente, le ali si ritraggono con uno schiocco, facendo precipitare la Furia Buia e John verso l’oceano, veloci come proiettili. John si aggrappa, serra le labbra per non urlare e in un unico fluido gesto, stringe le dita intorno al calcio della pistola che s’appende alla cintura dei jeans. La estrae nell’esatto momento in cui Sherlock spalanca le ali di scatto, arrestando la caduta a un centimetro dall’acqua. La coda s’abbatte nell’oceano, scatenando un’onda gelida che tuttavia non sfiora nemmeno il corpo di Sherlock, già impegnato a scattare lateralmente per poi risalire velocissimo in spirali vertiginose.
Un’altra rete li sfiora, costringendo Sherlock ad avvitarsi a mezz’aria, aprendo e chiudendo incessantemente le ali come lame di forbice in movimento. Sforza i muscoli, snuda gli artigli, volta il capo a destra e a sinistra per proteggere il suo unico punto cieco. Non si lascerà toccare, non ora che c’è John con lui.
Reagendo a questo istinto, il corpo di Sherlock si trasforma in vento, i muscoli si gonfiano nello sforzo di intrecciarsi ad ogni più piccolo movimento aerodinamico. Le ali sbattono, sottomettendo l’aria al loro volere e catturando qualsiasi corrente ascensionale pronta a sospingere Sherlock e John lontani dal pericolo, dalle reti, dalla prigionia.
-Sherlock!-
Un urlo, seguito dallo schianto poderoso di un corpo massiccio che s’abbatte contro una massa dura come la pietra. Qualcuno tossisce di dolore, un drago nelle vicinenze emette un ruggito disperato di bestia in trappola.
-Molly!- urla John, e a quel grido disperato, Sherlock reagisce di conseguenza. Come da copione, si trasmuta in puro strumento al servizio del più piccolo volere di John: ripiega le ali, sfreccia più veloce della luce verso la fonte di quei suoni raccapriccianti che anziché diminuire, aumentano d’intensità ad ogni istante.
Niente al mondo è più veloce e distruttivo di una Furia Buia, dicono le leggende. Niente può abbattere queste bestie poderose, figlie del fulmine e del vento, del fuoco e dell’acqua. Niente arresterebbe la loro furia animale semmai qualcosa la scatenasse.
John capisce cosa vuol dire soltanto allora, quando Sherlock atterra pesantemente sulla gelida pedana congelata di quella che sembra una pura esplosione cristallizzata di ghiaccio alta come un grattacielo. Sfruttando lo slancio del corpo velocissimo, quasi invisibile ad occhio umano, Sherlock affonda le zampe nel suolo, generando nel ghiaccio uno schianto devastante che produce un cratere profondo almeno due metri. Finissima polvere bianca si solleva, galleggiando a mezz’aria per qualche istante prima di venir spazzata via dalle ali che imponenti si spalancano di scatto, tagliando alla base tutti gli spuntoni nelle vicinanze e dando inizio a un crollo a catena che schiaccia senza appello gli umani nelle vicinanze.
Molti cacciatori cadono in acqua, altri ancora scivolano nel cratere, dove Sherlock li finisce a colpi d’artigli o spezzandogli le ossa con la coda poderosa.
John cade a terra, resta immobile al cospetto della gelida furia di Sherlock, il cui volto appare immobile, immutato, quasi robotico mentre intorno a lui il sangue schizza e la gente muore velocemente, fatta a pezzi o stritolata. Non s’impressiona, non s’arresta, non accenna a muovere un brandello di pietà. È la macchina perfetta, il più temibile strumento di battaglia mai esistito, capace di fermare gli oceani con le mani e di abbattere i monti con le ali. Nessuno può opporsi alla sua gelida furia, niente è abbastanza forte da resistere alla possanza di quelle ali poderose. Il mondo intero si inginocchierebbe all’inarrestabile rabbia assassina di quegli occhi senz’anima.
Se non conoscesse Sherlock, John avrebbe paura di lui. Per questo non può biasimare i cacciatori sopravvissuti che s’affannano alla ricerca di un rifugio o di una ormai inesistente via di fuga. Ogni passaggio è collassato, ogni più piccolo viottolo dove nascondersi è stato inghiottito dal crollo delle stalattiti ghiacciate: in pratica, i cacciatori sono rimasti incastrati nella loro stessa trappola. Condannati a morte? Forse. Dipende tutto da John: lui è l’unico in grado di fermare Sherlock e la sua furia omicida. Gli basta un gesto, e il sangue smetterà di scorrere.
-Basta così!- urla una voce, e subito Sherlock s’immobilizza. Leva lo sguardo su un uomo coperto di tagli, zoppicante, ma che stringe un braccio intorno al collo di Molly. –Fermatevi subito, o le spezzo il collo con le mie mani.-
L’uomo li fissa con pupille dilatate, frutto di terrore e adrenalina mescolati. Preme il petto contro la schiena di Molly, che poco a poco, stretta nel suo abbraccio mortifero, comincia a sbiancare. John si specchia nei suoi occhi di bambina, osserva quel viso tanto familiare, tanto gentile, che per lui significa casa e passato.
Molly non ha mai ferito nessuno. Molly è innocente come agnello condotto alla macellazione proprio lì, tra le braccia di un maledetto cacciatore di draghi troppo impegnato a preservare la sua stessa vita per preoccuparsi dell’unica ragazza che col trascorrere degli anni e delle sofferenze, è riuscita a preservare se stessa e la sua innata dolcezza. Molly ha visto morire sua madre, ammazzata dagli stessi draghi che non ha mai voluto accusare o ferire. Ha imparato e insegnato il perdono, così come ha saputo conservare la sua fedele amicizia nei confronti di John, tanto diverso da lei, tanto lontano dai suoi ideali.  
Non Molly. Ti prego, non Molly.
John la fissa in volto, ignora il suo cenno di diniego che vorrebbe spingerlo ad agire nonostante le circostanze. Piccola, coraggiosa Molly Hooper. Così terrorizzata dalla morte, eppure così stoicamente fredda al pensiero di morire.
Ma John non può perdere anche Molly. Insieme a Mrs Hudson, è ciò che resta della sua famiglia passata, del suo trascorso di bambino.
-No… basta, ci arrendiamo.- mormora John, chinando il capo e di riflesso, anche Sherlock richiude le ali, ferma la coda, distende appena i muscoli. Reagisce al semplice volere di John perché sente che è giusto così… e perché Sherlock stesso non è uno stupido.
Fissa Noah, così grosso da coprire il resto della pedana e metà delle stalattiti di ghiaccio circostanti. È abbracciato da una maledetta rete uncinata che affonda i piccoli spuntoni tra le scaglie che ricoprono il corpo, nelle ali morbide, fin dentro i muscoli del collo. Non si muove, quasi non respira. Però, i suoi quattro occhi violetti si spostano su Molly, la fissano con una sorta di celato desiderio. Il petto si alza e si abbassa velocemente, i muscoli si gonfiano, spingendo contro gli uncini nel disperato tentativo di liberarsi. Ma Noah non è abbastanza forte, non ancora. Bizzarro, però: quelli della sua razza dovrebbero essere già maturi, alla sua età.
Porta venti, corridoio settecentoquarantanove.
Velocemente, Sherlock studia la corporatura ancora sottile di Noah, ricostruisce i segni già evidenti di maturazione psicologica che il drago dimostra da mesi ormai. Ma quelli come lui non crescono come gli altri. In effetti, i draghi a due teste devono attendere la maturazione di parecchi organi doppi, a cominciare dai due cuori, volti a sostenere due diversi cervelli, quindi non sono veloci come la stragrande maggioranza dei loro stessi simili …
 
-Cerchi questo?- domanda una voce alle sue spalle. Ancora una volta, Sherlock non ha bisogno di voltarsi per riconoscerne il proprietario. Non vuole guardarlo in faccia, non se la sente. Forse, nel suo Mind Palace, quel ragazzo una faccia non ce l’ha nemmeno.
Solleva una mano oltre la spalla, distende le dita in attesa che il suo ormai coinquilino psicologico gli passi il fascicolo ingiallito dal tempo.
-Non dovresti essere ancora libero.- obbietta Sherlock distratto mentre sfoglia le pagine sottili, sfibrate e ormai fragili come cristallo già crepato.
-Sei tu che me lo permetti.- ride l’altro, e stavolta, Sherlock non può ribattere perché sente che ha ragione, perché sa che in fondo, è colpa sua se quell’individuo è libero di vagare per la sua testa.
-Trovato.-
L’altro non risponde.
 
-Non te lo consiglio.- mormora Sherlock mentre con calma s’inginocchia accanto a John. Gli afferra una mano, la stringe in segno di avvertimento e all’istante, John reagisce come il soldato che è stato: ubbidisce agli ordini, irrigidisce i muscoli in attesa di nuove direttive, ma già pronto a scattare.
-Sono io che vi sconsiglio di muovervi.- ringhia l’uomo, innervosito. Fissa la coda di Sherlock che lentamente si solleva, contrae la mascella al sentore di pericolo immediato e istintivamente, stringe ancora il braccio attorno alla gola di Molly.
La ragazza annaspa, sbarra gli occhi terrorizzata, ma non tenta alcuna ribellione. Fino alla fine, si rifiuta di ferire il prossimo, e questa consapevolezza uccide John lentamente perché sa che Molly morirà a causa della sua stessa innocenza, immacolata come bambina.
John vorrebbe reagire, vorrebbe sottrarla all’abbraccio mortifero di quell’uomo. Ma si fida di Sherlock, e sa che egli non saprà tradirlo. Per questo John non si muove, per questo non reagisce e impotente, resta a guardare.
-Davvero? Immagino che tu sopravviva così, dopotutto: minacciando gli altri, ammazzandoli, camminando sui loro cadaveri. Non posso biasimarti.-
-Non giudicarmi, drago! Non sai nulla di me!-
Ma Sherlock lo guarda, scava a fondo nella sua anima, fissa quegli occhi di un verde slavato, spettrale, quasi incantatore. L’occhiata che gli rivolge è così insistente che l’uomo si vede costretto a chinare lo sguardo, bruscamente sottomesso.
-So che sei cresciuto nei boschi, solo e senza famiglia per anni, fino alla tarda età. So che probabilmente hai perso i genitori o qualche persona cara in un incendio, perché le tue reti sono progettate per serrare il muso dei draghi più grossi e impedir loro di sputare fiamme e ti terrorizza l’idea che io lo faccia, perciò usi il corpo di Molly come scudo. Indossi un cappotto bagnato fradicio nonostante il freddo che probabilmente rischia di assiderarti, ma preferisci sentirti resistente o quantomeno immune alle fiamme e patire il freddo. So che hai imparato a cacciare per sopravvivere in passato, e adesso utilizzi il tuo stesso talento per guadagnare soldi sporchi, probabilmente dettati dai contrabbandieri. So che qualcosa, forse un drago, ti ha ferito al fianco sinistro perché il busto si ripiega a una bizzarra angolatura, ben attento a non distendersi, come se la pelle cicatrizzata tirasse in un punto ben preciso, esattamente tra la penultima e la terzultima costola. Devo continuare o mi fermo qui?-
L’uomo freme, sbarra gli occhi. Schiude le labbra come se cercasse le parole adatte per esprimersi, ma tutto ciò che gli riesce è boccheggiare stordito, ormai al limite della sopportazione: la corda sta per spezzarsi.
-Mi hai stancato.-
Il braccio si stringe ancora, e stavolta Molly non respira più. La sua gola si chiude, il corpo freme di una sofferenza soverchiante che poco a poco la annienta, facendone a pezzi l’anima e il corpo.
-Sherlock!-
John urla, tende i muscoli, ma ancora non si muove. La mano di Sherlock si stringe sulla sua, i suoi occhi serpentini fissano insistentemente qualcosa alle spalle dell’uomo…
Poi, improvvisamente, si scatena l’esplosione.
Una colonna di fiamme violette abbraccia il corpo di Noah, che ruggisce di un dolore talmente acuto da costringere John a coprirsi le orecchie. Una bollente onda d’urto li investe, spazzando via l’uomo e Molly, entrambi sbalzati in aria come marionette di gommapiuma.
Sherlock chiude le ali su John, se lo stringe al petto e lo protegge dal calore che in pochi istanti, scioglie il ghiaccio sotto i loro piedi. La pedana esplode, gli spuntoni rimasti si trasmutano in purissima acqua bollente e crollano uno dopo l’altro con schianti disastrosi.
John urla, sente il terreno mancargli sotto i piedi… ma improvvisamente, le braccia di Sherlock gli stringono la vita e strattonano verso l’alto. Le ali sbattono per combattere il vento furioso che li aggredisce ancora e ancora nel feroce quanto inutile tentativo di spazzarli via.
-Molly!-
John tende una mano verso la colonna di fuoco che s’allarga sul pelo dell’acqua, dilatando le appendici violette, scudisciando di lingue sottili come fruste. Il calore inonda l’aria, sciogliendo a mezz’aria la neve che imperterrita continua a cadere dall’alto.
-MOLLY!!! Sherlock, dobbiamo…-
Ma stavolta, Sherlock non reagisce al volere di John. Al contrario, si avvita a mezz’aria, preme il capo di John contro il suo petto e, dando le spalle alla nuova ondata di calore bollente, lo protegge da eventuali ustioni.
Quando tutto finisce, l’aria odora ancora di bruciato. I fiocchi di neve continuano a evaporare e sottilissima cenere violetta galleggia placida a mezz’aria. Della gigantesca pedana non vi è più traccia, a parte un minuscolo rimasuglio circolare del diametro di circa un metro. Piccolo, sottile, fragile… ma abbastanza forte da sorreggere due corpi ormai adulti.
-Ma che…-
Molly tossisce stordita, inspira quasi grata l’odore di violette selvatiche che le solletica le narici. Non sa cosa è successo, ma tutto ciò che ricorda è l’informe esplosione di fuoco che l’ha travolta, spazzandola via con facilità disarmante.
Sono morta?
 Se è così, allora morire è davvero una bella sensazione. Avverte il calore di una stretta gentile intorno al corpo, e la sua trachea adesso è libera di respirare senza sforzo. Bizzarro, innaturale. I morti dopotutto, non respirano.
Qualcosa le accarezza le labbra con delicatezza. Un sospiro rilassato, l’accentuarsi della stretta intorno al suo corpo.
-Sta bene.- asserisce una voce musicale, vibrante come cristallo, che Molly non riconosce. È un timbro singolare, che rende quasi cantata ogni parola.
Lentamente, Molly apre gli occhi. Sbatte le palpebre alla luce cocente dell’aurora sulle loro teste, inspira nuovamente quel profumo fresco di pulito e fiori. Quell’odore… lei lo conosce. Sì, ne è certa. Ma a chi appartiene?
-Molly?- chiama la voce, e Molly rabbrividisce perché il suo nome non è mai apparso così musicale, così giusto sulle labbra di qualcuno. Quando poi mette a fuoco il proprietario di quel più che curioso timbro argentino, il fiato le si blocca in gola.
L’uomo che ha davanti dimostra all’incirca trent’anni ed è… bizzarro. Bizzarro e bellissimo.
Ha i capelli mossi e lunghi fino alle spalle di un viola così scuro da apparire quasi nero, talmente brillante da spiccare sulla pelle lattea che ricopre un viso dai tratti morbidi, gentili, quasi angelici. Incisa all’altezza della fronte e seminascosta dalla lunga frangetta scompigliata, vi è un arabesco viola scuro che pare circondargli il capo di un elegante quanto curioso fregio tatuato. Molly non riconosce quel simbolo intrecciato di linee sinuose ed eleganti, ma ne rimane subito affascinata. In effetti, quel colore così scuro, così intenso, contrasta perfettamente con gli occhi serpentini, di un violetto chiarissimo, che quasi sfiora il bianco. Sulla sommità del capo spicca un palco di corna ricurve, da stambecco forse, che pare collegarsi direttamente col fregio inciso sulla fronte. Ai lati del collo, sbocciano le caratteristiche squame, violette come gli occhi, che scendono lungo le spalle larghe, scurendosi pian piano, fino a sfiorare il nero lungo i fianchi e i dorsi delle mani artigliate, fino alle zampe muscolose di drago che…
-Sei nudo!-
Molly arrossisce furiosamente e si copre gli occhi, imbarazzata. Per tutta risposta, lo straniero scoppia a ridere e scuote il capo, facendo ondeggiare i disordinati capelli violetti.
-Sì, stai bene.-
-Sì, grazie, io … oh, no!- Molly scatta in piedi, liberandosi energicamente dalla stretta dello sconosciuto. Si guarda intorno terrorizzata, gli occhi lucidi, il volto cinereo. Barcolla, ma si impedisce stoicamente di crollare. Raggiunge il bordo della pedana, fissa l’acqua sottostante alla disperata ricerca di qualcosa.
-Noah!- grida, guardandosi intorno. –Noah!-
-Molly…- chiama lo straniero, ma Molly non lo ascolta. Al contrario, solleva il capo e guarda in alto, dove Sherlock e John galleggiano ancora avvinghiati a mezz’aria, tenendola d’occhio.
-Sherlock! Dobbiamo cercare Noah!-
-Molly…-
-Sherlock! Vi prego, facciamo qualcosa! Devo trovarlo, io…-
-Molly!-
Ma Molly continua a ignorare lo straniero. Ancora nel panico, si sfila il giubbotto e flette le ginocchia, pronta a saltare in acqua. Spicca un balzo, tende le braccia verso l’oceano e trattiene il respiro… ma l’impatto non arriva.
Un’immensa ala violetta, intrisa di candide venature e riflessi madreperlacei s’infila tra lei e l’oceano, adagiandola su un mare di seta profumata.
-Cosa…-
-Molly Hooper, mi vuoi ascoltare?- sbotta allora lo straniero, ritraendo l’ala gigantesca, poco più piccola di quella di Sherlock.
Molly lo guarda, specchiandosi in quegli occhi chiarissimi, ipnotici, che si distinguono dalla cornea soltanto grazie al bordo appena più scuro dell’iride.
-Non posso. Lei non capisce! Il mio amico…-
Ma stavolta tocca all’uomo ignorarla: la accosta a sé, cercando di non ridere all’imbarazzo di Molly, ancora a disagio per la sua nudità, e dolcemente le sfiora una guancia con l’indice artigliato.
-Guardami, Molly. Guardami bene: davvero non mi conosci?-
Molly allora assottiglia lo sguardo, inclina il capo. Osserva meglio quei tratti angelici, morbidi, diametralmente opposti a quelli spigolosi di Sherlock. Se paragonati, quell’uomo e la Furia Buia potrebbero apparire come angelo e demone, entrambi bellissimi, entrambi pericolosamente vicini a divorarti l’animo e il cuore.
Poi improvvisamente, qualcosa scatta nel cervello di Molly. Non sa cosa la spinge a pronunciare quel nome, non sa cosa insinua una parvenza di dubbio nel suo cuore, né tantomeno vuole credere che ciò che sta per dire rasenti la realtà. Eppure…
-Noah?-
L’uomo sorride, ed è allora che Molly lo riconosce davvero.
-Ciao, Molly Hooper.-
 
Angolo dell’autrice:
Zan zan zaaan!!! *musichetta tragica* Ok, brutta storia. Brutta, brutta, brutta. Ammetto che Noah sarà l’ennesimo potenziale problema che mi toccherà gestire, ma spiegherò la situazione a (schiva pomodoro marcio) tempo (schiva cocomero) debito (schiva lavatrice)! Ehm… sì, torniamo a noi. Sherlock, difendi la casa dall’assedio dei lettori inferociti! E ancora devono leggere il continuo… (borbotta)
Dunque, tornando seri:  ringrazio profondamente e come al solito i miei draghetti recensori che ancora una volta incoraggiano il continuo di questa storia!
Fatelfay
Sonia_0911
Tony Stark
Wibbly.
Grazie di cuore a ognuno di voi e a prestissimo!

Tomi Dark Angel
  
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