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Autore: messoftwodreamers    23/09/2014    1 recensioni
La vidi portarsi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
Un gesto semplice, quasi scontato.
Eppure.. la trovavo più aggraziata e bella di quanto ricordassi..
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Taylor Swift
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sento per l’ennesima volta la sveglia del cellulare, grugnisco e decido di alzarmi. Quegli occhi blu come il mare in tempesta non mi hanno abbandonato per tutta la notte, come se li avessi stampati nel retro delle palpebre. Fanculo.
Sono le 7:35, rischio di fare tardi come ieri così mi preparo velocemente e scendo di sotto, per salutare mia madre.

“Buongiorno Ed”, mi saluta con un gran sorriso. È sempre così felice e solare, mi chiedo come faccia.

“Ciao mamma”, dico semplicemente, senza incontrare il suo sguardo. Di solito sono decisamente molto più affettuoso con lei, ma oggi non mi va proprio.

“Stai bene? Sembri strano”. Sapevo che se ne sarebbe accorta, è una donna alla quale non sfugge mai nulla. Alzo semplicemente le spalle, mentre prendo una mela dal tavolo.

“Nonna ha chiamato?”. Sinceramente, sapere come stava mio nonno era più importante del mio umore. Sospira al mio cambiamento del discorso.

“No, ma credo che il nonno stia bene, sai benissimo che se fosse successo qualcosa ci avrebbe avvertiti”. Il suo tono è tranquillo e rilassato, ma c’è qualcosa dietro che non mi torna.

“Oggi dopo scuola vado a trovarlo”, dico, più a me stesso che a lei, per fugare ogni dubbio. Mio nonno è una delle persone più importanti che ho. Lui è la mia casa, è la mia famiglia, molto più di mia madre o di chiunque altro. Non potevo perderlo così.

“No, oggi aveva delle visite mediche da fare, non credo abbia tempo per vedere i parenti, puoi andarci domani pomeriggio”, mi dice in tono ammonitore.  Le rispondo con un freddo 'okay' ed esco di casa.
Arrivo davanti a scuola e trovo William e Sarah, da quel che sembra sono presi da una seria conversazione, così li raggiungo per salutarli. Non siamo rimasti molto fuori perché era già tardi, non ho ancora visto Taylor.
Dopo la seconda ora vado al mio armadietto, sto cercando di trovare un fottuto libro che sembra essere sparito.

“Merda, l’ho dimenticato”, lo chiudo con troppa violenza, ma non me frega più di tanto. Subito dopo sento qualcuno che mi tocca la spalla, sembra un tocco delicato, leggero come quello di una piuma. Mi giro e mi ritrovo Taylor a due centimetri da me.

“Ehm.. ciao Ed”, mi dice, sorridendo appena.

“Ciao..Taylor”, le dico lentamente, per rendermi conto bene di quello che sta succedendo. Sono confuso, non capisco perché sia qui.

“Mi dispiace per come ti ho risposto ieri..solo che ero arrabbiata per la chitarra e per come mi hai risposto in segreteria”, dice tutto d’un fiato, guardando a terra, arrossendo. Mi sorprendo a desiderare di metterle la mano sotto il mento per specchiarmi nei suoi occhi azzurri da gattino smarrito.
Scaccio via quel pensiero, agitato, mentre il mio cuore accelera i suoi battiti.

“No.. cioè.. tranquilla. E scusami per, ehm.. come ti ho risposto ieri mattina ma ero arrivato in ritardo, la segretaria che mi ha fatto esasperare.. ero nervoso”. Okay Ed, che cazzo ti succede? Nessuna mi ha fatto sentire così impacciato in tutti i miei 19 anni di vita.

“Oh tranquillo. L’ho già dimenticato”, mi dice con il sorriso più brillante del mondo. “Ti piacciono i biscotti fatti in casa?”.

Corrugo la fronte a questa domanda così casuale. “Uhm.. sì, certo. Come mai me lo chiedi così.. all’improvviso?”. Merda, mi devo dare una calmata e smetterla di incespicare nelle parole.

Taylor non mi risponde, invece mi porge una busta bianca che probabilmente ha tenuto in mano per tutto il tempo, ma della quale non mi ero proprio accorto.

“Sono al cioccolato, li ho preparati ieri e ho pensato di portartene alcuni per scusarmi”, mi sorride, mi guarda negli occhi per un attimo e poi abbassa lo sguardo imbarazzata. Io, invece continuo a sentirmi un cretino, ma dettagli. È davvero un bel gesto il suo, quasi nessuno ha mai fatto una cosa simile per me.

“Oh.. grazie mille, ma non.. dovevi..”, dico piano, interdetto. Ho quasi voglia di scappare da quel bellissimo sorriso.

Taylor scuote la testa leggermente. “Spero solo che ti piacciano”, mi sorride ancora, timidamente, mentre io continuo a pensare che il suono della sua voce sia dolcissimo e non va bene. Ed, per favore, concentrati.

“Sono sicuro che saranno buonissimi, adesso vado in classe o quella psicopatica mi sclera contro. Ci vediamo dopo in mensa”, ci salutiamo mentre mi dirigo velocemente in classe. La prof era già lì ma la lezione non era cominciata ancora.

“Sheeran, aspettavamo solo te”, sento la prof dire dietro le mie spalle.
“Le persone importanti si fanno attendere”, sogghigno, sedendomi al primo banco libero che trovo. La classe scoppia a ridere e la lezione comincia.

Ho seguito per i primi trenta minuti, poi mi sono perso di nuovo negli occhi di Taylor. Così magnetici e trasparenti. Poi il viso, bianco, non pallido, come quello di una bambola di porcellana. E le labbra rosa e piene, sipario di un sorriso così aperto e solare.
Potrei restare ore a fissarla senza stancarmi.

Non mi è ancora chiaro il motivo per cui balbettavo. È tutto troppo facile e allo stesso tempo difficile con Taylor. Da quando ho lasciato Athina, ci penso due volte prima di innamorarmi. Ma non ho di certo deciso di 'non innamorarmi più perché l’amore fa schifo'. Si sa che per quanto ci si può star male la prima volta, continueremo sempre ad innamorarci. Non è il sentimento in sé a far schifo, ma sono le persone di cui ci innamoriamo ad essere sbagliate per noi, a renderlo pesante da vivere. Quindi sarei più che felice di innamorarmi di nuovo, solo non ora.
Il tempo sembra scorrere velocemente, e mentre io e William parliamo del più e del meno andando in mensa mi squilla il cellulare. Sono sopreso di veder apparire il nome di mia madre sul display. Non mi aveva mai chiamato durante la giornata scolastistica.

“Ehi mamma, dimmi”.

“Tesoro, forse non dovrei dirtelo ora, sei a scuola ma..”. Il suo tono di voce è agitato, nonostante si stia sforzando di rimanere calma. Inizio a preoccuparmi, non promette nulla di buono, la maggior parte delle volte.

“Mamma, che diavolo succede?!”. Mi fa sempre innervosire perchè deve sempre girarci intorno alle cose. Mia madre prende un respiro profondo, soffiandomi nell’orecchio.

“Tuo nonno.. ha avuto delle complicazioni durante una visita.. pare che non riuscisse a respirare. Io sono bloccata a lavoro ma tuo padre è già lì con tua nonna”, scoppia in singhiozzi silenziosi, subito dopo aver finito la frase e io sento come se il mondo mi fosse crollato addosso all’improvviso.

Non le do il tempo di dirmi altro che chiudo il telefono e inizio a guardarmi intorno, sto impazzendo.

“Ed, che succede?”, mi chiede William guardandomi preoccupato.

“Cazzo, non è possibile. Non di nuovo”. Sento già gli occhi pizzicarmi e le lacrime che premono per poter uscire. Sono uno che piange difficilmente, ma quando si tratta di mio nonno.. la paura, la tristezza e tutto il bene che gli voglio sono troppo grandi da soffocare.

“Ed, per favore dimmi cosa succede”, mi chiede in modo calmo, ringraziandolo silenziosamente per il suo tentativo di non farmi agitare ulteriormente.

Prendo un respiro profondo prima di parlare. “Mio nonno si è sentito male, devo andare in ospedale”, dico semplicemente mentre inizio a dirigermi verso l'uscita.

“Vengo con te, andiamo”. William sa quanto io sia legato a mio nonno e si è sempre offerto di aiutarmi. Non lo ringrazierò mai abbastanza.

Qualche mese fa abbiamo dovuto ricoverare d’urgenza mio nonno in ospedale. E da lì non è più uscito. Non so che diavolo gli hanno trovato ma continuavano a dargli cure su cure ma non aveva nessun miglioramento. E oggi è addirittura peggiorato. Ho così tanta voglia di piangere, proprio come un bambino.
Sento qualcuno che chiama il mio nome e mi ritrovo Taylor proprio davanti. Ha un tempismo perfetto questa ragazza. Fa’ per dirmi qualcosa, ma la fermo.

“Non ora Taylor”, le dico, freddo come il ghiaccio, mi sposto e continuo a camminare.

Arriviamo fuori e mi rendo conto che l'ospedale è lontano da qui e di certo non posso andarci a piedi.

“Will, hai la macchina?”, chiedo dirigendomi già verso il parcheggio.

“Sì, è qui vicino”, mi dice indicandomi il posto in cui è parcheggiata.

“Dammi le chiavi, guido io”, gli prendo le chiavi dalle mani e apro la macchina.

“Ah no, te lo scordi”, dice con un sorriso, riprendendo possesso di nuovo delle sue chiavi. “L’ultima volta stavi per ammazzarci. Guido io”. Faccio una mezza risata e gli dico che può portare lui la macchina, a patto che si sbrighi.
In quindici minuti di macchina, arriviamo all’ospedale e raggiungiamo il reparto dove era ricoverato mio nonno. Vedo mia nonna seduta su una di quelle scomode sedie da sala d’attesa, con lo sguardo perso nel vuoto e mio padre, che non appena ci nota, cammina verso di noi.

“Ragazzi ma che fate qui?!”. È ovvio il motivo, ma so che si riferisce al fatto che non saremmo dovuti uscire da scuola.

“Papà risparmiati le domande per dopo, dov’è nonno adesso?”. Prima che mio padre possa parlare, ci passa vicino una dottoressa e ne approfitto per sapere qualcosa in più.

“Mi scusi, il signor Sheeran, è ricoverato qui e-”. La dottoressa mi interrompe subito, non appena capisce cosa le voglio dire.

“Sì, stamattina ha avuto un malore e ora non è permesso a nessuno di vederlo”.

“Che vuol dire che non posso vederlo?!”. Mi accorgo di aver alzato la voce solo dall’espressione sbigottita della dottoressa, che arretra spaventata dal mio scatto.

“Ed dai, vieni qua. È inutile che ti arrabbi, restiamo qui fin quando non ci permettono di vederlo”. Sbuffo dal naso mentre William mi tira per un braccio, guardando la donna in camica bianco allontanarsi da noi e ci sediamo.

Sono passate ore, ormai. Mio padre dopo aver accompagnato a casa la nonna stanca, è tornato qui ma non è rimasto molto. Siamo rimasti io e William. Non me ne vado da qui finché non mi dicono che posso vederlo. E se mi dicono che è morto? Che cosa faccio io? La mia mente inizia a vagare tra questi orrendi pensieri, quando all'improvviso il telefono del mio amico vibra.

“È Sarah.. che le dico?”. Bella domanda, non lo so proprio.

“Inventa una scusa, ma non dirle che siamo qui”. Non voglio attirare attenzioni inutili su di me o Will.

Dopo pochi minuti, infila di nuovo il telefono in tasca. Non so che scusa si è inventato e nemmeno mi interessa saperlo in questo momento.
Sono le dieci, sono stanco e sto ancora cercando di trattenere quelle lacrime da quando mia madre ha chiamato. William ha cercato in tutti i modi di convincermi per farmi tornare a casa ma non ci è riuscito, così lui è andato via e sono rimasto solo.

“Signore, non può più stare qui, deve tornare a casa”. Qualcuno mi mette una mano sulla spalla, gentilmente. Ma non è niente rispetto al tocco di piuma di Taylor. Come cavolo mi è venuta in mente lei? Alzo lo sguardo e incontro il viso della dottoressa di questo pomeriggio.

“Ma voglio vedere mio nonno, solo due minuti e vado via”. La sto praticamente supplicando.

La dottoressa si rimette dritta, sospirando. “Solo per questa volta, non ci si abitui”. Mi alzo e lei mi fa cenno di seguirla

Ringrazio la dottoressa e la seguo prontamente. Quando entro in camera del nonno, il silenzio è quasi opprimente, spezzato solo dal regolare 'bip' dei tanti macchinari ai quali è attaccato.
È incredibile che siano quelli a tenerlo in vita. Mi avvicino lentamente e il più silenziosamente possibile, prendo la sedia lì vicino e mi siedo accanto a lui.
Ed eccole.. le lacrime che trattengo da stamattina, scendono una dopo l'altra e non provo nemmeno a fermarle, sarebbe inutile. Vorrei dirgli tante cose in questo momento, ma sarebbero solo parole buttate al vento dato che non può sentirmi. Poi però guardo l’orologio e mi accorgo che non mi resta molto tempo, allora decido di parlare.

“Ehi, nonno. So che non puoi sentirmi, ma non ha importanza. Non mi resta molto tempo, è già tanto se la dottoressa mi ha dato il permesso di vederti per due minuti, quindi non starò qui a farti un monologo. Solo.. svegliati”. La mia voce si spezza e scoppio a piangere, con tanto di singhiozzi. “E non lasciarmi, almeno non così. Devo dirti un sacco di cose, ho bisogno di parlarti e se non lo faccio con te non so con altro potrei farlo. Voglio vedere il verde dei tuoi occhi brillare sotto le luci di questa stanza e ascoltare la tua voce mentre mi parli della tua squadra di calcio preferita, anche se del calcio non mi interessa. Svegliati, perché ti voglio bene e non voglio che tu te ne vada..”. Mi lascio andare e mi accascio sul suo letto, fin quando non sento sempre lo stesso tocco cortese che mi ricorda tanto Taylor ma è totalmente diverso. Ancora, ma perché penso a lei?

Esco da quel posto, che in realtà ho sempre odiato ma dove ormai passo quasi la maggior parte del mio tempo. Torno a casa, i miei stanno già dormendo, poggio sul tavolo i biscotti che mi ha dato Taylor, penso che mangerò domani mattina per colazione, e salgo di sopra per mettermi al letto.
In teoria doveva essere una giornata normale e decente, in pratica è stata una giornata di merda. Era iniziato tutto alla grande, avevo addirittura chiarito con Taylor, ora ho un’ansia assurda per mio nonno e a Taylor starò di nuovo antipatico. Perfetto.
Devo ancora farla pagare a quei coglioni che hanno rotto la sua chitarra, ma non mi va di pensarci adesso. Mi addormento quasi subito, pensando a quei bellissimi occhi azzurri..


NOTE: Hiii, sono tornata ahhaha.
Volevo precisare che questo capitolo non è stato scritto solo da me, la mia amica lo ha modificato visto che io non avevo tanta..come dire..ispirazione. Quindi lo abbiamo scritto insieme. Niente, spero vi piaccia hahha, ciao. (;

   
 
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