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Autore: vegeta4e    23/09/2014    2 recensioni
Haytham e Connor sono alla ricerca di B. Church, colpevole di aver tradito l'Ordine Templare e di aver sottratto a Washington i rifornimenti destinati all'Esercito Continentale. Il birrificio di New York è palesemente abbandonato e questo piccolo dettaglio obbligherà padre e figlio a collaborare, costringendo il Gran Maestro a lavorare separatamente sia con Charles sia con il figlio. Successivamente Haytham li convincerà a cooperare, tentando di metter da parte l'odio tra Assassini e Templari per raggiungere uno scopo più grande, desiderato da entrambe le fazioni: vincere la guerra contro gli Inglesi.
Ma non sarà questo l'unico intoppo. Torneranno vecchie conoscenze, vecchi problemi che H. Kenway credeva di essersi lasciato alle spalle. A cosa dare la precedenza? Ad una richiesta d'aiuto o a Washington che, battaglia dopo battaglia, sta perdendo sempre più terreno?
Questi eventi coinvolgeranno anche Connor e Charles Lee, nel bene e nel male.
Dal testo:
Charles e Connor entrarono nella sala, notandomi assente e pensieroso.
«Signore? Che succede?» Sospirai nuovamente, premendomi due dita alla base del naso.
«Temo di dovervi lasciare soli nelle prossime missioni. Devo tornare in Europa» annunciai tornando in posizione eretta per darmi un contegno.
Genere: Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Lee, Connor Kenway, Haytham Kenway, Jenny Kenway
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 10

 

Quindici.

Ne avevo uccisi quindici in quanto?, venti secondi? E sì, li avevo contati come se stessi facendo una banalissima esercitazione e dovessi tenere a mente i proiettili usati. Non traggo piacere dall’uccidere, semplicemente mi riesce. Me lo ripetevo da anni, ma iniziai a ricredermi. Mi piaceva, mi piaceva eccome, ma forse dipendeva da chi mi trovavo davanti. Se dall’altro lato della canna della pistola ci fosse stato Washington, avrei goduto quasi quanto Thomas Hickey con i servizietti delle puttane di Boston.

Caricai la pistola e piantai un proiettile nel cranio all’Inglese che avevo davanti, poi lanciai un’occhiata a Charles, che sparava come un ossesso da dietro la pila di casse di legno che usava come riparo. Connor, finalmente, si era deciso a lanciarsi nella mischia e ad usare il tomahawk, e ne fui contento, dato che sparava come una donnetta impaurita.

Ventidue.

Scossi la testa, pensare a come combatteva mio figlio poteva benissimo passare in secondo piano, quindi afferrai un soldato per i capelli e lo buttai a terra, per poi puntargli contro la pistola e trasformargli il collo in un ammasso informe di carne e sangue. Gli presi il moschetto e, sentendo il respiro affannato di un uomo sul collo, capii di avere un’altra giubba rossa alle spalle e mi voltai fulmineo, piantandogli la baionetta nello stomaco. La estrassi subito e sparai, non attesi nemmeno che toccasse il suolo che ruotai su me stesso, impugnando il fucile dalla canna e sfondando il cranio del terzo uomo col calcio dell’arma. Quei dannati imbecilli urlavano come se li stessimo scuoiando vivi e non avevano il minimo autocontrollo. Non ci avrebbero messo in difficoltà, questo era certo, ma erano tanti, troppi, e noi soltanto in tre.

Mi voltai verso Charles, intento a sparare e ricaricare «Usciamo da qui!» Controllai i proiettili rimasti nel moschetto e li usai per uccidere altri cinque soldati.

Trenta.

Mollai il fucile e corsi verso la palizzata di legno grezzo e consumato, puntai il piede destro su una delle assi e mi diedi una spinta, mentre mi aggrappavo con entrambe le mani all’estremità della staccionata. Connor non ebbe difficoltà nello scavalcare, abituato com’era a saltare di ramo in ramo. Charles, invece, pensò bene di deliziarci con una caduta di decisamente poco stile, mettendosi a cavalcioni sullo steccato e atterrando dall’altro lato a gambe all’aria.

«Tutto bene?»

«Sì. Sì, sto bene» si tirò su spolverandosi i calzoni e, da buon padre quale ero, notai l’espressione beata di mio figlio. Sì, forse l’agilità era l’unica cosa per cui poteva vantarsi. Solo nei confronti di Charles, almeno, perché se avessi avuto qualche anno in meno gli avrei dato del filo da torcere.

«Muovete il culo e prendete quei tre! Muoversi, muoversi!» No, non avevano capito che avrebbero fatto meglio a godersi quel poco ossigeno che gli rimaneva. Dopo pochi secondi, infatti, tutta la parte est dell’accampamento saltò in aria. La bomba che avevo lanciato al di là della palizzata uccise una quarantina di uomini, e il bulbo oculare di uno di questi, spiaccicato nello spazio tra due assi, mi fissava inespressivo.

 

***

Tornai alla tenuta a piedi, cogliendo l’occasione per pensare e schiarirmi le idee. Alla fine la collaborazione con mio padre era stata piuttosto forzata, ma utile: a lui servivo io e a me serviva lui, ma era la scelta giusta? Achille si ostinava a ripetere che il mio comportamento avrebbe avuto ripercussioni negative su tutto. Sulla mia gente, su New York, sugli Assassini. Quali Assassini, poi? Non c’era più nessuno, se non io e qualche giovane adepto alle prime armi. Ero stato duro con lui, ne ero consapevole, ma sapevo di fare la cosa giusta. Dovevo lavorare con Haytham, almeno per il momento. Che piacesse o meno al mio Mentore, dovevamo respingere gli Inglesi, e da solo non ci sarei mai riuscito.

Salii gli scalini con una fatica immane, come se le suole facessero fatica a staccarsi dal terreno. E lo stesso fu per la porta, che mai mi parve così pesante e rumorosa, tanto da far voltare verso l’uscio Achille, seduto davanti al camino acceso.

«Ciao» dissi mentre richiudevo la porta, nella speranza che, forse, il rumore della serratura coprisse la mia voce. Non rispose, e a dirla tutta non mi aspettavo reazione diversa, quindi tirai dritto, diretto verso le scale e quindi alla mia stanza.

«Per quanto hai ancora intenzione di tirarla avanti?» Mi fermai e rimasi in silenzio pur sapendo a cosa si riferisse «Stai mandando tutto in fumo. Tutto quanto» strinsi un pugno. Odiavo dare ragione a mio padre, raramente le sue parole mi ferivano, ma una cosa in particolare mi aveva punto nell’orgoglio: “tu dai ascolto solo ad Achille, tutto quello che dice quel vecchio è oro colato, hai mai preso in considerazione l’ipotesi di pensare con la tua testa?”. Ci avevo provato spesso, veramente, ma il punto era che del Credo, della Confraternita e di tutto il resto sapevo ben poco. Conoscevo Ezio Auditore e le sue eroiche imprese, stessa cosa per Altaïr Ibn-La'Ahad, e tutto grazie ai vecchi libri ingialliti e impolverati, dimenticati sugli scaffali della libreria in soggiorno da chissà quanti anni. Mi sarebbe piaciuto avere un compagno con cui collaborare o a cui chiedere semplicemente un’opinione, ma l’unica persona dalla mia parte che poteva aiutarmi in qualche modo era lui. Solo Achille era in grado di indirizzarmi, però doveva comprendere che avevo il diritto di fare scelte diverse dalle sue, forse un po’ azzardate e a primo impatto sbagliate, ma mai prese senza riflettere.

«Abbiamo fermato gli Inglesi, le truppe da Filadelfia non raggiungeranno più New York e non la occuperanno. Abbiamo aiutato Washington, in fin dei conti» lo annunciai fieramente senza nemmeno voltarmi. Tralasciando i battibecchi con Charles Lee, era andato tutto liscio.

«Oh, scusami, allora. Siete due eroi» sbuffai. Avevo bisogno di consigli, ne ero consapevole, quindi li chiedevo. L’avevo sempre fatto. Era così sbagliato appoggiarsi a qualcuno? In fondo mio padre non faceva altro che parlare della debolezza umana, allora perché odiava così tanto le mie incertezze?

«Stai giocando con la vita delle persone di questa terra, ragazzo.» Oh, certo, solo perché cercavo un contatto con Haytham, giusto «Forse non sei tagliato per questo ruolo»

Colpii lo stipite con una manata, quindi mi voltai verso il soggiorno «Sei tu quello adatto, vero? Cosa fai per ripristinare la Confraternita? Nulla. Te ne stai qui seduto a dirmi cosa fare, mentre là fuori c’è gente che soffre, che muore» tentai di non urlare, cosa che mi riuscì difficile. Non volevo litigare un’altra volta, non avevo voglia di giustificare le mie scelte ad un vecchio a cui non importava niente della Confraternita.

Mi guardò sconcertato «Come osi?» Puntò il bastone a terra nel tentativo di alzarsi. Se fosse stato armato mi avrebbe ucciso, poco ma sicuro «Con che faccia osi dirmi questo? Ti ho accolto in casa mia e ti ho allenato, ti ho dato del cibo, un letto e la tunica che indossi ora» non aveva fiato, ma nonostante questo mi raggiunse, sopportando la fatica immane che aveva fatto per percorrere il soggiorno.

«Cosa hai fatto per il Credo? Cosa hai fatto per fermare i Templari?» Domandai ancora.

«Non collaboro col nemico, innanzitutto»

«Ti stai comportando come mio padre» me l’ero cercata, dopotutto. Non mi fece male, non più di tanto, ma lo schiaffo si sentì forte e chiaro nel silenzio della tenuta.

«Non ti permettere» tremava di rabbia, ma non m’importava. Pretendeva il totale controllo delle mie azioni e la mia obbedienza, esattamente ciò cui miravano i Templari «Stupido ragazzino impertinente, non paragonarmi più a quel pazzo di tuo padre!»

«Non è colpa mia, ho solo collaborato con lui e guarda che questione hai fatto. Te l’ho già spiegato, Achille: fermeremo gli Inglesi insieme, stop» cercai di calmarlo, ma fallii miseramente.

«E Washington? Ucciderai Haytham per il bene del Paese o lo lascerai agire? A questo punto sono convinto che passerai dalla sua parte, ti stai facendo abbindolare, Connor!» Scossi la testa. Quello mai.

«Vado a riposare, sono stanco» non lo lasciai parlare e salii al piano superiore. Non avrei mai abbandonato la Confraternita per aiutare mio padre, di quello ne ero certo. Non approvavo i loro metodi e molte delle loro idee. Tentavo solo di avere un rapporto civile con Haytham, tutto qui. Non c’era nulla di male, volevo provare ad avvicinarmi a lui. Doveva esserci un’alternativa alla morte, doveva.

 

 

Sì, sono viva. *si genuflette*. Lo so, lo so, sono sparita per una settimana e aggiorno in ritardo, ma meglio di nulla, no? Non ho avuto un rientro tranquillo, per nulla, e ho avuto veramente pochissimo tempo da dedicare alla fanfiction. Ma non mi arrendo, buona parte dei capitoli successivi è già scritta, quindi non dovrei avere grossi problemi in futuro (le ultime parole famose), lool. Siete stupiti, eh? Insomma, Connor che si ribella così è molto OOC, ma ci stava, dai. E vedrete Achille, quel dannatissimo vecchio vi stupirà.

Bom, non spoilero nulla e vado. Grazie come sempre a chi recensisce, legge, segue e preferisce, I love you! *giusto perché oggi ho fatto un test terrificante di inglese, ma sshh*. A lunedì prossimo :3

   
 
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