Metodo Scientifico
- 11 -
Fase undici: Jane Doe
“Non indugiare sul passato;
non sognare il
futuro,
concentra la mente sul
momento presente.”
BUDDHA
Eccola, finalmente.
Sospiro sollevato. Felicity è seduta sul bordo della fontana con lo sguardo fisso
a terra e meccanicamente calcia dei sassolini inesistenti sollevando appena del
terreno.
- Ehi, - Mi avvicino
piano. C'è qualcosa che non va.
- Oliver! - Felicity
scatta in piedi riconoscendomi.
- So tutto. - Sorrido
apertamente e poi la imprigiono tra le mie braccia.
- Oliver... - Il suo è
solo un soffio e mi stringe più stretto a sé. - Io...
- Andrà tutto bene, ce
la caveremo. È fantastico!
Felicity si stacca
quel tanto che le basta per guardarmi in volto. I suoi occhi sono grandi e
gonfi, increduli.
- Ho visto i test di
gravidanza in bagno. - Sorrido divertito. - Non eri sicura di uno, addirittura tre, Felicity?
- Volevo essere certa
ma la natura mi ha preceduto.
Si scosta da me di
qualche passo. Sono disorientato.
- Mi è arrivato il
ciclo. - Mi spiega usando un tono pacato, come se
stesse parlando con un bambino. - Non sono incinta. - Una piccola pausa per
renderci conto della realtà. - Niente bambino.
Oh. Resto immobile
nella mia posizione. Felicity si siede nuovamente e sospira
profondamente.
Mi siedo accanto a lei
e rimaniamo in silenzio per diverso tempo.
- Potremmo sempre
provarci... - Tento ma mi blocco.
Il viso di Felicity
scatta all'insù sorpresa dalla mia proposta. - … a fare un bambino? - Termina
la mia frase frastornata.
- Sì ... - La trascino
verso di me e la bacio. - Te lo immagini? Un bel bambino con
i tuoi occhi, il tuo naso, la tua bocca, la tua intelligenza. E se fosse
una bambina? Non sarebbe fantastico averli entrambi?
Felicity resta ferma e
poco dopo si allontana da me. Sorride sforzatamente. - Non lo so... Forse non eravamo pronti. La nostra vita è troppo complicata
in questo momento. Un bambino non è uno gioco... Forse
è meglio così.
- Felicity, - Le
afferro la mano e non la lascio scappare dalla mia
presa. - Tutto bene?
Mi osserva con i suoi
occhi grandi. - Sì.
Il telefono squilla.
Entrambi lo osserviamo suonare. È McKenna.
- Vai, ha bisogno di
te.
- Io... - Tentenno,
sento che qualcosa non va.
- Sto bene. Vai.
Sospiro sconsolato. -
Chiuderò al più presto questa storia, te lo prometto.
Un bambino. Non so
perché ma in questo momento invece di deprimermi, come dovrei, mi viene da
ridere. Sono stata una sciocca a confondere tutti i
sintomi. La mia voglia inconscia di creare una famiglia con Oliver mi ha
portato a credere a cose che non esistono.
Rido apertamente fino
a ritrovarmi senza ossigeno. Mi appoggio allo schienale della sedia e rivolgo
lo sguardo al soffitto. Non avevo mai fatto caso quanti tubi passassero sul
soffitto.
Ho confuso
un'intossicazione alimentare con le nausee della gravidanza, si può essere così
sciocche?
Chiudo gli occhi. Per
una volta in vita mia non voglio pensare.
Sei allo stato
iniziale della malattia, Felicity, abbiamo ancora tempo. La voce di Andrew mi
rimbomba nella testa e il dolore alle gambe mi riporta alla realtà.
Scuoto il capo. Devo
concentrarmi su altro. Raccolgo i faldoni dei documenti. Mi carico per bene e a tentoni raggiungo l'armadio.
Ahia! Le fitte alle
gambe aumentano, è come avere delle lame affilate che punzecchiano la pelle.
Cado a terra insieme
ai faldoni con un tonfo secco.
- Felicity!
Oliver lascia cadere a
terra l'arco e le frecce e mi raggiunge.
- Stai bene? - Mi
libera dai faldoni.
- Ecco cosa succede a
chi non sa camminare su un tacco dodici. Chissà come fanno le altre donne! O forse
sono io che non sono portata? Dovevo aspettarmelo con la mia goffaggine. Ho
puntato troppo in alto ma queste scarpe erano così carine in vetrina, che mi
hanno pregato loro stesse di comprarle e portarle a
casa. In effetti, - Gli mostro i piedi. - Sono o non sono favolose?
Oliver si siede a
terra di fronte a me e mi osserva come se fossi una
aliena. Non pensavo di traumatizzarlo con un semplice discorso di moda
femminile.
Rimaniamo in silenzio.
Evito il suo sguardo.
- Mi vuoi dire che
cosa hai? - Tenta di sfiorarmi la mano ma la ritraggo in grembo.
- Nien...
- Mi ammonisce con lo sguardo.
- Sai che odio quando
mi rispondi con un insignificante “niente, sto bene”. Sono giorni che stai
sulle tue, che appena ti sfioro ti ritrai o abbozzi
una stupida scusa per starmi lontana. - Mi afferra la mano dolcemente. -
Felicity, - Mi incita Oliver. - Parla con me.
Un passo alla volta,
Felicity. Affronteremo il problema giorno per giorno. La voce di Andrew mi
rassicura. Sono una stupida.
Senza rispondere mi
avvicino a Oliver. Ci guardiamo occhi negli occhi.
Afferro il suo viso con entrambe le mani, lo conduco a sfiorare la mia bocca e
lo bacio teneramente.
- Ti amo... conta solo
questo. - E mi tuffo nel suo abbraccio. Un passo alla volta, giorno per giorno,
mi ripeto nella mente.
Le braccia di Oliver
mi stringono strette a sé. Non immagina neanche quanto sia meraviglioso ma
glielo farò capire in tutti i modi possibili.
Finalmente! Afferro la
fialetta del siero che McKenna ed io stavano cercando da
tempo. Ora ho solo bisogno di un esperto per analizzarlo.
- Hai trovato
qualcosa, Arrow? - La domanda di McKenna mi fa voltare verso di lei.
- Può essere. Mi farò vivo quando ne sarò sicuro. - Tentenna, non sa
ancora se fidarsi di Arrow completamente. - Te lo prometto, metteremo fine a
questo scempio.
McKenna si rilassa e
mi restituisce un sorriso. - Va bene, va'.
Metto al sicuro la
fialetta in una delle tasche e mi dileguo.
Il laboratorio è nella semi oscurità. La lampada accesa sulla scrivania
illumina appena i fascicoli che Andrew sta studiando. Chissà a cosa sta
lavorando?
Deve essersi preso una
pausa. Con cautela manifesto la mia presenza e mi
avvicino alla sua scrivania. Sfoglio il fascicolo aperto: Jane Doe.
Questa ragazza non se
la passa bene. Guarda quante analisi che ha eseguito!
Un lavoro davvero scrupoloso. Valori sballati, ma...
- Che ci fai tu qui? -
La voce spaventata e seria di Andrew mi accoglie alle spalle.
Mi volto. Lo guardo
dritto negli occhi.
- Al-lora?
Questo tizio ha la
capacità di irritarmi, come fa Felicity a essere sua amica? Non me lo riesco a
spiegare.
Digrigno i denti. Se
non fosse per McKenna non gli chiederei nessun favore.
- Ho bisogno del tuo
aiuto. - Estraggo la fialetta dalla tasca e gliela appoggio sulla scrivania.
- Del mio aiuto? -
Sembra sorpreso, fa bene!
- Una persona che
conosco si fida di te ed io non ho altra scelta.
Sorride, ha capito che
mi sto riferendo a Felicity.
- Hai lavorato per la
Richmord Enterprise e sai come questo può essere deleterio.
- Purtroppo sì.
- Aiutami a trovare le
prove. Così le famiglie delle persone che hanno perso la vita per lavorare ai
loro insani progetti avranno giustizia.
Andrew rimane in
silenzio, fermo nella sua posizione, con lo sguardo fisso sulla fialetta
appoggiata.
- Va bene.
- Che cosa vuoi in cambio?
- Ho capito dove vuole arrivare.
Si avvicina alla
scrivania, sbianca quando si accorge che ha lasciato il fascicolo di Jane Doe aperto. Lo chiude di scatto.
- Lo saprai a tempo
debito.
Mi avvicino a lui
quasi a fronteggiarlo in attesa della sua mossa. Osservo serio il fascicolo che
stringe nella mano.
- Deve essere
importante per te. - Cambiamo atteggiamento, Oliver, cerca di andargli
incontro.
- Molto.
- Che cos'ha?
- Distrofia miotonica. - Inspira profondamente. - È una
malattia genetica che colpisce il corpo poco alla volta.
-
Si può curare?
Andrew
mi fissa e non risponde. Deduco di no.
-
Le cure sono ancora in fase sperimentale. - Si siede affranto sulla sedia. Si
afferra il capo tra le mani. - Non so come aiutarla se non...
-
Che lei stessa faccia da cavia. - Termino la sua frase lasciata a metà.
-
Esatto.
-
Non puoi scegliere per lei.
-
È un cammino troppo duro e lungo, e le probabilità di guarigione sono pari allo
zero.
- Distacco, Dottor Wolfar, se ti fai coinvolgere da questo caso perderai di
vista il tuo obiettivo. - L'ammonisco severamente.
Andrew si alza di
scatto e mi fronteggia. I suoi occhi sono duri e inflessibili.
- Tu! - Mi punta il
dito contro. - Sfrutti le persone a tuo piacimento e non sei minimamente
riconoscente. Ma
che cosa ne sai? – Il suo sguardo è determinato e ferito. - Non ti
accorgi della sofferenza degli altri ma sei solo concentrato nella tua
utopistica missione di dare una vita migliore a Starling City. Sei solo un egoista che non sa andare oltre
il suo gigantesco ego. Tu sei il grande Arrow, il resto non conta. - Si blocca.
Il suo petto si alza e si abbassa per la foga che ha messo in quell'accusa.
Stringo forte la
faretra nella mano per non reagire, ma ho una grande voglia di prenderlo a
pugni. – Hai finito?
Silenzio. Andrew mi
volta le spalle e prende a sistemare la documentazione. - Te ne puoi anche
andare. - Inspiro profondamente, altrimenti qui finisce male. - Ti ho già detto
che ti aiuterò. Mi farò vivo
io quando il tutto sarà pronto. - Glaciale chiude il discorso.
- Come ti senti? - Il
tono di voce di Andrew ormai è sempre lo stesso da quando ha scoperto che sono
malata: teso e preoccupato.
Gli accarezzo il viso
per tranquillizzarlo. - L'hai detto anche tu, ci saranno giorni sì e altri no.
Oggi è un giorno sì, questo è quello che conta.
Gli ho strappato
finalmente un sorriso. Mi tolgo la camicetta e lui delicatamente spalma la
pomata sugli ematomi che mi sono comparsi sulle braccia.
- Se qualcuno li
vedesse, potrebbe pensare che Oliver ed io facciamo sesso sfrenato tendente al
sadomaso... a dire la verità non so se Oliver gradisca
l'uso delle manette o essere legato al letto. So per certo, però, che lo eccita
da morire la tuta in pelle nera che indossavo quando
tu ed io andavamo in missione.
Andrew si blocca e si
scosta da me sconcertato. - Felicity!
La sua espressione è
troppo divertente e scoppio a ridere. - Scusa.
- Certe rivelazioni
tienile per te la prossima volta, grazie. - Mi scocca un'occhiata offesa. -
Come hai giustificato questi ematomi al signor Queen?
- Al momento non lo
sa, è via per degli affari importanti.
Andrew mi guarda
scettico. - Non gli hai ancora detto la verità?
- L'odore di questa
pomata è buonissima, mi viene quasi voglia di
leccarla. - Inspiro a fondo, cambiando discorso. - Mughetto, miele, lavanda.
Non sembra neanche una medicina.
- Proprio perché le
essenze naturali che ho aggiunto alterano l'odore sgradevole del medicinale che
contiene. - Mi strizza l'occhio e poi mi porge la camicetta. - Dovresti
dirglielo. - Si posiziona di fronte a me.
- Sto solo aspettando
il momento giusto.
- Oh no, - Andrew mi
accarezza il collo.
- Cosa? - Raggiungo la
sua mano preoccupata.
- Ti sono comparse
delle macchie anche qui. - Mi appoggia la mano sullo sterno e poi sulla
clavicola. - Non ti preoccupare, sono appena visibili
e piccoline, confondibili con una allergia. - Mi accarezza la guancia. - Quando
glielo dirai? Non puoi... - Ma non riesce a terminare il discorso che veniamo interrotti.
- Disturbo? - La voce
dura e severa di Arrow irrompe nel laboratorio.
Mi sento gelare.
Andrew si scosta subito da me ed io automaticamente mi stringo la camicetta.
Non oso guardare Oliver negli occhi.
- Ti aspettavo domani
sera. - Lo rimprovera Andrew. - Non puoi irrompere nel mio laboratorio quando
vuoi.
Cosa? - Hai detto a
lui quando rientravi e non hai pensato minimamente di avvisare la sottoscritta?
- Sono così arrabbiata che scendo dal tavolo e lo fronteggio.
Gli occhi di Oliver
sono glaciali. - Abbottonati la camicetta. - Il suo tono autoritario mi fa
rabbrividire.
- Non è come sembra. -
Cerco di recuperare la situazione.
- Felicity, non devi
dargli nessuna spiegazione. - Interviene Andrew.
Oliver stringe forte
l'arco che tiene in mano, un'altra parola e potrebbe trafiggerlo con una
freccia. – Sì che deve. – Lo fredda.
Poggio una mano sul
suo petto. - Non è come sembra. - Sottolineo più
decisa.
Lui mi guarda. I
minuti passano e il silenzio tra noi si fa pesante. Alla fine Oliver desiste.
Chiudo gli occhi e appoggio il capo sul suo petto, all'improvviso sono stanca.
Oliver mi accarezza il
capo e si lascia andare anche lui. - La porto io a casa.
Il suo tono perentorio
blocca ogni azione di Andrew. Passano i secondi. Che tensione. Non doveva
andare così.
Andrew alla fine
desiste, prende in mano il fascicolo e lancia un pacchetto a Oliver.
- Grazie.
- Ho fatto solo il mio
dovere. A te spetta fare giustizia.
Siamo arrivati
all'Arrow Cave da un po'. Sono seduta sulla mia poltrona e sto fissando Oliver
mentre si sta cambiando. Non mi ha rivolto neanche una
parola. Qualcosa mi dice che non ha ancora digerito quello che pensa di aver
visto.
- Potevi avvisarmi che
saresti tornato stasera. Non chiedevo tanto, almeno un sms.
- Pensavo che mi
tenessi sotto controllo con il gps e le telecamere
della città, ma mi sbagliavo, eri occupata a fare
altro. - Si avvicina a me e appoggia le mani sui braccioli della sedia,
imprigionandomi. - Ho rovinato i vostri piani?
Non so se sia più
irritante la sua insinuazione o più gratificante la sua gelosia.
- No, avevamo finito.
- Oddio! Perchè non metto freno a questa bocca?
Sorrido per recuperare. Lui per niente.
- Felicity. - Il suo
tono basso mi fa rabbrividire.
- Devo in qualche modo
ingannare l’attesa del tuo ritorno. – Sospiro. – Dovresti saperlo
che tra Andrew e me c’è uno stretto legame.
- Fe-li-ci-ty.
- Non ci trovo niente
di male se trascorro il mio tempo libero nel suo laboratorio.
- Senza vestiti.
- A volte capita. Una
volta mi ha rovesciato il caffè sul vestito e ho dovuto indossare uno dei suoi
camici… - Oliver avvicina il suo viso al mio incatenandomi con gli occhi. Sta
per dire qualcosa ma desiste mentre mi fulmina con il suo sguardo.
- Il suo mondo è così
interessante… - continuo, con meno sicurezza. - È il mio mentore sulla genetica
informatica. Quando mi mostra delle nuove cose, pendo totalmente dalle sue
labbra… è sempre così affascinante!
- Più del mio?
Sospiro. – Nessuno può battere il tuo mondo, Oliver.
Si avvicina di più al
mio viso, lasciando una labile distanza tra le nostre bocche.
- Odio saperti insieme
a lui, sempre. Odio di più saperti senza vestiti
insieme a lui.
- Oliver, - Tento
piano. - È stato solo un incidente, mica ogni volta giro per il suo laboratorio
in slip e reggiseno.
- FE.LI.CI.TY!
Infosso il capo nel
collo. - Era per dire.
Oliver appoggia il
capo sulla mia fronte. - Mi manchi. - Confessa piano.
- Tu di più. - E lo
bacio.
Oliver mi spinge
contro lo schienale della sedia. Le sue mani scivolano dal mio viso al collo,
giù fino alle spalle. Sta per sfilarmi la camicetta. Spalanco gli occhi
spaventata.
- Aspetta... - Mi
stacco da lui riabbottonandomi. - Non hai fame?
- Ne ho molta. - Mi
guarda come se fossi la cosa più appetitosa al momento.
- Andiamo a casa.
Felicity stranamente è
silenziosa. Siamo da un po' sul divano intenti a guardare la televisione. Ogni
tanto emette dei grossi sospiri, indice che è preoccupata.
Si rilassa solo quando le massaggio la schiena.
Il film è terminato.
Spengo la televisione e mi accorgo solo ora che si è addormentata.
La sollevo piano,
cercando di non svegliarla. Com'è leggera! La osservo meglio e ho quasi
l'impressione che sia dimagrita. Le bacio il capo e la porto a letto.
È notte fonda. Avverto
la sensazione di vuoto intorno a me. Apro gli occhi di scatto e invece di
ritrovare al mio fianco il corpo di Felicity, c'è solo il suo cuscino.
Attivo i sensi per
individuare i diversi rumori. Niente. Mi alzo e a piedi nudi mi dirigo in
soggiorno.
Tutto è al buio e in
silenzio. Ma dov'è? Sto per andarmene quando...
- Oliver, - Felicity
mi chiama. Aguzzo la vista e riesco a intravedere la sua figura seduta in un
angolo della stanza. Mi inginocchio di fronte a lei.
Il buio non mi permette di vederla bene in viso.
- Oliver, - riprende
piano. Allunga la mano e afferra la mia.
- Felicity, che
succede?
- Non riuscivo a
dormire.
Mi siedo accanto a lei
appoggiandomi al muro. Silenzio. La notte è tranquilla e non è disturbata
neanche dalle sirene della polizia.
- Lo devo ammettere, il Dottor Wolfar è
davvero scrupoloso nel suo lavoro.
Mi volto verso di lei
e mi ricambia con un debole sorriso, le afferro la mano e la stringo nella mia.
- Quando gli ho portato il siero da analizzare stava lavorando sul fascicolo di
una certa Jane Doe. Povera ragazza. - Sospiro.
- Oliver, - Inizia
piano Felicity. - Devo confessarti una cosa.
- Non vorrai dirmi che
mi lasci per Andrew? - Sorrido divertito e mi posiziono
di fronte a lei.
Felicity accende la
lampada sul tavolino e finalmente la luce la illumina ai miei occhi.
Mio Dio. Mi manca il
respiro. Ha il corpo pieno di lividi.
- Felicity, - Afferro
le sue braccia ma lei si divincola dalla mia presa.
Mi guarda a lungo. Non
so più che pensare.
- Sono io, Oliver... -
Mi siedo a terra disorientato.
- Che cosa vuoi dire?
- Jane Doe sono io, Oliver.
Continua...
Angoletto di Lights
BOOM! Penso sia preso un infarto a tutti. Le rivelazioni lasciano
sempre il segno. E ora? Vedremo.
Ormai ci stiamo avvicinando alla conclusione della storia, anche se non
vorrei concluderla, mi ci sono affezionata e anche a
voi.
Ringrazio (che è da un po’ che non lo faccio, brutta Lights) Vannagio e Jaybree per il loro
supporto, sempre prezioso.
Grazie a voi tutti che mi seguite.
Sono in velocità, il lavoro mi ha rapito, ma ci tenevo a pubblicare
altrimenti passava un’altra settimana.
Il prossimo capitolo? Incontreremo un personaggio nuovo :3
Momento pubblicità!
Entrate nel nuovo
gruppo di FB [OLICITY] Oscure Lotte Illecite Creano Incontri Troppo
Yeah per parlare di tutto e di
più!
Alla prossima settimana ;)