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Autore: _Elahlea_    24/09/2014    1 recensioni
Loro: si sa ormai, One Direction. Internazionali, amati, desiderati, odiati, ricercati, giovani e infaticabili.
"Che la gente mi dica per quale motivo dovrei sbavare loro dietro! No davvero, nemmeno per Brad Pitt si fa tutto questo chiasso! Ma si può sapere che hanno di speciale? Insomma sì, musica che mette allegria e tutto il resto, però c'è bisogno di andare in visibilio come fosse resuscitato John Lennon? Dammi una buona ragione, Bob, una sola, e ti giuro che esco a cena con uno di loro!!!"
Lei: Emily, cantante, giovane, bella, piena di talento e...scettica. Perché a tutti piacciono gli One Direction? Emily è convinta di poter resistere al fascino che miete milioni di giovani ragazze in tutto il mondo: sarà vero o crollerà miseramente? E se dovesse cedere, quanto potrebbe farsi travolgere da questa febbre che impazza? L'occasione per mettersi alla prova sembra essere un incontro in uno studio televisivo. Ce la farà o no? Si accettano scommesse.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Emily scendi, è pronta la colazione"
La voce di sua madre le giunse ovattata dal piano di sotto attraverso la porta chiusa. Si arrotolò nelle coperte e si voltò a guardare la sveglia: le 8:47.
Emise un sospiro e si soffermò ad osservare il soffitto nella penombra, stentando a credere alla propria cocciutaggine.
L'aveva sognato.
Di nuovo.
Quell'immagine sembrava non lasciarle scampo ogni volta che chiudeva gli occhi: lei ed Harry nell'ascensore, lei che le parlava e lui che non rispondeva. 
Sarebbe stato più un ripercorrere un momento di vita vissuta che un sogno, se non fosse stato per l'epilogo: c'era qualcosa nel sogno che Emily doveva dire; lo sapeva, se lo sentiva nella gola che doveva pronunciare qualcosa di molto importante, ma la voce restava intrappolata proprio lì e non c'era modo di farla uscire, per quanto lei si sforzasse e cercasse persino di urlare invano mentre Harry alla fine usciva lasciandola sola nel cubicolo.
"Al diavolo!"
Si alzò e scese a fare colazione.
"Buongiorno!" la salutò sua madre raggiante.
Emily replicò con un grugnito e uno sguardo gelido.
"Dormito bene?" provò di nuovo la donna.
Emily, la testa inclinata e appoggiata alla mano sinistra la fissò in tralice:"Fai dell'ironia?"
"No, cerco di tirarti su di morale...non mi piace vederti così, tesoro" rispose con una punta d'apprensione.
Emily tirò un sospiro:"Lo so mamma, e mi dispiace di essere sempre così sgarbata...la colpa è solo mia, non dovrei prendermela con voi" mormorò dispiaciuta
"Vedrai che si aggiusterà tutto Emi, devi solo avere pazienza"
"Non si sistemerà un bel niente! Harry non mi parlerà mai più e io non posso fare niente per cambiare questa cosa" sbottò.
"Beh...una cosa ci sarebbe veramente" soggiunse la signora Davis.
Emily si limitò a fissarla.
"Ok, quello che voglio sapere" iniziò sedendosi di fronte alla figlia, "è perché ci stai così male. Se è solo un'amico, non ti sembra di esagerare?" 
"Certo che no! Harry non è "un'amico", è "L'Amico", ok? Prima ci dicevamo tutto, stavamo sempre insieme, poi è arrivata Kendall e dopo che si sono lasciati è successo questo bel casino"
La donna fece per aprir bocca.
"E non mi dire che sono innamorata di Harry e soffro così per questo motivo, perché, davvero, è solo un grosso, colossale, gigantesco buco nell'acqua" concluse alzando la voce ad ogni parola.
Sostenne lo sguardo di sua madre per qualche secondo, poi sul suo viso balenò un lampo d'incertezza.
"No mamma, davvero, io non sono innamorata di Harry"
"Va bene" replicò la madre, palesemente ironica.
"Perché usi questo tono? Sono seria, serissima"
"Ti credo"
"Smettila di dire così" si lamentò la figlia agitando le braccia.
"Così come?" ribatté con tono falsamente innocente
"Hai l'espressione condiscendente" la accusò Emily con l'indice puntato contro di lei.
Sua madre sospirò.
"E va bene Emily, ho il tono condiscendente, perché secondo me tu sei cotta ma non vuoi ammetterlo neanche a te stessa! Sono tua madre, credi di darmela a bere come fossi una pivella alle prime armi? Ti ho cresciuta e pasciuta, che diamine, e so perfettamente tutto quello che passa per la tua testolina riccia, signorinella! Anche il fatto che mi trovi irritante in questo momento"
Emily assottigliò lo sguardo dandole conferma dell'ultima supposizione. Prese un bel respiro e snocciolò tutto il suo ragionamento d'un fiato:"Ok, analizziamo bene la situazione, ti va? Allora: prima resto sola come un cane per i primi diciassette anni della mia vita, poi trovo finalmente un ragazzo che mi vuole bene -o almeno così credo- perché un anno dopo il suddetto ragazzo mi fa due corna grandi quanto una casa perché, si è scoperto di recente, non ero andata a letto con lui. Da tutto questo ambaradan, esco con una mancanza di fiducia nei confronti del prossimo -fin qui ci sei?-, mi faccio dei nuovi amici, oltre a Stacie ed Erick. Mi affeziono ad uno in particolare, che sì, con me è dolce e gentile. ma nel resto del mondo femminile, per i miei gusti, vede solo una scritta "usa e getta" in fronte. Quindi ora io ti chiedo: alla luce di tutto quello che ti ho detto, ti pare il caso che io mi metta con uno come Harry, che per ora fa il poeta maledetto a causa delle pene d'amore che gli ho procurato, ma che dopo una settimana che stiamo insieme potrebbe farmi finire nel dimenticatoio esattamente come tutte le altre?"
Fissò sua madre con gli occhi spalancati, pregando che avesse compreso il suo punto di vista.
"Questo non puoi dirlo con certezza Emily" la ammonì.
"Ma certo che posso! Harry è confuso, non sa districarsi tra i suoi sentimenti, è convinto di amarmi, è in buona fede magari, ma chissà quante altre volte avrà pensato una cosa simile!" sbottò esasperata.
"Fai come vuoi, Emily. Non hai più cinque anni, non posso più dirti che fare. Sei una donna ormai" replicò sua madre alzandosi.
"Ma che fai, te ne vai?" chiese incredula rivolgendo lo sguardo alla schiena di sua madre che spariva nell'altra stanza senza darle risposta.
"Incredibile!" bofonchiò lasciandosi andare sulla sedia.
Sapeva esattamente quello che aveva in mente: far leva sul suo senso di responsabilità per spingerla a farsi chiarezza (come se non c'avesse già pensato) e magari andare a confessare il suo amore ad Harry. 
Come no!
Forse aveva scambiato il whisky col caffè quella mattina.
"E ricordati di prepararti per la festa di stasera! Bob ha detto che la macchina sarà qui tra un'ora" le urlò dall'altra stanza.
La festa!
Se non si fosse trattata di una buona causa, non c'avrebbe pensato due volte a declinare l'invito.
"Eh vabbè, andiamo a prepararci"
 
Il paesaggio fuori dal finestrino scorreva ad alta velocità mentre il cielo, carico di nubi, sembrava essersi dimenticato che la primavera era iniziata da un mese e mezzo ormai. Facendo un breve calcolo, erano circa due mesi che Harry non le rivolgeva più la parola.
"Sono uscito con Paul l'altro giorno" buttò lì Bob rompendo il silenzio
Emily replicò con un annoiato "davvero?" di cortesia, per nulla interessato, continuando a fissare il cielo col mento poggiato sulla mano.
"Sì. Abbiamo parlato del più e del meno e poi inevitabilmente abbiamo parlato di lavoro" 
La ragazza sbuffò impercettibilmente: sapeva benissimo dove sarebbe andato a parare.
"Pensa che coincidenza: a quanto pare ultimamente Harry è più depresso della fossa delle Marianne e tu hai l'affabilità di una tigre del Bengala. Curioso che siate entrambi intrattabili contemporaneamente, no?"
Emily smise di osservare le nuvole per volgere lo sguardo a Bob.
"Dimmi quello che mi vuoi dire e falla finita"
"Ma dico, non vi scoccia fare queste scenate da adolescenti? Avete quarant'anni in due, accidenti, e vi comportate ancora come due bambini"
"Ma basta! Io non capisco davvero perché tutti quanti ficchiate il naso in questa storia: sono affari miei e di Harry! E poi non ha senso quello che dici! Essere infantili un corno! Quello ha una cotta e io no, non c'entra un tubo l'essere infantili! Ora posso, per cortesia, non essere subissata dai i continui pareri di una persona che non c'entra niente a riguardo?" sbottò fuori di sé.
Paul non emise un fiato per tutto il resto del viaggio.
 
Non appena giunsero a destinazione, Emily si affidò alle cure di Melanie, che la fece accomodare su una sedia davanti ad un grande specchio da trucco pieno di lampade.
Paul salutò con un cenno Melanie e poi si dileguò, chiudendosi la porta, non poco rumorosamente, alle spalle. 
Dal fare stranamente laconico del manager, la donna si rese conto che qualcosa non andava.
"Il viaggio è filato liscio, sì?" domandò cauta alla ragazza, che aveva, letteralmente, un diavolo per capello.
"Una crema!" rispose bruscamente.
"Sì, vedo...sembra abbiate fatto una passeggiata di salute, tutt'e due"
Emily non diede manifestazione d'aver sentito alcunché.
"Per caso...è per quel fatto tra te e...?"
"Melanie, per carità, non ti ci mettere anche tu!" la avvisò avvilita. Sentiva che se avesse dovuto sostenere un'altra conversazione sull'argomento sarebbe andata in escandescenze e subito dopo avrebbe avuto un crollo nervoso.
"Ma chi ci pensa, Emi? Sono affari vostri, io non c'entro proprio niente. Non c'è nulla di peggio che avere consigli non richiesti. Se vuoi, io sono qui, ma non pensare che mi metta a fare Cupido tra te ed Harry! Siete abbastanza grandi per sbrogliare la situazione da soli, che diamine"
La giovane fissava il riflesso della donna con gli occhi aperti, incredula, pensando per quale motivo non potessero essere tutti come lei; si meritava una statua!
"Grazie per la disponibilità Melanie; se non si fossero tutti offerti così gentilmente di farmi da guida spirituale, avrei già approfittato, ma ne ho fin qui al momento. Piuttosto, dovresti spiegare quel semplice concetto di cui parlavi a Paul"
"Ah, allora è stato lui a farti saltare i nervi"
"Diciamo più che altro che è stato l'ultimo di una lunga serie. Ha solo avuto la sfortuna di essere la fatidica goccia che fa traboccare il vaso"
"Su Emily, in fondo era in buona fede; l'ha fatto perché ti vuole bene e ci teneva a darti la sua opinione per rendersi utile, tutto qui! Hai visto come c'è rimasto male, poveretto?"
Emily aggrottò la fronte rivolgendo uno sguardo torvo ad una Melanie indaffarata ad acconciarle i capelli. Rifletté sulle sue parole per un po' prima di ammettere, controvoglia, che aveva ragione.
"E va bene, gli chiederò scusa!" si arrese.
"Brava! Ora è meglio che smetti di agitarti tanto sulla sedia, o non faremo mai in tempo"
 
Musica a tutto volume. Luci psichedeliche. Più gente di quanto lo spazio potesse contenerne.
Erano queste le costanti di quelle feste.
Un buffet troppo ricco. Vestiti griffati. Alcool a fiumi.
Ironico che ad una raccolta fondi vi fosse un tale spreco di denaro.
Meno della metà degli invitati era lì perché davvero importava loro qualcosa della ricerca scientifica contro il cancro.
Lei sicuramente si trovava lì solo ed esclusivamente per dare il suo contributo economico: non gliene poteva fregare di meno di passare la serata in compagnia di un branco di ipocriti impomatati. La sua insofferenza era resa abbastanza chiara dal fatto che era rimasta attaccata al cellulare da quando era arrivata, vale a dire all'incirca...
"Un'ora! Precisamente è un'ora che ti cerco!"
Emily alzò gli occhi verso quella voce familiare, indecisa se essere contenta o tesa.
"Che ci fai tu qui Niall?" esordì con poca delicatezza fissando il ragazzo che aveva ancora le braccia incrociate.
"Ciao anche a te. No dai, non saltarmi al collo con tutta questa foga, contieniti per favore" replicò sardonico con un velo di disappunto.
"Ci sono anche gli altri?" chiese facendo finta di non aver sentito.
"Perché non mi chiedi direttamente se c'è Harry? E' questo che vuoi sapere, no?" chiese accomodandosi accanto a lei sul divanetto rosso.
Emily contrasse la mascella, a disagio.
"Mi dispiace Niall, sono un fascio di nervi da giorni. Tu non c'entri niente" si scusò dandogli un bacio sulla guancia.
"Sei scusata. E la risposta alla tua domanda è sì"
Emily aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse: non capiva più se voleva evitarlo o vederlo.
"Sei riuscita ad ammettere che ho completamente ragione a proposito di te ed Harry, o sei ancora convinta che sia pazzo?" la punzecchiò ostentando un'aria saccente.
"Andiamo a ballare, ti va?".
Lo afferrò per la mano senza attendere risposta: la sua intenzione era solo troncare il discorso. Si diresse verso le affollate scale che portavano al piano di sotto, trascinandosi dietro un Niall recalcitrante.
"Santo cielo, quanto la fai lunga per due minuti di ballo!" esclamò Emily mentre cercava di farsi strada tra il fiume di gente che saliva, scendeva o semplicemente sorseggiava un drink sulle scale.
All'improvviso, pochi scalini più giù, le parve di scorgere una zazzera di capelli scuri alquanto familiare; sospirò impercettibilmente quando ii suoi sospetti si rivelarono fondati: Harry stava salendo le scale e tra meno di sette gradini si sarebbero trovati uno di fronte all'altra.
Smise di fissarlo nell'istante stesso in cui lui alzava lo sguardo.
La ragazza proseguì la sua discesa fingendo di non averlo visto, ma contava mentalmente i gradini che li separavano.
Cinque...quattro...
Non lo avrebbe degnato di uno sguardo, quell'arrogante che non l'aveva neanche salutata quando aveva lasciato l'America per andare in Italia!
Era uscito proprio quando lei era arrivata per salutare (aveva anche comprato dei regali per ognuno di loro, dal momento che non si sarebbero visti per tanto tempo)
Tre...due...
Aveva detto che aveva di meglio da fare, quel cafone! naturalmente non si era rivolto a lei direttamente, -giammai!- l'aveva riferito con aria di sufficienza a Louis, parlando a voce alta, per farsi sentire da tutti. Quando era uscita dall'albergo l'aveva trovato dall'altra parte della strada, assorbito dal faticoso compito di bere una birra...era quello il suo meglio da fare!
Uno...
Passarono l'uno accanto all'altra. Un'azione breve, istantanea, ma le sembrò di viverla al rallentatore.
Si era accorto di lei, l'aveva guardata, ne era certa.
Aveva fatto quanto promesso: non l'aveva sfiorato e non l'aveva guardato. L'aveva solo osservato con la coda dell'occhio. 
Andò avanti incurante, raggiunse il piano inferiore gremito di gente e si mise a ballare con Niall.
Harry era rimasto sorpreso per un momento di vederla lì. Si aspettava uno sguardo, un cenno, ma ovviamente non era arrivato nulla di tutto questo. 
Salite le scale, si poggiò alla ringhiera e scrutò il mare di gente sotto di lui muoversi e dimenarsi a ritmo di musica. Saettò con lo sguardo da una parte all'altra, finché non si cristallizzò in un punto della pista.
Lei era lì.
Ballava, muoveva i fianchi e la schiena ignara di quanto fosse bella, di quale effetto fosse in grado di suscitare. I lunghi capelli ondeggiavano con il resto del corpo, che si strofinava contro quello di Niall. mentre lui bruciava. 
Bruciava da mesi, per lei.
Era una sensazione penosa, quasi masochista, quella di volerla vedere e di evitarla contemporaneamente. L'aveva umiliato nell'intimo, aveva lasciato una ferita troppo in fondo perché lui o chiunque riuscisse a curarla. Gli sarebbe piaciuto che lei provasse lo stesso; aveva immaginato che lei si innamorasse di lui e si era divertito a fantasticare sui mille modi in cui avrebbe potuto rifiutarla. Aveva sperato di suscitare questo quando fingeva di non vederla, quando la ignorava, quando baciava ragazze appena conosciute davanti a lei; perché lui si era sentito così: ignorato, by-passato, mancato di rispetto, ridicolizzato. Lei invece non aveva mai fatto una piega, era rimasta sempre impassibile e insensibile a qualunque provocazione, algida, inarrivabile. Era come scagliarsi contro un muro di gomma. E lui era stanco di sprecare energie contro quel muro. 
Per qualche motivo la sua attenzione venne improvvisamente attirata dall'ingresso della sala; vide emergere una figura dall'uscio, una figura che lui conosceva bene. 
Serrò la presa delle dita sul mogano lucido del corrimano e strinse i denti, colto alla sprovvista.
Aveva la testa completamente vuota. Tutto ciò che riusciva a fare era stare lì e osservare la figura slanciata vestita di nero inoltrarsi nella sala.
 
  
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