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Autore: Aleena    24/09/2014    0 recensioni
Rapporto: scudi a terra, armi alla minima potenza. Nemici in sovrannumero disturbano le...
... la notte. I ribelli...
... nessuno.
Riuscite a sentirci?
Qualcuno di voi riesce a sentirci?
____
[4a Classificata al Contest "This is War" indetto da ManuFury sul forum di EFP]
Genere: Guerra, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO III
 
 
  «… attorno a Madrid. La sicurezza è a livelli altissimi, e non sappiano su quali frequenze siano state tarate le difese. Le nostre credenziali potrebbero non essere aggiornate.» concluse un ometto basso, pieno di muscoli e totalmente privo di peli. Il generale annuì, quindi si volse verso il drappello di soldati che gli si erano riuniti attorno. Santiago si affrettò, il tablet fra le mani che mandava un basso ronzio. Come attirati dal movimento, gli occhi del generale si piantarono su di lui e vi rimasero finché l’ufficiale non prese posto nel cerchio di soldati, accanto ai gemelli.
  «Sottotenente. In elegante ritardo, vedo. Devi scusarci, abbiamo iniziato senza attenderti.» disse il generale, gelido. La totale assenza d’inflessioni nella voce dura di quell’uomo era la cosa che più di tutte preoccupava Santiago, dandogli l’impressione che fosse totalmente privo di alcun sentimento. Come avrebbe potuto sopravvivere ad un uomo del genere?
  «Chiedo scusa, signore.» si limitò a dire, modulando il tono a seria gravità, sicuro che nessuna parola in più gli avrebbe procurato vantaggio. Il generale si limitò a squadrarlo per un lungo istante, costringendolo a faticare per non abbassare lo sguardo, prima di riprendere a parlare.
  «Le trasmittenti?»
  «La strada era troppo accidentata, signore. Era impossibile eseguire un buon lavoro in quelle condizioni. Quei congegni sono…» esitò, cercando un termine che non riuscì a trovare. «andati, signore.»
  «Andati?» il generale sollevò appena un sopracciglio. «Andati? Chi cazzo ti ha promosso ufficiale tecnico? Per gli déi! Andati!» non aveva gridato, ma il furore gelido aveva fatto indietreggiare Santiago di un passo.   Sono fottuto, pensò.
  «Lascia che ti spieghi, sottotenente» riprese il generale, stringendo fra i denti l’ultima parola quasi fosse un chicco di caffè particolarmente amaro. «Dobbiamo consegnare un pacco umano in una fortezza piena di soldati che ci credono morti. L’unico modo per entrare è fargli sapere che esistiamo ancora. O vuoi forse esibire i nostri ospiti
  Non sono un bambino idiota, lo so che servono, maledetto bastardo!, pensò Santiago, ma scosse la testa, con gravità.
  «Bene. Amara e Sherita, a voi i primi turni di guardia. Due ore, non di più, poi Tomas e Ruben. L’ultimo turno lo faremo io, Alona e il nostro nuovo ufficiale… che avrà finito di riparare almeno la radio per allora. Riposo soldati.» li congedò, avviandosi verso il mezzo dei Dottori.
  Santiago volse le spalle, inghiottendo un fiotto di ira e mortificazione.
  «Tu si che hai capito tutto della vita militare.» uno dei gemelli gli si era affiancato sulla destra, subito imitato dall’altro: così disposti, facevano sembrare Santiago un condannato scortato in cella.
  «Gradirei non dover subire il vostro umorismo. Ho da fare.» replicò fra i denti Santiago, accelerando il passo.
  «Suvvia, sei il nostro ufficiale, no? Non ti buttare giù così. Puoi punirci, no? Incazzati, urlaci contro, mandaci a pulire i cessi.» ridacchiò il gemello di sinistra, seguendolo a ruota. Ora che poteva vederli da vicino, Santiago notò la scintilla di follia che aleggiava, identica, su quei volti grossolanamente diversi.
  «Te l’ho detto, soldato, modera il linguaggio.»
  «E tu puniscilo! Chi ti obbedirà se non ti fai rispettare? Pensi che basti il tuo gelido disprezzo? O quella bella stella incollata sulla tua spalla?» riprese l’altro. Santiago non gli badò, limitandosi a scivolare all’interno del mezzo. Afferrò una scatola e fece scivolare il contenuto su di un sedile, lasciando che le sue mani esperte navigassero tra i pezzi, analizzandoli e riconoscendoli nella maniera meccanica dettata dall’esperienza.
  Nessuno lo raggiunse.
  Quattro ore più tardi due delle radio erano state assemblate, ma solo una produceva qualcosa di più di un sibilo assordante. L’accantonò, avviandosi al turno di guardia con lo stesso animo di un condannato al plotone d’esecuzione.
  Il punto d’osservazione era un rettangolo di terreno bruciato al limitare estremo del campo, appena fuori dalla cupola di protezione. Un distorsore di campo rendeva le figure poco meno di ombre su un suolo desolato: quattro sagome che si rivelarono essere i gemelli, il generale e il caporale, riunite attorno ad un bruciatore chimico che emanava una luce gialla fissa, simile ad un minuscolo sole. Lunghe ombre notturne scavavano i loro volti, rendendoli alieni e spaventosi nonostante il tono leggero della conversazione. Nessuno sembrò far caso a lui, che si sedette in disparte, lasciando il gruppo di commilitoni alle loro chiacchiere oziose.
  Sentendosi la persona più sola al mondo, Santiago estrasse dalla tasca la foto e rimase a fissarla in silenzio, studiando i volti e i sorrisi che vi erano ritratti con lo stesso interesse di un naturalista che avesse appena scoperto una rara farfalla esotica – e forse era davvero così, perché Santiago era in grado di perdersi nei colori solari di quell’immagine scattata molto, forse troppo, tempo addietro.
  Un ultimo attimo felice, pensò l’ufficiale, sospirando. Chiuse gli occhi e, quando li riaprì, due ombre gli si erano parate davanti; i gemelli lo guardavano, due identici sorrisi stampati in volto.
  «Che abbiamo qui, signore?» chiese uno dei due, melenso e derisorio, mentre l’altro allungava la mano rapido, chiudendo due dita sulla foto e tirandola a sé. Santiago alzò lo sguardo e fissò i due gemelli e prima che potesse fermarsi aveva caricato un colpo con l’arto metallico, diretto allo stomaco del più vicino dei due, quello con la foto ancora stretta fra le dita; che incassò, troppo lento per reagire. Seguendo il movimento dell’impeto, Santiago gli si proiettò addosso, spingendolo con tutto il peso a terra. Cominciò a tempestarlo ritmicamente di pugni, colpendo là dove la carne era più sensibile e scoperta. Da dietro arrivò il sibilo di un calcio che lo colpì alla spalla, e improvvisamente fu una mischia: entrambi i gemelli gli erano addosso, colpendolo con tutta la foga che potevano, mentre lui cercava di evitarli e di colpirli nel frattempo. Era allenato, e si vedeva: colpiva più lentamente dei suoi avversari, ma ogni pugno o calcio era diretto con precisione verso bersagli studiati, che fecero ben presto perdere il fiato e sanguinare i due uomini che gridavano come belve, dimentichi di qualunque legge o ordine.
  Poi ci fu un colpo secco, come di frusta, e una scarica gelida paralizzò la colonna vertebrale di Santiago, bloccandolo a metà di un pugno, il braccio sollevato a mezz’aria. L’immobilità l’invase completamente, seguita da un’onda di dolore che scendeva come un anello di fiamme sulla sua pelle chiara, bruciandogli i peli delle braccia e dandogli fitte insopportabili all’inguine. Così svuotato, Santiago crollò a terra, finendo appena sopra il corpo di uno dei gemelli, colpito dalla stessa paralisi. Immobile, osservò il generale farsi avanti con passo marziale, spostando il cursore della sua arma dalla punta ancora rossa, simile al bagliore di una sigaretta nel buio. Puntò la canna della pistola alla testa di Santiago, che sentì la pelle avvampare e bruciarsi. Gli avrebbe lasciato un marchio, forse, ma non aveva importanza. Contavano solo gli occhi azzurri come il ghiaccio di quell’uomo senza pietà, che lo fissavano con disprezzo.
  Santiago batté le palpebre, impassibile, conscio di quello che l’attendeva. In una mano stringeva la foto, ora leggermente macchiata di sangue nuovo all’angolo superiore. 
  
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