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Autore: Aleena    16/09/2014    0 recensioni
Rapporto: scudi a terra, armi alla minima potenza. Nemici in sovrannumero disturbano le...
... la notte. I ribelli...
... nessuno.
Riuscite a sentirci?
Qualcuno di voi riesce a sentirci?
____
[4a Classificata al Contest "This is War" indetto da ManuFury sul forum di EFP]
Genere: Guerra, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO II
 
 
  Era finita. Doveva esserlo.
  Giaceva con gli occhi chiusi, disteso al suolo e circondato da rovine, polvere e silenzio: l’attacco era cessato e i nemici se ne erano andati. La missione era fallita, per lui. Strinse le labbra mentre le mani si muovevano a spasmi, annaspando frenetiche lungo l’uniforme e fino alle tasche, con un’urgenza che trascendeva il dolore delle ferite.
  «Generale, ce n’è uno qui. Dei nostri. Si muove ancora.» urlò qualcuno da un punto imprecisato alla sua sinistra.
  «Condizioni?» chiese seccamente un altro, col tono di chi sia abituato a poche, decise parole.
  «Ferito, non grave. Forse sotto shock… forse cieco, o sordo. Si muove ma…» la prima voce era troppo vicina per fingere che non fosse Santiago l’oggetto della conversazione.
  Un tremito leggero della terra, pesante rumore di passi.
  «Tirati su, soldato!» ordinò il generale. Santiago rimase immobile, eccezion fatta per la mano, che ancora scavava frenetica nell’abito logoro. Toccò il bordo della carta appena prima che il generale lo afferrasse ad una spalla e, con uno strattone, lo sollevasse in piedi. Rumore di lacerazione, la manica della giacca cedette, mascherando il mugolio. Santiago, non più sostenuto dalla forza dell’uomo, cadde in avanti, distrattamente cosciente del dolore che si irradiava solo dal ginocchio sinistro. Aprì gli occhi – di un verde sporco troppo simile a quello della divisa, il colore di uno stagno abbandonato – e li piantò in quelli glaciali del generale. Fra le mani stringeva una vecchia foto, a cui si aggrappava come ad un’ancora di salvezza.
  «Anche questo è morto dentro. Ma forse sa ancora sparare. Caricalo sul mezzo e cercane altri.» ordinò il generale con tono tagliente, e si voltò per allontanarsi mentre l’attendente ancora eseguiva il saluto.
  Santiago continuò a seguire con lo sguardo l’uomo anche quando questo era ormai solo un ombra fra le distese di corpi ed edifici distrutti, poi gli occhi caddero sull’immagine consunta che teneva fra le mani e nulla ebbe più importanza. Distrattamente si accorse che qualcuno lo visitava, ripuliva le sue ferite e gli iniettava delle staminali sulla pelle lesa. Poi il sedativo, e tratti d’oscurità mentre il suo corpo veniva riparato meccanicamente. Pasti irregolari, albe e tramonti, e una canzone nella testa… y si te piensas echar atras tienes muchas huellas que borrar…1
  Perché? Si chiedeva, e ancora Ho fallito.
  E all’improvviso il sedativo smise di isolarlo dal mondo; tornarono i rumori, e con essi la coscienza.
  Era in una stanza stretta e lunga dalle pareti di cartongesso sbiadito, così sottili che gli pareva di poter sentire l’odore del vento, appena fuori. Una struttura d’emergenza, eretta in meno di un’ora e pronta ad essere smontata, assolutamente inutile come schermo e, meno ancora, come difesa. Era un indizio importante: edifici del genere, più temporanei di una pioggia estiva, erano solo un mero riparo dagli agenti esterni, atmosferici e chimici: se la scelta era caduta su tale costruzione invece che sulle usuali strutture di cemento, voleva dire che la ricognizione si era trasformata in una fuga.
  Santiago si vestì in fretta, si assicurò che tutto fosse ancora nelle sue tasche e corse fuori, incurante delle vertigini, e ciò che si trovò davanti gli provocò una fitta: tre strutture di cui una sola in cemento, quattro mezzi di trasporto, due guardie di perimetro. Nessun muro sonico, nessuna stazione missilistica mobile montata. La respirazione accelerò, mandandolo quasi in iperventilazione. Trenta persone, forse quaranta!
  Senza accorgersene, cominciò a cantare a bassa voce.
  «Pierdes la fe, cualquier esperanza es vana no se que creer. Pero olvidame, que nadie te ha llamadoy ya estas otra vez…2»
  «Non sei male. Ma è una canzone troppo vecchia per un ragazzo come te.» mormorò una voce femminile alle sue spalle. Santiago si voltò.
  «Ragazzo?» domandò, ironico, e lei sorrise. Aveva i capelli di un biondo sporco rasati quasi completamente, alla foggia dei marinai, e scaltri occhi nocciola. Non dimostrava più di diciott’anni. Lei annuì e gli tese una mano delicata. Era più bassa di lui di almeno tutta la testa.
  «Alona.» si presentò, scostando appena il capo in un gesto distratto, che mise in mostra parte delle linee di codice a barre tatuate appena dietro l’orecchio.
  «Santiago. Sei un…» esitò, temendo di offenderla, ma Alona sorrise.
  «Un Re-Ab. Esatto.» disse lei, allegramente. «Ero un ingegnere troppo bravo per morire di cancro. Ero nel team che studiò il primo ordigno a fissione nucleare anisotopa, sai? Quello che ora è nel motore del tostapane.» E rise. Aveva una voce così frizzante e delicata che metteva Santiago a disagio.
  «Di che… anni… sei?» domandò, cercando di nascondere l’imbarazzo.
  «Duemilasedici. Tre anni prima della terza. Sono morta prima di una guerra solo per essere risvegliata per questa. Assurdo, vero? Bella gamba, comunque.» Alona gli fece l’occhiolino, additando l’arto metallico che partiva poco sotto l’anca destra di Santiago. «È affascinante, non trovi? Ai miei tempi non era di routine come ora.»
  Santiago alzò le spalle. Restarono in silenzio per un po’, ascoltando il rumore frenetico dell’accampamento.
  «Ci hanno teso un’imboscata mentre cercavamo di penetrare il loro territorio.» cominciò Alona, lo sguardo fisso avanti, alle colline in lontananza. «Spiavano una missione di spionaggio. C’è dell’ironia pesante in questo, vero?»
  «I Dottori?»
  «Sani e salvi. Non sono mai stati nel loro campo base, sai? Li tenevano fuori, in un bunker che cambiava posto ogni notte. Solo i generali sapevano dov’era. Hanno pensato di averli fatti fuori tutti… e di averci ammazzati. Invece siamo vivi… ventotto soldati, noi compresi, e sedici Dottori. Lì dento.»
  «Come mai non sei con loro?» con un cenno del capo, Santiago indicò un gruppo di soldati a poca distanza, raccolti attorno alla piccola cucina da campo rotonda. Lo sguardo della Re-Ab lo seguì, puntandosi sul veicolo corazzato che riposava ancorato al suolo. Il bunker mobile dei Dottori.
  «Ero brava, ma sono rimasta indietro. Quasi due secoli non vengono colmati con tre anni d’accademia.» Alona scrollò le spalle, piantando le mani nelle tasche. «Ero di base su una nave-accademia quando ci hanno richiamati. Adesso faccio il manutentore specializzato. E tu?» il tono era passato da un velato rimpianto all’allegria con naturalezza, lasciandolo spiazzato.
  «Sottotenente. Ero ufficiale in comando di un piccolo plotone distaccato a Madrid. Due coorti, diciotto cannoni a laser. Non avevamo nemmeno un medico con noi.» disse Santiago, imbarazzato. Sorrideva, non poteva farne a meno. La ragazza lo faceva sentire a suo agio con una naturalezza sconcertante. «I miei erano bravi ragazzi. Ci occupavamo di comunicazione e cifratura… sai, messaggi codificati e riparazione hardware e software. Ci spostavamo spesso e… bhe, ne sono arrivati dodici al campo a nord. Immagino che non li rivedrò più.»
  «Un pensiero inutile. Ora siamo noi i tuoi compagni. E.. oh!» Alona si bloccò di colpo, portandosi sull’attenti. Ancor prima di averne osservato il volto o i gradi, anche Santiago aveva eseguito il saluto, seguendo un riflesso condizionato che era parte dell’addestramento.
  «Riposo.» la voce gelida dell’uomo era inconfondibile, ma solo adesso Santiago poteva associarla al volto rude e duro che lo fissava come un compratore esigente. Non indossava l’uniforme destinata ai generali, ma una casacca verde da soldato semplice, priva di stelle sulle spalline – eppure non si sarebbe osato mettere in dubbio la sua persona.
  «Sottotenente Santiago del cinquantottesimo, telecominucazioni.» si presentò, senza abbandonare la posa rigida.
  «Riposo, ho detto.» intimò il generale, quindi rivolse uno sguardo interrogativo ad Alona, che annuì, seria. «Bene. Telecomunicazioni? Lo vedremo. In quella struttura ci sono tre comunicatori. Trovali, scegliti un mezzo e caricaceli. Te ne occuperai tu. Trova il guasto, riparali. Caporale, assegnagli due soldati del terzo come sottoposti. Xabat e Ricardo andranno benissimo. Fornisci a tutti e tre un nuovo identificativo e poi torna alle armi, le voglio operative entro le sei di domattina. Ah, e procuragli uno dei diari. Sottotenente, da ora in avanti sei un ufficiale con mansioni di storico e la responsabilità di una piccola unità. Comincia col registrare l’attacco.» il generale concluse il discorso con una nota secca, quindi riprese il suo giro. Santiago si voltò verso Alona, con gli occhi ancora spalancati.
  «Guarda che se ne è andato. Rilassati.» disse con allegria il caporale, e poi allungò un braccio chiaro, indicando due uomini identici intenti a controllare i cingoli iridescenti di uno dei mezzi. «Quelli sono i tuoi nuovi migliori amici. Non farti ingannare, si conciano nello stesso modo ma non sono fratelli. Nemmeno cugini, credo. Erano nell’aviazione prima di venir trasferiti al terzo.» disse lei, annuendo come chi avesse spiegato una verità ovvia. Quindi assunse un fare pratico e lo condusse verso la struttura più lontana, un capanno in lamina di cromo riflettente, dove un uomo alto e massiccio lo squadrò dall’alto in basso, senza mai abbandonarlo. Aveva le braccia possenti strette al petto in una posa che faceva risaltare la sua prestanza fisica, leggermente smontata dai piccoli occhiali rotondi in equilibrio sulla punta del naso aquilino. Alona disse che si chiamava Serafin e di non ridere del suo nome, perché era un tagliagole della fanteria; poi consegnò a Santiago tre tablet, gli indicò sette scatoloni e, con una pacca sulle spalle, lo salutò dicendo, a voce troppo alta, «Vedi di andartene presto. Quel grazioso cherubino è un po’ sociopatico.»
  Le scatole erano leggere dunque Santiago se ne caricò il più possibile fra le braccia. Serafin grugnì ma tacque, limitandosi a sbattere la porta alle sue spalle quando l’ufficiale fu uscito dal magazzino, fuori dal quale lo spettavano i due attendenti. Non si presentarono, limitandosi a caricarsi di un identico numero di scatole ciascuno e avviarsi verso il mezzo sul quale lavoravano.
  Tacevano ancora quando, sette ore dopo, Santiago finì di allineare i tablet col server collegato al database nel chip del generale. Quando tutti i sistemi furono online, l’ufficiale cominciò ad ispezionare le scatole, lasciandosi quasi subito sfuggire un gemito disperato.
  «Ti sei appena accorto di essere fottuto, vero?» sghignazzò il guidatore, prendendo l’ennesima buca.
  «Ti pare il modo di rivolgersi a un superiore, soldato?» lo riprese Santiago. I due identici soldati che gli sedevano alle spalle risero.
  «Ufficiale, d’accordo. Siete comunque fottuto. Il generale avrà le vostre palle, garantito. Signore.» rispose l’altro attendente, voltandosi a guardarlo negli occhi. Sedeva accanto a quello che, quasi immediatamente, Santiago aveva cominciato a chiamare “uno dei gemelli
  «Smettete di usare quel tono da film con me, idioti! E tu guarda la strada, altrimenti…»
  «… quei congegni andranno più in pezzi?!» concluse qualcuno dal fondo del mezzo, e tutti gli altri scoppiarono a ridere.
  Santiago chiuse la scatola e la poggiò accanto alle altre, che occupavano i due posti al suo fianco. Nessuno aveva protestato quando le aveva messe lì, e lui sapeva perché. Con calma sollevò la schiena, facendo appello a tutta la dignità che poteva.
  «Chi di voi è del terzo?» chiese, puntando gli occhi su ognuno degli undici soldati che occupavano la parte posteriore del mezzo. Una donna produsse un sorriso furbo e restituì lo sguardo con aria di sfida, ma fu il più anziano del gruppo a rispondere.
  «Ci sono otto Dottori, tre soldati semplici, un sergente e un sottotenente.» fece un cenno di assenso col capo. «I primi hanno una scorta di quattro guardie personali e viaggiano in un mezzo speciale. Gli altri hanno il privilegio di dividere la strada con quel che rimane del terzo. Tutti, tranne uno, viaggiano col generale. Ti è abbastanza chiaro?»
  «Cazzo.» rispose Santiago, mentre una mano saliva fra i capelli corti e pungenti, a carezzare il capo, e l’altra scendeva nei recessi delle tasche. «Si.» e forse avrebbe aggiunto qualcos’altro, ma il veicolo si fermò di colpo, catapultandolo in avanti. Si afferrò al sedile poco prima di finire addosso a una ragazza dallo sguardo di fuoco, provocando un collettivo sbuffo di sdegno che era peggio di qualunque risata.
  Mentre il gruppo scendeva senza proteste o domande, Santiago estrasse la foto dalla tasca e rimase a fissarla con uno sguardo vacuo, mentre un unico pensiero gli affollava la mente.
  Quei soldati non lo consideravano neppure. Era solo, definitivamente solo.

 
1 e se progetti di tornare indietro devi coprire molte tracce
2 Perdi la fede, ogni speranza è vana non si sa a cosa credere.Ma dimenticami, perché nessuno ti ha chiamato e ci sei di nuovo.
  
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