Salve a tutte!
Scusate per il ritardo ma tra i muratori, i compiti, il
concorso di FF a cui mi sn iscritta (e che ero convinta scadesse il 16
ottobreà
super ritardo!!! Erika, scrivi di corsa!!! E poi mi sn accorta che il
termine
era sì il 16, ma di novembre… della serie: Erika
sta letteralmente dando i
numeri XD) davvero non sn riuscita a dedicarmi al cap 33 come dovevo e
ve ne
chiedo scusa. Potevo scrivere qualcosa di veloce tanto per postare ma
non mi
piace fare le cose male e di fretta. Preferisco prendermi
più tempo ma essere
soddisfatta del mio risultato (sono una perfezionista XD) e poi, mi ero
un po’
depressa per il calo di recensioni…
Spero che non sia dovuto ad un abbassamento di interesse per
la storia. All’inizio mi ero un po’ demoralizzata
ma poi mi sn detta: Erika, la
gente va a scuola, deve studiare… magari legge il cap nei
ritagli di tempo e
non ha molto tempo per recensire. L’importante è
che l’aggiornamento sia
piaciuto!
E proprio per questo mi sn messa e ho cercato di scrivere un
bel capito per oggi (ho l’influenzaà
Sn nel letto malata e
ho trovato il tempo di scrivere XD) sperando che possa allietare i
vostri pomeriggi
di studio. Scrivere mi rilassa e mi fa sentire felice. Spero che
leggere le mie
storie abbia su voi che mi seguite lo stesso effetto e che questo
capitolo vi
lasci un sorriso.
Questa è quasi finita ma molte altre idee mi stanno pregando
di essere messe su carta, o meglio, sulle pagine di word!!!
Un grazie gigante alle ragazze che hanno recensito
migliorandomi la giornata (litigata cn mia madre… e chi mi
conosce dirà: Oh che
novità! àio
e lei litighiamo SEMPRE!!! Voglio andare a vivere da sola!!!)
Ora vi lascio che, nonostante la febbre, devo studiare
tantissimo.
Un bacio (pieno di germi… no anzi, meglio di no XD) a tutte
e continuate a seguirmi. Il prossimo aggiornamento non
tarderà ad arrivare. È una
promessa! (giovedì va bene? )
Vostra Cassandra, malaticcia
ed infreddolita!!!
Ps: scusate per il carattere
piccolo che ho usato la volta scorsa… non so
perché me lo ha fato così…
*sconcerto*
PPS: questo è il link per la
culla da viaggio di Elizabeth XD :
http://www.genux.com/files-V2/img-8/pg-42145-1-ek.jpg
Bella's Pov
< Esme… Per
favore, voglio parlare con mio marito!
>
< Bella, aspetta un secondo,
di grazia. >
Emmett parlava velocemente, troppo velocemente. Non
riuscivo a distinguere nemmeno una parola. Corrugò la fronte
e scosse il capo
fissando Rose ed Esme, poi indicò me e la porta con la testa.
Esme mi prese per l’avambraccio e cercò di
accompagnarmi in camera. Io puntai i piedi e cominciai a gridare:
< Io
voglio parlargli! >
Rose ed Esme mi presero di peso ma Emmett le bloccò e
in un attimo mi porse il telefonino.
< Che capricciosa che sei. > mi disse ma io
neanche lo ascoltavo. Presi il piccolo oggetto tra le mani e mi accorsi
che le
mie dita tremavano.
Lo avvicinai all’orecchio e sussurrai: < Edward?
>
< Bella, Amore… stai bene? >
< Sì, e tu? E Alice? Jasper e Carlisle? >
Chiesi
in un fiato. Le lacrime che si accalcavano agli angoli degli occhi,
ansiose di
uscire contro la mia volontà.
< Bella, calmati. Stiamo tutti bene. >
< Vi hanno fatto del male? Se ne sono andati? >
< Va tutto bene, Tesoro. Qui è tutto a posto. Se ne
sono andati qualche ora fa. Ti ho chiamata appena possibile. Scusa se
non l’ho
fatto prima. Non sai quanto desiderassi parlarti. >
< Se ne sono appena andati? > Domandai spaesata.
Doveva essere passata una settimana dalla nostra separazione.
Perché si erano
trattenuti presso la mia famiglia così a lungo?
< Sì, per sei giorni sono rimasti appostati nelle
vicinanze in attesa di un nostro passo falso. Aspettavano che vi
contattassi. E
stato molto difficile non farlo. Ho dovuto fingere di non poter
chiamarti. Ho
passato un giorno intero seduto sul divano con la testa tra le mani.
Dovevo
sembrare in attesa di una tua chiamata. Fortuna che sono un attore
migliore di
te. > E rise piano, senza vera allegria nella voce.
< Scemo… > gli feci io affondando nel divano e
portandomi le ginocchia al petto. < Sei certo che se ne siano
andati? >
< Sì. Vedendo che qui non succedeva niente, hanno
deciso di partire circa quattro ore fa. Alice dice che sono
già in Oregon. A
Portland. I loro pensieri sono spariti. Ora qui è tutto
tranquillo. >
Sollevata, gli sussurrai: <
Mi manchi. Quando vieni
a prendermi? >
< Abbi pazienza ancora un po’ di tempo. Devi
cercare di stare calma… ti prometto che arriverò
presto. Mi manchi così tanto… >
< Ti stiamo aspettando. Non tardare troppo. >
< No, non preoccuparti. Volevo prima però passare a
salutare Charlie e anche Jake. Volevo rassicurarli personalmente.
>
< Sì, sarebbe molto carino da parte tua. Ti prego,
di a Charlie che gli voglio bene. E anche a Jake. >
< Certo. Appena sarà possibile, ti farò
parlare con
loro direttamente. Per ora però, dobbiamo pensare a tenerli
al sicuro. >
< Certo, capisco benissimo. > < Amore, abbraccia
la bambina da parte
mia, mi raccomando. > < Certo Edward. Lo farò.
Ti passo Emmett? >
Chiesi consapevole dell’urgenza nella sua voce. <
Sì, grazie. Ti amo. >
< Anche io. > gli dissi subito prima di dare il cellulare
ad Emmett. La
loro conversazione fu breve. Poco dopo il mio fratellone chiuse il
cellulare e
disse: < Partiamo domani. >
< Dove andiamo? > Chiese Rose e lui le rispose:
< Ci spostiamo più a sud. Edward dice di andargli
incontro. >
Sentii una strana eccitazione dentro di me. Presto
avrei rivisto mio marito. Un sorriso si fece timidamente strada sulle
mie labbra. Alec pareva turbato. Fissava le stampe alle pareti,
assente.
< Tutto bene? > gli
chiesi accarezzandogli la
spalla. Lui si voltò verso di me e mi sorrise triste. Mi
accarezzò il volto e,
quando feci per chiedergli che avessi, lui mi strinse a sé
ed appoggiò le
sue labbra di pietra sulle mie. Nella mia
bocca socchiusa sentii il sapore del suo respiro. Stringendomi per il
bacino,
mi sollevò di pochi centimetri, facendomi rimanere in punta
di piedi.
Io, sconvolta e sconcertata, rimasi
immobile. Alec
mosse timidamente le labbra per pochi istanti e poi mi
lasciò andare. Appena mi
lasciò andare il bacino, io mi allontanai e feci per
tirargli uno schiaffo. Lui
mi afferrò il polso impedendomi di colpirlo. < Ti
faresti male. > mi
disse semplicemente. < Come ti sei permesso?!! > Gli
gridai irata.
Lui scosse il capo e poi
sollevò lo sguardo. Mi fissò
negli occhi e sussurrò: < Volevo un regalo
d’addio. >
Improvvisamente, mi sentii triste.
Lui mi lasciò il
polso ed io lasciai cadere il braccio lungo il mio fianco. < Te
ne vai? >
gli chiesi con voce tremante. L’offesa del bacio rubato
già dimenticata.
< Non c’è più bisogno che io ti
protegga. Tra poco
tornerai dal tuo Edward. >
Senza pensarci, mi buttai contro il suo corpo di
pietra e lo abbracciai stretto, facendomi male. Gli bagnai la maglietta
di
lacrime. Singhiozzavo che non se ne andasse ma lui, dandomi delle
pacchette
sulla schiena, mi sussurrava: < Non essere triste. Non devi. Sei
stata la
cosa migliore che mi sia capitata nella mia lunga esperienza. Solo che
non sei
mia. Non ho il diritto di desiderarti. È quello che mi hai
dato è più di quanto
meritassi. Non ti potrò mai dimenticare. >
< Promettimi che tornerai a trovarci. Ti prego!
> Lo implorai.
< Se il destino lo vorrà. >
< Sei tu che devi volerlo. Io ho sempre combattuto
contro il destino. È troppo semplice abbandonarsi al fato.
Io non lo ho mai fatto.
>
< Sì, me ne sono accorto… > e
sorrise. Appoggiò
le sue labbra sulla mia fronte ed io sussurrai: < Partirai
subito? >
< Sì. > < Ti prego, non puoi
accompagnarmi da
Edward? > Per essere sicura che non mi dicesse di no, gli
bisbigliai con le
lacrime agli occhi: < Sarei più tranquilla e mi
sentirei più al sicuro
sapendo che tu sei con noi. >
Scosse il capo e mi lanciò un mezzo sorriso. Mi prese
la mano e poggiò il mio palmo sulla sua guancia. <
Come se potessi dirti di
no… > e poi si chinò per un attimo
appoggiando la sua fronte sulla mia. Un
attimo dopo, era sparito nella sua stanza.
Rose, che aveva riportato mia
figlia in cameta, mi
prese per mano e mi accompagnò in camera. Mi sedetti sul
letto e lei mi
accarezzò i capelli.
< Sono pieni di nodi… > Io mi voltai e la
fulminai con lo sguardo. < cioè, sono
belli… non volevo offenderti. Solo, dovresti
curarli di più… sono tutti annodati. > Mi
disse per scusarsi.
Io sbuffai e mi lasciai cadere con la schiena sul
letto. < Rose… ma ti pare che io abbia avuto il tempo
di mettermi a usare il
balsamo e la maschera per i capelli nelle ultime settimane?
Cioè, non so se ti
sei accorta che una settimana e mezzo fa ho partorito e che da allora
non dormo
quasi più… e poi, ho avuto parecchio da fare
scappando da della gente che mi
vuole morta. >
Si morse il labbro e rimase zitta. Io chiusi gli occhi
e lei, delicata, con le dita cominciò a pettinarmi i
capelli. Quasi non mi
accorgevo del suo tocco tanto era delicata. Senza rendermene conto, mi
addormentai.
< Bella? Bella
tesoro… > < Mmm? > <
Bella, alzati… > < Noo! Ho sonno. >
< Bella, devi alzarti. > Mi
tolsero le coperte di dosso e la luce della lampada mi ferì
gli occhi. Mi
coprii il volto con il braccio ma Esme mi appoggiò la sua
mano gelida sulla
spalla lasciata seminuda dalla mia camicia da notte. Tremai e mi girai
su un
fianco, cercando con le mani le coperte.
< Bella, ti butto giù dal letto. > mi fece
Emmett che, una volta aperti gli occhi, mi accorsi essere accucciato a
terra.
La sua testa era a tre centimetri dalla mia. Soffiò sulla mi
fronte facendo
svolazzare i miei capelli ed io richiusi gli occhi. Tre secondi dopo
qualcuno,
Emmett di sicuro, mi levò il lenzuolo dal letto e mi fece
rotolare sul copri
materasso. Gridai e risi insieme ad Esme che, tranquilla, mi osservava
appoggiata alla finestra dalle tende tirate.
Emmett se la rideva e mi lanciò un cuscino. Rose
apparve alla porta con la mia bambina tra le braccia. La dondolava
lentamente
cercando di calmarla. Elizabeth, tutta infagottata, stropicciava le
manine e
piangeva. Il suono della televisione aveva coperto i suoi vagiti. La
sua bocca
era spalancata in una piccola O. mi alzai velocemente e, raggiunta
Rose, mi
chinai per strofinare il mio naso su quello della piccola. Le sue dita
minuscole si strinsero intorno ad una ciocca di miei capelli. La
tirò con forza
e mi stupii di quanto fosse forte.
Senza che la piccola mi lasciasse i
capelli, Rose me
la passò ed io la accolsi nelle mie braccia, piegate a
formare una culla
modellata sul suo piccolo fragile corpicino di neonata. Smise di
piangere
all’istante e cercò di avvicinarsi di
più a me, in cerca di calore.
Mi sedetti sulla poltrona e la poggiai al mio seno.
Per alcuni minuti non vi fu altro suono se non i nostri due cuori, i
respiri e
il suo tranquillo e ritmato ciucciare.
< Allora? Hai finito? > Le chiesi poggiando la
punta del mio indice su quella del suo nasino quando
sbadigliò sporcandomi il
seno di latte. Lei chiuse gli occhi ed affondò il visino tra
i miei seni, quasi
volesse ripararsi dal mondo. Era piccola e leggera tra le mie mani. La
strinsi
a me e le baciai i capelli. Era come averla ancora nel mio grembo.
< Bella, hai fame? Ti faccio portare qualcosa? >
< Che ore sono? >
< Sono lei sei e mezza di mattina… > Era
già
mattina? Ma allora… < Chi ha dato da mangiare alla
bambina questa notte?
> Perché non mi avevano svegliata? Sapevano quanto ci
tenessi ad allattarla
al seno. < Rose si è occupata di lei. Questa notte
non voleva proprio
dormire. Non preoccuparti, il latte era caldo ma non
bollente… oltretutto, non
ne è rimasto quasi più del tuo, quindi non
preoccuparti. La prossima volta ti
sveglieremo. Comunque, dopo è meglio se ne prepari un
po’… > E mi porse dei
piccoli barattoli in cui conservavo il mio latte. Quella dannatissima
macchina
datami da Carlisle per estrarre il latte mi osservava dal comodino. Nel
piccolo
frigobar le coche erano state sostituite dal mio latte…
< Esme… > < Sì? >
< Secondo te… posso
fare il bagno con la bambina? > Chiesi timidamente cullando
Elizabeth che
stava ancora nascosta tra i miei seni.
< Beh… non vedo perché no…
> Sorrisi felice e
portai la bambina con il volto contro il mio. Affondai le labbra nella
sua
guancia morbida e calda e lei strusciò la manina sul mio
viso. Le feci fare il
ruttino e poi aspettai un po’. Alle 8 andai nel bagno Rose mi
aveva preparato
la vasca. L’acqua era calda ma non eccessivamente, bassa
tanto da arrivarmi
alla vita una volta entrata, e non c’era il sapone diluito
nell’acqua.
Per lavare la bambina non usavamo prodotti se non
alcuni determinati per neonati.
Con attenzione entrai nella vasca con la bimba tra le
braccia. Appoggiata al mio petto, Elizabeth non si mosse. I suoi piedi
affondavano nell’acqua. Tremò ed io le passai
l’acqua calda sul corpo e poi,
tenendola sotto le ascelle, la immersi fino alle spalle.
Nell’acqua scalciò ed
agitò le braccia schizzando il muro. La riavvicinai a me
stringendola forte. Le
lavai i capelli e il corpo lentamente e con delicatezza. La tenevo con
una mano
e la l’accarezzavo con l’altra. Lei osservava
attenta l’acqua e con le manine
tendeva verso di me.
Dopo circa dieci minuti, appoggiata al mio petto,
sbadigliò. Risi e la strinsi di più contro la mia
pelle. L’acqua era ancora
calda e piacevole…
Quando Esme,
poco dopo, bussò le dissi di entrare. Si chiuse
la porta alle spalle per
non fare uscire il calore del bagno. Le sue mani erano stranamente
calde quando
mi sfiorarono il petto per prendere Elizabeth. Mi sorrise e mi fece
l’occhiolino. < Calorifero. > Disse
semplicemente mentre avvolgeva la
bambina in un asciugamano morbido e caldo anch’esso. Dato che
se lo era portato
dalla stanza attigua, dedussi che lo aveva messo sul calorifero.
Poco dopo anche io uscii dalla
vasca infilando dentro
l’accappatoio. Quando fui pronta, tornai in camera e vidi che
Rose aveva già
finito di preparare i bagagli.
Non mangiai molto dato che dovevamo
viaggiare.
< Emmett… > Gli chiesi mentre scendevamo in
ascensore, < Quante ore dobbiamo restare in auto? >
< Ci metteremo circa sei ore per raggiungere il
luogo stabilito, e da lì a casa, a Gibson, sono altre cinque
ore. Edward ha
insistito per incontrarci lungo la strada. Non vuole affaticarti
troppo. >
Mi appoggiai allo specchio. Rose ed Esme mi
aspettavano già in auto mentre mio fratello e Alec mi
accompagnarono. Non mi
permisero di fare neanche un metro senza di loro. Elizabeth era con
Esme. Nei
pochi metri che separavano l’ingresso dell’albergo
dalla macchina, Alec mi
coprì per evitare che mi bagnassi a causa della fitta
pioggia.
Una volta a bordo, sospirai. Faceva
freddo. Ero seduta
tra Rose ed Esme…
< Emm, non è che accenderesti il riscaldamento?
> Gli chiesi mentre prendevo tra le braccia mia figlia. Mia
suocera teneva
sulle ginocchia una culla da viaggio per neonati comprata il giorno
prima.
Pochi secondi dopo, un getto d’aria bollente
cominciò
a riscaldare il freddo abitacolo.
Elizabeth volle mangiare e dovetti allattarla a bordo.
Alec mi fissava in silenzio dallo specchietto del conducente.
La guida di Emmett era tranquilla e, nonostante la
velocità sostenuta, sembrava di non muoverci neanche. Quando
Elizabeth ebbe
finito, le feci fare il ruttino e mi rivestii. Rose la prese in braccio
e lei
cominciò a piangere. Tesi le braccia verso di lei e quando
fu di nuovo a
contatto con la mia pelle, si calmò. < Vuole stare
con te. > Mi sorrise
Esme accarezzandomi la guancia e poi sfiorando quella della bimba.
Dopo quasi un’ora chiuse gli occhi e la sua bocca si
spalancò.
< Si è addormentata? > Mi domandò
Rose più per
gentilezza che non per curiosità.
La bambina, accoccolata tra le mie braccia, riposava
appoggiata al mio seno. La passai a sua nonna che la mise nella piccola
culla
sulle sue ginocchia.
Sbocconcellai un panino ma poco dopo dovetti chiedere
di fermarci. Cattiva idea mangiare in auto. Rimisi quel poco che avevo
mangiato
e rimanemmo fermi ad una stazione di servizio per quasi tre quarti
d’ora.
< Merda… > Sussurrai a denti stretti nel bagno
del ristorante. Mi stavo lavando la faccia.
< Non preoccuparti cara. È certamente colpa dello
stress. Emmett ha avvisato Edward che arriveremo un po’ in
ritardo. Anche lui
preferisce aspettare che tu stia bene prima di farti mettere di nuovo
in auto. Ti
senti meglio adesso? >
< Sì… Dai, andiamo. > Mi prese per
mano e mi
accompagno al tavolo dove Emmett mi stava aspettando. Prima di uscire
dal bagno
però, mi spettinò i capelli facendomeli ricadere
disordinatamente sul volto e
mi sistemò meglio la sciarpa e il cappellino. Nessuno doveva
poter
riconoscermi.
Una volta in auto, accarezzai la fronte della mia
bambina, ancora placidamente addormentata sulle ginocchia di Rose.
Poco dopo anche io scivolai nel
dolce mondo incantato
dei sogni. E lì, nei sogni, incontrai Edward. Io, lui e la
bambina, soli e
felici. Molto lontano dalla pioggia di Forks o di Gibson. In un luogo
pieno di
sole e di luce, dove io potevo camminare senza nascondermi. Dove potevo
baciare
mio marito senza che lui mi allontanasse dopo poco, per timore di
perdere il
controllo.
Un posto incantato ed inesistente.
La luce presto si trasformò in una nebbia fitta. Con la
mano cercai mio marito ma le mie dita incontravano solo la corteccia
umida e
ricoperta di muschio degli alberi che non riuscivo a scorgere a causa
dell’oscurità.
Sentivo la sua voce chiamarmi ma non riuscivo a
raggiungerlo. Poi improvvisamente, il dolore…
Mi faceva male lo stomaco. Avevo la nausea.
Sentii qualcosa di freddo sfiorarmi le guance e la
fronte e il mio subconscio mi disse di svegliarmi.
Eravamo ancora in macchina dato il ronzio basso del
motore. Stavo piangendo. Le lacrime mi bagnavano la maglietta.
Sentivo delle braccia gelide stringermi dolcemente e
per un attimo sperai fossero quelle di Edward.
Quando però aprii gli
occhi e mi accorsi di essere
appoggiata al petto di Esme, sentii la sconforto prendere il
sopravvento. Mi nascosi
con il volto nella sua camicetta e lei, accarezzandomi la schiena, mi
sussurrò:
< Siamo quasi arrivate, non preoccuparti. Edward non
è lontano… >
Evidentemente avevo parlottato nel sonno.
Rimasi a farmi consolare dal suo abbraccio per quasi
un’ora. Emmett uscì dall’autostrada per
immettersi in una strada provinciale. Poco
dopo imboccammo una stradina secondaria che attraversava un bosco. Era
deserta.
Tra gli alberi alti e fitti, non riuscivo a distinguere niente. Faceva
freddo
nonostante fosse primavera inoltrata. Mi infilai il cappotto che Esme
mi aveva
appoggiato sulle ginocchia per scaldarmi e controllai che Elizabeth
fosse ben
coperta. Dormiva tranquilla ed ignara della mia ansia. Emmett
alzò il
riscaldamento.
Dopo circa un’altra mezzora vidi Alec, che era restato
in silenzio fino a quel momento, irrigidirsi e sentii Emmett sussurrare
qualcosa troppo veloce perché potessi capire. Da lontano
intravidi un’auto
scura in una piccola piazzola di sosta ricavata in uno slargo della
strada.
Quando l’auto si arrestò, il mio cuore perse un
battito.
Dalla vettura di fronte a noi uscirono quatto figure
pallide e bellissime. Esme, alla mia destra, aprii la portiera ed
uscì. Io la
seguii subito. Il freddo pungente mi fece tremare ma non me ne
importava. Sentii
le mie guance protestare per il vento gelido che mi sferzava il volto
ma non vi
feci caso. Pensai solo a correre. Correre verso il ragazzo dai capelli
rossi a
venti metri da me.
Forse inciampai nei miei piedi o in
un sasso o una
radice, o forse le mie gambe indolenzite per il lungo viaggio non
tennero il
passo del mio cuore, sta di fatto che caddi.
Prima che però potessi
toccare il terreno fangoso,
delle mani forti e sicure mi strinsero gli avambracci impedendomi di
cadere e
farmi male. Qualcuno mi prese in braccio.
La prima cosa che vidi furono le sue labbra e il primo
istinto fu di baciarle, assaporarle. Poi vidi gli occhi, caldo oro
liquido
intento a fissarmi. Improvvisamente mi sentii leggera e felice come non
lo ero
da tempo. Rimanemmo a guardarci per un lungo e bellissimo istante poi
lui mi
rimise in piedi. Non appena i miei talloni sfiorarono il suolo. Gli
buttai le
braccia al collo e lui mi sollevò senza
difficoltà. Gli strinsi le gambe
intorno alla vita e cominciai a ridere e piangere contemporaneamente.
Le sue
dita mi sfioravano il collo, i capelli, la schiena.
Io affondavo le labbra
nell’incavo profumato del suo
collo marmoreo…
Quello che accadeva intorno a noi
non mi interessava. Sentivo
le voci degli altri… distinsi Rose salutare Emmett ed Esme
Carlisle ma non mi
importava. Io ed Edward eravamo come soli in un altro mondo, nostro e
perfetto.
< Bella, tesoro, prenderai freddo. > Mi
sussurrò
dopo qualche minuto, quando il mio pianto si fu attenuato e la mia
presa
intorno al suo corpo allentata. < Perché non entri in
macchina? >
< Edward!!! Mi sei mancato tantissimo! > gli
sussurrai mentre delicatamente mi obbligava ad allontanarmi da lui.
Quando fui
di nuovo in piedi, posò le sue mani sul mio bacino ed
avvicinò il suo volto al
mio: < Pensavo di impazzire senza di te. A proposito, sei
bellissima. Persino
più bella di quanto ricordassi. Il che è
impossibile dato che sei sempre stata
splendida … > e mi accarezzò la guancia
con il dorso della mano. Poi aggiunse:
< La prossima volta, voglio essere io a fare il bagno con te.
> e rise
piano. Arrossii e lui fece finta di scusarsi dicendo: < Alice ti
teneva
sottocontrollo… ed io non potevo fare a meno di sbirciare
nella sua mente per
assicurarmi che tu stessi davvero bene. A proposito, mi piace quel
completino
blu che indossavi ieri. >
Io, al limite della vergogna, mi nascosi al suo
sguardo affondando nella sua giacca. Le sue braccia mi cinsero le
spalle e lui cominciò
a cullarmi. Mi bisbigliò: < Come va lo stomaco? Stai
meglio adesso? Carlisle
ha delle pillole per il mal d’auto se avessi bisogno...
> Appoggiai le mie
labbra alle sue per impedirgli di proseguire. Quando mi separai per
respirare
lo rassicurai: < Sto bene. È stato un malessere
passeggero… > e lui mi
sorrise prima di baciarmi di nuovo, con più enfasi.
Le sue mani gelate
s’infilarono sotto la mia giacca e
mi sfiorarono la pelle della schiena. Tremai.
< Bella, qui fa veramente
freddo. Vieni in auto… E
mi prese per mano. Dopo pochi metri, come se di colpo il mondo fosse
tornato
reale, senza lasciare la sua mano mi voltai verso l’auto in
cui si trovavano
Esme e Rose. <
Elizabeth… > Sussurrai
ma lui mi poggiò un dito sulle labbra e mi
rassicurò: < Non preoccuparti. È
già in auto
con Alice. Vieni… >
E mi aprì la portiera.
Dentro mi aspettava un piacevolissimo tepore. Carlisle, alla guida, mi
salutò:
< Ciao Bella. Sono molto contento di rivederti. > e fu
seguito da Jasper
che aggiunse: < Anche io. > < Grazie…
> risposi imbarazzata. Mi
sedetti vicino ad Alice che teneva sulle ginocchia la culla. Elizabeth
si era
svegliata e fissava la zia che le accarezzava i lineamenti del volto.
Mia
sorella mi abbracciò mentre Edward prese la culla. <
Oh Bella, mi sei mancata
così tanto! > mi disse ma il suo atteggiamento mi
sorprese. Sembrava guardinga,
agitata. Le sue mani accarezzarono il mio volto in modo ansioso, quasi
ad
accertarsi che stessi realmente bene. Subito dopo la calma invase sia
me che
lei. Entrambe ci voltammo verso Jasper che sorrise e prese la mano di
Alice per
baciarne il palmo. Lei contraccambiò grata. Notando il mio
sguardo confuso,
Edward disse: < Sono stati dei giorni difficili per tutti, ma
adesso è tutto
a posto. > E poi si chinò a sfiorare la fronte di
Elizabeth con le labbra. Lei
sbadigliò e strinse il suo pugnetto intorno alle dita del
padre.
Sì, ora eravamo di nuovo
insieme e tutto era perfetto…