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Autore: CassandraLeben    05/10/2008    17 recensioni
Questa storia è ambientata dopo Eclipse ed è stata elaborata prima dell’uscita di BD.
HO AGGIORNATO!!!!!!!
In breve: un racconto alternativo, avventuroso e romantico, nonché triste, di ciò che avevo immaginato potesse accadere dopo il fatidico “Sì” tra Edward e Bella.
Il ritorno dei Volturi, di Jack, Alec e Jane sconvolgeranno la vita dei novelli sposi
ATTENZIONE, PUò CREARE ASSUEFAZIONE E PROBLEMI CARDIACI! XD
< Isabella. > Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei. Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. > Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutte!
Scusate per il ritardo ma tra i muratori, i compiti, il concorso di FF a cui mi sn iscritta (e che ero convinta scadesse il 16 ottobreà super ritardo!!! Erika, scrivi di corsa!!! E poi mi sn accorta che il termine era sì il 16, ma di novembre… della serie: Erika sta letteralmente dando i numeri XD) davvero non sn riuscita a dedicarmi al cap 33 come dovevo e ve ne chiedo scusa. Potevo scrivere qualcosa di veloce tanto per postare ma non mi piace fare le cose male e di fretta. Preferisco prendermi più tempo ma essere soddisfatta del mio risultato (sono una perfezionista XD) e poi, mi ero un po’ depressa per il calo di recensioni…
Spero che non sia dovuto ad un abbassamento di interesse per la storia. All’inizio mi ero un po’ demoralizzata ma poi mi sn detta: Erika, la gente va a scuola, deve studiare… magari legge il cap nei ritagli di tempo e non ha molto tempo per recensire. L’importante è che l’aggiornamento sia piaciuto!
E proprio per questo mi sn messa e ho cercato di scrivere un bel capito per oggi (ho l’influenzaà Sn nel letto malata e ho trovato il tempo di scrivere XD) sperando che possa allietare i vostri pomeriggi di studio. Scrivere mi rilassa e mi fa sentire felice. Spero che leggere le mie storie abbia su voi che mi seguite lo stesso effetto e che questo capitolo vi lasci un sorriso.
Questa è quasi finita ma molte altre idee mi stanno pregando di essere messe su carta, o meglio, sulle pagine di word!!!
Un grazie gigante alle ragazze che hanno recensito migliorandomi la giornata (litigata cn mia madre… e chi mi conosce dirà: Oh che novità! àio e lei litighiamo SEMPRE!!! Voglio andare a vivere da sola!!!)
Ora vi lascio che, nonostante la febbre, devo studiare tantissimo.
Un bacio (pieno di germi… no anzi, meglio di no XD) a tutte e continuate a seguirmi. Il prossimo aggiornamento non tarderà ad arrivare. È una promessa! (giovedì va bene? )
Vostra Cassandra, malaticcia  ed infreddolita!!!
Ps: scusate per il carattere piccolo che ho usato la volta scorsa… non so perché me lo ha fato così… *sconcerto*
PPS: questo è il link per la culla da viaggio di Elizabeth XD : http://www.genux.com/files-V2/img-8/pg-42145-1-ek.jpg

Bella's Pov
< Esme… Per favore, voglio parlare con mio marito! >

< Bella, aspetta un secondo, di grazia. >
Emmett parlava velocemente, troppo velocemente. Non riuscivo a distinguere nemmeno una parola. Corrugò la fronte e scosse il capo fissando Rose ed Esme, poi indicò me e la porta con la testa.
Esme mi prese per l’avambraccio e cercò di accompagnarmi in camera. Io puntai i piedi e cominciai a gridare: < Io voglio parlargli! >
Rose ed Esme mi presero di peso ma Emmett le bloccò e in un attimo mi porse il telefonino.
< Che capricciosa che sei. > mi disse ma io neanche lo ascoltavo. Presi il piccolo oggetto tra le mani e mi accorsi che le mie dita tremavano.
Lo avvicinai all’orecchio e sussurrai: < Edward? >
< Bella, Amore… stai bene? >
< Sì, e tu? E Alice? Jasper e Carlisle? > Chiesi in un fiato. Le lacrime che si accalcavano agli angoli degli occhi, ansiose di uscire contro la mia volontà.
< Bella, calmati. Stiamo tutti bene. >
< Vi hanno fatto del male? Se ne sono andati? >
< Va tutto bene, Tesoro. Qui è tutto a posto. Se ne sono andati qualche ora fa. Ti ho chiamata appena possibile. Scusa se non l’ho fatto prima. Non sai quanto desiderassi parlarti. >
< Se ne sono appena andati? > Domandai spaesata. Doveva essere passata una settimana dalla nostra separazione. Perché si erano trattenuti presso la mia famiglia così a lungo?
< Sì, per sei giorni sono rimasti appostati nelle vicinanze in attesa di un nostro passo falso. Aspettavano che vi contattassi. E stato molto difficile non farlo. Ho dovuto fingere di non poter chiamarti. Ho passato un giorno intero seduto sul divano con la testa tra le mani. Dovevo sembrare in attesa di una tua chiamata. Fortuna che sono un attore migliore di te. > E rise piano, senza vera allegria nella voce.
< Scemo… > gli feci io affondando nel divano e portandomi le ginocchia al petto. < Sei certo che se ne siano andati? >
< Sì. Vedendo che qui non succedeva niente, hanno deciso di partire circa quattro ore fa. Alice dice che sono già in Oregon. A Portland. I loro pensieri sono spariti. Ora qui è tutto tranquillo. >

Sollevata, gli sussurrai: < Mi manchi. Quando vieni a prendermi? >
< Abbi pazienza ancora un po’ di tempo. Devi cercare di stare calma… ti prometto che arriverò presto. Mi manchi così tanto… >
< Ti stiamo aspettando. Non tardare troppo. >
< No, non preoccuparti. Volevo prima però passare a salutare Charlie e anche Jake. Volevo rassicurarli personalmente. >
< Sì, sarebbe molto carino da parte tua. Ti prego, di a Charlie che gli voglio bene. E anche a Jake. >
< Certo. Appena sarà possibile, ti farò parlare con loro direttamente. Per ora però, dobbiamo pensare a tenerli al sicuro. > < Certo, capisco benissimo. > < Amore, abbraccia la bambina da parte mia, mi raccomando. > < Certo Edward. Lo farò. Ti passo Emmett? > Chiesi consapevole dell’urgenza nella sua voce. < Sì, grazie. Ti amo. > < Anche io. > gli dissi subito prima di dare il cellulare ad Emmett. La loro conversazione fu breve. Poco dopo il mio fratellone chiuse il cellulare e disse: < Partiamo domani. >
< Dove andiamo? > Chiese Rose e lui le rispose: < Ci spostiamo più a sud. Edward dice di andargli incontro. >
Sentii una strana eccitazione dentro di me. Presto avrei rivisto mio marito. Un sorriso si fece timidamente strada sulle mie labbra. Alec pareva turbato. Fissava le stampe alle pareti, assente.

< Tutto bene? > gli chiesi accarezzandogli la spalla. Lui si voltò verso di me e mi sorrise triste. Mi accarezzò il volto e, quando feci per chiedergli che avessi, lui mi strinse a sé ed appoggiò  le sue labbra di pietra sulle mie. Nella mia bocca socchiusa sentii il sapore del suo respiro. Stringendomi per il bacino, mi sollevò di pochi centimetri, facendomi rimanere in punta di piedi.

Io, sconvolta e sconcertata, rimasi immobile. Alec mosse timidamente le labbra per pochi istanti e poi mi lasciò andare. Appena mi lasciò andare il bacino, io mi allontanai e feci per tirargli uno schiaffo. Lui mi afferrò il polso impedendomi di colpirlo. < Ti faresti male. > mi disse semplicemente. < Come ti sei permesso?!! > Gli gridai irata.

Lui scosse il capo e poi sollevò lo sguardo. Mi fissò negli occhi e sussurrò: < Volevo un regalo d’addio. >

Improvvisamente, mi sentii triste. Lui mi lasciò il polso ed io lasciai cadere il braccio lungo il mio fianco. < Te ne vai? > gli chiesi con voce tremante. L’offesa del bacio rubato già dimenticata.
< Non c’è più bisogno che io ti protegga. Tra poco tornerai dal tuo Edward. >
Senza pensarci, mi buttai contro il suo corpo di pietra e lo abbracciai stretto, facendomi male. Gli bagnai la maglietta di lacrime. Singhiozzavo che non se ne andasse ma lui, dandomi delle pacchette sulla schiena, mi sussurrava: < Non essere triste. Non devi. Sei stata la cosa migliore che mi sia capitata nella mia lunga esperienza. Solo che non sei mia. Non ho il diritto di desiderarti. È quello che mi hai dato è più di quanto meritassi. Non ti potrò mai dimenticare. >
< Promettimi che tornerai a trovarci. Ti prego! > Lo implorai.
< Se il destino lo vorrà. >
< Sei tu che devi volerlo. Io ho sempre combattuto contro il destino. È troppo semplice abbandonarsi al fato. Io non lo ho mai fatto. >
< Sì, me ne sono accorto… > e sorrise. Appoggiò le sue labbra sulla mia fronte ed io sussurrai: < Partirai subito? >
< Sì. > < Ti prego, non puoi accompagnarmi da Edward? > Per essere sicura che non mi dicesse di no, gli bisbigliai con le lacrime agli occhi: < Sarei più tranquilla e mi sentirei più al sicuro sapendo che tu sei con noi. >
Scosse il capo e mi lanciò un mezzo sorriso. Mi prese la mano e poggiò il mio palmo sulla sua guancia. < Come se potessi dirti di no… > e poi si chinò per un attimo appoggiando la sua fronte sulla mia. Un attimo dopo, era sparito nella sua stanza.

Rose, che aveva riportato mia figlia in cameta, mi prese per mano e mi accompagnò in camera. Mi sedetti sul letto e lei mi accarezzò i capelli.
< Sono pieni di nodi… > Io mi voltai e la fulminai con lo sguardo. < cioè, sono belli… non volevo offenderti. Solo, dovresti curarli di più… sono tutti annodati. > Mi disse per scusarsi.
Io sbuffai e mi lasciai cadere con la schiena sul letto. < Rose… ma ti pare che io abbia avuto il tempo di mettermi a usare il balsamo e la maschera per i capelli nelle ultime settimane? Cioè, non so se ti sei accorta che una settimana e mezzo fa ho partorito e che da allora non dormo quasi più… e poi, ho avuto parecchio da fare scappando da della gente che mi vuole morta. >
Si morse il labbro e rimase zitta. Io chiusi gli occhi e lei, delicata, con le dita cominciò a pettinarmi i capelli. Quasi non mi accorgevo del suo tocco tanto era delicata. Senza rendermene conto, mi addormentai.

< Bella? Bella tesoro… > < Mmm? > < Bella, alzati… > < Noo! Ho sonno. > < Bella, devi alzarti. > Mi tolsero le coperte di dosso e la luce della lampada mi ferì gli occhi. Mi coprii il volto con il braccio ma Esme mi appoggiò la sua mano gelida sulla spalla lasciata seminuda dalla mia camicia da notte. Tremai e mi girai su un fianco, cercando con le mani le coperte.
< Bella, ti butto giù dal letto. > mi fece Emmett che, una volta aperti gli occhi, mi accorsi essere accucciato a terra. La sua testa era a tre centimetri dalla mia. Soffiò sulla mi fronte facendo svolazzare i miei capelli ed io richiusi gli occhi. Tre secondi dopo qualcuno, Emmett di sicuro, mi levò il lenzuolo dal letto e mi fece rotolare sul copri materasso. Gridai e risi insieme ad Esme che, tranquilla, mi osservava appoggiata alla finestra dalle tende tirate.
Emmett se la rideva e mi lanciò un cuscino. Rose apparve alla porta con la mia bambina tra le braccia. La dondolava lentamente cercando di calmarla. Elizabeth, tutta infagottata, stropicciava le manine e piangeva. Il suono della televisione aveva coperto i suoi vagiti. La sua bocca era spalancata in una piccola O. mi alzai velocemente e, raggiunta Rose, mi chinai per strofinare il mio naso su quello della piccola. Le sue dita minuscole si strinsero intorno ad una ciocca di miei capelli. La tirò con forza e mi stupii di quanto fosse forte.

Senza che la piccola mi lasciasse i capelli, Rose me la passò ed io la accolsi nelle mie braccia, piegate a formare una culla modellata sul suo piccolo fragile corpicino di neonata. Smise di piangere all’istante e cercò di avvicinarsi di più a me, in cerca di calore.
Mi sedetti sulla poltrona e la poggiai al mio seno. Per alcuni minuti non vi fu altro suono se non i nostri due cuori, i respiri e il suo tranquillo e ritmato ciucciare.
< Allora? Hai finito? > Le chiesi poggiando la punta del mio indice su quella del suo nasino quando sbadigliò sporcandomi il seno di latte. Lei chiuse gli occhi ed affondò il visino tra i miei seni, quasi volesse ripararsi dal mondo. Era piccola e leggera tra le mie mani. La strinsi a me e le baciai i capelli. Era come averla ancora nel mio grembo.
< Bella, hai fame? Ti faccio portare qualcosa? >
< Che ore sono? >
< Sono lei sei e mezza di mattina… > Era già mattina? Ma allora… < Chi ha dato da mangiare alla bambina questa notte? > Perché non mi avevano svegliata? Sapevano quanto ci tenessi ad allattarla al seno. < Rose si è occupata di lei. Questa notte non voleva proprio dormire. Non preoccuparti, il latte era caldo ma non bollente… oltretutto, non ne è rimasto quasi più del tuo, quindi non preoccuparti. La prossima volta ti sveglieremo. Comunque, dopo è meglio se ne prepari un po’… > E mi porse dei piccoli barattoli in cui conservavo il mio latte. Quella dannatissima macchina datami da Carlisle per estrarre il latte mi osservava dal comodino. Nel piccolo frigobar le coche erano state sostituite dal mio latte…
< Esme… > < Sì? > < Secondo te… posso fare il bagno con la bambina? > Chiesi timidamente cullando Elizabeth che stava ancora nascosta tra i miei seni.
< Beh… non vedo perché no… > Sorrisi felice e portai la bambina con il volto contro il mio. Affondai le labbra nella sua guancia morbida e calda e lei strusciò la manina sul mio viso. Le feci fare il ruttino e poi aspettai un po’. Alle 8 andai nel bagno Rose mi aveva preparato la vasca. L’acqua era calda ma non eccessivamente, bassa tanto da arrivarmi alla vita una volta entrata, e non c’era il sapone diluito nell’acqua.
Per lavare la bambina non usavamo prodotti se non alcuni determinati per neonati.
Con attenzione entrai nella vasca con la bimba tra le braccia. Appoggiata al mio petto, Elizabeth non si mosse. I suoi piedi affondavano nell’acqua. Tremò ed io le passai l’acqua calda sul corpo e poi, tenendola sotto le ascelle, la immersi fino alle spalle. Nell’acqua scalciò ed agitò le braccia schizzando il muro. La riavvicinai a me stringendola forte. Le lavai i capelli e il corpo lentamente e con delicatezza. La tenevo con una mano e la l’accarezzavo con l’altra. Lei osservava attenta l’acqua e con le manine tendeva verso di me.
Dopo circa dieci minuti, appoggiata al mio petto, sbadigliò. Risi e la strinsi di più contro la mia pelle. L’acqua era ancora calda e piacevole…
Quando Esme,  poco dopo, bussò le dissi di entrare. Si chiuse la porta alle spalle per non fare uscire il calore del bagno. Le sue mani erano stranamente calde quando mi sfiorarono il petto per prendere Elizabeth. Mi sorrise e mi fece l’occhiolino. < Calorifero. > Disse semplicemente mentre avvolgeva la bambina in un asciugamano morbido e caldo anch’esso. Dato che se lo era portato dalla stanza attigua, dedussi che lo aveva messo sul calorifero.

Poco dopo anche io uscii dalla vasca infilando dentro l’accappatoio. Quando fui pronta, tornai in camera e vidi che Rose aveva già finito di preparare i bagagli.

Non mangiai molto dato che dovevamo viaggiare.
< Emmett… > Gli chiesi mentre scendevamo in ascensore, < Quante ore dobbiamo restare in auto? >
< Ci metteremo circa sei ore per raggiungere il luogo stabilito, e da lì a casa, a Gibson, sono altre cinque ore. Edward ha insistito per incontrarci lungo la strada. Non vuole affaticarti troppo. >
Mi appoggiai allo specchio. Rose ed Esme mi aspettavano già in auto mentre mio fratello e Alec mi accompagnarono. Non mi permisero di fare neanche un metro senza di loro. Elizabeth era con Esme. Nei pochi metri che separavano l’ingresso dell’albergo dalla macchina, Alec mi coprì per evitare che mi bagnassi a causa della fitta pioggia.

Una volta a bordo, sospirai. Faceva freddo. Ero seduta tra Rose ed Esme…
< Emm, non è che accenderesti il riscaldamento? > Gli chiesi mentre prendevo tra le braccia mia figlia. Mia suocera teneva sulle ginocchia una culla da viaggio per neonati comprata il giorno prima. 
Pochi secondi dopo, un getto d’aria bollente cominciò a riscaldare il freddo abitacolo.
Elizabeth volle mangiare e dovetti allattarla a bordo.
Alec mi fissava in silenzio dallo specchietto del conducente.
La guida di Emmett era tranquilla e, nonostante la velocità sostenuta, sembrava di non muoverci neanche. Quando Elizabeth ebbe finito, le feci fare il ruttino e mi rivestii. Rose la prese in braccio e lei cominciò a piangere. Tesi le braccia verso di lei e quando fu di nuovo a contatto con la mia pelle, si calmò. < Vuole stare con te. > Mi sorrise Esme accarezzandomi la guancia e poi sfiorando quella della bimba.
Dopo quasi un’ora chiuse gli occhi e la sua bocca si spalancò.
< Si è addormentata? > Mi domandò Rose più per gentilezza che non per curiosità.
La bambina, accoccolata tra le mie braccia, riposava appoggiata al mio seno. La passai a sua nonna che la mise nella piccola culla sulle sue ginocchia.
Sbocconcellai un panino ma poco dopo dovetti chiedere di fermarci. Cattiva idea mangiare in auto. Rimisi quel poco che avevo mangiato e rimanemmo fermi ad una stazione di servizio per quasi tre quarti d’ora.
< Merda… > Sussurrai a denti stretti nel bagno del ristorante. Mi stavo lavando la faccia.
< Non preoccuparti cara. È certamente colpa dello stress. Emmett ha avvisato Edward che arriveremo un po’ in ritardo. Anche lui preferisce aspettare che tu stia bene prima di farti mettere di nuovo in auto. Ti senti meglio adesso? >
< Sì… Dai, andiamo. > Mi prese per mano e mi accompagno al tavolo dove Emmett mi stava aspettando. Prima di uscire dal bagno però, mi spettinò i capelli facendomeli ricadere disordinatamente sul volto e mi sistemò meglio la sciarpa e il cappellino. Nessuno doveva poter riconoscermi.
Una volta in auto, accarezzai la fronte della mia bambina, ancora placidamente addormentata sulle ginocchia di Rose.

Poco dopo anche io scivolai nel dolce mondo incantato dei sogni. E lì, nei sogni, incontrai Edward. Io, lui e la bambina, soli e felici. Molto lontano dalla pioggia di Forks o di Gibson. In un luogo pieno di sole e di luce, dove io potevo camminare senza nascondermi. Dove potevo baciare mio marito senza che lui mi allontanasse dopo poco, per timore di perdere il controllo.
Un posto incantato ed inesistente.
La luce presto si trasformò in una nebbia fitta. Con la mano cercai mio marito ma le mie dita incontravano solo la corteccia umida e ricoperta di muschio degli alberi che non riuscivo a scorgere a causa dell’oscurità.
Sentivo la sua voce chiamarmi ma non riuscivo a raggiungerlo. Poi improvvisamente, il dolore…
Mi faceva male lo stomaco. Avevo la nausea.
Sentii qualcosa di freddo sfiorarmi le guance e la fronte e il mio subconscio mi disse di svegliarmi.
Eravamo ancora in macchina dato il ronzio basso del motore. Stavo piangendo. Le lacrime mi bagnavano la maglietta.
Sentivo delle braccia gelide stringermi dolcemente e per un attimo sperai fossero quelle di Edward.

Quando però aprii gli occhi e mi accorsi di essere appoggiata al petto di Esme, sentii la sconforto prendere il sopravvento. Mi nascosi con il volto nella sua camicetta e lei, accarezzandomi la schiena, mi sussurrò: < Siamo quasi arrivate, non preoccuparti. Edward non è lontano… >
Evidentemente avevo parlottato nel sonno.
Rimasi a farmi consolare dal suo abbraccio per quasi un’ora. Emmett uscì dall’autostrada per immettersi in una strada provinciale. Poco dopo imboccammo una stradina secondaria che attraversava un bosco. Era deserta. Tra gli alberi alti e fitti, non riuscivo a distinguere niente. Faceva freddo nonostante fosse primavera inoltrata. Mi infilai il cappotto che Esme mi aveva appoggiato sulle ginocchia per scaldarmi e controllai che Elizabeth fosse ben coperta. Dormiva tranquilla ed ignara della mia ansia. Emmett alzò il riscaldamento.
Dopo circa un’altra mezzora vidi Alec, che era restato in silenzio fino a quel momento, irrigidirsi e sentii Emmett sussurrare qualcosa troppo veloce perché potessi capire. Da lontano intravidi un’auto scura in una piccola piazzola di sosta ricavata in uno slargo della strada.
Quando l’auto si arrestò, il mio cuore perse un battito.
Dalla vettura di fronte a noi uscirono quatto figure pallide e bellissime. Esme, alla mia destra, aprii la portiera ed uscì. Io la seguii subito. Il freddo pungente mi fece tremare ma non me ne importava. Sentii le mie guance protestare per il vento gelido che mi sferzava il volto ma non vi feci caso. Pensai solo a correre. Correre verso il ragazzo dai capelli rossi a venti metri da me.

Forse inciampai nei miei piedi o in un sasso o una radice, o forse le mie gambe indolenzite per il lungo viaggio non tennero il passo del mio cuore, sta di fatto che caddi.

Prima che però potessi toccare il terreno fangoso, delle mani forti e sicure mi strinsero gli avambracci impedendomi di cadere e farmi male. Qualcuno mi prese in braccio.
La prima cosa che vidi furono le sue labbra e il primo istinto fu di baciarle, assaporarle. Poi vidi gli occhi, caldo oro liquido intento a fissarmi. Improvvisamente mi sentii leggera e felice come non lo ero da tempo. Rimanemmo a guardarci per un lungo e bellissimo istante poi lui mi rimise in piedi. Non appena i miei talloni sfiorarono il suolo. Gli buttai le braccia al collo e lui mi sollevò senza difficoltà. Gli strinsi le gambe intorno alla vita e cominciai a ridere e piangere contemporaneamente. Le sue dita mi sfioravano il collo, i capelli, la schiena.

Io affondavo le labbra nell’incavo profumato del suo collo marmoreo…

Quello che accadeva intorno a noi non mi interessava. Sentivo le voci degli altri… distinsi Rose salutare Emmett ed Esme Carlisle ma non mi importava. Io ed Edward eravamo come soli in un altro mondo, nostro e perfetto.
< Bella, tesoro, prenderai freddo. > Mi sussurrò dopo qualche minuto, quando il mio pianto si fu attenuato e la mia presa intorno al suo corpo allentata. < Perché non entri in macchina? >
< Edward!!! Mi sei mancato tantissimo! > gli sussurrai mentre delicatamente mi obbligava ad allontanarmi da lui. Quando fui di nuovo in piedi, posò le sue mani sul mio bacino ed avvicinò il suo volto al mio: < Pensavo di impazzire senza di te. A proposito, sei bellissima. Persino più bella di quanto ricordassi. Il che è impossibile dato che sei sempre stata splendida … > e mi accarezzò la guancia con il dorso della mano. Poi aggiunse: < La prossima volta, voglio essere io a fare il bagno con te. > e rise piano. Arrossii e lui fece finta di scusarsi dicendo: < Alice ti teneva sottocontrollo… ed io non potevo fare a meno di sbirciare nella sua mente per assicurarmi che tu stessi davvero bene. A proposito, mi piace quel completino blu che indossavi ieri. >
Io, al limite della vergogna, mi nascosi al suo sguardo affondando nella sua giacca. Le sue braccia mi cinsero le spalle e lui cominciò a cullarmi. Mi bisbigliò: < Come va lo stomaco? Stai meglio adesso? Carlisle ha delle pillole per il mal d’auto se avessi bisogno... > Appoggiai le mie labbra alle sue per impedirgli di proseguire. Quando mi separai per respirare lo rassicurai: < Sto bene. È stato un malessere passeggero… > e lui mi sorrise prima di baciarmi di nuovo, con più enfasi.

Le sue mani gelate s’infilarono sotto la mia giacca e mi sfiorarono la pelle della schiena. Tremai.

< Bella, qui fa veramente freddo. Vieni in auto… E mi prese per mano. Dopo pochi metri, come se di colpo il mondo fosse tornato reale, senza lasciare la sua mano mi voltai verso l’auto in cui si trovavano Esme e Rose. < Elizabeth… > Sussurrai ma lui mi poggiò un dito sulle labbra e mi rassicurò: < Non preoccuparti. È già in auto con Alice. Vieni… >  E mi aprì la portiera. Dentro mi aspettava un piacevolissimo tepore. Carlisle, alla guida, mi salutò: < Ciao Bella. Sono molto contento di rivederti. > e fu seguito da Jasper che aggiunse: < Anche io. > < Grazie… > risposi imbarazzata. Mi sedetti vicino ad Alice che teneva sulle ginocchia la culla. Elizabeth si era svegliata e fissava la zia che le accarezzava i lineamenti del volto. Mia sorella mi abbracciò mentre Edward prese la culla. < Oh Bella, mi sei mancata così tanto! > mi disse ma il suo atteggiamento mi sorprese. Sembrava guardinga, agitata. Le sue mani accarezzarono il mio volto in modo ansioso, quasi ad accertarsi che stessi realmente bene. Subito dopo la calma invase sia me che lei. Entrambe ci voltammo verso Jasper che sorrise e prese la mano di Alice per baciarne il palmo. Lei contraccambiò grata. Notando il mio sguardo confuso, Edward disse: < Sono stati dei giorni difficili per tutti, ma adesso è tutto a posto. > E poi si chinò a sfiorare la fronte di Elizabeth con le labbra. Lei sbadigliò e strinse il suo pugnetto intorno alle dita del padre.

Sì, ora eravamo di nuovo insieme e tutto era perfetto…

  
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