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Autore: Angie Mars Halen    24/09/2014    1 recensioni
Fin dal loro primo incontro Nikki e Sharon capiscono di avere parecchi, forse troppi, punti in comune, particolare non indifferente che li porta ad aggrapparsi l’uno all’altra per affrontare prima la vita di strada a Los Angeles, poi quella instabile e frenetica delle rockstar. Costretti a separarsi dai rispettivi tour, riusciranno a riunirsi nuovamente, ma non sempre la situazione prenderà la piega da loro desiderata: se Sharon, in seguito ad un evento che ha rivoluzionato la sua vita, riesce ad abbandonare i vizi più dannosi, Nikki continua a sprofondare sempre di più. In questa situazione si rendono conto di avere bisogno di riportare in vita il legame che un tempo c’era stato tra loro e che le necessità di uno non sono da anteporre a quelle dell’altra. Ma la vita in tour non è più semplice di quella che avevano condotto insieme per le strade di L.A. e dovranno imparare ad affrontarla, facendosi forza a vicenda in un momento in cui faticano a farne persino a loro stessi.
[1982-1988]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DR. FEELGOOD





Erano le due e mezza del pomeriggio e il termometro segnava trentuno gradi precisi. Fortunatamente il clima non era umido, per cui non mi fu difficile addormentarmi sdraiata sul divano quando tornai dopo aver vagato senza sosta per tutta Hollywood alla ricerca di Nikki senza ottenere alcun risultato. Ero andata a casa di tutte le persone che conosceva sperando che si trovasse con loro, ma il suo avvistamento più recente risaliva alla festa della sera precedente.

Mi svegliai con un terribile mal di schiena perché avevo sonnecchiato in una posizione scomoda e decisi che avrei chiamato la polizia, sperando che almeno loro per una volta potessero aiutarmi, anche se probabilmente avrebbero scritto i dati di Nikki e mi avrebbero risposto con un “le faremo sapere” prima di aggiungere la sua cartella a una montagna di denunce di persone scomparse. Nel momento stesso in cui sollevai la cornetta, qualcuno bussò violentemente alla porta e mi catapultai da una parte all’altra del salotto come un fulmine. Afferrai la maniglia per aprire, convinta di ritrovarmi di fronte Brett perché gli avevo chiesto di passare per tenermi un po’ compagnia dal momento che ero preoccupata, invece non fu così. Nikki se ne stava in piedi di fronte a me con una spalla fasciata e in condizioni pietose: aveva delle terribili occhiaie violacee messe in risalto dal trucco ormai del tutto sbavato, indossava un camice bianco da ospedale e su una mano aveva un batuffolo di cotone fermato da un pezzo di scotch medico al quale si era appiccicato di tutto.

“Mi fai entrare?” mi chiese con la voce rotta. Feci per abbracciarlo, sollevata perché era tornato, ma lui mi respinse con un gesto pacato ed entrò per prendere posto sul divano.

“Che cazzo ti è successo?” domandai con lo sguardo fisso sulla sua spalla bendata.

Un angolo della sua bocca guizzò nervosamente. “Ho avuto un incidente. Auto fracassata e spalla lussata.”

Trasalii e impallidii. “Si può sapere come diavolo hai fatto?”

Si passò un palmo sul volto e si strappò la medicazione di cotone sul dorso della mano. “La festa di ieri è stata un delirio. A un certo punto ero talmente stufo di tutto e tutti che l’unica cosa che volevo era tornare da te, allora sono scappato in macchina, ma ero così su di giri che sono andato fuori strada e ho centrato un palo del telefono. È caduto sul tettuccio e l’ha sfondato. La spalla mi faceva male e avevo la nausea, così mi sono messo a fare l’autostop finché qualcuno non mi ha raccolto e mi ha portato in ospedale, dove mi hanno fatto questa schifosissima fasciatura.”

Lo avevo ascoltato per tutto il tempo scuotendo il capo, rabbrividendo al solo pensiero di che cosa sarebbe potuto accadere se anziché la spalla avesse battuto la testa.

“Sei un coglione del cazzo,” lo apostrofai, poi scattai in piedi e gli lanciai contro un foglio di giornale appallottolato. “Avresti potuto essere meno fortunato. Non potevi aspettare la mattina o chiedere un passaggio?”

Nikki scosse il capo mordendosi un labbro. “Ero fatto, completamente fuori, e volevo solo tornare a casa.”

Un rivolo di sangue aveva iniziato a sgorgare dal forellino che l’ago della flebo gli aveva lasciato sul dorso della mano, cadendo in piccole stille scarlatte che macchiavano la sottile stoffa bianca del camice. Mi sedetti di fianco a lui e mi portai la sua mano sulle ginocchia per tamponare la ferita con un pezzo di cotone riciclato da quello che aveva tolto poco prima.

“Cosa ti hanno detto riguardo quella spalla?” chiesi senza nemmeno guardarlo.

Nikki sbuffò e appoggiò la testa al divano, visibilmente infastidito.

“Devo tenerla ferma per un mese, il che significa che non posso neanche suonare. Il problema è che fa un male atroce che posso alleviare solo con dell’antidolorifico che mi hanno dato in ospedale,” rispose seccato. Una volta che ebbi terminato la medicazione, cercò di alzarsi senza perdere l’equilibrio. Lo seguii fino in camera e lo aiutai a liberarsi dal camice dell’ospedale sciogliendo i nodi dei nastri che tenevano uniti i due lembi dietro la schiena, scoprendo così diversi ematomi all’altezza delle clavicole. Sembrava che avesse fatto a pugni con qualcuno, ma smentì questa ipotesi e mi confessò che anche quelli erano una conseguenza dell’urto subìto durante lo schianto. Dopo che lo ebbi fulminato con l’ennesima occhiataccia della giornata, si coricò sul materasso appoggiandosi sul braccio sano e si tirò il lenzuolo fino alla vita, mostrandomi la schiena. Avrei voluto dirgli qualcosa che lo rincuorasse, ma non c’erano giustificazioni per quello che aveva fatto, così decisi di farlo senza servirmi delle parole: mi stesi dietro di lui, appoggiai la fronte tra le sue scapole facendo molta attenzione a non urtare la parte infortunata e gli circondai un fianco con il braccio.

“Mi sono preoccupata molto quando non ti vedevo tornare,” ammisi sottovoce.

Nikki sospirò e mi prese la mano. “Lo so. Del resto, se fossi stato al tuo posto e non ti avessi vista tornare dopo tanto tempo, mi sarei preoccupato anch’io.”

“Non riesco a pensare a come sarebbe potuta andare se le dinamiche dell’incidente fossero state appena un po’ diverse.”

“Per fortuna non è stato grave,” si giustificò. “Adesso sono qui con te.”

Esercitai una lieve e nervosa pressione sul suo ventre. “Promettimi che non farai mai più una cazzata del genere. Se io sto riuscendo a smetterla con quella merda, tu potrai quantomeno evitare di cacciarti in guai simili.”

Nikki annuì muovendo il capo sul cuscino bianco. “Te lo giuro, Sherry, davvero, poi vorrei... ahi!

Interruppe la frase a metà, colto da un improvviso dolore alla spalla che lo fece contorcere come un lombrico.

Sciolsi immediatamente l’abbraccio in modo che potesse muoversi più liberamente e cominciai ad arricciarmi una ciocca di capelli per sfogare la tensione. “Non avevi detto che all’ospedale ti avevano dato degli antidolorifici?”

“Sì, sono nella tasca del camice,” disse puntando un dito contro l’indumento bianco abbandonato sul comodino, poi tornò a portarsi la mano sulla spalla, “Hanno detto che devo prendere venti gocce diluite in mezzo bicchiere d’acqua, ma tu aggiungine una decina.”

Afferrai il camice il cui materiale sembrava una via di mezzo tra la stoffa e la carta e ne estrassi una boccetta marrone con un’etichetta arancione e nera con le scritte bianche. “Se hanno detto solo venti ci sarà un motivo.”

Nikki roteò gli occhi mentre continuava a tenersi la parte dolorante. “Quale effetto vuoi che abbiano venti gocce di antidolorifico se in ospedale hanno dovuto farmi un’endovena di morfina?”

Dal momento che avevo a cuore la pace comune, feci cadere trenta gocce in mezzo bicchiere d’acqua che lui scolò con la stessa foga con cui si ingolla un cicchetto di tequila, poi tornò ad appoggiare la testa sul cuscino e attese che la medicina svolgesse la sua funzione. Trascorse più di un’ora a contorcersi scaricando tutto il peso sulla spalla sana, quella sulla quale si era disteso, ma l’antidolorifico sembrava non aver alcun effetto. Fu inutile assumerne altre quindici gocce e alle sei di sera Nikki era ancora steso sul letto a lamentarsi come un ferito in battaglia. Il massimo che potessi fare era stare seduta vicino a lui a sperare che quel maledetto medicinale compisse il suo lavoro e a cercare di convincerlo che chiamare un’ambulanza sarebbe stata la scelta migliore.

Ero stanca di vederlo piegarsi su se stesso per il dolore, contorto sull’unico spicchio del materasso illuminato dalla luce del sole che entrava dalla finestra aumentando la sensazione di calore, e chiaramente lui non ne poteva più, tanto che a un certo punto riuscì ad alzarsi autonomamente e a infilarsi un paio di pantaloni di pelle e una canottiera sbrindellata per uscire.

“Dove credi di andare messo così?” gli domandai con tono severo, ormai troppo esasperata per tentare di fermarlo fisicamente sebbene non sarebbe nemmeno stato difficile dato il suo stato.

“Vado a cercare una cazzo di farmacia che mi venda qualcosa di più forte,” biascicò in risposta mentre si avviava verso la porta sostenendosi il gomito del braccio infortunato.

“Ti ci porto io. Credo che sia meglio se non cammini.”

Nikki si voltò di scatto e mi fulminò con un’occhiataccia, poi sbuffò e mi accarezzò i capelli per tranquillizzarmi. “Non preoccuparti, Sherry, davvero. Ci riesco da solo. Farò presto, vedrai.”

Non feci in tempo a ribattere che si era già chiuso la porta alle spalle e potevo sentire il rumore delle sue scarpe mentre scendeva le scale.

Lo aspettai per due ore, e metà di questo tempo lo trascorsi in compagnia di Brett, che si era finalmente deciso a raggiungermi. Eravamo seduti sul divano a guardare distrattamente un telefilm quando Nikki tornò. Aprì piano la porta ed entrò di soppiatto. La smorfia di dolore che aveva stravolto il suo viso prima che uscisse era scomparsa, non si lamentava più per il male e i suoi occhi erano socchiusi in un’espressione di totale beatitudine, accompagnata da un sorriso appena accennato. Brett e io ci guardammo cercando una risposta a tutto ciò l’uno nello sguardo dell’altra, poi interruppi il contatto visivo alzandomi e mi avvicinai a Nikki.

“Hai risolto?” gli chiesi mentre studiavo attentamente la sua insolita espressione.

“Sì, certo. Ho trovato una farmacia aperta qui vicino e mi hanno dato un antidolorifico più potente.”

Osservai lo sguardo assente con occhio critico. “Ce ne hai messo di tempo! Di che roba si tratta?”

Nikki sorrise e alzò la spalla sana. “Non me lo ricordo, però funziona, ed è questo l’importante, giusto?”

Continuai a osservarlo mentre attraversava il salotto senza nemmeno salutare Brett come se non si fosse accorto della sua silenziosa presenza, per poi filare dritto in camera come un’ombra oscura che si aggira per una terra ghiacciata. Se pensava di avermi fregata, si sbagliava di grosso. Conoscevo quel tipo di sguardo e sapevo che in farmacia non ci era nemmeno entrato. Aveva preferito risolvere la questione servendosi di una sostanza dal potere estremamente rilassante che io non avevo mai provato e che mai avrei conosciuto perché temevo di diventarne schiava giurandole fedeltà fino alla morte. Appoggiai le spalle al muro e puntai gli occhi addosso a Brett, il quale si sfregò nervosamente i palmi come per dirmi “Hai visto? Ci sta cascando anche lui”, poi mi accasciai su una sedia.

“L’ha fatto solo perché il dolore lo stava uccidendo,” tentai di giustificarlo mentre stappavo una bottiglia di Jack quasi finita, ma ero consapevole che mi stavo prendendo in giro da sola.

Brett scosse il capo. “Lo sai come funziona quella merda. La prima volta pensi di aver trovato il paradiso, poi dalla seconda ti porta dritto all’inferno.”

Mi versai un cicchetto mentre criticavo le insane abitudini della persona che amavo e mi lasciai sfuggire una risata sprezzante. “Se ne sto venendo fuori io, sono certa che ci riuscirà anche lui.”

Brett prese un altro shottino dallo scolapiatti e lo appoggiò vicino al mio affinché lo riempissi. “Non contarci troppo, Sharon, anche se provi qualcosa per lui.”

“Se stai insinuando che mi sia innamorata, ti stai sbagliando.”

Brett annuì con estrema convinzione. “Sì che lo sei, solo che non vuoi ammetterlo perché è ti fa paura, ma non c’è niente di male.”

Battei un palmo sul tavolo facendo cadere il cicchetto che ci avevo appoggiato sopra e mi passai le mani tra i capelli senza sapere cosa dire non a Brett, ma a me stessa.




N.D’.A.: Salve! =)
Questa è una pubblicazione lampo, per cui non mi dilungo più di tanto.
Ad ogni modo, ringrazio sempre coloro che leggono, seguono in silenzio e anche quelli che mi ringraziano privatamente! ♥
Mi farebbe piacere sapere la vostra opinione. :)
Ci si rilegge mercoledì prossimo!
Glam kisses,

Angie


Titolo: Dr. Feelgood - Mötley Crüe


   
 
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