Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Nayuki911    25/09/2014    1 recensioni
E pensare che tutto era iniziato con una banalissima lite.
Poteva davvero essere una svolta nella sua misera vita?
Sarebbero state due anime destinate ad unirsi, o a scontrarsi senza esito?
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mikasa Ackerman, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3


La giornata si era conclusa al meglio.
Aveva passato ore a chiedersi che fine avesse fatto quella ragazza, se avesse mangiato qualcosa, se si sentisse più in forma. In tutti i suoi ventisette anni non gli era mai capitato un avvenimento simile:
né quello di dimenticarsi un oggetto importante in un luogo pubblico - o da qualsiasi altra parte - né tantomeno quello di ricevere la visita inaspettata di una giovane e avvenente fanciulla che lo aiutasse senza alcuno scopo.
Essendo piuttosto palese, il suo essere benestante, avrebbe potuto aspettarsi una specie di riscatto. Invece quella santa ragazza era piombata nella sua vita con tutte le intenzioni migliori al mondo. Certo, gli aveva macchiato una delle sue camicie preferite, ma gli aveva anche salvato la giornata.
Probabilmente avrebbe ricevuto persino un aumento, cosa che francamente gli dava più soddisfazione personale che economica, ma il vero fulcro di quel giorno, fu semplicemente lei.
Quella ragazza dai capelli corvini, dagli occhi neri e lo sguardo magnetico. A primo impatto sembrava indiavolata con il mondo intero, ma se la si osservava attentamente, traspariva una sensazione di pace, genuinità.
Non capitava spesso, che ad uno come lui, delle persone restassero impresse nella mente.
L'unica eccezione era stata rappresentata da Erwin, un tipo apparentemente eccentrico, alla mano, socievole, aspetti che Levi non aveva mai trovato interessanti, essendo lui l'esatto contrario. Ma quando aveva capito che sotto quel mantello di spirito giovane c'erano anche una serietà e una compostezza da uomo in carne ed ossa, era riuscito a donargli tutta la fiducia che portava in corpo.
Quella ragazza pareva l'opposto, decisamente apatica, proprio come lui: ecco perché lo incuriosiva tanto.
Normalmente, si sarebbe tormentato giornate intere, pur di di reperirla, ma sapendo dove trovarla, si mise l'animo in pace.
 
Passò del tempo seduto sul sofà, a riflettere. Sarebbe stato da maleducati, non andare a ringraziarla il giorno stesso. D'altro canto, però, non voleva darle l'idea di essere stata fondamentale. La verità è che per quanto lo scocciasse ammetterlo, lo era stata eccome.
Al diavolo le congetture, avrebbe fatto le cose di testa sua.
Andare a ringraziarla, sarebbe sicuramente stata la cosa più giusta, visto che non aveva nemmeno preteso nulla.
 Si alzò con uno slancio atletico, aprì il frigo con un gesto piuttosto brusco, con l'intento di prendersi una birra.
Per essere un uomo benestante, non faceva molta spesa; il frigorifero era infatti mezzo vuoto.
Mancava una donna in quella casa.
Nel momento in cui iniziò a ripeterselo anche lui, capì che quel dannato Erwin Smith lo stava influenzando anche troppo.


 
**************************


Il turno era iniziato alle 18 in punto, come tutti i giorni. Sebbene l'apertura del pub fosse alle 19.30, impiegavano l'ora precedente a pulire, preparare il cibo, e gettare gli avanzi della sera prima. Essendo un venerdì, ci sarebbe sicuramente stata confusione, anche se gettando un'occhiata all'esterno, Mikasa poté scorgere un cielo un po' cupo.
 
«Dicono sia in arrivo un temporale, tra oggi e domani.» Brontolò Sasha, alle sue spalle.
«Mh.. non mi dispiace, la pioggia.»
«Ah, a me è indifferente! Ma se fa brutto tempo, nessuno metterà il naso fuori di casa.»
«...»
«Quindi nessuno verrà qui. E se la gente verrà, sarà di malumore e.. non ci lasceranno la mancia!»
«Sasha. Stai esagerando» la rimbeccò, punzecchiandole il naso.
«Sistema i tavoli, io penso a lavare i bicchieri.»
 
 
**************************
 
 
Come la ragazza aveva previsto, una leggera pioggerellina aveva iniziato a ricoprire l'intero quartiere, anche se per essere il mese di Febbraio, era piuttosto normale. Mikasa adorava il freddo, e anche se la pioggia le metteva un po' di tristezza, i momenti dopo, quelli in cui l'aria si presentava fresca a più respirabile, valevano tutto.
Tuttavia, la pioggia non aveva fermato l'orda di ragazzi che, alle prese con la noia di un tipico venerdì sera, avevano cominciato a riempire il pub in meno di mezz'ora. Non era la soltita confusione a cui erano abituati, ma di certo, era meglio di una serata senza lavoro.
 
A parte un gruppo di ragazzi piuttosto rumorosi, e un tavolo di quella che sembrava una coppia di giovani fidanzati, fu una serata piuttosto tranquilla, né troppo chiassosa, né poco movimentata. Mikasa si lasciò sfuggire un sospiro pesante, nel vedere che un gruppetto di poppanti, non avevano lasciato la benché minima ombra di mancia.
Forse Sasha non aveva poi tutti i torti.
"Dannati adolescenti, spero che a diciott’a
nni andiate a fare i lavori forzati," pensò, mentre puliva il tavolo, togliendo i piatti fatti di pomodoro e qualche foglia di lattuga.
 
Il rumore della porta che si apriva, attirò la sua attenzione, erano già le dieci passate, ma non si stupì tanto dell'orario, quanto dell'uomo che vide mentre varcava la soglia.
Le rivolse un cenno di capo, la sua solita giacca le fece storcere il naso. Era ancora lì, quell'uomo, per la seconda sera di fila. Ebbe l'istinto di andargli incontro e chiedergli se si fosse dimenticato qualcos'altro, ma era improbabile e di poco gusto, perciò decise di lasciar perdere: non aveva tempo per perdersi in chiacchiere; si recò dietro il bancone, e sparì nei meandri della cucina, con una pila di piatti tra le braccia.
 
Quando uscì, gli occhi attoniti di Sasha, puntati praticamente addosso, la indussero a fermarsi di colpo, sul posto.
«Cosa c'è.»
«Quel tipo.. ha chiesto di te. Credo voglia sia tu, a servirlo.»  Il tono della ragazza pareva un po' sorpreso, persino gli occhi, parevano indagatori. C'era forse qualcosa di male? Si astenne dal risponderle  solo perché era piuttosto seria nel proprio lavoro, e fare attendere i clienti era sbagliato.
Sfilò carta e penna dal taschino dei pantaloni e si avviò al tavolo che l'uomo aveva scelto, in fondo a sinistra, lontano da tutto il resto.
 
La domanda che l'aveva perseguitata da un po' di giorni, era "Che ci faceva uno come lui lì?"
Gente come quella avrebbe dovuto cenare in ristoranti di lusso, posti rinomati con un'etichetta dignitosa; allora perché mangiare in un pub? Perché rimpinzarsi con un panino e una birra? Restavano sempre comuni mortali affamati, ma faceva comunque uno strano effetto. La tentazione di chiederglielo fu fortissima, ma preferì tacere, e prendere l'ordinazione.
«..Salve.»
«Ehi»,  
posò il menu, non appena la vide.
«Cosa le porto?»
L'uomo si accigliò un minimo, come affascinato. Lei non lo stava neanche guardando. 
Se era in dubbio che la professionalità in quel locale fosse un pregio, quella ragazza gli diede la conferma assoluta. Tuttavia, si aspettava una reazione diversa, tanto per cominciare un saluto differente da un "cosa le porto". Ad esempio un "Com'è andata oggi, alla fine? Sa, ero tanto preoccupata per lei. E come sta la sua camicia?"
Improvvisamente ebbe la tentazione di presentarle il conto della smacchiatoria. Pazienza, non si sarebbe mica rassegnato.
«Un panino, il numero sette», disse, senza neanche sapere cosa avesse preso, era più concentrato a scrutare la ragazza dagli occhi profondi. A giudicare dall'espressione che fece, comunque, non doveva essere un'ottima scelta.
«.. Da bere?»
«Una birra. E.. vorrei anche ringraziarti per oggi.»
Mikasa alzò finalmente gli occhi, scontrandosi con quelli dell'uomo; per un attimo ne rimase colpita, smise persino di scrivere, la bocca schiusa dalla sorpresa.
«Non ho fatto niente. Da bere..?»
«.. una birra», sospirò, amareggiato. A quanto pare non c'era verso di ringraziarla a dovere.
Aprì la bocca, sul punto di dire qualcosa, ma la ragazza svanì in tempo record, lasciandolo da solo, con il menu in mano, a fissare il punto ora vuoto del pavimento di legno.
«Davvero fantastico», borbottò, richiudendo il libretto con uno scatto.
 
Non dovette tardare molto, prima di essere servito, dalla stessa ragazza sfuggente. Sembrava sempre così di fretta, eppure doveva ammetterlo, era sicuramente in gamba, rapida e per nulla incompetente, a differenza della tipa con la coda di cavallo ramata.

Mikasa posò abilmente il vassoio sul tavolo, servendogli la birra, e il cesto con il panino; Levi poté accorgersi di una zucchina fuoriuscire dal pane, dovette sforzarsi parecchio per non commentare con disgusto: non sopportava le zucchine. Mormorò un "Grazie" sommesso, già con i nervi a fior di pelle, prima di vederla riprendere il vassoio sotto braccio. Fu più rapido di lei ad afferrarle il polso, e costringerla a tornare indietro di almeno un passo.
«Puoi cenare con me?» chiese, senza pensarci due volte.
La ragazza sgranò gli occhi. Era chiaro come il sole che la sua risposta sarebbe stata negativa, ma tanto valeva provare. In qualche modo doveva pur parlarle.
«Non posso. Se non lo avesse notato, starei lavorando.»
«Se non lo avessi notato, non c'è quasi nessuno.
Almeno siediti. Cinque minuti. Non ti ruberò altro tempo, lo prometto.»
Mikasa fece un sospiro, si voltò in direzione del bancone. Non essendoci la tipica confusione di un venerdì sera, a causa del mal tempo, e essendo gli ordini già presi, magari poteva concecergli quei cinque minuti che tanto bramava.
«Cinque», sottolineò, mentre prendeva posto di fronte a lui, tra gli sguardi praticamente stupefatti di Sasha.
Decise di ignorarli, quindi ripose il vassoio sul tavolo, e avvicinò la sedia, in modo da mettersi comoda, con le mani giunte sotto il legno, anche se a disagio. Levi annuì, palesemente soddisfatto; mise da parte il proprio panino, ci sarebbe stato tempo per mangiarlo, e in in ogni caso, vedendo quella zucchina molleggiante, gli era passata la fame.
«Volevo solo ringraziarti. Sai, per la valigetta. Alla fine la mia collega l'ha trovata, probabilmente è passata di lì mentre eri svenuta, l'ha presa e l'ha portata dentro l'ufficio. Ecco perché non ce ne siamo accorti.»
«Ah. Bene.. mi fa davvero piacere. E' tutto?» chiese, spietata. Continuava ad evitare le sue occhiate, più intenta invece ad osservare l'ingresso, come in attesa di qualcosa. O di qualcuno. Non sembrava trepidante, o perlomeno non in senso positivo. Piuttosto, in uno stato di ansia.
Levi inarcò un sopracciglio. A che diamine di gioco stava giocando, quella ragazza?
«..No. Volevo anche dirti che le zucchine mi fanno schifo.»
«Perché ha ordinato questo panino, allora?» domandò, sempre distrattamente.
«Non stavo neanche guardando il menu. Ero concentrato su di te.»
Questo sembrò catturare l'attenzione da parte della ragazza, la quale si voltò del tutto, viso contro viso, occhi contro occhi. Poté persino giurare di averla vista arrossire, ma non ne fu sicuro, per via delle luci.
«..Non so che dire. Io-»
«Ero venuto qui solo per ringraziarti, a dire il vero, e per chiederti come stai. Mi hai davvero salvato la giornata, probabilmente te ne renderai conto, più in là.»
«Sto bene. Ed è..  fantastico, sul serio. Credevo fosse venuto qui per presentarmi il conto della smacchiatoria.»
«Era un'idea, all'inizio.»
Che quella ragazza gli avesse letto nel pensiero? Si creò una strana sintonia immediata, tra i due, e adesso che finalmente si guardavano negli occhi, sembrava che tutto il resto del locale fosse svanito. Sembrava persino che lei si fosse sciolta, quindi approfittò per poterne studiare il viso, i tratti femminili, le labbra non troppo sottili, il naso, quegli occhi che lo aveva attratto fin da subito, persino i capelli sembravano setosi. Rimasero in silenzio per studiarsi, anche la ragazza sembrava interessata al suo fascino, di certo non si poteva dire che non fosse un uomo attraente. Ancora una volta, ebbe la tentazione di domandargli cosa ci facesse, in un posto del genere, e proprio mentre fece per aprir bocca, si irrigidì nuovamente, alzandosi in piedi all'improvviso, gli occhi rivolti all'ingresso, ad un tratto tristi e malinconici.
Levi lo notò subito, ma fu più attento alla sua espressione, piuttosto che dal motivo di tanto sbigottimento.
«Devo andare, scusi.. si goda la cena» mormorò a bassissima voce, se Levi non avesse avuto un udito formidabile, neanche l'avrebbe sentita.
Annuì, anche se contrariato, non poté far a meno di seguirla con lo sguardo, staccando un morso dal panino, con voracità mista a rabbia.
Avrebbe voluto chiederle il nome. L'aveva nuovamente dimenticato.
Cosa aveva visto? Cosa le impediva di concedersi cinque minuti di pausa per stare in sua compagnia? Cosa c'era di così importante?
 
Poi lo vide. Li vide.

E tutto ebbe improvvisamente senso.

A quel punto, persino la zucchina non sembrava più tanto malvagia.




Continua...




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N.d.A. ~ WIIIIIIIIIII! Che succede che succede ommioddio cosa ha visto Mikasa?
Opzione 1: Eren titano (??)
Opzione 2: Annie titano (???)
Opzione 3: Levi Ackerman con il maneuver (????)
Bando alle ciance, spero che un pochino vi stia piacendo! Io mi sto trovando molto bene a scriverla, le cose mi vengono spontanee e mi sto davvero divertendo, perché è  tutto nella mia mente! E’ interessante, Nexys (sì parlo proprio con te *indica*) leggere le tue teorie—vediamo con cosa te ne uscirai stavolta!
Un grosso bacio, w la Rivamikaaaaaa ♥
   
 
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