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Autore: Nadie    25/09/2014    3 recensioni
Un giorno ha chiesto cosa fosse quell’amore ripetuto dai dischi in vinile di papà.
«Una cosa che aggiusta tutto.» gli hanno risposto.
«Come una super colla?»
«Proprio come una super colla.»
Adesso che il bambino che è stato lo ha abbandonato, capisce che gli hanno mentito.

[Ben e Prudence]
[La Legge del Resto - sentivo il bisogno di cambiar titolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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3.Non come Lei


Franziska - e questa era la principale ragione per cui aveva lasciato che le loro vite si avvicinassero - era completamente diversa da Prudence.
Lui l’aveva capito appena l’aveva incontrata a Berlino, in un parco dal nome impronunciabile e con piante e prati curati e perfetti.
Anche Franziska era perfetta, con i capelli perfettamente lisci, le gambe perfettamente dritte e il sorriso perfettamente vuoto.
Erano capitati per sbaglio sulla stessa panchina di quello stesso parco, lui aveva sentito la puzza del fumo di un sigaretta vicina, aveva voltato il capo ed ecco due occhi di ghiaccio che lo guardavano con un’invadenza ed un'insistenza quasi intollerabili.
E poi le solite parole ordinarie che si trascinano nelle solite conversazioni ordinarie.
Che bella giornata.
Che bel parco.
Hai una sigaretta anche per me?
Ma certo!
Che ne pensi della morte?
Ecco la domanda giusta per togliere l’ordinario a quel momento troppo ordinario.
Che ne pensi della morte?
Io non penso mai alla morte! Non bisogna pensare a queste cose complicate e lontane!
Tu sei diversa da Prudence.
Sei diversa dai suoi occhi verdi e dalle sue labbra carnose, sei diversa dalle sue parole, tu non sai nemmeno come usarle le parole, quelle giuste, non sei come Lei, non sei Lei.
E allora se non sei come Lei non farai ciò che ha fatto Lei, non mi innamorerò di te e tu non te ne andrai, non mi lascerai solo.
Perché tu non sei come Lei.
Lui se lo ripete sempre, di continuo, lo fa quando al mattino incontra un paio d’occhi di ghiaccio senza nemmeno un po’ di verde, tu non sei come Lei, capelli biondi tra le sue dita, tu non sei come Lei, labbra sottili sulle sue, tu non sei come Lei, poche parole e niente di importante da dire, tu non sei come Lei, niente acqua, niente spiagge, niente parchi tenuti male, tu non sei come Lei, niente canzoni francesi, niente se continui a fumare morirai, niente metropolitane, tu non sei come Lei, niente signore con abiti coi fiori, niente Rolling Stones o Beatles, niente alberi grandi, tu non sei come Lei, niente acqua gelida dentro la carne, niente pioggia sulla pelle, niente Amore invidiaci perché noi siamo l’Oltre, tu non sei come Lei, niente corpi soli in letti troppo grandi con accanto solo una lettera cattiva, tu non sei come Lei e a me va bene così.
Ma no, in realtà non gli va bene così e lo sa, ne ha la certezza, io non voglio tutto questo e non voglio te e i tuoi occhi di ghiaccio e tutta la perfezione che hai addosso, lo sa, lo sa molto bene.
Altrimenti non le avrebbe chiesto di venire a festeggiare il suo compleanno a Dublino.
Altrimenti il suo cuore non avrebbe perso battiti preziosi dopo lo sguardo di due occhi verdi che è caduto proprio su di lui in una metropolitana affollata.
Altrimenti non sentirebbe quel foglietto sporco d’inchiostro blu bruciare nella sua tasca.
Altrimenti, altrimenti, altrimenti… altrimenti niente.
Franziska gli sta dicendo qualcosa anche se lui non capisce, la guarda: una bella ragazza tedesca dentro un abito da sera scuro e con un profumo forte sulla pelle, cosa vuoi di più, ragazzo con gli occhi bui?
«La cena era squisita, possiamo cenare di nuovo in quel ristorante Giovedì prossimo, che ne dici?» gli chiede Franziska, mentre infila la chiave nella serratura della porta di una camera di un hotel schifosamente lussuoso.
Lui annuisce e si infila la mano in tasca, stringe forte il foglietto e gli sembra di stringere Prudence, adesso ti tengo stretta e non provare nemmeno a pensare di poter scivolare via dalla mie dita, dovranno tagliarmi le mani per farmi mollare la presa.
«Ben? Giovedì prossimo, ti ricordi?» la porta si apre con un gentile pack ed entrambi entrano dentro quella stanza che ha l’odore del nulla, di niente e di nessuno.
Franziska si sfila le scarpe alte e si scioglie i capelli.
«Cosa?»
«Ma come cosa?! Il tuo compleanno!»
«Ah già…»
Franziska sorride e gli si avvicina, posa le mani sulle sue spalle e lo bacia.
Labbra sottili che scivolano con un’insistenza velata tra le sue e poi si arrendono con finta indifferenza a quella barriera invisibile che blocca la loro avanzata.
«Sei stanco?»
«Con una doccia e una bella dormita andrà meglio.» sorride e lei ricambia annuendo, anche se sa che niente andrà meglio, che lui non cambierà perché è così distante e distratto da quando l’ha incontrato.
Lui prende dei vestiti puliti, si toglie gli anfibi e si chiude in bagno, cadono sul pavimento vestiti troppo eleganti per lui e poi uno specchio che lo riflette per quello che è e poi acqua fredda, freddissima sulla pelle.
E come ti permetti di pensare ancora al passato?
Acqua freddissima sulla schiena.
Come ti permetti di farti schiacciare da due occhi verdi?
Acqua freddissima lungo le scapole.
Come ti permetti di chiedere di Lei?
Acqua freddissima tra le costole.
Come ti permetti di ricordati ancora di Lei, di voi?
Acqua freddissima sugli occhi chiusi.
Come ti permetti? Come ti permetti?
E vorrei ucciderti, vorrei baciarti, vorrei solo che tu fossi acqua sulla mia pelle sporca, sporca di ricordi da non ricordare, di amori mai esisti eppure andati a male, di parole cattive, sillabe letali e di bambini da aspettare nascosti oltre la carne.
L’acqua fredda smette di cadergli addosso, si asciuga alla svelta, indossa i vestiti puliti ed esce dal bagno.
La camera è buia e Franziska sembra dormire, lui getta un’ultima occhiata su Dublino al di là della finestra e poi si infila sotto le lenzuola, dentro un letto freddo che profuma del niente che gli sta attorno.
Volta le spalle a Franziska, chiude gli occhi e sogna una folla spaventosa che calpesta Dublino, lui sta correndo, corre e sgomita in mezzo a quelle voci e quei corpi ammassati, sta inseguendo qualcuno con una giacca nera, accelera ma Giacca Nera sembra irraggiungibile, scusatemi devo passare!, si crea un varco tra la folla e accelera sempre di più, c’è quasi, Giacca Nera è vicino, le afferra un braccio e la fa voltare ed un paio di occhi verdi lo guardano allegri.
Prudence, Prudence! Finalmente ti ho trovata!
Scusami, chi sei? Io non ti conosco.
Ma come chi sono?! Prudence, sono io!
Ma all’improvviso scompaiono gli occhi dal volto di Prudence.
Chi è Prudence? Gli chiedono le labbra sopra quel viso vuoto.
Chi sei tu?
Si sveglia spaventato e sudato e il cuore batte forte dentro al suo petto.
Tum tum tum.
Guarda l’orologio sul tavolino, segna le sei e ventisei minuti.
Si alza, attento a non svegliare Franziska, poi va in bagno e si lava di nuovo, manda via con l’acqua tutto il sudore di quel brutto sogno, infila un jeans ed una felpa e poi prende il biglietto dalla tasca del pantalone che è rimasto sul pavimento del bagno dalla sera prima.
Fissa l’inchiostro blu che lo macchia, lo accarezza con il pollice, ti prometto che vengo a prenderti e stavolta potrai sputarmi in faccia tutte le sillabe velenose che vorrai, non me ne andrò, lo giuro.
Esce in fretta dalla camera, dall'hotel e da tutto quel lusso che gli pesa sulle spalle.
Il cielo di Dublino è ancora scuro ed ingoia le strade, i locali e la poca gente riversata sui marciapiedi, lui si infila le mani in tasca e va dritto verso la metropolitana, non ha bisogno di guardarsi intorno o di fare sforzi di memoria perché la strada per arrivarci se la ricorda fin troppo bene.
Scale, poche persone, macchinette per timbrare, click e il biglietto è timbrato, altre scale, vento, porte che gli si aprono proprio davanti al naso ed un vagone vuoto.
Resta in piedi, appoggiato ad un palo grigio, qualcosa di buio ed indefinito sfreccia attraverso il vetro ed un rumore stridulo gli riempie le orecchie, quando la metro frena perde per un attimo l’equilibrio poi le porte si aprono e lui esce fuori di fretta.
Gira tra i vicoli di Dublino e cerca di orientarsi, rilegge le scritte blu sul suo biglietto, dove andare? Dove diavolo devo andare?
Si siede ai bordi di un marciapiede e fissa quel blu, lo fissa a lungo, si rigira il biglietto tra le mani, non è possibile, non è possibile che non riesca a trovarti!
Una vecchina gli passa lentamente davanti, lui non sta a pensarci troppo e si alza, le va incontro e le chiede la strada, lei strizza gli occhi piccoli e legge il suo biglietto poi alza il capo, gli sorride e gli indica la via.
«Sei piuttosto vicino, devi solo proseguire altri cinque metri e poi girare a destra e sei arrivato.»
La ringrazia sorridendo e segue le sue indicazione, conta i passi ed ogni metro d’asfalto che calpesta ed è sempre più vicino, ancora più vicino, vicino, vicino, gira a destra e resta sorpreso, perché davanti ai suoi occhi compare una biblioteca.
La porta è spalancata, lui entra dentro titubante e vede poche persone in piedi vicino agli scaffali, perse tra le pagine dei libri che tengono tra le mani. 
Avanza ancora un po’, alla sua destra ci sono tavoli rotondi e di vetro mentre alla sua sinistra libri e libri e ancora libri si appoggiano l’uno all’altro sopra gli scaffali disposti in ordine.
Riguarda il foglietto, ma come è possibile? Cosa significa?
Poi alza il capo e vede una ragazza con i capelli lunghi e disordinati che le ricadono su una spalla e due grandi occhi verdi, lui alza il cappuccio della felpa e si nasconde veloce dietro lo scaffale dedicato alla Letteratura Spagnola, si siede sui talloni e la osserva attraverso gli spiragli lasciati dai libri.
E pensa solo che è ancora più bella dell’ultima volta che l’ha incontrata.
 
 



Hola!
Allora, ciurma, come va?
A Barny non così bene, ma provvederò presto a migliorare il suo umore, si è già un po' ripreso dopo aver rivisto Prue!
Dunque, non so proprio cosa dirvi/anticiparvi perché sto ancora scrivendo/distruggendo/riscrivendo il loro incontro perciò non posso proprio dire nulla, e allora smammo ma non prima di avervi ringraziati tutti, lettori silenziosi e non!
Buona serata,
C. 
  
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