Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    25/09/2014    7 recensioni
Semir è sull’orlo del baratro. Nella sua vita non c’è più nessuna ragione di felicità, nessuna speranza per il futuro. Ma quando tutto sembra perduto, quando le circostanze della vita lo inducono alla disperazione più profonda, riceverà un aiuto insperato ed inaspettato.
Anche se un po’ maldestro e pasticcione.
Seguito- a quattro mani- di “Nella buona e nella cattiva sorte”. Come sempre non è indispensabile, ma consigliabile, leggere la storia precedente.
Genere: Azione, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2
 BEN?
 
“Ecco questa sarebbe veramente una cosa da vigliacchi”
Semir riconobbe immediatamente la voce alle sue spalle e pensò  che quella, in fondo, era la sua punizione finale.
Risentire negli ultimi istanti la sua voce.
Istintivamente si girò, ma non vide nessuno ad eccezione dei pochi passanti che a quell’ora percorrevano il ponte. E che iniziavano a guardarlo in modo strano.
Allucinazione, aveva avuto un’allucinazione.
Doveva decidersi prima che qualcuno, colto da qualche impulso altruista, si decidesse a fermarlo.
Semir riprese a guardare in basso verso il fiume.
“Forza ci vuole solo un attimo…” pensò sporgendosi sempre più.
“Certo che l’acqua deve essere freddissima… e poi è zozza. Una volta ho visto passare una mucca intera a gambe all’aria” fece di nuovo la voce, questa volta di fianco a lui.
Stavolta Semir non poté trattenere un urlo.
Non poteva essere, non era possibile.
“E ci sono pure un sacco di topi…nuotano bene con quelle loro zampettine piccole, ti becchi di sicuro la leptospirosi perché ti morderanno con quei loro dentini piccoli ed aguzzi. E tu hai paura dei topi…” continuò la voce, con il tono scanzonato che Semir conosceva bene.
Semir chiuse gli occhi mentre si girava.
“E’ un’allucinazione, solo un’allucinazione…” pensò mentre si girava verso il lato da cui proveniva la voce.
Aprì gli occhi e lui era lì.
Semir sentì di non riuscire a respirare.
Chiuse e riaprì gli occhi e lui era ancora lì.
Era proprio lì, seduto accanto a lui,  vestito come al solito, con il giaccone di pelle ed i jeans, i capelli castani scompigliati e quello sguardo dolce e scanzonato al tempo stesso. Aveva perfino la chitarra a tracolla e la pistola nella fondina.
Era lui, indubitabilmente lui.
Stavolta Semir lanciò un urlo di terrore.
“Tu… tu… non puoi essere qui… tu sei … tu sei…” balbettò.
“Sì, lo so anche io cosa sono, non c’è bisogno che me lo ricordi, grazie” disse Ben con aria spazientita.
 
Semir provò più volte a chiudere ed riaprire gli occhi, ma l’immagine davanti a lui non spariva.
“Pazzo, sono diventato pazzo” pensò mentre scendeva dalla balaustra e prendeva ad agitarsi come punto da una tarantola.
“Se non la smetti ti prenderanno per pazzo” fece Ben comparendogli come per magia a fianco.
Semir lanciò un altro urlo di terrore.
Fermò un’anziana signora che  gli veniva incontro, camminando lenta poggiandosi sul suo bastone.
“Signora… signora mi scusi… lo vede anche lei vero?” chiese con voce isterica.
“Chi dovrei vedere giovanotto?” chiese la donna guardandolo stupita.
“Il giovane che è accanto a me, alto,  con i capelli castani… con una chitarra a tracolla…” balbettò Semir.
“Giovanotto lei ha bevuto troppo. Puzza come una fogna. Si vergogni!!! Torni  a casa e si vergogni!!! L’alcool sarà la rovina della nostra gioventù!!!” fece stizzita la signora allontanandosi.
“Hihihi, gioventù… certo che riferito a te. Però è vero che puzzi. Ma quanto hai bevuto?” ridacchiòBen.
Semir non lo stette a sentire e fermò un altro passante, un uomo sulla cinquantina.
“Lo vede? Lo vede vero?” chiese ancora.
“Amico, certo che devi aver avuto una brutta giornata… devi usare roba migliore, se vuoi ti do il numero del mio fornitore…” fece quello ridacchiando.
“Semir… non so se te ne sei reso conto… ma puoi vedermi e sentirmi solo tu” bisbigliò Ben con aria complice.
“Non è possibile, tu non puoi essere qui… sei un’allucinazione… ed io sono diventato pazzo!!!” urlò Semir.
Poi ansimando come un mantice allungò il braccio verso la figura davanti a lui per cercare di toccarlo, ma la mano la trapassò come se fosse aria.
“Semir…  ma allora sei proprio tonto. Non puoi toccarmi, sono diciamo una specie di fantasma. Anche  se forse le definizione non è proprio esatta” fece Ben sorridendo.
Il piccolo turco sentì le gambe che iniziavano a cedere e la testa girare vorticosamente.
Pazzo, era diventato pazzo.
Terrorizzato si voltò e si mise a correre più veloce che poteva.
“Semir, ma dove vai? Aspetta!!!” fece la voce alle sue spalle.
 
Semir guidò a velocità folle verso casa, incurante di tutti i semafori e le precedenze. Per fortuna era quasi notte fonda, altrimenti avrebbe provocato chissà quanti incidenti.
Pazzo, era diventato pazzo. Eppure lo psichiatra  da cui era andato in tutti quei mesi non si era accorto di nulla. Incompetente.
Arrivato alla piccola villetta Semir scese di corsa dall’auto ed entrando in casa chiuse la porta a doppia mandata.
“Calma, è stata  solo un’allucinazione ed ora è passata…” si disse guardandosi intorno senza vedere nulla di strano.
“Calmati, calmati, è stata solo un’allucinazione…” si ripeté come un mantra mentre si sedeva sul divano.
Cercò di calmare il respiro.
“Ehhh, ma che è sto’ porcile?” fece di nuovo la voce.
Semir cacciò un altro urlo mentre si girava e vedeva Ben che si aggirava nel soggiorno con aria disgustata.
“E pensare che dicevi che io ero disordinato” continuò  il giovane.
Ormai il piccolo turco era incapace di qualsiasi reazione. Stava lì immobile a guardare a bocca aperta.
“Dovresti pulire… e poi c’è una puzza tremenda, apri le finestre… Semir, ma mi stai a sentire?” continuò Ben come se nulla fosse, con la massima naturalezza.
Semir ansimava come un mantice ed era tutto sudato.
“E’ un’allucinazione, ora sparisce, se la ignori sparisce” pensò.
Fulmineo si alzò dal divano ed andò a chiudersi in bagno.
“Schizofrenia” si disse mentre si bagnava il viso con l’acqua gelida.
“Forse ho solo bevuto troppo” pensò ancora, giusto  per concedersi una piccola speranza di non aver perso completamente la ragione.
“Una doccia ecco cosa ci vuole”  disse fra sé e sé mentre si spogliava ed apriva la tenda della doccia.
“Ma la smetti di correre di qua e di là? Credi che sia venuto qui per giocare a rimpiattino?” disse il giovane, poggiato con le braccia conserte contro il muro della doccia.
Per lo spavento Semir indietreggiò, scivolò e finì a gambe all’aria.
“Fatto male? No? La doccia è una buona idea… ti aspetto fuori. Ma prima copriti che così non sei un bello spettacolo, almeno per me” disse Ben  sorridendo, subito prima di sparire.
Semir rimase a bocca aperta a fissare il muro dove fino a poco prima era poggiato il giovane.
 
Semir aprì la porta piano piano, sbirciando fuori.
Aveva fatto una lunghissima doccia, cercando di convincersi che l’allucinazione era sparita con i postumi della sbronza.
Guardò a destra e sinistra prima di sgattaiolare fuori dal bagno ed entrare nella stanza da letto per vestirsi.
“Erano solo i postumi dell’alcool,  è finita non c’è nessuno qui. E tu non sei pazzo”  si disse.
In casa  regnava il silenzio assoluto e Semir iniziò a sentire i morsi della fame.
Furtivo, come per non farsi vedere da nessuno scese le scale ed entrò nella cucina.
“Ehi, ma questo frigorifero è un deserto!” disse Ben   mentre sbirciava all’interno.
Semir stavolta non urlò.
Ormai non  aveva più dubbi.
Era diventato pazzo.
 
“Guarda che anche se mi ignori, io non sparisco. Almeno potresti dirmi qualcosa… così giusto per essere gentile. Dopotutto non ci vediamo da un sacco di tempo”
Ben continuava a parlare e parlare, seduto sulla poltrona accanto al letto, anche se Semir fingeva di ignorarlo.
Lo aveva seguito dappertutto, anche nella stanza da letto dove Semir si era steso nel vano tentativo di prendere sonno e far finire  quell’incubo.
“E non credere che a me faccia tanto piacere stare qui. Dopo tutti quei mesi di addestramento, mi avevano promesso un altro ufficio ed invece mi sono ritrovato nel dipartimento “ agenti di polizia e dipendenti dello stato”. E sotto il comando di Otto poi…”
Semir  non poté fare a meno di sobbalzare.
Ecco ora il fantasma si metteva anche a parlare di altri amici morti… Otto.
“Semirrrr mi parli per favore?” fece con voce lamentosa Ben.
“E va bene… vuol dire che riprenderemo il discorso domani mattina”
Semir si voltò e lui era sparito.
 

Si svegliò che erano le dieci passate. Per fortuna era sabato ed era libero dal servizio.
Per la prima volta da quasi un anno aveva dormito profondamente, anche se aveva fatto quel sogno terribile.
Semir  buttò le gambe fuori dal letto e si stiracchiò.
Con l’animo pesante pensò agli avvenimenti del giorno prima.
Era tutto avvolto nella nebbia… davvero era stato su quel ponte? Davvero aveva pensato di buttarsi giù?
Pensò a tutto il dolore provato in quei momenti, la paura, il terrore di dover affrontare il futuro .
E poi lui…
Certo che era stato un sogno bizzarro.
“E’ solo il tuo subconscio, il senso di colpa che come al solito viene a galla” si disse Semir.
Ancora frastornato si alzò pensando che qualsiasi cosa fosse successa, qualsiasi sogno potesse aver fatto tutti i suoi problemi erano ancora lì.
Trascinando i piedi scese le scale ed entrò in cucina.
Con difficoltà recuperò  il barattolo del caffè e poi caricò la macchina.
Mentre si versava il liquido fumante nell’unica tazza pulita che era riuscito a trovare sobbalzò di nuovo.
“Ecco quello che mi manca di più… il caffè… cosa darei per poterne bere un po’” disse la voce alla sue spalle.
 
“No, no, non di nuovo” balbettò Semir mentre la tazza cadeva in terra andando in frantumi.
“Ehi! Ma che combini… tutto quel buon caffè sprecato…” disse Ben guardando quasi triste la macchia scura che si allargava sul pavimento.
“B… basta… ti prego v…vai via…” balbettò Semir quasi con le lacrime agli occhi.
“Bene, facciamo progressi, almeno mi rivolgi la parola” rispose lui.
“Che c... cosa vuoi…” chiese Semir con gli occhi sbarrati. Stava parlando ad un fantasma.
“Io da te nulla. Me lo devi dire tu cosa vuoi da me…” rispose con aria sicura Ben.
Semir lo guardò e cercò di concentrarsi.
Pareva così reale.
Era esattamente come se lo ricordava, lo stesso sguardo, le stesse movenze.
Il cuore gli si strinse nella morsa della nostalgia. Quanto gli mancava, ma quello davanti a lui non era Ben, non poteva esserlo.
“Tu non esisti, non sei reale,  sei solo un’allucinazione. Ed io ho bisogno d’aiuto” disse mentre saliva le scale.
 
“Allora ispettore Gerkan… cosa c’è di così urgente  che non poteva aspettare lunedì?” chiese il dottor Klein, lo psichiatra della polizia da cui Semir andava almeno una volta a settimana da quasi un anno ormai.
Semir cercava di non fare caso a Ben che si aggirava per lo studio medico, toccando tutto come un bambino curioso ed indisciplinato.
Ovviamente il dottor Klein si comportava normalmente segno che quindi non lo vedeva.
“Dottore… è possibile che… una grave malattia… sorga così… senza preavviso…” balbettò imbarazzato il piccolo turco.
“Intende una malattia psichiatrica? No di solito no, ci sono sempre delle avvisaglie… c’è qualcosa che non va ispettore?” chiese il medico con sguardo indagatore.
“Se gli dici che mi vedi mi sa che finisci dritto dritto in manicomio” disse Ben mentre toccava una statuetta sulla scrivania del medico e la faceva cadere.
“Figo eh? Ci ho messo più di un mese ad imparare a spostare le cose…” disse soddisfatto.
Il dotto Klein sobbalzò quando la statuetta cadde.
“Ma che…” bisbigliò mentre la rimetteva in piedi.
“Allora signor Gerkan… dicevamo… c’è qualcosa che la turba?” chiese il medico mentre si grattava dietro l’orecchio.
Ben ridacchiava, mentre  faceva al medico il sollecito soffiandogli dietro il collo.
“No, è che….”  cercò di rispondere Semir, ma la sua attenzione era catturata dalla figura del giovane che continuava a soffiare, dispettoso, sul collo del medico, e da questi che continuava a grattarsi infastidito.
“La vuoi smettere?” fece Semir all’improvviso quasi d’impulso.
Il dottor Klein lo guardò perplesso.
“Cosa?” disse.
“No nulla scusi…  volevo solo sapere se era possibile che qualcuno sviluppi una malattia così, senza nessun preavviso…” Semir riprese il discorso cercando di concentrarsi.
“Questo qui è più scemo del dottor Markwart, anche lui dice che devi fare ‘fluommmmmm’?”   fece imperterrito Ben .
“Vuoi stare un po’ zitto?” sbottò di nuovo Semir, sempre d’impulso.
Era incredibile si stava rivolgendo ad un fantasma.
Il dottor Klein guardò Semir con preoccupazione.
“Ispettore Gerkan, come le ho detto già in altre occasioni lei ha una situazione psicologica molto delicata in questo momento. Se  ha qualche problema dovremmo parlarne, in tutta sincerità”
“Sì, e così finisci in manicomio. Le camicie di forza non sono il massimo della comodità, sai. E dai Semir, tu non sei pazzo, se mi stai a sentire un momento…” fece Ben mentre girava come una trottola sul seggiolino girevole accanto al tavolo medico.
Il dottor Klein guardò perplesso il seggiolino che si  muoveva da solo, ma non disse nulla.
“No, in effetti non c’è nulla che non vada. Ci vediamo la settimana prossima” fece Semir alzandosi di botto.
Effettivamente non ci avrebbe guadagnato nulla se finiva in manicomio.
 
“Ti decidi a dirmi qualcosa?” fece Ben con voce sempre più spazientita.
Semir guardava ostinatamente  la strada avanti a sé cercando di non fare caso  a Ben che parlava  in continuazione seduto a fianco a lui in auto.
Cercando di distrarsi Semir accese la radio e cercò  una musica che lo rilassasse.
“Che schifo… ma sei ancora fissato con Michael Bublè?” fece Ben  mentre le note di ‘Home’ si diffondevano dolci nell’auto.
Dopo tre minuti Ben era sempre più agitato.
“Basta non ce la faccio più” disse mentre cambiava stazione.
Le note di ‘Rockstar’ dei Nickelback invasero l’abitacolo mentre Ben iniziava ad agitarsi sul sedile a tempo di musica.
A Semir si strinse il cuore… gli era così familiare quella scena, ma non era vera. Non poteva essere vera.
 
“Ragiona Semir, se fossi solo una tua allucinazione riuscirei a fare questo?” fece Ben cambiando di nuovo la stazione radio dopo che Semir aveva rimesso su Michael Bublè mentre erano fermi ad un semaforo.
“Oppure questo…” fece ancora mentre gli dava uno schiaffetto neppure tanto gentile dietro la nuca, facendolo quasi sbattere con la testa contro il volante.
“Basta, stai fermo!!!” urlò Semir; ancora una volta gli aveva parlato d’istinto.
Girando lo sguardo vide il bambino nell’auto affiancata alla BMW che lo guardava strano.
“Papà quel tizio parla da solo… “ lo sentì dire rivolto al padre che era alla guida.
“Stai buono Joseph, non lo guardare, può essere un pazzo ed i pazzi sono pericolosi…” rispose l’uomo.
 
Arrivati a casa senza che Ben l’avesse mollato un attimo o avesse per un attimo smesso di parlare Semir si arrese.
“E va bene… non sei un’allucinazione. Sei qui. Ma quello che è certo è che non dovresti essere qui. Perché sei… sei… beh, devi stare in un altro posto, questo è sicuro. Non devi stare qui. Quindi te ne devi andare” disse guardando verso di lui.
“Ohhh finalmente mi parli. Mi dispiace deluderti, anche io vorrei andarmene, ma non posso. Non posso perché ho una missione e se non la completo Otto non mi fa andare via”  rispose Ben.
“Se non vuoi andartene cercherò qualcuno che ti costringa” fece risoluto Semir mentre  consultava il suo tablet.

 
“Esci da questa casa… esci spirito inquieto. Torna da dove sei venuto…”
L’ometto era vestito in modo a dir poco bizzarro, con un grosso cappello luccicante di strass sulla testa, e si aggirava per la casa agitando un incensiere da cui usciva un fumo intenso.
Ben  se ne stava seduto sul divano del soggiorno e guardava il tizio buffo con aria disgustata.
“Esci da questa casa… torna nel tuo mondo…” continuava imperterrito l’ometto spargendo l’incenso.
Ben  iniziò a tossire in modo plateale, agitando le braccia per far finta di pulire l’aria.
“Che puzza. Già puzzava sto’ posto,  ci voleva pure l’esorcista… lo vuoi capire o no che non me ne posso andare?” fece con aria spazientita.
Semir stava lì a guardare l’esorcista che si dimenava come un pazzo inutilmente. Ora aveva preso un grosso pennacchio e lo agitava in  tutte le direzioni urlando “Vai via… via”
“Ma no… dove va… è lì sul divano” lo richiamò, mentre l’uomo si dirigeva verso la cucina.
“Questo al limite è buono a scacciare  le mosche” fece Ben mentre l’esorcista gli agitava il pennacchio davanti alla faccia.
“Via, vai via…” continuò l’ometto recitando una serie incomprensibile di frasi e numeri.
“Ecco il rito è terminato.  La sua casa ora non è più infestata. Sono cento euro, grazie” disse l’ometto mentre Ben si sbellicava dalle risate,  ancora seduto tranquillamente sul divano.
 
Tutta la domenica passò nel vano tentativo di Semir di far sloggiare il ‘fantasma’ da casa sua.
Prima arrivò il prete cattolico e poi fu il turno dell’iman musulmano. Tutto senza risultato.
“Mancano solo il rabbino e l’Hare Krishna. Sappi che il prete mi ha anche macchiato il giubbotto con l’acqua santa. E questi vestiti io me li devo tenere per l’eternità, mica mi posso cambiare. Tu piuttosto, perché non lavi un po’ la roba che hai addosso?” disse ironico Ben mentre si aggira tranquillo per l’appartamento.
“Ancora non l’hai capito?  Non me ne posso andareeee” continuò.
Semir accese la televisione nell’inutile tentativo di distrarsi dal chiacchiericcio continuo.
“Ok, guardiamoci un po’ di tv…” disse Ben sedendosi accanto a Semir sul divano.
Il piccolo turco fece un balzo indietro.
“Sinceramente Semir  mi sembri un po’ troppo nervoso” disse Ben.
Ma l’attenzione dell’uomo era tutta attratta da uno spot pubblicitario.
“La Maga Ofelia è un’eccezionale sensitiva. Se senti delle presenze inquietanti, se assisti a fenomeni di cui non sai spiegarti l’origine, rivolgiti con fiducia alla Maga Ofelia…” diceva una voce in sottofondo mentre sullo schermo passavano le immagini di una donna di mezza età, con l’aria mite della casalinga.
Semir balzò vicino alla scrivania per prendere un foglio e segnare il numero.
“Ecco ci mancava la maga casalinga” fece Ben  sospirando.
“Sento… sento… che c’è qualcuno, qualcuno  che le vuole molto bene… ma è un’anima tormentata.  Deve fare qualcosa… ma non sa cosa…”
Ben rimase per un attimo interdetto, forse questa tizia ci aveva azzeccato.
Ma poi la Maga Ofelia, una bella signora dall’aria tranquilla iniziò a guardare nel vuoto.
“Eccolo lo vedo è lì…” disse la donna guardando verso la finestra, mentre Ben le stava invece proprio dietro.
Semir sbuffò sconsolato. L’ennesimo buco nell’acqua.
“No, signora mi spiace… non ci siamo… quanto le devo per il disturbo?” chiese.
“Nulla caro, nulla, non si deve preoccupare. Mi spiace non poterla aiutare” fece la mite signora.
“Bene, l’accompagno alla porta”
Mentre Semir si avviava fuori Ofelia si bloccò e guardò  Ben  che stava poggiato allo stipite della porta diritto negli occhi.
“Ehi tu… sbrigati a fare ciò che devi fare, altrimenti il tuo amico va fuori di testa completamente” bisbigliò sottovoce, proprio come se lo vedesse.
Ben rimase di stucco. Stava per dire qualcosa, ma Ofelia era già uscita e stava salendo in taxi.
“Magari sapessi cosa devo fare…” disse piano a se stesso.
 

Angolo musicale: Visto che il nostro piccolo ispettore è “conteso” tra allucinazioni e sensi di colpa la scelta è:
Duran Duran “Ordinary World” (mondo ordinario) 

http://www.youtube.com/watch?v=dDLiVwpv89s
Sono rientrato da un giovedì piovoso  Sulla strada  Ho pensato di averti sentito parlare delicatamente Ho acceso le luci la televisione e la radio  Eppure non riesco a fuggire dal tuo fantasma  Cos’è successo a tutto? Incredibile, direbbero alcuni  Dov’è la vita che conosco? Se n’è andata  Ma non piangerò per ciò che è stato ieri  E mentre cerco di trovare la strada  Verso il mondo mediocre Imparerò a sopravvivere 
“L’orgoglio ci lacererà entrambi” Bene, ora l’orgoglio è uscito dalla finestra 
Mi ha lasciato nel vuoto del mio cuore Cosa mi sta succedendo? Incredibile, direbbero alcuni  Dov’è il mio amico quando ho più bisogno di te? 
Se n’è andato 

 
  
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