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Autore: micRobs    26/09/2014    4 recensioni
SouRin | post episodio 13 | probabile OOC.
"Le relazioni a distanza non sono impossibili, basta solo volerlo davvero.
Inconsciamente, sfiora con il pollice la sottile fascetta d’argento che porta al mignolo della mano destra e avverte la tensione dissiparsi appena, alleggerirgli le spalle e consentirgli di riprendere a respirare con regolarità – nonostante il leggero fastidio che sente ai polmoni gli ricordi che l’apnea non è del tutto finita, non ancora. È freddo sotto i polpastrelli – Rin prende a farlo ruotare appena, sovrappensiero, mentre la sua mente torna alla sera in cui quella piccola ma inestimabile promessa gli è stata infilata al dito. "
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"Ormai manca talmente poco che quella distanza irrisoria che ancora li separa sembra quasi più ingombrante e insormontabile dell’oceano che vi era prima."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rin Matsuoka, Sosuke Yamazaki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note di Robs: Ho deciso di postare comunque questa fanfiction, anche se non ne sono più completamente convinta; è accaduto che ho amato scriverla, ma rileggendola poi a mente fresca mi sono resa conto di essere forse scivolata nell’OOC pe alcune frasi/pensieri/riferimenti. Non mi andava però di tenerla nel pc, proprio perché devo ammettere di averla scritta con piacere e senza sforzo, perché avevo bisogno di dare una degna conclusione a questi due – grazie, KyoAni – quindi ho pensato di postarla lo stesso e di segnalare il probabile OOC, così da preparare anche chi si fermerà a leggere.
Un grazie a Vals e Aika che mi hanno dato i loro preziosissimi pareri in anteprima ♥
SouRin – post epilogo (quindi SPOILER per chi ancora non lo ha visto) – probabile OOC.
 
 

 
Forever is a long time
But I wouldn’t mind spending it by your side
 
 
 

Gli aeroporti hanno sempre suscitato un fascino particolare in lui. La calma e l’ordine che gli trasmettono quelle corsie hanno sempre avuto il potere innaturale di tranquillizzarlo e isolarlo dal mondo al di fuori di quelle vetrate, restituirgli sicurezza, rimetterlo in piedi quando credeva di non riuscire a rialzarsi.

Gli aeroporti sono uno spartiacque di poco conto tra ciò che si lascia e ciò a cui si va in contro, ma è proprio quell’intermezzo – quello che si consuma tra le pareti bianche e apparentemente asettiche – ad attrarre Rin. Prima di una partenza e dopo un arrivo, gli abbracci, le lacrime e la febbrile attesa di un volo, i rimpianti e gli ultimi minuti in cui si vuole dire tutto e non si dice niente, la gioia di essersi riuniti e il desiderio di ricominciare altrove. Baci rubati e guance asciugate in fretta.

Accanto a lui, una giovane coppia si stringe in un abbraccio triste e silenzioso; non è mai stato bravo a capire le persone, ma vi è qualcosa – nel modo in cui le loro dita sono intrecciate, le labbra strette e lo sguardo basso – che gli suggerisce che quello che li separerà non sarà un viaggio breve. Si domanda quale sia la loro storia, cosa nascondano le loro parole non dette, quanto coraggio gli ci sia voluto per prendere quella decisione. Si domanda se abbiano cercato di rimanere insieme e se non vi sia invece stato qualcosa più grande di loro che alla fine li ha vinti; si domanda se riusciranno a superare la distanza che si metterà tra loro e si sorprende di sperare che ce la facciano.

Le relazioni a distanza non sono impossibili, basta solo volerlo davvero.

Inconsciamente, sfiora con il pollice la sottile fascetta d’argento che porta al mignolo della mano destra e avverte la tensione dissiparsi appena, alleggerirgli le spalle e consentirgli di riprendere a respirare con regolarità – nonostante il leggero fastidio che sente ai polmoni gli ricordi che l’apnea non è del tutto finita, non ancora. È freddo sotto i polpastrelli – Rin prende a farlo ruotare appena, sovrappensiero, mentre la sua mente torna alla sera in cui quella piccola ma inestimabile promessa gli è stata infilata al dito.

«Cosa significa?»

Carezze leggere gli sfiorano il palmo della mano, risalendo lentamente verso l’interno del polso. Rin rabbrividisce, non solo a causa del freddo innaturale del metallo che adesso gli circonda il mignolo. Lo guarda e si sorprende di non trovarlo strano o fuori posto. La sua vista e la sua pelle si sono già abituate a quella presenza estranea, anche se di fatto non è lì che da pochi minuti.

«Significa che non posso impedire agli altri di guardarti» un bacio sulla spalla, «ma posso far sì che sappiano che appartieni già a qualcuno.»

Rin si volta sul fianco, le lenzuola gli si arrotolano intorno alle gambe nude, ma lui non ci bada, in quel momento non è così importante. «Sono tuo?»

Gli occhi di Sousuke racchiudono un mondo di emozioni, un caleidoscopio di sentimenti sinceri e intensi da far male – lui non si abituerà mai a quello sguardo, a quello sguardo adorante e dolcissimo che Sousuke rivolge solo a lui. «Di quante altre conferme hai bisogno?» Domanda, le labbra piegate in un sorriso morbido, le dita che intanto hanno raggiunto il suo viso, il pollice gli sfiora appena il labbro inferiore.

Lui scuote piano la testa: Sousuke gli dimostra ogni giorno quello che prova per lui, sarebbe impossibile dubitarne ancora. «E tu sei mio?»

Il suo sorriso si allarga leggermente, gli angoli delle labbra adesso sono sollevati verso l’altro, in un’espressione a metà tra il sorpreso e il grato. Non risponde, ma Rin avverte la guancia fredda e vuota, quando il ragazzo si allontana da lui per allungarsi verso il comodino. Con un tuffo al cuore identico alla prima volta che l’ha vista, Rin riconosce la scatolina da cui Sousuke aveva estratto l’anello, poco prima. Non ne aveva visto l’interno – niente pose plateali, paroloni e cerimonie, Sousuke l’aveva semplicemente aperta e ne aveva tirato fuori la fascetta d’argento che poi gli aveva messo al dito – quindi non poteva immaginare che non fosse finita lì. Non si rende conto di aver trattenuto il respiro, fino a che non lo lascia andare alla vista dell’anello – gemello al suo – che adesso Sousuke tiene tra pollice e indice.

«Dipende da te» risponde e Rin si domanda cosa voglia dire, perché non vi è stato un singolo giorno in cui non abbia considerato Sousuke inequivocabilmente di sua proprietà.

Prendendosi un labbro tra i denti, glielo sfila dalle dita e lascia che la sua espressione convinca il ragazzo di quale sia la sua scelta. Sousuke solleva la mano sinistra e l’aria nella stanza è talmente pregna di significato e sentimenti condensati che Rin avverte la pelle bruciare; senza pensare, ingoia a vuoto e gli fa scivolare l’anello intorno al mignolo, elargendogli poi una carezza delicata. Non esiste universo in cui il corso degli eventi li avrebbe portati ad un epilogo differente da quello; Rin ci pensa e ci ripensa ma si rende conto di non riuscire ad immaginare le cose tra lui e Sousuke in altro modo.

«Non farmi aspettare troppo» raccomanda poi, nascondendo nella voce una sottile vena di preghiera, perché le valigie sono raccolte in un angolo della camera e il biglietto aereo sulla scrivania è davvero troppo reale.

Sousuke annuisce, la mano di nuovo al sicuro sulla sua guancia. «Promesso.»

La voce metallica che annuncia l’arrivo del volo lo richiama con prepotenza dai suoi pensieri. Rin sbatte più volte le palpebre e riacquista il contatto con la realtà – la coppia di poco prima ha lasciato il posto a un’anziana signora con un mazzo di fiori arancioni tra le mani; l’orologio che ha sul polso segna che mancano pochi minuti alle sette di un fresco mercoledì sera di febbraio, quindi lui deduce che l’aereo che è appena atterrato è quello che lui sta aspettando. Un veloce sguardo al tabellone degli arrivi gli conferma questa supposizione, la consapevolezza giunge insieme ad una stretta ferrea intorno al suo stomaco. È arrivato.

Mettere un passo dietro l’altro non gli è mai sembrato più difficile e complesso; ha la sensazione di essere in equilibrio, uno spericolato funambolo che passeggia tra due palazzi sarebbe più stabile di lui e, forse, sarebbe anche furbo abbastanza da non guardare nel vuoto. Rin invece guarda continuamente in quel vuoto, lo scruta in cerca di risposte e cerca di decidere se gli fa paura oppure no; la verità è che sta camminando sospeso nel nulla sin da quando ha lasciato la Samezuka e, fino a quel momento, gli sembra di aver percorso talmente tanta strada da aver quasi imparato a vincerla quella paura. Concentrarsi sulla meta e tenere lo sguardo fisso davanti a sé, non lasciarsi sbilanciare dalle folate di vento e tenere presente che ciò che lo aspetta dall’altra parte ne varrà totalmente la pena.

Sa che è così, ma l’ultima volta che ha visto Sousuke è davvero troppo lontana – appena due mesi, in realtà, il tempo in sua assenza pare dilatarsi all’infinito – e il timore di essere privato della poca aria che gli resta inizia ad essere più forte della prospettiva di ricominciare a respirare a pieni polmoni.

Si rende conto di essere giunto a destinazione solo quando il brusio intorno a lui cresce d’intensità, così solleva finalmente lo sguardo e si ferma sul posto. Davanti a un’ampia porta a vetri, si affollano numerose persone in attesa di riabbracciare i loro cari; dietro di essa, la stanza per il recupero dei bagagli. Un brivido gli corre lungo la schiena, nel realizzare che entro pochi minuti quella porta si aprirà per lasciare uscire Sousuke.

È per questo motivo che gli piacciono gli aeroporti: sono racchiuse emozioni più vere tra quelle mura che in qualsiasi altro contesto. Lui è solo uno tra tanti, lì in mezzo, ma se si guarda intorno può scorgere i medesimi sentimenti che abitano il suo cuore sui volti di chi lo circonda – ansia, impazienza, gioia, eccitazione, amore. La purezza e la genuinità di ognuno di essi si possono apprezzare in maniera concreta, anche solo osservando i sorrisi emozionati, le mani che non riescono a star ferme, gli occhi che corrono veloci dalla porta a vetri all’orologio sulla parete. Ognuno di loro aspetta qualcuno, ognuno di loro viene da un periodo di apnea, ognuno di loro ha pronto sulle labbra il “ben tornato” che chiunque varcherà quella soglia muore dalla voglia di sentirsi dire.

Solo in quel momento, non senza un improvviso tuffo al cuore, realizza che dalle sue labbra non uscirà nessun “ben tornato”. Lo realizza con gli occhi che si sgranano appena e il sangue che prende a pompare veloce nelle vene, le dita che corrono a cercare la certezza e la sicurezza in quella sottile fascetta d’argento, nel momento esatto in cui la porta si apre e i primi passeggeri iniziano ad uscirne.

Niente è paragonabile a quella sensazione, la febbrile attesa che si trasforma quasi in un dolore fisico, l’impossibilità di sopportare oltre quella lontananza, i polmoni che bruciano e tirano a causa dello sforzo di immagazzinare aria da soli – senza di lui è difficile anche quello. Il respiro gli accelera appena, l’impazienza gli formicola sulla pelle, mentre quello strano limbo esclude qualsiasi emozione che non possa essere racchiusa nello spazio che intercorre tra i suoi occhi e la porta di vetro aperta. Che Sousuke sta varcando in quel preciso istante.

Nell’attimo in cui lo sguardo di Sousuke intercetta il suo, Rin capisce di aver definitivamente sconfitto il vuoto sotto di sé. E riprende a respirare.

«Sousuke.»

Ben arrivato.

 
*****

 
Volare non gli è mai piaciuto. L’ha sempre percepita solo come una scomoda costrizione alla sua libertà, niente di più, non si è mai lasciato accarezzare dal brivido del rischio che si prova nel momento in cui le ruote abbandonano la pista per consentire all’aereo di decollare. Lui non è mai stato una persona particolarmente spericolata e amante del rischio e dell’ebbrezza, ecco perché l’auto e il treno hanno sempre rappresentato per lui un efficace e preferibile mezzo di trasporto, seppur le ore da trascorrere al loro interno non fossero modeste.

Non la definirebbe paura, quanto mai un fastidio da evitare, ma il tempo dei capricci di un bambino che deve andare a trovare i nonni e non vuole è ormai passato, sfumato in favore di una presa di coscienza più profonda e razionale: non può raggiungere l’Australia in macchina. Non è stato difficile come immaginava, deve ammetterlo, il decollo non gli ha fatto stringere convulsamente i braccioli della poltroncina, le lievi e naturali turbolenze che hanno incontrato durante il volo non gli hanno accelerato il respiro e la voce del pilota che annunciava l’inizio della fase di atterraggio non lo ha fatto sudare freddo. È stato tutto tranquillo.

La signora seduta al suo fianco ha provato a coinvolgerlo con qualche sterile frase di circostanza, ma Sousuke mastica troppo poco l’inglese per poter portare avanti un’intera conversazione con qualcuno che non ha la pazienza e la voglia di ascoltarlo storpiare le parole e mugugnare confusamente – e che non ride ai suoi strafalcioni come fa Rin, che non lo prende in giro prima di correggerlo come fa Rin, che non lo bacia con dolcezza quando poi lui ripete correttamente come fa Rin.

Socchiude gli occhi e sospira, le braccia che formicolano per l’impazienza e la voglia di stringerlo e non lasciarlo più andare. È passato troppo tempo dall’ultima volta, si ritrova a pensare, non lascerò mai più che accada. Sotto di lui, l’Australia si fa sempre più grande e vicina, le luci della sera iniziano a distinguersi anche a tutti quei metri di altitudine; con un tuffo al cuore, si rende improvvisamente conto di essere arrivato. Lo realizza pienamente solo in quel momento e lascia che quel pensiero lo riempia e lo riscaldi dall’interno, sciacquando via i mesi precedenti, trascorsi a meritarsi il suo posto su quel volo. Sono qui per restare – il cuore trema, mentre quelle poche parole gli attraversano la mente. Resto qui, non vado più via.

Non riuscirebbe a sopportare una nuova separazione da lui, è arrivato – sono arrivati – al loro limite, il massimo tempo che possono trascorrere divisi tra due continenti, vivendo poco e respirando anche meno. Ogni volta che Rin ritornava dalla sua famiglia, la felicità di riaverlo di nuovo vicino era sporcata dalla prospettiva di doverlo lasciare andare dopo solo pochi giorni, quindi lui non riusciva mai a goderselo del tutto, pur vivendolo intensamente e senza riserve come faceva sempre.

Il suo amore per Rin si è sempre mantenuto a un livello di blanda e traballante inconsapevolezza, oscillando tra l’affetto fraterno e la gelosia di non saperlo più solo suo, fino a quando non è diventato semplicemente troppo ovvio per continuare ad ignorarlo. Da quel momento – da quando è stato costretto ad arrendersi all’evidenza dei propri sentimenti, con paura, rimorso e la sensazione di aver tradito la fiducia che Rin aveva riposto in lui e nella loro amicizia – ha sempre creduto che un’eventuale relazione tra lui e Rin sarebbe stata di quanto più totalitario ed esclusivo potesse immaginare. Dopotutto, già la loro amicizia non lasciava spazio a nessun altro, figurarsi andare oltre e arrivare a condividere proprio tutto.

Non si è sbagliato, non del tutto: lui e Rin condividono davvero un legame talmente profondo e intenso da essere difficile spiegarlo a parole, ma non avrebbe mai immaginato di poter arrivare a un tale livello di coinvolgimento e necessità da sentirsi fisicamente male in sua assenza.

Quando l’aereo tocca finalmente il suolo della pista d’atterraggio, Sousuke avverte la tensione sulle spalle sciogliersi un po’, l’aria riprendere a fluire lentamente nei polmoni e un brivido d’impazienza scivolargli lungo la schiena. Ormai manca talmente poco che quella distanza irrisoria che ancora li separa sembra quasi più ingombrante e insormontabile dell’oceano che vi era prima.

Meccanicamente, scende dall’aereo e prende un respiro profondo, grato di essere di nuovo con i piedi per terra, poi segue gli altri passeggeri alla volta del nastro trasportatore su cui potranno recuperare i loro bagagli. Non ha portato troppe cose, ha preferito viaggiare leggero e farsi poi spedire il resto in seguito, anche perché dividerà l’appartamento con Rin e non è certo di quanto sia grande – l’opzione di affittare una casa per sé, Rin non gli ha neanche permesso di contemplarla.

La sua valigia spunta sul nastro dopo appena una manciata di minuti di attesa, il borsone la segue poco dopo; Sousuke prende la prima per il manico e si assicura il secondo sulla spalla, soddisfatto di sentirla finalmente più salda e ferma. L’intervento e i quasi nove mesi di riabilitazione sono serviti a ben più di qualcosa; certo, il percorso non è affatto finito e, ammesso che riesca a farcela, la strada per ritornare a competere agonisticamente è ancora lunga e tortuosa, ma il suo fisioterapista gli ha assicurato che a volte è la forza di volontà a fare la differenza e Sousuke ha deciso di credergli.

Riprendere a nuotare gli sembra quasi un sogno che si avvera, un desiderio nascosto nei meandri del suo cuore e a cui aveva conferito poca importanza per evitare di doverlo poi smontare, scontrandosi contro la dura e fredda realtà: adesso che però è lì, adesso che sa che c’è Rin ad aspettarlo al di là di quelle porte di vetro, adesso che sta finalmente per raggiungerlo come gli ha promesso tanto tempo prima, adesso che quel sogno sta sfumando in realtà, non può che essere d’accordo con il suo medico. La forza di volontà può davvero fare la differenza e, quando la tua forza si trova in Australia, non puoi che decidere di ricominciare da lì.

Le porte si aprono automaticamente, non appena lui vi si avvicina, il cuore corre veloce sotto la cassa toracica e le dita fremono per il desiderio di toccarlo di nuovo – di viverlo come non ha mai fatto prima. Gli ci vuole niente per individuarlo tra la folla, lì tra tutti ma sopra tutti; i suoi occhi cercano e trovano i suoi come se non avessero fatto altro per tutta la vita.

«Rin.»

Mi hai aspettato.
 

 
 
 


 

 
Avevo bisogno di scrivere una mia versione dei fatti circa il post episodio 13 di Free!. Ne avevo bisogno perché mi è dispiaciuto tanto non sapere cosa sia accaduto a Sousuke, se la sua spalla sia guarita oppure no, se tornerà a nuotare, se è riuscito a raggiungere Rin. Non voglio alimentare le speranze di quelli che credono che tutte queste risposte saranno contenute nell’oav, ma questa è davvero l’unica risposta che riesco a darmi per giustificare questa mancanza; siccome però marzo è decisamente troppo lontano, ho deciso di provare a scrivermi il finale che avrei voluto per loro, aggiungendoci anche le #fottutefedine di cui era da quando le ho viste che volevo scrivere.

Come al solito, i pareri – sia positivi che negativi – sono sempre ben accetti ♥

Robs
   
 
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