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Autore: maavors    26/09/2014    0 recensioni
Un appuntamento casuale deciso da secoli, un circolo che si ripete.
Mini crede di star vivendo la sua vita giorno per giorno, ma non sa cosa il destino ha programmato per lei, migliaia di anni fa.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SECONDO
 
 
Di tutti i nostri giochi, questo è il solo che rischi di
sconvolgere l’anima, il solo altresì nel quale chi
vi partecipa deve abbandonarsi al delirio dei sensi.
Memorie di Adriano, Marguerite Youcenar
 
 
«Quindi stai andando ad un appuntamento con Will?» dall’altra parte del telefono c’era Nathan. Non era sconvolto o arrabbiato, solo sorpreso. «Non è un appuntamento» lo corressi velocemente «mi deve ridare l’iPod o lo prendo a calci» risi e Nate con me. «Sono quasi le tre e mezza, non ti prepari?» alzai gli occhi al cielo, avevo intenzione di uscire di casa così com’ero. «Non alzare gli occhi al cielo quando parli con me, signorina. E ti cambi» mi rimproverò lui. Ci fu un momento di silenzio, erano rari tra di noi. «Vado, altrimenti faccio tardi» dissi, quindi chiusi la telefonata.
 
Uscii di corsa e m’incamminai verso il bosco. Era abbastanza lontano da dove stavo io, avrei potuto prendere il treno, ma adoravo camminare e fare qualcosa di piacevole mi avrebbe aiutata a non uccidere Will. Stavo andando incontro all’ignoto: non conoscevo Will, non conoscevo la tipa con cui sarebbe dovuto uscire e non conoscevo il tipo a cui avrei dovuto fare compagnia mentre quello scapestrato stava facendo chissà cosa con quella poveretta.
Ma mi andava bene.
Forse Will aveva ragione, quello di cui avevo bisogno era una distrazione. Non ero felice, non lo ero per niente. Ultimamente fingevo anche con Nate. Era come se avessi un macigno appoggiato sul mio petto, mi toglieva il respiro.
Mentre camminavo osservai il panorama: il paese dove stavamo era arroccato su una collina che si affacciava sul lago. Sull’acqua erano attraccate le barche dei pescatori che avevano lavorato nella mattina, e il battello che portava i rari turisti a fare un giro. Non si sentiva odore di smog, infatti la maggior parte delle persone per spostarsi usava la bici, i mezzi pubblici, o come me camminava.
 
Arrivai volutamente con un paio di minuti di ritardo, Will era seduto su una panchina e, ovviamente, stava fumando. Su una mano teneva la sigaretta mentre sull’altra il telefono «Mina» disse senza alzare la testa per verificare chi fossi «sei in ritardo.» «Ammiravo il panorama, davo da mangiare alle anatre, aiutavo una vecchietta ad attraversare la strada… cose» risposi senza dare senso alle parole che stavo pronunciando, lo vidi sorridere. Gettò la sigaretta a terra ed estrasse dalla tasca l’oggetto per cui ero venuta fin qui. M’incamminai verso di lui con l’intenzione di strapparglielo dalle mani e andarmene, ma nel momento in cui mi mossi iniziò a parlare: «Non così in fretta, dolcezza. Facciamoci un giro, altrimenti sei venuta fin qui per niente» ero ad alcuni metri di distanza da lui ma sentivo comunque il fetore di soddisfazione che emanava.
 
Ripugnante mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui, «Anche i tuoi amici sono in ritardo» dissi senza guardarlo in faccia, lo sentì ridere «Hanno avuto un contrattempo, non verranno. Non è un problema vero?» affermò con sarcasmo poi si alzò e mi tese la mano.
Lo guardai finalmente in faccia, un raggio di sole lo colpiva direttamente sugli occhi e notai che il marrone delle sue iridi era diventato quasi d’orato. Mi alzai anch’io, rifiutando il suo aiuto. «E dai, Mina. Se continui così non ci divertiamo» disse mentre sbatteva rumorosamente le braccia lungo i fianchi, non vedendo alcuna reazione da parte mia continuò «è vero, siamo partiti col piede sbagliato. Non dovevo mentirti al cinema» si avvicinò eliminando la piccola distanza che ci separava «però devi ammettere che non sei stata proprio male» disse mentre mi guardava. Era imbarazzante quella situazione, impercettibilmente scosse la testa «non capisco qual è il tuo problema» nemmeno io, risposi dentro di me. Nella mia testa passò di tutto in pochi secondi, immagini, pensieri. Decisi di scacciarli via tutti e sorrisi «Scommetto che non sei mai stato nella parte vecchia.» Una luce nuova si accese nei suoi occhi, soddisfazione? Non seppi dirlo ma decisi di fidarmi del mio istinto quindi iniziai a camminare.
 
Dove stavamo andando l’aria era ancora più pulita di quella che respiravo prima, e avidamente ne inalai il più possibile, facendo penetrare nei miei polmoni l’odore di muschio e foglie secche. Will non era agile, a differenza mia, e ringraziai tutti i pomeriggi trascorsi in quel bosco con Nathan. «Te la cavi bene, eh» lo sentì parlare da dietro, mi girai con un ghigno stampato in faccia. Era appoggiato alla corteccia di un albero e nonostante tutto stava sorridendo, «Da piccola venivo spesso qui» dissi mentre mi voltavo e continuavo a camminare «Siamo quasi arrivati» aggiunsi.
«Stavo iniziando a pensare che questo fosse tutto un piano per uccidermi» disse lui affannato, non risposi ma sorrisi silenziosamente. Stavo provando una sensazione strana e incredibilmente nuova. Era come se avessi un vuoto nella mia testa, non riuscivo a pensare a niente, tutto nero.
 
Dopo alcuni metri, come avevo previsto, arrivammo al centro del bosco.
Come sempre rimasi senza fiato. Tutt’intorno a un laghetto artificiale c’erano delle colonne rovinate dal tempo, sembrava il tempio di una dea greca, e invece no. Secondo degli archeologi che studiarono il posto si trattava di un falso. Per me era impossibile pensare che tutto quello potesse non provenire da epoche passate. Nel giro di pochi minuti anche Will mi raggiunse e anche lui rimase di stucco. Avevo ragione, non c’era mai stato. «È…»  cercò di dire, ma non uscì nient’altro dalla sua bocca. Era come venire catapultati in un altro posto, in un altro anno. Era bellissimo.
«Stupefacente» conclusi io la sua frase. Lui si voltò e annuì «Ma possiamo stare qui? Voglio dire deve essere antichissimo» mi chiese incredibilmente serio e io gli spiegai tutta la storia. «Impossibile, come può essere un falso? E chi avrebbe fatto tutto questo?»  alzai le spalle, e mi avvicinai al laghetto. L’acqua era verde, essendo artificiale non veniva mai pulito, ma anche sporco quel posto era incantevole.  
Una folta coltre di nuvole copriva il sole, rendendo il luogo ancora più suggestivo.
Mi sedetti a terra e Will m’imitò. «Non sei poi così male» sputai fuori la verità senza temere le conseguenze. Ma poi quali conseguenze? Mi facevo sempre troppi problemi.
Lui non rispose quindi continuai «Lo ammetto, avevo dei pregiudizi su di te. Non che siano tutti svaniti» rise, aveva una risata coinvolgente, e quindi iniziai a ridere anche io, ma non per quello che avevo detto, ridevo solo perché rideva anche lui. Mi ricomposi «Sai,» disse lui mentre si sedeva meglio sul prato «tutti pensano che io sia un coglione, ed è vero. Voglio dire, non sono proprio il tipo di ragazzo che presenteresti ai tuoi.» Aveva ragione e mi dispiaceva «Non hai una grande considerazione di te stesso»
«È solo la verità» rispose sorridendomi. Mi sentì malissimo per lui, lo avevo snobbato così tanto, ma alla fine, era esattamente come me. Volevo chiedergli scusa, dirgli che anche io mi sentivo così, ma decisi di non dire niente di tutto quello.
Restammo per un po’ a fissare l’acqua verde che si muoveva. Il vento faceva increspare la superficie, creando delle debolissime onde che si infrangevano lungo i lati del laghetto.
Era tutto tranquillo, si sentivano gli uccellini intonare una dolce melodia tra gli alberi, il vento li accompagnava e le nuvole si divertivano a danzare sulle note suonate dalla natura. Tutto quello fu portato via in un secondo.
Una scossa fece tremare il terreno e un fulmine tagliò il cielo a metà. Will mi prese la mano e ci alzammo di corsa mentre il terreno tremava ancora. Correvamo ma i fulmini sembravano inseguirci, era come una corsa contro la morte e lei sembrava star vincendo. I fulmini cadevano sempre più vicini a noi e uno mi sfiorò facendomi cadere a terra. Vidi Will fermarsi e tornare indietro ma quando fu a due passi da me un fulmine lo prese in pieno. Cadde all’indietro e lo sentì urlare, nell’aria si sentiva odore di pelle bruciata. In ginocchio, gattonai da lui, respirava a fatica «Corri» mi disse con un sussurro «scappa.» No, non stava morendo e non lo avrei abbandonato. Mi ricomposi e lo presi da dietro le spalle cercando di trascinarlo dentro il bosco, ma era troppo pesante, non ci riuscivo. I fulmini cadevano tutti attorno a noi, eravamo circondati. Tenevo il corpo di Will tra le braccia e urlavo in cerca di aiuto. Ma nessuno poteva salvarci, nessuno girava da quelle parti, mai.
 
Nella disperazione vidi qualcosa muoversi tra le colonne, ma non era qualcosa, era qualcuno. Delle donne si muovevano aggraziate. Portavano grandi ceste tra le braccia e ridevano. Pensai di essere morta, che si trattasse di un sogno. Le donne erano un po’ trasparenti e più passavano i secondi e più diventavano vivide. Il temporale andò scemando e la coltre di nubi si aprì facendo passare i raggi di sole. Era finita. Finita.
«Will!» urlai scuotendo il suo corpo inerme. «Will svegliati!» ripetei ma non si muoveva. Non respirava. Niente. «Will» dissi in un sussurro.
Una lacrima scese dai miei occhi e andò a finire sulla sua bocca. La sua bocca.
Mi misi in ginocchio e gli spalancai le labbra, inspirai e buttai dentro il suo corpo tutta l’aria che avevo respirato per lui. Il suo petto si alzò e lo riabbassai. Non avevo mai fatto niente del genere ma avevo visto abbastanza film da poter credere di poterlo fare. Lo feci ancora, e ancora, poi lo sentì tossire. Il suo petto riprese a muoversi da solo e aprì gli occhi. «Mi hai baciato» disse debolmente ma con soddisfazione e iniziai già a pentirmi di avergli salvato la vita «Un grazie andrebbe bene, comunque.»
Ignorandomi si alzò sui gomiti «Ma dove diavolo mi hai portato?» disse confuso. Non capii quello che stava dicendo finché anche io non mi guardai intorno.
Quello che pensavo fosse un sogno era la realtà. Le donne che poco prima avevo scambiato per fantasmi erano vere e tutto intorno a noi era cambiato.
Le colonne erano di nuovo intere, l’acqua brillava alla luce del sole ed era di un azzurro cristallino.
«Giulia» una voce imperiosa mi chiamò e di scatto mi voltai. Un uomo alto, con una folta barba mi guardava. Aveva qualcosa di familiare, velocemente mi alzai e lui mi mise una mano sulla spalla ridendo «Tua madre ti sta cercando. E cosa ti sei messa addosso? Sembri un soldato» mi guardai, indossavo dei pantaloni neri e una maglietta un po’ larga marrone. Lui portava quella che sembrava una toga rossa e bianca, sembrava una donna.  Lanciò un’occhiata a Will «Flavio, quando sei arrivato?» l’uomo mi lasciò la spalla e con aria preoccupata si avvicinò a Will, «Si tratta di tua madre? Sta bene?» Will si alzò da terra e senza batter un ciglio rispose: «No signore, mia madre sta bene. Porta i suoi saluti. Sono venuto per vedere vostra nipote»
«Potevi scrivere, ti facevo preparare un alloggio con anticipo, ora dovrai aspettare figliolo» Will annuì e l’uomo tornò all’interno della villa che ci circondava, bloccò una delle donne che avevo visto prima e scambiò qualche parola con lei.
«Ma che diavolo st-» Will mi prese per un braccio e mi fece nascondere dietro una colonna. «Abbiamo appena parlato con l’imperatore Adriano, mi dici che cavolo è successo mentre ero morto?»
  
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