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Autore: Iaiasdream    26/09/2014    5 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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Spalanco violentemente la porta facendo trasalire tutti i presenti nella sala delegati. Mi guardano atterriti, io non ci faccio caso, mi dirigo verso il banco dove è seduta Melody e piazzandomi davanti a lei esclamo: << Se ci tieni al tuo lavoro, non far entrare mai più estranei nel mio ufficio, senza ch'io te ne abbia dato il permesso! >>
<< Ma... R-Rea, che stai... >> prova a difendersi lei impaurita.
<< Intesi?! >> esclamo irritata. "Maledetta, non venirmi a dire che non ne sapevi nulla!". È stata lei a far entrare Armin nel mio ufficio, altrimenti non si sarebbe comportata in quella maniera quando ha visto me e Nathaniel, entrare nell'androne.
La guardo con occhi fulminei, aspettando una sua reazione che giunge dopo qualche secondo, con un tentennante movimento della testa.
Non aggiungo altro. Esco dalla sala delegati ritrovandomi a camminare per il corridoio, sentendomi ad un tratto smarrita.
<< Rea? >>, mi chiamano. Mi volto lentamente, e vedo Nathaniel farsi vicino.
<< Cosa c'è? >> chiedo atteggiandomi a infastidita.
<< Rea, scusami se te lo chiedo, ma visto il modo con cui hai trattato Melody... >>
<< Arriva al dunque Nathaniel! >>
<< Cosa è successo? >>
<< Perché non vai a chiederlo alla tua collega? Visto che da un po' di tempo a questa parte, si è data ai sotterfugi >>
<< Ti sei arrabbiata così tanto, è la prima volta che ti comporti così >>
<< Nathaniel! So perfettamente che vi state approfittando del mio dubbioso posto di preside, solo perché avete sempre visto una Rea che prende questo lavoro come un inutile passatempo >>
<< Ma, io non l'ho mai... >>
<< Ti avviso che le cose sono cambiate. Da oggi in poi, chi si azzarda a contraddirmi, o ad agire tenendomi all'oscuro di tutto, li sbatto fuori senza alcun ripensamento >> esclamo tutto d'un fiato fissando negli occhi il segretario.
<< ... Rea, che ti è successo? >> chiede lui dopo un po' con voce dispiaciuta.
Non rispondo, non tralascio nessuna espressione sul volto, mi giro e riprendo il cammino verso il mio ufficio.
Sono una vigliacca! Una stupida vigliacca che sfoga i suoi dolori punendo gli altri! No, Nathaniel, la domanda non è cosa mi è successo. La domanda è: cosa sto diventando?
Sospiro chiudendomi la porta alle spalle e volgendo gli occhi nel vuoto. Io ho sempre creduto di avere un carattere forte, di poter resistere a tutto ciò che trovavo durante il cammino della mia vita, e invece... Continuo a ripetermi tutt'ora cos'è che ho sbagliato. Ormai ciò che provo per Armin, non è neanche più affetto, e volendo, avrei potuto denunciarlo; ma dentro di me, ho un rimorso che mi sta attanagliando il cuore. È la colpa di averlo fatto diventare così.
Sono stata io a indurlo a fare queste cose. È mia la colpa, perché il solo amore che provo per Castiel è un male per tutti. Rinunciai a lui, per proteggere Erich, ma il profondo amore che provo e che non riesco a nascondere, ha fatto del male ad Armin, e adesso, sto concependo che ben presto, se non mi decido a riordinare i cocci della mia vita, a soffrire sarà la persona che supera ogni altra.
Stringo gli occhi scuotendo la testa per cancellare i brutti pensieri che mi si stanno disegnando nella mente. Per fortuna, a distogliermi da essi, è il cellulare, che ha iniziato a suonare.
Mi avvicino alla scrivania prendendolo e rispondendo, cercando di mantenere la voce ferma.
<< Rea? >>
<< Kim, cosa c'è? >>
<< Sei libera? >>
<< Dovrei vedere delle carte >>
<< Ok allora ci vediamo tra un po' >>
<< No, Kim, ti ho detto che... >>. Chiude la chiamata. Quella ragazza è davvero incredibile, non si può contraddire per niente.
Da una parte è meglio se trovo distrazione con lei, in fin dei conti, non sarei riuscita a concludere nulla con questi maledetti documenti.
Mi reco alla finestra aprendola, per far sì che l'aria cancelli quel pesante odore di preoccupazione.
Mi affaccio permettendo al gelido vento di punzecchiarmi il volto. Chiudo gli occhi respirando a fondo, e cercando di concentrare i sensi tutti sull'udito. Sento qualcosa, delle voci provenire da lontano. Dischiudo le palpebre ritrovandomi a guardare giù verso il cancello del cortile.
Chino la testa a un lato corrugando le sopracciglia. Ci sono due ragazzi, sicuramente alunni del liceo che hanno circondato a mo' di barriera qualcuno, che non riesco a vedere.
Guardo l'ora dall'orologio da polso. Non è ancora giunto il momento della ricreazione. Che diavolo ci fanno lì quei due?
Mi sporgo di più per vedere meglio, e ad un tratto vedo una bionda chioma spuntare da quelle due montagne.
Stanno infastidendo una ragazza.
Senza pensarci due volte, scatto dal balcone uscendo come una furia, prima dall'ufficio poi dall'istituto. Corro verso il cancello esclamando un "ehi!" per far attirare su di me la loro attenzione, ma quelli non mi sentono e continuano a infastidire la ragazza. Inizio a perdere la pazienza e allungo il passo sentendo le loro voci più vicine.
<< Dai, perché non andiamo a prenderci qualcosa da bere >> dice uno maliziosamente.
<< Sì ci divertiremo molto. Su, non fare la difficile >> aggiunge l'altro allungando una mano, verso di lei.
<< Se non vi piacciono le cose difficili, vi conviene ritornare in classe e adesso! >> esclamo minacciosa.
Loro si irrigidiscono nel sentire la mia voce, si voltano verso di me impauriti.
<< Oh, cazzo! La preside! >>
<< Per quale dannato motivo non siete in classe con i vostri deretani poggiati sulle sedie? >>
<< Ecco, noi... >>
<< Siete ancora qui?! Ritornare immediatamente in classe! >>
Loro trasaliscono e iniziano a correre verso l'entrata. Li guardo fino a quando non scompaiono, poi mi volto verso quella misteriosa ragazza che ormai da due giorni, viene sempre qui, e guarda in silenzio l'istituto.
Sta ancora tremando.
<< Tutto bene? >> chiedo tra la gentilezza e l'indifferenza.
Lei annuisce di poco ansimante.
<< Vuoi un po' d'acqua? Stai tremando >>
<< No, non è niente, non si preoccupi, è stato solo  un piccolo spavento, niente di ché >>
La osservo con curiosità << Senti... >> riprendo sbuffando. << Non voglio sapere il motivo per il quale vieni qui, però standotene qui ogni santo giorno, renderà le cose difficili per la quiete scolastica. Quei ragazzi non cercano altro che distrazioni >>
<< Mi dispiace, io non pensavo di arrecare disturbo... >>
" E allora che diavolo stai cercando?" << Ma, potrei sapere per quale motivo vieni sempre qui? Non sei un'alunna su questo istituto, non vai a scuola?  >>
Non mi risponde, sorride soltanto e salutandomi, si allontana.
<< Che strana ragazza >> mormoro facendo spallucce.
<< Non pensavo di averti incuriosita in questa maniera! Mi aspetti da molto? >>. Sento la voce di Kim invadere il silenzio. Mi giro verso di lei accennando un lieve sorriso.
<< Non ti stavo aspettando >> rispondo con una smorfia.
<< Bell'amica che sei! >>
<< Di cosa volevi parlarmi? >>
<< Sarò chiara... Non voglio girarci intorno anche perché sai che non mi piace farlo. Sono qui per parlare di te >>
Drizzo la schiena sentendomi mancare un battito, cerco di sorridere, ma non ci riesco.
<< N-non ho niente da dire... >> rispondo rendendo la voce il più normale possibile, girandomi per incamminarmi verso l'entrata dell'istituto.
<< Eh, no! >> mi ferma lei afferrandomi per un braccio.
<< Kim, ho del lavoro da svolgere, non posso perdere altro tempo >>
<< Non me ne frega una mazza! Noi due dobbiamo parlare >>
<< E di cosa? >>
<< Intanto andiamo nel tuo ufficio, non voglio che ci senta qualcuno >>. Detto questo mi trascina dentro l'istituto, e dopo pochi secondi ci ritroviamo nel mio studio.
<< Kim, te ne prego, non voglio parlare di niente >> esclamo scocciata, inoltrandomi nella stanza, mentre lei pensa a chiudere la porta.
<< Mi dispiace Rea, ma non posso fare finta di niente. Io non penso assolutamente che ciò ch'è successo l'altra sera, sia stato un problema passeggero. Non ti sei fatta viva per un giorno, non hai cercato di sfogarti con nessuno, e questo mi da molto a pensare >>
<< Kim, sto bene. L'ho detto anche a Rosalya e Lysandro. Sto bene, Armin non mi ha fatto assolutamente niente >>. Purtroppo, mi accorgo alla fine della frase, di aver detto qualcosa di troppo. Volgo lo sguardo verso Kim, sperando con tutto il cuore che non abbia fatto caso alle mie parole. Invece lei mi guarda titubante.
"Dannata, la mia boccaccia!"
<< Io non ti ho chiesto nulla del gene... Rea, Armin ha fatto qualcosa? >>
<< H-ho detto di no >>
<< Andiamo! Non sai assolutamente mentire. Cosa è successo? >>
<< Kim ti prego. Non chiedermi più nulla, io... >>
<< Rea. Stai tremando... >>
Mi sento perdere le forze, mi sento sopraffatta da una forza maggiore. Perché non riesco a nascondere i miei pensieri? Perché devo sempre mettere in mezzo le altre persone? Per quale dannato motivo non riesco a cavarmela sola?
Mentre penso a queste cose, sento le lacrime inumidire il mio volto. Ho bisogno di sfogarmi e Kim è la persona più adatta a questo mondo. Non riesco a trattenere i singhiozzi. Lei si avvicina lentamente e accarezzandomi dolcemente il viso, mi accoglie fra le sue braccia.
<< Che ti hanno fatto Rea? >> chiede con malinconia. Condivido quell'abbraccio piangendo come una bambina. << Oh Kim, io ho provato a dimenticare, ma non ci riesco. Ti prego aiutami! >>
<< Sta tranquilla... >>
<< È tutta colpa mia >> la interrompo rendendomi conto che sto parlando senza che sia io a comandare la mia voce.
<< È colpa mia se Armin ha agito in quella maniera >>
<< Era ubriaco Rea, forse non voleva neanche dirle quelle cose >> aggiunge lei ignara di ciò che voglio intendere io.
Mi distacco lentamente da lei, dandole le spalle.
<< Non è così Kim. Armin... >>
<< Cosa è successo? >> chiede circospetta. Mi giro lentamente, ansimando per il pianto. Mi accorgo che sta irrigidendo i suoi muscoli, e inizia a tremare per il nervoso, forse ha inteso qualcosa.
<< L-lui, mi ha... Mi ha... >>. Non ho bisogno di continuare la frase, che lei capisce tutto.
<< Figlio di puttana! >> digrigna adirata, prima di girarsi e correre verso la porta dell'ufficio. Per fortuna ho i riflessi e velocità pronti. Mi piazzo davanti a lei e le sbarrò la strada trattenendola per le spalle.
<< Kim, che vuoi fare? >> chiedo spaventata.
<< Togliti! Voglio spaccargli la faccia! Quel bastardo, come ha potuto?! >>
<< No Kim, lascia stare... >>
<< Lascia stare un cazzo! Togliti Rea, ti ha violentata, non posso far finta di niente! >>
<<  Ti prego Kim. L'ho lasciato, non c'è più bisogno... >>
<< Non c'è più bisogno di cosa?! >> urla.
Sgrano gli occhi guardandola nei suoi e allentando la presa. << K-Kim... Stai piangendo... >>.
Sono otto anni che conosco Kim, la bulletta dal cuore d'oro. Questa è la prima volta che vedo la mia migliore amica piangere, e mai avrei pensato che avrebbe potuto farlo per me. Mi si sta spezzando il cuore mentre la osservo fare uno sforzo quasi sovrumano per trattenere quelle lacrime che dispettose le stanno arrossendo i suoi occhi color verde limone.
<< Come ha potuto farti del male... >> mormora disperata fra i singhiozzi.
<< Kim, non fare così >> sussurro piangendo insieme a lei << non farmi sentire in colpa, non piangere, non farlo per me >>
<< Non lo perdonerò mai. E quando Castiel farà ritorno... >>
<< No! >> esclamo sgranando gli occhi, terrorizzata al solo sentire le prime lettere che formano il suo nome. Lei mi guarda, singhiozzante ma senza far uscire altre lacrime.
<< Perché? >> chiede inarcando le sopracciglia.
<< Ti scongiuro Kim, lui non deve saperlo >>
<< Rea, non penserai di farla passare liscia a quel bastardo?! >>
<< Kim promettimelo. Promettimi che non gli dirai niente. Se Castiel viene a sapere una cosa del genere, per me è finita! >> esclamo disperata.
<< Finita? Ma che diavolo stai dicendo? Rea che significa? >>
Trattengo il respiro, sentendo la mascella tremare. Fisso intensamente e con preghiera, la mia amica, negli occhi. Non riesco a credere che tra qualche istante rivelerò il più grande segreto che ho nascosto in tutti questi anni e che adesso mi fa riaffiorare alcune paure che si erano assopite con il passare del tempo.
Lentamente mi allontano da lei, raggiungendo la scrivania e accorgendomi che sta seguendo le mie mosse.
Sfioro il legno con le dita tremanti, raccolgo più aria che posso e rigettandola con un profondo sospiro, mi giro verso di lei.
<< Kim, pur volendo, avrei potuto denunciare l'atto di Armin. Ma non lo farò, non voglio e non posso farlo >>
<< Perché? >> chiede seria.
<< Non voglio perché ho anche io le mie colpe. L'ho ingannato, gli ho permesso di starmi affianco pur sapendo di non amarlo >>
<< Stronzate! Volere o volare, non doveva azzardarsi a fare ciò che ha fatto! >>
<< Io ho un rimorso, su questo. Avrei dovuto lasciarlo tempo fa, oppure non accettare per niente il suo aiuto. Ma ho sempre avuto paura... >>
<< Di cosa? >>
<< ...Kim, sai perché non posso denunciarlo? >>. Lei mi risponde solo con gli occhi, volenterosi di sapere di più, e io l'accontento << Se lo denunciassi, lui racconterebbe una cosa che ho tenuto nascosta per tanto tempo, e se solo verrebbe scoperta da persone sbagliate, i-io... La mia vita finirebbe all'istante... >>
<< Di che stai parlando? >> chiede ancora Kim irrigidendosi, forse per la paura.
<< Kim, ciò che ti dirò, non dovrà saperlo nessun altro. Me lo prometti? >>
<< Ti prego Rea, parla! >>
<< Kim io... >>.
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