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Autore: Sariel    06/10/2008    2 recensioni
Corse fino al centro della radura e il suo respiro affannato riempì l’aria.
Dall’interno del mantello prese un piccolo oggetto, brillante alla luce della luna. Lo allungò davanti a sé e lo fissò solo per qualche secondo.
Una tiara dalla forma delicata scintillava tra le sue mani. La strinse forte a sé, mentre una lacrima le scendeva silenziosa sul viso, seguita da una fitta al cuore che l’aveva accompagnata fino a lì.
[ G r e y L a d y / B l o o d y B a r o n ]
(Prima classificata al concorso UNA CIT. PER UNA FIC.)
Genere: Triste, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Corvonero, Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Harry PottaH
Rating: Verde.
Tipologia: One-shot.
Avvertimenti: Nessuno.

Conteggio parole: 777 parole.
Pairing: Helena Ravenclaw[Grey Lady]/Barone Sanguinario[Bloody Baron].
Genere: Generale, Triste, Malinconico.
Note dell'Autore: one-shot scritta per il concorso indetto dal Mitica Beauxbatons forum.

Amo questa coppia e ho sempre voluto scrivere su di loro <3 Soprattutto su questo momento. Helena non ricambia i sentimenti del Barone ma non è detto che non sia successo qualcosa tra di loro u.u ma forse lo scriverò in un’altra storia.
E’ ambientata pre ma proprio pre-Hogwarts. Chiedo scusa per il nevvero ma dovevo metterlo assolutamente u.u
Commenti graditi come sempre *w* [niente biscotti però stavolta u.u]
Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. I personaggi non appartengono a me ma alla Rowling. E blablabla.
Credits: (*) Fabrizio de Andrè - Dolcenera.

 
 
VOI SIETE MIA
{g r e y  l a d y \ b l o o d y  b a r o n }
 
 
Nella piccola radura, nel centro della foresta, il lieve barlume delle stelle e della luna erano le uniche fonti di luce. Il silenzio opprimente della foresta venne rotto da un veloce rumore di passi, che si avvicinavano velocemente alla radura.
Dai folti rami dei grandi alberi che la circondavano, spuntò una giovane donna, avvolta in un pesante mantello, il cui cappuccio copriva i suoi lunghi capelli. Alcune ciocche le ricadevano sul viso, trasfigurato dalla paura.
La gonna dell’abito elegante che indossava si impigliò ad un ramo spezzato che giaceva a terra e la giovane strattonò con forza il lembo di tessuto per liberarsi, tagliandolo.
Corse fino al centro della radura e il suo respiro affannato riempì l’aria. Dall’interno del mantello prese un piccolo oggetto, brillante alla luce della luna. Lo allungò davanti a sé e lo fissò solo per qualche secondo.
Una tiara dalla forma delicata scintillava tra le sue mani. La strinse forte a sé, mentre una lacrima le scendeva silenziosa sul viso, seguita da una fitta al cuore che l’aveva accompagnata fino a lì.
Era pentita. Pentita di aver abbandonato sua madre, di averle rubato il suo diadema per una stupida vendetta.
Il diadema conferisce saggezza.” Le aveva detto un giorno Rowena, sua madre. “Sta al mago decidere come usarlo.”
Sua madre, sempre al centro dell’attenzione. Considerata da sempre la più intelligente tra i quattro maghi fondatori di Hogwarts. Rubandole la tiara l’aveva umiliata, tradita, solo per il desiderio di diventare più sveglia e più importante di lei.
Sospirò, ricacciando in gola un singhiozzo. Si avvicinò all’albero più vicino, di fronte a lei, e nascose il piccolo diadema nel suo cavo.
Dal punto in cui era apparsa risuonò nuovamente un rumore di passi.
 
“Come fa quest'amore
che nell'ansia di perdersi
ha avuto in un giorno
la certezza d'aversi.” (*)
 
- Ferma!- urlò l’uomo dietro di lei, mentre la raggiungeva di corsa.
La giovane rimase per un secondo immobile davanti all’albero cavo, fissando impaurita l’uomo che le veniva incontro. Si allontanò veloce dall’albero, spostandosi il più lontano possibile da lui.
L’uomo si fermò.
- Vostra madre sta morendo.- le riferì, tra un respiro e l’altro. -Vi prego, Miss Helena, non provocatele altro dolore.- aggiunse, con voce tremante.
- Barone, la vostra presenza qui è inutile.- replicò Helena. - Portate il mio saluto a mia madre. Ditele che mi dispiace per quanto è accaduto.-
Il Barone si avvicinò di qualche passo.
- No, Miss Helena, io sono qui per portarvi via. Vostra madre me l’ha ordinato.
- E mi ha anche promesso a voi, nevvero?- chiese Helena, comprendendo finalmente la sua presenza.
A nulla erano serviti i suoi rifiuti. Il Barone persisteva ancora con le sue proposte ed era arrivato fino a lì, pur di averla.
- Voi siete mia, Miss Helena.- disse, atono. - E sì, vostra madre vi ha promesso a me.- aggiunse, avanzando di un altro passo.
- Solo se tornerò, Barone.- rispose lei, indietreggiando, senza vedere la roccia dietro di sè. - E non lo farò.
- Vi prego, Miss Helena.- il Barone avanzò nuovamente e la giovane si fermò, quando si accorse di non poter più indietreggiare per via del blocco di pietra.
Il Barone eliminò la distanza tra di loro e l’afferrò per un braccio, prima di attirarla a sé.
Il cappuccio del mantello che lei indossava cadde all’indietro, lasciando scivolare fuori i suoi lunghi capelli.
- Voi siete mia, Miss Helena.- sussurrò ancora, stringendola di più a sé.
Helena appoggiò le mani al suo petto e spinse, nel tentativo di liberarsi dalla sua presa.
- Lasciatemi, Barone.- mugugnò, dando un’ultima spinta e liberandosi da lui. - Io non sono vostra. Non appartengo a nessuno.- ansimò, indietreggiando. - Sono libera.- aggiunse, quasi in un sussurro.
L’uomo le rivolse uno sguardo arrabbiato e, dopo aver sfilato il coltello che portava alla cinta dalla sua protezione, si lanciò verso di lei, come impazzito.
Sferrò un solo colpo, fatale. Helena sgranò gli occhi quando il coltello la colpì in pieno petto e si accasciò a terra.
Il tempo sembrò essersi fermato. Il Barone osservò il corpo di Helena perdere il suo dolce colore roseo. La chiazza di sangue che si allargò sul terreno dalla ferita si tinse dell’argento della luna.
La consapevolezza di quello che aveva fatto lo colpì come uno schiaffo. Si abbassò e prese, con mano tremante, lo stesso coltello che aveva portato la donna che amava alla morte.
- Mi dispiace.- sussurrò, piano.
Guardò per un’ultima volta Helena e si colpì. Una, cinque, dieci volte.
Non gli importò del dolore. Era certo che l’avrebbe avuta per sempre. E invece era lì, a terra, uccisa dall’uomo che l’amava.
Quello era il dolore da distruggere. Sferrò altri colpi, alzando il volto al cielo.
E tutto si tinse di argento.


  
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