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Autore: loryherm    06/10/2008    4 recensioni
Bill Kaulitz era un ragazzo strano, lo era sempre stato...non credeva che potesse esistere una persona in grado di amarlo in ogni sua sfaccettatura, e prenderlo così com'era, peccato che questa persona stesse con... Come troverà l'amore, Bill? La strada per il successo? Come è arrivato a diventare famoso, con i suoi migliori amici? La storia dei Tokio Hotel in un' incredibile serie di eventi.
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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bk20 Non tutto il male viene per nuocere, ma qualche volta sì.




Pensava che fosse giusto. Era sicura, al cento per cento, che non stesse facendo niente di così orribile. Lui se lo meritava, dopotutto.
Le era bastato un secondo per immaginare la scena, e solo un'altro per convincersi di aver appena avuto un'idea brillante.
Lui l'avrebbe pagata per averla ridotta in quello stato. Era solo colpa sua se adesso si sentiva così...persa, indifesa, e se soffriva tanto.
Ginevra sorrise, aprì la porta della sua stanza, la richiuse dietro di sè, e si incamminò verso la Hall. Quella sera, se ne sarebbero viste delle belle.

Tom era più nervoso del solito, non sapeva spiegarsi il motivo. Aveva ripreso a battere le dita sulla chitarra, proprio come ai primi tempi. Sentiva addosso una sensazione sgradevole, come quando un bruttissimo presentimento comincia a lottare contro la calma che ti autoimponi in certe situiazioni.
Prima di ogni concerto cercava di rilassarsi, suonando, canticchiando, o semplicemente chiacchierando con Bill e Georg di cose idiote. E ci era sempre più o meno riuscito fino a quel giorno. Ora invece si sentiva come quella sera di anni prima: Insicuro, tremante, agitato, e pronto a scattare da un momento all'altro.
Sapeva nasconderlo bene, ma non a se stesso, e non a Bill, che al solito lo stava osservando attento, come a voler leggere ogni punto e virgola dei suoi pensieri così torbidi e confusi. Forse sarebbe stato l'unico in grado di decriptificarli, ma non gli andava di addossargli le sue inutili e inspiegabili preoccupazioni.
Il suo gemello però, sembrava non pensarla nella stessa maniera, e gli si fece vicino, a passi rapidi. Mancava solo mezz'ora all'inizio dello show, e Tom pareva più nervoso del solito.
Sedette sul bracciolo del divano nero sul quale suo fratello stava stravaccato, e attirò il suo sguardo con un piccolo sorriso a mezzabocca. "Tomi, che c'è?" Gli domandò, con il suo tono dolcemente premuroso. Lo stesso che usava sempre quando lui stava male.
Il chitarrista fece spallucce, cercando di non dare a vedere la sua preoccupazione. "Niente." Rispose, asciutto. Bill sbuffò piano. "Non è vero. Dai dimmelo, non puoi mentirmi."
Tom  lo guardò severo. Si, lo so...maledettissimo gemellaccio perfido. Poi dicono che sono io quello cattivo...
"Davvero, Bill. E' solo che sono un pò fuori, oggi." Mentì, comunque.
"Abbiamo uno show da fare,Tom. Non stare male o non darai il meglio di te. Dai, ci divertiremo!" Fece quello, sorridendogli con allegria. A Bill si illuminavano gli occhi prima delle loro esibizioni. Sul palco era come libero, completamente fuori dalla realtà che lo attanagliava quotidianamente, dai pettegolezzi, dallo stress, dalle malelingue, dalla stanchezza, e dai pregiudizi. Poteva sfoggiare il vero sè stesso, felice e pieno di gioia, e sentimenti.
Tom non potè fare a meno di sorridere. "Ma sì, ho intenzione di rubarti un pò la scena oggi. Credo che sarà un vero spasso!" Rise.
Bill fece finta di arrabbiarsi, tirando indietro i capelli neri più sparati che mai, in una posa da perfetta Diva infastidita. "Non puoi mettere in ombra il sole, mio caro. E poi ricorda che sono ancora io il frontman, e spetta a me essere al centro dell'attenzione!" Esclamò.
"Come in tutti i momenti, del resto!" Sbuffò l'altro, divertito.
"Che vuoi farci?" Soffiò Bill, alzandosi e portandosi le mani alla vita. "Quando uno è brillante di natura..." Rise, e camminò verso il bagno canticchiando distrattamente Wo sind eure hande.

Quella folla di ragazzine impazzite la stava facendo innervosire davvero. Odiava le serate di Open Air, non riusciva mai a lavorare come doveva, nel silenzio. No, quelle continuavano ad intonare cori stupidi, e a ripetere senza interruzione "Viva i Tokio Hotel, Viva i Tokio Hotel!".
Sbuffò, per l'ennesima volta. Peter le si fece vicino, sorridendo. "Coraggio, manca poco." Le intimò.
E Ginevra sorrise, felice.
Sì, manca poco, Bill. Aspetta e vedrai...

"Tre minuti e siete in scena."
Bill guardò Tom, e gli strizzò l'occhio. Il gemello si sforzò di sorridergli, ma quella maledetta sensazione non lo lasciava in pace. Poi il cantante si voltò verso Gustav e Georg, e sorrise loro con naturalezza. Era felice quella sera. Forse perchè era il suo primo concerto da quando le fan sapevano di Loreen ed era curioso di sapere se lo avrebbero accolto con lo stesso calore di sempre. A giudicare dalle urla e dalla confusione pazzesca che imperava lì fuori, doveva essere proprio così.
"Due minuti."
Il cuore di Tom batteva all'impazzata, forse più di quanto dovesse.
Ma che cazzo mi prende?
Georg sembrò accorgersi solo in quel momento della sua espressione e gli poggiò una mano sulla spalla.
"Te li ricordi gli accordi nuovi?" Gli domandò. Tom lo fissò per un momento e annuì. "Certo che me li ricordo!" Disse. Il bassista fece spallucce, ma sembrava un pò preoccupato. "Rilassati." Sussurrò. "Sei tesissimo."
Tom aggrottò la fronte, fingendo di non capire. "Sto benissimo, tu pensa a concentrarti. La seconda strofa di 1000 meere non è uguale alla prima, ricordatelo quando saremo lì sù e una ragazza dagli abiti semi-inesistenti ti lancerà sguardi ammiccanti, sempre che non saranno tutte troppo occupate a fissare il sottoscritto!" Georg sbuffò, ridendo ironico. "Cos'è? Cerchi di autoconvincerti?"
Il chiattarista inarcò un sopracciglio. Stava per rispondere ma lo fece Bill al suo posto, ridendo. "Smettetela, tanto sono sempre io quello col maggiore indice di gradimento. Pensate a suonare, che a fare felici le fan ci penso io."
Georg alzò il sopracciglio e fece una smorfia. "Non vorrei farmi gli affari tuoi, Bill, ma credo che tu sia fidanzato." Disse, lanciando uno sguardo complice a Tom. Bill fece finta di non essere stato colpito da quell'affermazione. Per un attimo si sentì in colpa nei confronti di Loreen, ma infondo stava solo giocando, e sorrise serafico. "Non nei loro sogni, però!" Replicò.
"Un minuto."
"Staremo a vedere." Fece Georg, superandolo e poggiandosi alla barra di ferro che aveva di fianco, sistemando il suo strumento.
David fece capolino dall'angolo proprio in quel momento con espressione severa. "Se avete finito di fare gli scemi, dovreste andare in scena!" Ringhiò, sottovoce.
Tom strinse i pungi e imbracciò il suo strumento, agitatissimo. Nemmeno quelle chiacchiere stupide erano riuscite a lavare via quel brutto presentimento.
Sta per succedere qualcosa...me lo sento.
Salì i gradini con passi veloci.
Buio.
Grida.
Battiti, mani, lacrime.
"Wilkommen im Tokio Hotel..."
"In bocca al lupo, Tomi." Fu l'ultima cosa che sentì prima che scoppiasse il delirio, e che la sua testa fosse trascinata di prepotenza tra le note di Ich brech Aus.


"Ihr erster Stich ins Glück, Die Wunde bleibt für immer.
'n goldener Augenblick, und jedes Mal wirds schlimmer.
Schatten und Licht, nehmen ihr die Sicht.
Sie kommt nicht mehr, zurück."
Accidenti! Che succede?
Bill portò immediatamente le mani alle orecchie.
Era al secondo ritornello di Stich ins Gluck, quando un fischio penetrante e fortissimo gli impedì di riascoltare la sua voce negli auricolari e gli entrò prepotentemente nella testa, facendogli strizzare gli occhi, e tirare indietro la testa.
Il fischio cessò, ma lui era ancora confuso, e parecchio stordito. Solo dopo pochi secondi si rese conto che aveva smesso di cantare. Grazie al cielo la folla non sembrava essersi accorta di niente, e cantava più forte, come sentendosi chiamata a fare più rumore.
Tom e Georg però si voltarono immediatamente verso di lui, intuendo che qualcosa non andava.
Bill fece loro cenno che l'auricolare aveva qualche problema, portando la mano all'orecchio destro. Gli altri due si guardarono preoccupati, e insieme, con un gesto, gli fecero capire di non avere lo stesso problema.
Bill, dunque, portò di nuovo il microfono alla bocca, sforzandosi di sorridere, e diede loro un'occhiata, stringendosi nelle spalle, come per dirgli di non stare in pensiero. Sembrava fosse stato solo un attimo.
Ricominciò a cantare, e con profondo orrore, si risentì in un tremendo eco...di nuovo il fiaschio, la sua voce si perdeva. I suoi occhi saettarono dentro di quelli di Tom, agghiacciati.
Si sentì morire in quel momento.
Ora lo guardavano tutti stupiti.
Cazzo, doveva aver stonato nel modo più pauroso che avesse mai potuto immaginare.
La prima cosa che gli venne in mente di fare fu alzare lo sguardo dritto di fronte a lui, dove a metri di distanza stavano gli stand dello stuff. Lì il tecnico del suono si occupava dei microfoni e degli strumenti.
Inquadrò Ginevra. E non aveva gli occhi bassi e concentrati sul proprio lavoro come sempre. No. Lei lo stava guardando, e...sorrideva.
Sorrideva beffarda, e felice, fiera, e dannatamente appagata.
Restò immobile a guardarla, e con lui gli altri membri della band, che sembravano aver avuto proprio la stessa idea.
Ginevra era ancora ferma. Nelle orecchie di Bill il ronzio non cessava, non poteva avvicinarsi al microfono o avrebbe stonato, perchè non poteva riascoltarsi!
Come avrebbe continuato il concerto?
Porca puttana, ma perchè Peter non fa qualcosa!?
Peter non c'era, era dietro le quinte! Durante gli Open Air lui era sempre lì.
Cazzo, ha calcolato tutto.
Nessuno si sarebbe accorto di niente, perchè il problema non era nel micrfono, ma negli auricolari. Tutti avrebbero semplicemente creduto che Bill stesse stonando. La prossima pausa sarebbe stata dopo ben nove canzoni, e prima non poteva venire via dallo stage.
Il concerto sarebbe stato rovinato, magari le fan avrebbero creduto che avesse problemi alla voce, i giornali avrebbero speculato sulla cosa, e David si sarebbe incazzato come una iena.
Era una fottuta vendetta, ed era stata studiata nei minimi dettagli.
Stronza.

Quando tutti si accorsero del problema, era troppo tardi. Ginevra aveva finto tutto il tempo di scervellarsi. Aveva pigiato tasti, imprecato e si era scusata infinite volte. Ma tanto Bill l'aveva guardata negli occhi, e aveva capito che il suo era stato tutto un piano per metterlo in ridicolo, proprio come lui aveva fatto con lei.
Aveva voluto fargliela pagare, scegliendo il modo più basso e infimo, andando dritta al suo punto debole, e rovinandogli il momento in cui avrebbe potuto essere felice. Il momento in cui avrebbe capito se per le sue fan era davvero più importante la sua musica che il suo bel faccino.
"Ci dispiace molto, ragazze." Il traduttore era salito sul palco, David era al suo fianco. I ragazzi in fila davanti a loro, mandavano saluti e baci a tutti, sforzandosi di sorridere. "...Ma il concerto per questa sera termina qui. Come vi sarete senz'altro accorte, ci sono problemi tecnici che purtroppo non riusciamo a risolvere. Promettiamo che sarete rimborsate, e che i ragazzi sapranno come farsi perdonare..."
Urla, pianti, e questa volta di tristezza, amarezza, rabbia.
Il concerto era stato interrotto quando era solo a metà. Le fan erano state deluse. E quella era sempre stata la sua più grande paura, ciò che non avrebbe mai voluto accadesse.
Solo i membri della band sapevano la verità, e tutti e quattro erano arrabbiati, più che mai.

Nel tour bus si scatenò la loro collera. Appena furono dentro, e le porte chiuse, Bill si lasciò cadere sul divano. Loreen cercava di farlo stare tranquillo.
"Bill, non è stata colpa tua." Gli disse, dolcemente.
"Lo so, Loreen." Fece lui in un sibilo assassino. "Ma sto così male, cazzo..." Non era mai stato tanto arrabbiato con qualcuno prima. Tremeva di rabbia, i suoi occhi volevano piangere, ma pulsavano troppo forte, le sue vene erano così evidenti e gonfie sul candido braccio, per lo sforzo di non rovesciare qualcosa, che Loreen si spaventò quasi.
Tom invece stava urlando dal piano di sopra, con Nana che si sforzava ancora di capire.
"Ti spiacerebbe spiegarmi a chi ti riferisci quando dici: maledetta stronza?" Domandò, tenendolo fermo, da dietro la schiena.
"Intendo dire Ginevra! Quella troia!" Strillò l'altro, più infuriato che mai, divincolandosi per andare a gettarsi sul letto.
Nana restò zitta, impietrita. Mille domande a vorticare nella sua testa. Quando vedeva Tom così arrabbiato non voleva nemmeno avvicinarsi, ma non perchè avesse paura di lui. Semplicemente non voleva complicare ancora di più le cose. Andò solo a sedersi sul letto di Georg di fronte al suo, e lo fissò mentre respirava con affanno, senza chiedergli niente. Ma Fey si avvicinò a Georg, fermo nella sua posizione: occhi bassi e mani sulla testa. "Perchè?" Chiese. "Che ha fatto Ginevra?"
Il bassista sbuffò, arreso. "Ha manipolato gli auricolari di Bill."
Loreen, Nana e Fey allargarono gli occhi, nella stessa espressione allibita.
"Dite sul serio?"
"Come fate ad esserne sicuri?" Fece Nana, con voce flebile. E Gustav, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, nell'ombra vicino al finestrino, sbottò: "L'abbiamo vista."
Loreen era ancora incredula. Si poteva davvero arrivare a tanto, solo per vendetta? Domandò: "David ne è al corrente?" Gustav e Bill scossero il capo, e il frontman con gli occhi pieni di risentimento, sussurrò: "Non ci crederebbe, non abbiamo le prove. Gin è sempre stata un ottimo membro dello stuff, non ha mai creato problemi."
"Senza pensare che quella maledetta stronza ha anche finto per tutto il tempo!" Esclamò Tom, ancora stringendo i pungi.
Bill scuoteva il capo. Sembrava così amareggiato. Loreen si sentiva uno schifo perchè incapace di aiutarlo. Sapeva che lui teneva davvero tanto alle loro fan, e che non avrebbe mai voluto deluderle.
"E' tutta colpa mia." Sussurrò infatti, catturando l'attenzione di tutti. Gustav per primo alzò gli occhi su di lui, curioso.
"E perchè mai?" Domandò Georg, con voce monocorde.
Bill fece un sorriso a mezzabocca, e mormorò: "Lei ha voluto vendicarsi per quello che ho fatto...se mi fossi fatto gli affari miei tutto questo non sarebbe successo. Mi dispiace, ragazzi."
Calò il silenzio per un pò. Nessuno sapeva bene che dire. In un certo senso ciò che aveva detto era vero, ma non giustificava la cattiveria di Gin. Non era davvero colpa di Bill. Affatto.
"Non dire cazzate." Lo sguardo di tutti volò dritto su Gustav, che ora stava fissando il cantante con espressione neutra. "Non doveva farci questa merdata. Tu hai fatto una stronzata, ma lei ne ha fatta una il triplo più grande, senza motivo."
Bill lo guardava negli occhi. Si chiedeva se quello fosse un modo per dire che era stato perdonato, ma credeva di no.
Gustav era uno che parlava chiaro. E fino a che non avrebbe sentito le parole: ti perdono, venire fuori dalla sua bocca, non avrebbe dato per sconato che fosse stato assolto completamente dalle proprie colpe.
Però almeno lo aveva capito. Era già qualcosa. Lo ringraziò con un cenno del capo, e sorrise. Gustav decise di sorridergli a mezzabocca di rimando, con sincerità. Erano una band infondo. Erano stati traditi insieme e dovevano sostenersi a vicenda. La loro amicizia e la lealtà reciproca, venivano ancora prima delle questioni esterne.
"Ha ragione lui, Bill." Fece Tom, che nel frattempo era sceso di sotto, con Nana al suo fianco. Si sedette accanto al fratello e gli poggiò una mano sulla spalla. Lo guardò negli occhi, serio come capitava di rado.
"Qualunque torto tu le abbia fatto, lei non aveva il diritto di comportarsi in quel modo. Ha fatto una cosa da vera bastarda. Non addossarti le colpe, perchè per una volta tu non c'entri un cazzo!" Continuò.
Georg, Gustav e Bill fecero insieme lo sbuffo di un sorriso, e si guardarono, fraternamente.
"Credo che le parlerò." Fece Bill, dopo un pò in cui nessuno trovò niente da dire.
Gustav lo guardò. "Sì, dovresti." Disse.
Anche Tom e Georg annuirono. "Digliene quattro, ma non credere che non lo faremo anche noi." Fece Tom, sorridendo. Già pregustava la scena.
Nana roteò gli occhi, però lo capiva, infondo. A Tom potevano fare di tutto, ma se facevano del male a Bill o alla band, andava fuori di testa, e niente poteva fermarlo. Nemmeno lei.


Stava camminando dritto verso di lei, incurante del fatto che intorno a lui c'era lo stuff al gran completo, indaffarto nel parcheggiare i tir, e i bus. Lei era di spalle, e non aveva idea del fatto che lui la stesse fissando, ora così da vicino. Se lo avesse saputo forse sarebbe fuggita via a gambe levate, come una vera codarda. E invece dovette voltarsi, quando sentì un dito picchiettare con grazia sulla sua spalla.
Non appena incontrò gli occhi di colui che le stava di fronte, dovette lottare per non avere un sussulto.
Non sarebbe mai stata capace di leggere così tanto nello sguardo di nessun'altro al mondo. Quegli occhi grandi, liquidi, dorati, brillanti, arrabbiati, feriti, calmi e accusatori, riuscirono a farle sentire una scossa forte quanto un terremoto dritto nel cuore.
Bill le si erigeva dinanzi, serio e pacato, ma dal suo corpo si liberavano flussi di emozioni multiformi, e il suo viso non riusciva a restare uguale per più di un istante.
Tantissime sensazioni lo attraversavano e per riflesso ora attraversavano anche lei, devastandola, dato che non era più abituata a provare così tanto, per così poco.
"Immagino che tu ti senta appagata, non è così? Ti dirò che ora come ora non me ne importa nemmeno. E non sono qui per rimproverarti, so che non te ne frega un bel niente delle mie parole o di quello che provo, o di quanto sto male, ma voglio dirti una cosa: Io avrò anche sbagliato a entrare negli affari tuoi, ma tu hai fatto del male a moltissime ragazze oltre che a me. Loro avevano pagato il biglietto, avevano aspettato questo giorno per mesi, volevano cantare le canzoni che abbiamo scritto, e di cui sei tu stessa una parte, e tu hai rovinato il loro piccolo sogno. Di quanto sono stato ferito io, neanche a me importa granchè, ma di loro sì. Loro che ti avevano fatto? Perchè hanno dovuto pagare per un mio errore? Mi pento di aver creduto che anche tu potessi sentirti parte di noi, di averti trattato da amica, e di averti voluto bene. Hai fatto una cosa molto cattiva, Ginevra. Mi auguro che te ne renderai conto. E ancora una cosa: sono felice che tra te e Gustav non sia successo niente, e che non succederà. Tu non lo meriti, credimi."
Non restò fermo lì, ad aspettare una risposta, ma girò sui tacchi e se ne andò.
Non c'era bisogno che lei rispondesse. Non meritava di scusarsi, e comunque non ne sarebbe stata in grado.
E infatti Ginevra, rimase in silenzio, e non fece niente per fermarlo.
Non fece niente per fermare se stessa, per impedire al suo cuore di stare così male, nè si trattenne dal piangere.
Lo fece, sentendosi una vera canaglia.
Era stata felice, mentre stava a guardare Bill impallidire, disperarsi, e stonare come un violino scordato davanti a migliaia delle sue stupide ammiratrici. Eppure non aveva pensato che quelle stupide ammiratrici potessero provare dei sentimenti, e che magari si sarebbero sentite deluse e ferite, per aver perso l'occasione di stare anche solo un'ora a divertirsi con la persona che aveva scritto quelle canzoni bellissime, che avevano fatto battere loro il cuore. Non aveva pensato che Georg, Tom e Gustav, che avevano lavorato tanto su quelle note diffcili, che proprio lei aveva proposto loro, si sarebbero sentiti persi e falliti, sprecando quel poco del tempo che potevano dedicare al loro vero amore, la musica.
Che stronza che era stata. La prima cosa che le era venuta in mente di fare una volta recuperati i propri sentimenti, era stata vendicarsi.
Non avrebbe mai potuto avere un' idea peggiore. Eppure era così ingiusto che a Bill si perdonasse tutto e lei invece non potesse nemmeno azzardarsi a replicare.
Tutti lì a difenderlo e a coccolarlo quando era stata lei quella tradita e umilata.
A lei piaceva Gustav, ormai lo sapevano tutti, e alla fine era riuscita anche ad ammetterlo con se stessa. Aveva scelto di non fare niente per rendere il sogno concreto, e gli altri non avevano rispettato la sua scelta. Spettava a lei sistemare le cose col proprio cuore e con lui, e nessuno aveva il diritto di obbligarla a confessare.
Non lo avrebbe fatto, punto.
Era troppo complicato.
Una cosa buona però, alla fine, quella sera era riuscita anche a ottenerla per sè: Gustav non avrebbe mai più voluto rivolgerle la parola. Era finalmente libero da quel mostro che voleva rubargli il cuore, o che forse ci era già riuscito.

Nana era nella stessa stanza di Fey e Loreen. Le piaceva. In un certo senso, per la prima volta, poteva dire di aver trovato delle amiche.
Si guardava con il suo pigiama rosa e le due ragazze davanti a lei, a gambe incrociate sul letto, divorando ciò che restava di una scatola di pop-corn, e in un certo senso le venne da ridere.
A ventiquattro anni suonati, si rifugiava lontano da tutto, con due neodiciottenni esaltate che vedevano il mondo per la prima volta, e attraverso i loro occhi poteva sentire la stessa gioia, la stessa passione per la vita. Proprio quella che lei aveva perso, che forse non aveva mai avuto o che non ricordava di aver posseduto per più di qualche giorno a malapena.
Erano fuggite via dai ragazzi a gambe levate. Restava un solo giorno da passare in Francia, e tutte e tre avevano deciso di non immolarsi assistendo agli sfoghi liberatori dei musicisti, e di stare un pò da sole, per dare il tempo a tutti di sbollire la rabbia, senza pressioni.
Ed eccole là, con la tv accesa che dava un programma idiota, a masticare schifezze, come ad un semplicissimo pigiama party tra amiche per la pelle.
Non esistevano i Tokio Hotel, ma solo le loro avventure passate, che si stavano raccontando a vicenda.
Fey riempì di nuovo la stanza della sua risata cristallina. "Avevo solo tredici anni! Che volevi che ne sapessi delle lingue e dei denti?"
"Hai baciato un ragazzo sui denti?" Le domandò Nana, con gli occhi sbarrati.
"Non ci trovo niente di così divertente!" E le fece una linguaccia.
Nana rise, cristallina. "Questo lo dici tu!" Replicò spiccia.
Fey rise con lei. "E chi è stato il fortunato rospetto che hai baciato tu, invece?" Le chiese.
Nana si rabbuiò immediatamente. Con una rapidità tale che sembrò aver appena visto un fantasma. Il suo viso perse tutta la sua luce, i suoi occhi si fecero tristi e spenti, e le sue labbra si arricciarono in una smorfia che Fey interpretò come di disgusto e rabbia.
"Domanda sbagliata?" Fece Loreen, sempre con la solita pacatezza nel tono, sorridendole incerta.
Quella annuì, con gli occhi bassi. "Non vi preoccupate, è solo che non mi piace parlare di questo. Il mio è un passato...come dire...schifoso." Disse, piano.
Loreen si avvicinò a lei, e inaspettatamente le strinse una mano nella sua, con dolcezza. Nana alzò gli occhi su di lei, sorpresa.
"Nana, ascolta: Io non so cosa ti è successo, ma ti assicuro che parlarne ti farebbe bene. Magari non qui con noi, e non adesso, ma aprirti con qualcuno farebbe sì che il dolore passi più in fretta. Noi tre siamo in questa cosa insieme adesso, e io e Fey non siamo state certo fortunate in passato, sia con la famiglia che in amore...però ci lega un'amicizia fortissima. L'amicizia è la cosa più bella che ho avuto fin'ora, e se hai bisogno di un paio di persone alle quali appoggiarti per qualunque cosa, o solo per parlare...noi siamo qui."
Nana sorrise debolmente e Fey notò che i suoi occhi si erano quasi inumiditi.
Nessuna di loro due poteva immaginare cosa si era aperto in quell'istente nel cuore di Nana. Uno spazio infinito che solo in quel momento capì di aver sempre tenuto nascosto agli occhi degli altri e ai suoi. Un vuoto che non aveva mai saputo riempire con niente, anche provandoci in tanti modi, uno più sbagliato dell'altro. Quello che le era sempre mancato era un pò di sano affetto. Qualcuno che le dicesse che lei era importante, qualcuno che le dimostrasse un pò di bene sincero e disinteressato. L'amore forse l'aveva trovato, ma ora ecco che anche l'amicizia aveva trovato un posto nel suo cuore.
Calore.
Una bellissima sensazione di calore e fuducia. Lo si leggeva dai loro occhi. Erano sinceri.
Non seppe dire altreo che: "Grazie."

****


Voleva dire qualcosa di utile, qualcosa che potesse farlo stare meglio, eppure non ci riusciva.
Lui era rimasto zitto quasi per tutto il tempo, rifugiandosi nel suo stato di isolamento. Aveva posto una barriera.
In un certo senso poteva capirlo. Non aveva voglia di farsi consolare, e non spettava certo a lei farlo, eppure si sentiva comunque nel dovere di tirargli su il morale.
Gli si fece più vicina, cautamente, come dandogli il tempo utile per farle capire di non volerla attorno, ma Georg non si mosse.
Respirò a fondo. Non sapeva come gestirsi in una situazione come quella.
"Ehi...ciao." Esordì, sedendogli accanto sul muretto. Erano proprio lì, nello stesso punto in cui si erano baciati la prima volta, ma il bassista sedeva a terra, con le gambe incrociate. Teneva sempre lo sguardo basso, ma quando sentì la sua voce, alzò la testa e le sorrise. Inutile dire come si sentì in quel momento. Persa nel suo sguardo, capiva come si sentiva, e anche se era una sensazione di malessere, non voleva togliere gli occhi dai suoi. Il suo magnetismo la teneva stretta a sè, senza darle scelta.
"Ciao." Rispose lui, con voce bassa.
"Come stai, è una domanda stupida, perciò non te la farò. Ma sappi che se vuoi parlarmi di quello che è successo, io sono qua. Se invece non vuoi, non ti fare troppi problemi, puoi mandarmi al diavolo, io capirò." Disse, stupendosi ancora di come alla fine sapesse essere naturale al suo fianco.
Georg la guardò per un momento, accigliandosi. Non capiva come mai lei credesse di dargli fastidio. Non avrebbe mai potuto, anzi...la sua allegria era l'unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
"Non ti manderò al diavolo ora, ma potrei farlo se non la smetterai di sentirti di troppo." Replicò. Forse era stato un pò brusco, ma stava pur sempre sorridendo, e Fey, per quanto stupita non sembrò essersela presa. Fece un espressione seria, però. "Non mi sento di troppo." Ribbattè, "Ma mi piace rispettare gli spazi altrui, e so che in certe occasioni non sempre si ha voglia di avere gente che ti gironzola attorno."
Georg fece spallucce. "Non è il mio caso." Disse, semplicemente.
La ragazza restò in silenzio, e annuì. Non sapeva che dire. Georg lo capì e la strinse a sè. "Grazie di averci provato." Sussurrò, sorridendo. Fey lo fissò, sembrava sereno, adesso. "A che ora dobbiamo ripartire?" Chiese.
"Tra meno di un'ora. Solo il tempo che i tir si sistemino, e siamo di nuovo in viaggio."
La biondina sorrise, finalmente. "Non vedo l'ora di arrivare in Italia!" Esclamò. "Voglio mangiare un bel piatto di spaghetti, e vedere Roma..."
Georg rise, contento. "Io ci sono già stato!" Disse.
Lei fece una smorfia. "Ora non darti delle arie! Non tutti siamo superstar a livello internazione, sai? Alcuni di noi nascono, vivono e muoiono come dei semplici esseri umani qualunque."
Il bassista, la accarezzò ridendo ancora. "Tu non sei affatto un essere umano qualunque." Disse, guardandola negli occhi. E Fey si sentì di nuovo stringere il cuore.
"Sarebbe la cosa più carina che qualcuno mi abbia mai detto, se non fosse un metodo subdolo volto ad ottenere la mia benevolenza." Fece lei, sorridendo, e sfidandolo con uno sguardo divertito.
Lui abbassò gli occhi smeraldini, ma le sue lebbra si stirarono in un piccolo sorriso serafico. "Ti asscuro che non era la tua benevolenza ciò a cui miravo." Soffiò.
Fey inclinò il capo, inarcando un sopracciglio. "E allora a cosa stavi puntando che non potessi semplicemente chiedere?" Domandò, fingendo di non aver intuito le sue intenzioni.
Georg alzò la testa e la incatenò al solito, con uno sguardo liquido. Le si avvicinò, e prima che lei potesse replicare la baciò, e sulle sue labbra mormorò: "A questo."
Fey sorrise. Forse era riuscito a tirarlo un pò su...alla fine.


Quando Loreen bussò alla sua porta un forte senso di colpa la prese d'improvviso. La sera prima tutte le ragazze si erano riunite nella camera di Nana, di comune accordo, per dare ai ragazzi il tempo di metabolizzare la delusione da soli. Allora le era sembrata una soluzione comoda e giusta per tutti, ma ora, si sentiva una stupida per non essere corsa da lui a conosolarlo. Odiava vederlo soffrire, e anche se sapeva che molto probabilmente (anzi sicuramente) non avrebbe potuto fare niente per aiutarlo, sapeva che avrebbe dovuto sentirsi in dovere di sostenerlo comunque.
Era stata un idiota. Chissà se lui si era arrabbiato con lei. Sperava con tutta se stessa di no. Non riusciva a reggere alle occhiate da cangolino bastonato, o deluso, peggio che mai.
Ma quando si sentì rispondere "Arrivo." con una voce flebile e stanca, la situazione dentro di lei peggiorò drasticamente.
"Povero Bill..." Pensò. Voleva sfondare la porta e abbracciarlo. Ma il ragazzo fece subito ad evitarle questa incombenza. Strisciò i piedi fino alla porta e la aprì con uno scatto debole. Quando Loreen se lo vide comparire davanti le venne spontaneo sorridere teneramente. Se lo avesse visto Simone sarebbe scoppiata in lacrime per la commozione.
Era in piedi con i capelli arruffatissimi, il viso pulitissimo e un pò pallido, la maglietta del pigiama con i cagnilini della carica dei centouno, e i pantaloni rossi della tuta, che gli andavano larghissimi, una faccetta triste, e gli occhioni liquidi come quelli di un bambino malato.
"Ciao piccola." Sussurrò.
Lei lo abbracciò subito, e gli accarezzò i capelli. "Come stai?" Gli domandò.
Lui fece spallucce. "Meglio, ma se penso che oggi dovrò rivedere le fan in Italia dopo quello che è successo qui..." Non continuò la frase. Non c'era bisogno di tanti giri di parole. Loreen capiva perfettamente.
Deludere diecimila ragazze in un solo giorno doveva essere un bel peso da portare sulle spalle, le speculazioni sulla cosa sarebbero durante per un pò, e tutti avrebbero dovuto sorbirsi le schizzofrenie dei manager fino a che le acque non si sarebbero calmate. Era una bella scocciatura.
"Bill, lo so che è un periodaccio per te. Però, ti prego, cerca di tirare fuori la grinta che hai. Le fan contano su questo. Magari non potrai sprizzare gioia da tutti i pori, ma dai il massimo a Roma, e dimostra a tutti quello che sapete fare."
Bill le sorrise, stringendole la mano. Gli occhi si coprirono del solito velo di malinconia. "Quando parli così mi sembra di tornare ai vecchi tempi. Ti ricordi? Noi non volevamo suonare in pubblico, io me la facevo sotto, ma tu non ti arrendevi lo stesso..."
Loreen rise brevemente. "Menomale che non l'ho fatto, altrimenti ora non sarei qui a godermi questo tour!" Bill la guardò intensamente negli occhi per un istante. "E io non avrei realizzato il mio sogno."
Lei gli si avvicinò, stava per baciarlo sulle labbra, quando bussarono alla porta. I due si guardarono per un breve istante, poi Bill le lasciò la mano e si allontanò da lei di un passo.
"Chi è?" Domandò.
La risposta tardò un pò ad arrivare, ma poi una voce da fuori disse decisa: "Sono Gustav, Bill."
Loreen potè vedere gli occhi del frontman accendersi di un lampo di sorpresa, poteva dirsi anche panico. Si voltò a guardarla, e lei le fece cenno di andare subito ad aprire. Bill prese un respiro profondo e camminò di nuovo verso la porta. La aprì con uno scatto teso, e Gustav emerse dal buio corridoio entrando nella stanza a grandi passi. Sembrava tranquillo, sorrideva pacatamente.
Subito la vide e le sorrise. Bill era rimasto indietro.
"Ciao Loreen." La salutò il batterista.
"Ciao." Rispose, con leggero imbarazzo. "Vi lascio." Disse poi, sbrigativa. "Devo finire le valige." E se la squagliò, senza dimenticarsi di lanciare a Bill uno sguardo di incoraggiamento prima di sparire.
Bill si fece forza, e camminò verso il centro della stanza, un pò agitato. Era strano sentirsi in imbarazzo con lui, infondo avevano condiviso praticamente tutto.
Gustav gli stava di fronte, e non aveva la parvenza di essere arrabbiato, o in procinto di sputare sentenze.
Parlò subito, con il suo tono mite e profondo. "Sono stato troppo duro con te, Bill. E credo di doverti delle scuse. Quello che hai fatto, lo hai fatto perchè pensavi di farmi un favore, e anche se hai sbagliato a impicciarti così, devo ammettere che è stato un gesto gentile, da parte tua e di Loreen." fece una pausa, senza smettere di guardarlo negli occhi, serio. Bill non voleva intervenire fino a che  non avesse finito di parlare.
"Penso che tu sappia quanto io tenevo al mio rapporto con Ginevra, e che l'ho perso completamente ormai. Ma è stato prima che tu combinassi quell'incontro incontro sulla terrazza, e quindi non è colpa tua se le cose poi sono andate a finire male tra noi due. Ero arrabbiato e me la sono presa con te, invece che con me stesso. Ma questa è un'altra storia, e non conta adesso. Quello che conta è che ho trattato male un membro del gruppo per i miei affari personali, e ho messo a rischio la band intera. E non meno importante ho insultato il mio migliore amico, senza riflettere."
Il volto di Bill si aprì in un grandissimo sorriso, pieno della luce di bambino che non si era mai spenta nei suoi occhi d'oro. Non sapeva bene che dire, ma decise di porovarci lo stesso.
"Ho imparato l'errore, e non mi metterò mai più in mezzo alle tue cose. Basta che non mi metti più il muso. Odio quando litighiamo così!"
Gustav rise brevemente. "Lo so, e devo ammttere che è stato parecchio divertente starti a guardare mentre ti arrovellavi il cervello in cerca di una soluzione!"
Bill spalancò la bocca, e gli occhi. "Brutto stronzo!" Esclamò.
Gustav rise più forte. "Qualcuno dovrà pur farlo!" Disse. Bill rise con lui. "No, ti assicuro, per quello Tom basta e avanza."
"Mi rifiuto di essere il buon misericordioso barra martire del gruppo. E poi ci sono le tue doti di extrazucchero a bastare per un esercito."
"Saremo sempre una band di adorabili cucciolotti dagli occhi dolci, Gustav. Rassegnati."
"Saremo sempre una band di gran fighi, Bill."
"Questa la devo dire a Tom, approverebbe di certo."
"E il suo ego finirà per inghiottirci tutti..."
"E' già successo anni fà quello, Gugu."
"Non chiamarmi Gugu."
"E tu fuori dalla mia stanza, devo truccarmi."
"Con grande gioia, non ci tengo a farmi partecipe del fantastico mondo di Checcolandia."
"Fuori Gustav, la checca ha bisogno dei suoi spazi."
Gustav gli sorrise, prima di aprire la porta. "Non metterci troppo barbie, o Crudelia Jost si incazzerà, e ti taglierà la criniera per farci una pelliccia."
Bill lasciò che la porta si fosse chiusa prima di gridargli dietro: "Ti voglio bene, Gugu!"


"Roma, capitale del mondo!"
"Guarda lì, Fey!"
"La miseria!"
"Quello è il colosseo?" Tom guardò Georg. "Che vuoi che ne sappia io."
"Certo che lo è, idiota! Non vedi che è colossale?" Si mise in mezzo Bill, premendo ancora di più il naso sul vetro del tourbus.
"Ma che cazzo c'entra! Anche il grattacelo di fronte gli studi è colossale, ma mica si chiama Colosseo!"
"Dateci un taglio deficenti, e comunque, tanto per la cronaca, quello non è il colosseo, è il teatro di Marcello. Siamo a più o meno un quarto d'ora dal colosseo." Nana sorrise, versandosi un pò di tè nel bicchiere.
"E tu come lo sai?"
"Ho vissuto in Italia, Georg, per un anno intero, ricordi?"
"Ah, che scemo..me l'avevi detto."
"Basta chiacchiere, gente." David salì i gradini fino ad affacciarsi con la testa bionda nell'appartamento notturno, dove stavano i ragazzi, catturando la loro attenzione. "Arriviamo al palalottomatica tra poco, e voglio che andiate immeditamente a nei camerini, abbiamo poco tempo per le prove. Portatevi gli strumenti dentro senza troppe lagne, lasciate che i ragazzi della troup lavorino senza scocciaure, e per carità di dio, non combinate casini, e sorridete sempre anche a costo di farvi venire una paresi facciale."
"David ti prego smettila con tutte queste premure, sappiamo che ci ami infitamente, e ti consideriamo come un secondo padre, non c'è bisogno di dimostrarcelo con tutto questo impeto."
"Non sei divertente Kaulitz, e questo non è il momento di fare ironia. Siamo nella merda fino al collo."
"Come non smetti di ricordarci ogni due secondi." Fece Bill, incrociando le braccia al petto, e sbuffando sonoramente, facendo volare all'insù una ciocca di capelli corvini.
"Già, sei stressante, Jost."
"Zitto, Tom." Nana gli tirò una gomitata.
"Sentite." Sbuffò il manager, finendo di salire l'intera gradinata ed erigendosi sopra di loro. "Siamo tutti stressati, e stanchi. Lo so, e mi costa starvelo sempre a ricordare, ma lo faccio perchè è da un pò di tempo che non vi vedo per niente concentrati. Senza offesa per le ragazze, ma stanno succedendo cose che non mi piacciono per niente. Vedo litigi, bronci, concerti annullati, interviste per coprire le vostre cazzate, prenotazioni per camere doppie, notti senza sonno e potrei continuare all'inifinito. Quindi finchè non mettete la testa a posto da soli, vi starò sempre col fiato sul collo. Siete i Tokio Hotel, ricordatevelo, perchè ci sono circa un milione di persone là fuori che credono in voi e sprecano tempo e soldi per stare dietro ai vostri culetti milionari. Ok?"



"Lui ha ragione."
"No che non ce l'ha. Siamo molto più felici da quando ci siete voi." 
"Già, voi non c'entrate un cavolo."
Loreen sbuffò, roteando gli occhi. "Eddai, ragazzi, fateci caso: da quando siamo arrivate sono successi solo guai. La conferenza stampa ne è stata la prova. Non ci sarebbe mai stata se noi non fossimo piombate così nella nostra vita. Abbiamo sconvolto i vostri ritmi, e vi deconcentriamo continuamente."  Disse.
"Litighiamo per i cazzi nostri, e siamo felici di aver fatto quella conferenza. Il mondo adesso sa che non siamo solo macchine da palco scenico, ma anche dei semplici ragazzi. Pensiamo di avere il sacrosanto diritto di avere una ragazza pure noi, no?" Tom continuava a camminare per la stanza, con le mani per aria. Mentre parlava riusciva a malapena a guardare Loreen.
"Giusto, Tom ha ragione, Loreen. Devi ammetterlo." Fece eco Georg.
"Ragazzi, forse è meglio che io e Fey ce ne torniamo a casa." Loreen li guardò tutti negli occhi. I tre quarti della band stava seduta sul divano, di fronte a lei. La guardavano tutti con aria ferita e arrabbiata.
"No! Non esiste." Bill si rizzò in piedi con uno scatto.
"Non te lo permetteremo, Loreen. Non possiamo darla vinta a David." Disse Gustav, con voce decisa, ma sempre pacata.
Lei continuava a scuotere il capo. "Sentite lui sa quello che fa. E' un manager, capisce perfettamente come funzionano le cose e se lui dice che le cose vanno male, noi faremo sì che vadano per il verso giusto, fine della storia." 
"Se ve ne andate saremo delle bambole in mano alla Universal. Niente vita, solo soldi e successo. Io non voglio pagare questo prezzo adesso." Replicò Georg. I suoi occhi smeraldini bruciavano.
"Siete in ballo ormai ragazze, e dovete ballare." Continuò Gustav.
"Se ci tenete a noi, e non solo ai Tokio Hotel." Incalzò Bill.
Fey si alzò dalla sedia di fianco al tavolo e guardò l'amica negli occhi con fermezza. Prese un respiro e disse:  "Io non me ne voglio andare Loreen. Non prendere posizione anche per me. Io resto con loro. Anche a costo di affittare una macchina e stargli dietro per i cazzi miei."
"Giusto, brava Fey." Esclamò il batterista. Georg le sorrise dolcemente, ringraziandola.
Ma la voce con cui Bill parlò subito dopo lasciò tutti senza fiato. Guardava Loreen con tutta l'aria di chi era stato appena profondamente ferito nel cuore.
"Saresti davvero capace di lasciarmi?" Domandò.
Loreen ci mise parecchio per reagire. Ricambiava il suo sguardo titubante.
"Bill che dici? Non ti lascerei, andrei solo ad aspettare che il tour finisca a casa mia." Disse poi. Bill scosse il capo, sospirando. "Il tuor non finirà mai, Loreen. Questa è la mia vita. O la accetti così, o sai qual'è l'alternativa. Non puoi fare altro. Avevi già fatto questa scelta, ma a quanto pare sei stata frettolosa. Se te andrai di nuovo, allora sarà un addio totale, e non sto parlando della band. Riflettici."




Note dell'autrice: Sì, lo so, è passato tantissimo dal mio ultimo aggiornamento, ma tra la scuola, il lavoro, e la patente, non ho mai un attimo!
Finalmente sono riuscita a finire questo capitolo, e ne ho un altro in fase di scrittura, perciò tranquilli ce ne saranno di belle da vedere, ancora.
Vi prego di essere clementi, perchè era tanto che non riprendevo la scrittura!
Grazie mille a tutti di aver letto!
Ringrazio anche i miei adorati Tokio Hotel che mi danno sempre l'ispirazione e l'allegria, e i Mcfly, i Within Temptation, e i tanti altri che compongono la colonna sonora delle mie giornate, e delle mie scritture!

Lady Vibeke: Lo sai che quando ho letto la tua ultima recensione la mia giornata ha fatto un balzo di qualità tale che sono uscita con la gonna? Cioè, tu non sai di che miracolo sei stata capace! Io non metto mai gonne, perchè mi vergogno da morire, ma la mia autostima ha toccato vertici stellari, e allora ho dovuto dare sfogo alla cosa! No seriamente, ti ringrazio infinitamente per tutti i consigli, e gli apprezzamnti. Non sai quanto mi hai fatta migliorare, tu sei riuscita dove le mie professoresse non sono mai riuscite! Credimi, senza di te, non sarei migliorata mai così tanto da meritare i complimenti di persone capaci, che stimo moltissimo. Insomma, non so se si è capito, ma non sono solo una tua fan quando si tratta di leggere i tuoi splendidi capolavori, ma anche di te come persona, che ti sei presa la briga di aiutare una scrittrice mediocre e banale a migliorare. Grazie infinite, spero che questo capitolo non ti abbia delusa, aspetto una tua recensione, anche severa se ho sbagliato qualcosa, perchè ho bisogno davvero dei tuoi insegnamenti! Ps: Per la questione di Principessa è vero che delle volte mi ispiro a lei, ma è una cosa che mi viene spontanea, dato che rileggo i suoi capitoli 25 volte al giorno! Hihihi. Un bacio, alla Prossima Pao! ;-)

Lore91: Amore mio, tu sei una scrittrice favolosa, oltre che una cugina speciale. Ti voglio benissimo, e ti ringrazio davvero per tutto il tuo sostegno. Eh sì, questa storia ci fa sognare, ma infondo le storie sono fatte anche per questo, no? Baci, cucciola.

Tokio Hotel Moon: Grazie! Spero che continuerai a leggerla, e a recensire, è sempre bello sapere che c'è qualcuno di nuovo che segue la storia! Baci.

PunkRockPrincess90: Ohi Chiara! Grazie dei complimenti, fanno sempre piacere! Continua a leggere, eh? Ci conto! Un bacione.

Collinde: I casini sono la parte più bella delle ff! Ne sono convinta, e hai visto che bel casino c'è in questo capitolo! Spero sia stato di gradimento come gli altri! Sei una delle mie più grandi fan! Ti ringrazio davvero moltissimo! Baci.

Angeli Neri: Uh, una nuova lettrice! Che bello! Grazie davvero per il sostegno, l'ho apprezzato moltissimo, mi auguro che continuerai a leggerla, e che continuerai a dirmi che ne pensi! Baci.

Principessa: Ehy, Mary! Volevo ringraziare anche te per avermi tirato su di morale per la storia dell'account che non funzionava! Alla fine avevi ragione tu, si è sistemato tutto, per fortuna. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Ti ringrazio per i tuoi complimenti, sei sempre gentile. Baci. Lascia un commentino così mi fai sapere che ne pensi! 





















  
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