Chapter 6: Emoctions
Nonostante
fosse ormai notte fonda, Neville non si era ancora stancato di cercare
quel
libro. Aveva controllato due volte tutti gli scaffali, e adesso glie ne
restava
da esaminare solo uno. Il manoscritto doveva per forza di cose essere
tra
quella manciata di costole che sporgevano dalla struttura in legno. Si
mise
pazientemente ad esaminare i titoli uno per uno, finché non
trovò l'oggetto
desiderato.
Era un
voluminoso tomo dalla copertina unicamente verde, con alcune scritte a
carattere dorato. Il titolo era Il
baratro - La sindrome di Sigvardsson. Prese il libro
sottobraccio e se lo
portò sino in salotto, sistemandosi sulla poltrona davanti
al camino e
appoggiando il tomo sulle sue cosce. Lo aprì, e fu costretto
a soffiare via uno
spesso strato di polvere che eruppe non appena egli mosse la carta.
Guardò
l'indice, e provò a cercare il passo che lo interessava, non
trovando niente.
Cominciò allora ad aprirlo a casaccio, tanto per vedere se
la fortuna era dalla
sua. Aveva tutta la notte per farlo, per cui non ci sarebbero stati
problemi.
Lui e il sonno non erano mai andati d'accordo, spesso e volentieri lo
coglieva
quando non era il momento e non arrivava mai quando voleva riposare. E
questo
era uno di quei momenti.
Gettando
ogni tanto occhiate distratte allo scorrere dei numeri delle pagine,
alla fine
fu attirato da una frase, e seppe immediatamente che era quella la cosa
che gli
interessava.
Il dottor Sigvardsson eseguì anche prove su
persone normali, e riscontrò che i sintomi erano gli stessi
e si verificavano
nella stessa modalità dei test precedenti, per questo
arrivò alla conclusione
che la sindrome è annidata in ogni uomo, donna o bambino.
Eseguì i medesimi
esperimenti su pokemon ed animali, e il risultato fu lo stesso.
"La sindrome" scrisse in un suo trattato
"è qualcosa di molto infido ed insidioso. Sono quelli che in
passato erano
definiti "raptus di follia". Questa "malattia" (anche se
non sarebbe corretto chiamarla così) colpisce
indistintamente dal sesso,
dall'etnia, dalla specie e da qualsivoglia fattore. Non è
contagiosa, ma è
inserita nel DNA di umani, pokemon e animali. Nessuno può
dirsi al
sicuro.".
Come scrisse il dottore, la sindrome non è
una malattia, ma tutti ne sono affetti, e tutti ne possono cadere
vittime
quando meno se l'aspettano.
Di solito la causa della sindrome è un grosso
ed improvviso shock, oppure un piccolo disturbo che va però
a far scoppiare uno
stato di tensione. La classica goccia che fa traboccare il vaso. Il
dottor
Sigvardsson scorpì anche che la sindrome può
essere attivata a comando tramite
un contatto sottocutaneo.
Grazie ai suoi studi infatti si venne a
sapere che ogni individuo ha un preciso punto del corpo che se
stimolato può
far scattare lo Stato Berserk. Questo varia da animale ad animale
(uomini e
pokemon compresi) e fattori come la genetica sono ininfluenti in questo
campo.
Per fare un esempio il dottor Sigvardsson prese in esame un caso
storico, ovvero
quello di Harald III di Norvegia, meglio noto come Harald Hardrada,
ossia "il
crudele, il pazzo, il sanguinario" nell'antico sassone. Il re
scandinavo è
noto per essere stato l'ultimo vero vichingo che la storia ricordi, ed
era
famoso soprattutto per la sua brama di sangue quando scendeva in
battaglia. In
realtà non faceva altro che entrare nello Stato Berserk
subito prima degli
scontri. Da un manoscritto ritrovato pochi anni fa si è
venuto a sapere che per
far scattare tale Stato poco prima della battaglia Harald si faceva
assestare
un poderoso pugno nello stomaco da uno dei suoi uomini, visto che era
proprio
quello il punto che permetteva alla sindrome di entrare in azione. Si
racconta
che oltre a centinaia di nemici anche molti dei suoi alleati finirono
preda
della sua furia omicida. Il re riusciva però sempre a
riaversi in tempo da
questo stato, ed una sola volta cadde completamente succube della
sindrome. E
quella fu la fine per lui. Nella Battaglia di Stamford Bridge del 1066
re
Harald, per la brama di uccidere il re rivale Aroldo II d'Inghilterra,
venne
ucciso da una freccia che gli si conficcò nel collo.
La sindrome di Sigvardsson si chiama anche
Stato Berserk anche a causa di re Harald. Infatti lo stato in cui il
soggetto
entra quando è colpito ricorda proprio quello dei Berserk,
leggendari guerrieri
del folklore vichingo, instancabili e sempre pronti alla battaglia.
Come scatta, la sindrome può essere bloccata
nello stesso modo, ovvero venendo di nuovo a contatto con il punto
nevralgico.
Nella maggior parte dei casi il punto è lo stesso
dell'avvio, ma in rare
circostante può anche essere situato da un'altra parte. Nel
caso di re Harald
lo stomaco dava sia il via che lo stop ai raptus.
Si
alzò, e rimise il libro dove l'aveva trovato. "Questo
sì che è un bel
problema. Non è da escludere che possa succedere di nuovo, e
in quel caso ho
paura che possano veramente sfondare la parete della cantina. Del
resto, con
tutte quelle infiltrazioni d'acqua non mi stupirei se ci fosse qualche
apertura
da allargare."
Si
buttò stancamente sulla poltrona. Si portò le
mani alla tempia, e cominciò a
massaggiarsela. "Merda, mi scoppia la testa. Cosa devo fare? Cosa devo
fare?
Neville
venne scosso da un brivido proveniente dall'interno del suo corpo. "E
no,
non mi sono dimenticato di te. Cazzo, sto anche finendo le pillole.
Quattro o
tre erano? Non ricordo. Tanto quel giorno è vicino, e una
pillola in più o in
meno non farà molta differenza. Certo, prima
è...".
Prima
di completare il pensiero "cadde" addormentato.
***
- E
così è caduto sul braccio rotto. Probabilmente
è quello il punto che gli fa
scatenare lo Stato.
- E
quindi è per questo.
- Già,
sembra proprio così.
Lloyd e
Finley stavano discutendo ormai da qualche tempo, un po' per ingannare
il tempo
un po' per distrarsi dalla fame. Gli stomaci erano infatti tornati a
brontolare, visto il lungo digiuno. Il giorno precedente non era certo
stata
una bella giornata per loro, con l'inutile cerca dell'uscita e la
"crisi" di Gregory (che tra l'altro stava ancora dormendo). Ne erano
usciti tutti stremati, e avevano dormito come degli Snorlax fino alla
mattina
successiva. E anche da svegli non si erano sentiti meglio. Lloyd in
particolare
si era sentito rintronato per un bel po' a causa di tutte le botte
prese
ultimamente, ma era anche infuriato per le parole dettegli dall'umano.
Aveva
giurato a sé stesso che una volta uscito da lì
l'avrebbe ucciso. Ma non solo
perché ce l'aveva con lui, ma anche per quello che stava
facendo a lui e ai
suoi amici.
- Ma
quindi l'umano sapeva già di questa porta?
- Pare
proprio di sì.
- E
quindi tutte le ore che abbiamo passato a cercarla sono state sprecate.
A
questo il Deino non rispose, poiché era abbastanza ovvio
quello che andava
detto. In definitiva era sì, avevano sprecato una giornata.
Del resto non
avevano avuto altro da fare, e stare in quello spazio ristretto poteva
rivelarsi alquanto noioso. Almeno sino a quel momento non avevano
sperimentato
momenti morti.
- E ha
avuto anche la faccia tosta di prenderti per i fondelli, quel bastardo.
Lloyd
si morse il labbro. Gliel'avrebbe pagata cara per questo affronto.
-
Quando riusciremo ad uscire - continuò il Rufflet - Glie la
faremo vedere noi a
quel figlio di buona madre. Gli faremo rimpiangere di essersi messo
contro la
Famiglia. Dico bene, Lloyd?
Il
Deino aveva perso la voglia di parlare, e fece cenno di sì
con la testa. Con un
movimento del capo il pokemon fece capire che era ora di finire
lì il discorso.
Erano entrambi spossati, e avevano bisogno di recuperare un po' di
energie. Per
il momento gli unici svegli erano loro, ma sarebbero volentieri tornati
nel
mondo dei sogni.
In quel
momento il Deino si sentiva come se fosse in un dopo sbornia. La testa
gli
girava e gli pulsava, non pensava lucidamente e a malapena riusciva a
tenere
gli occhi aperti.
Una
volta qualcuno aveva dimenticato una bottiglia di vino semivuota sul
tavolo
della cucina della loro casa, e il Deino, vedendo che non passava
nessuno,
l'aveva presa in bocca e l'aveva completamente svuotata del suo
contenuto. Un
po' l'aveva fatto perché era curioso di sentire il sapore e
anche perché non
voleva più essere astemio. Era stato un gesto stupido,
questo lo riconobbe in
seguito lui stesso. Visto che non aveva mai toccato in vita sua un
goccio di
alcol poco dopo era ubriaco fradicio, e aveva anche spaccato qualche
soprammobile a causa dei suoi attacchi incontrollati. Ci aveva pensato
Olston a
fermarlo, e successivamente gli aveva fatto ingerire a forza una
Baccaki.
In
seguito non ricordò quasi nulla, ma di una cosa era sicuro:
non si era mai
sentito peggio in vita sua. Dopo che ebbe mangiato la bacca
vomitò anche
l'anima, e giurò che non avrebbe mai più toccato
un goccio d'alcol, fosse vino,
birra, idromele, infuso di bacche o cose del genere. Anche se in quel
momento
pur di placare la fame si sarebbe bevuto anche la roccia fusa.
Un
ciuffo di pelo gli finì negli occhi. Se lo soffiò
via, e realizzò che i
"capelli" gli erano rapidamente ricresciuti. Quanto tempo era passato
dall'ultima volta che si era fatto dare una spuntatina? Un mese? Un
mese e
mezzo? Non se lo ricordava. Nonostante la situazione ci teneva ad
essere
presentabile, avrebbe chiesto al suo migliore amico di tagliarglieli di
nuovo.
Distese
la testa e si riaddormentò. Si risvegliò qualche
ora dopo, con il sole che
tramontava. A parte lui nessuno dava segni di vita (se si escludeva la
respirazione regolare). Nonostante fosse quasi un giorno intero che
tutti loro
dormivano, pareva che dovessero ancora rimettersi. Il Deino stava quasi
per
riaddormentarsi, quando vide qualcosa luccicare al di là
delle sbarre. Aguzzò
la vista per vedere meglio, e realizzò che si trattava di un
vassoio, come
quello che avevano ricevuto poco tempo addietro.
Nonostante
fosse affamato come un dannato, Lloyd non aveva ancora la forza per
rialzarsi.
"Ci penserà Irving dopo" pensò sbadigliando "Non
ce la
faccio". E crollò di nuovo. Gli sembrò di aver
chiuso gli occhi per appena
un secondo che di nuovo tornò al mondo reale.
Alzò stancamente la testa, e vide
gli altri, a poca distanza da lui che mangiavano. Evidentemente si
erano
serviti quando lui era ancora addormentato.
Abbassando
lo sguardo vide che un po' di cibaria era stata tenuta da parte
presumibilmente
per lui. Quasi sentendo l'odore, il suo stomaco brontolò
rumorosamente. Lloyd
era tentato di avventarsi sul cibo, ma qualcosa in lui lo fece
desistere da
quell'intento. Ce l'aveva ancora a morte con quell'umano, e aveva
deciso che
non avrebbe mai accettato nulla che fosse passato anche per le sue mani.
In base
a questo giuramento il Deino con noncuranza voltò il capo di
lato, con uno
sguardo a metà tra il sofferente e l'imbronciato. Non
avrebbe mai mangiato quel
cibo, visto che non si sarebbe mai abbassato ad elemosinare da mangiare
al suo
aguzzino. Voleva dare a vedere il suo orgoglio agli altri, e in fondo
sapeva di
star ricercando approvazione per il suo gesto simil-temerario. Ma
nessuno
sembrò farci molto caso.
- Ahem
- grugnì, cercando di richiamare l'attenzione degli altri. E
ancora non ottenne
nulla. Capì che doveva essere lui a parlare.
- Se
volete la potete prendere voi questa roba - disse con portamento fiero
- Io non
mangio.
Irving
fu l'unico che gli rivolse uno sguardo perplesso, salvo poi tornare a
consumare
il suo pasto.
"Ma
che hanno?" pensò infastidito il Deino.
- Avete
sentito? Lo potete prendere voi questo cibo. Hey, mi state ascoltando?!?
Questa
volta più di una testa si girò nella sua
direzione.
-
Perché non vuoi mangiare? - chiese Nellie ancora con la
bocca piena, facendo
schizzare anche alcune briciole di cibo.
- Non
accetterò nulla da quell'umano. E' una questione di
principio.
-
Quando si tratta di sopravvivere i principi e tutto il resto vanno a
farsi
fottere. - disse Irving, dissimulando tutto l'entusiasmo di Lloyd.
Con la
voce che traballava leggermente, il Deino provò a
continuare:- M-ma mi sono
deciso a fare così. Non voglio nulla da parte di quel...
quel bastardo. Anche
voi dovreste rifiutarvi di mangiare, se ciò andasse contro i
vostri ideali.
- Ideali?
- Irving stava quasi per ridere - Gli ideali ti riempiranno lo stomaco?
I
principi ti faranno tirare avanti? Come pensi di sopravvivere
nutrendoti solo
delle tue idee?
- Io...
-
Avremo anche la stessa età, ma io sono molto più
maturo di te. Smettila di fare
il cucciolo e cresci una volta per tutte. Quando si tratta di
sopravvivere si
deve fare qualsiasi cosa pur di rimanere in vita. - . Impressionato
dalle sue
stesse parole, il Sableye abbassò per un attimo i diamanti,
per poi ritornare a
consumare la sua porzione.
- Lloyd?
- provò a chiedergli.
Nessuna
risposta.
-
Lloyd? Mi senti?
Ancora
niente.
-
S-stai bene?
Quello
di cui il Rufflet aveva paura era che anche l'amico potesse cadere
nello Stato
Berserk. Già era bastato Gregory il giorno precedente, se
anche il Deino si fosse
comportato così per loro sarebbe stata morte certa, visto
che non avevano le
energie necessarie per affrontarlo. Ed era proprio per il timore di
innescare
il processo che il Rufflet si guardava bene anche solo dallo sfiorarlo.
Non
aveva la minima idea di quale fosse il "punto sensibile" di Lloyd, e
aveva paura di poterlo accidentalmente far infuriare.
-
L-lloyd? - provò a chiedere di nuovo.
- Hey
Fin!
La
reazione del Deino colse completamente di sorpresa Finley, che fece un
balzo
indietro. Tutto si sarebbe aspettato da lui meno che gli rispondesse
con
giubilo, sorridendo per di più.
Lo
guardò meglio. A prima vista sembrava un sorriso genuino e
sincero, e anche
l'espressione era abbastanza rilassata, anche se magari l'espressione
in
generale era un po' forzata.
-
Lloyd, sei sicuro di star bene?
- Certamente! - esclamò il Deino continuando a sorridere -
Ho riflettuto un po', e ho capito che Irving ha ragione! Devo mangiare,
ho una
fame! - e si avvicinò al proprio rancio. Chinò il
capo per afferrare una Baccamela
con la bocca, e senza tornare dritto cominciò a masticarla.
In tutto questo la
sua faccia era sempre rimasta al di sotto dell'ombra del ciuffo.
Finley
non era del tutto convinto. Non era da Lloyd fare così, in
una situazione
normale avrebbe reagito in modo decisamente diverso. Ma quella non era
di certo
una situazione normale.
Stava
quasi per andarsene, quando l'attenzione del pokemon Aquilotto venne
attirata
da qualcosa che luccicava alla luce delle fiamme della caldaia.
Guardò meglio,
e si accorse che era una lacrima. In quel preciso momento un'altra
perla
luccicante andò ad impattare sul pavimento, e il Ruffet
realizzò subito da dove
provenivano. Il suo amico stava piangendo. Non emetteva nemmeno un
gemito, ma
le lacrime gli scivolavano lungo il viso, magari inerpicandosi anche
sui
riccioli e andando infine a cadere per terra.
-
Lloyd?
Il
Deino continuò a mangiare. E a piangere silenziosamente.
Nessuno sembrava
essersene accorto oltre Finley.
Il
Rufflet allora provò a ripetergli la domanda: - Lloyd?
Sicuro di sentirti bene?
- abbassando leggermente la voce e avvicinandoglisi.
-
Lloyd?
Dopo il
terzo tentativo finalmente ci fu una reazione visibile nel Deino.
Voltò la
testa verso di lui, facendo scivolare il ciuffo di lato, e
cominciò a fissarlo.
La prima cosa che a Finley apparve evidente era il fatto che Lloyd
aveva gli
occhi lucidi, e una leggera traccia d'acqua era presente dove i
lacrimoni erano
scivolati giù.
- Ha
ragione Fin... - cominciò a singhiozzare Lloyd - Ha
ragione... quel bastardo ha
ragione... quel bastardo... ha ragione... quel bastardo ha ragione...
Un
singhiozzante Lloyd si accasciò a terra, portandosi le zampe
anteriori alla
testa e sgranando gli occhi. - Ha ragione... ha ragione... - continuava
a
farneticare. Non piangeva in modo rumoroso, tanto che si sentiva
appena. Finley
si guardò attorno. Nellie ed Irving stavano ancora
mangiando, mentre Gregory
non si era ancora svegliato. Solo lui si era accorto della crisi
dell'amico.
Decise
che non lo poteva lasciare in quello stato.
- Lloyd...
- Ha
ragione... ha ragione... - lo ignorò lui, continuando a
fissare con occhi
lucidi il vuoto davanti a sé.
Finley
gli mise un'ala sulla spalla. - Lloyd - . Il suo non era un tentativo
di
richiamare l'attenzione, bensì qualcosa di più.
Aveva intenzione di risollevare
il suo morale. E ci sarebbe riuscito.
- Lloyd
- ripetè.
Questa
volta il Deino voltò leggermente la testa, mordendosi un
labbro per cercare di
trattenersi. Si vergognava molto di farsi vedere così. Ma
tutto lo stress
accumulato negli ultimi giorni aveva finalmente trovato una valvola di
sfogo, e
nonostante gli sforzi le lacrime continuavano ad uscire e gli occhi a
luccicare.
- Non
fare così. E' esattamente questo che vuole quel bastardo.
Facendo così gli dai
solo soddisfazione. E tu gli vuoi forse dare soddisfazione?
Lloyd
strinse i denti, e abbassò la testa. Le lacrime continuavano
imperterrite a
scendere dal suo volto.
- Lo so
Fin, lo so... ma non ce la faccio... non ce la faccio...
Il
Rufflet gli diede qualche pacca sulle spalle. - Devi cercare di tirarti
su -
gli disse - Non puoi ridurti così. Guardati. E' questo il
Lloyd che conosco? Tu
ti comporteresti così? - .
Lloyd
alzò di nuovo la testa. - Cosa devo fare Fin? Cosa devo
fare? Non ce la sto
facendo più... sto impazzendo... aiutami, ti prego...
- Certo
Lloyd, puoi contare su di me. Siamo amici in fondo, no?
Il
Deino si asciugò gli occhi con una zampa.
- Te lo
ricordi il nostro vecchio motto? - gli chiese.
-
Certamente. Come siamo noi due?
- Siamo
amici.
- No,
ti sbagli.
- Hai
ragione, siamo più che amici.
Lloyd
sorrise. Quasi per miracolo Finley era riuscito a tirarlo su di morale.
E
pensare che aveva egli stesso dubitato di lui. Finley, vedendo il suo
amico
felice, non poté far altro che ricambiare il sorriso.
"Meno
male, ci sono riuscito" pensò il Rufflet tirando un sospiro
di sollievo. -
Dai - gli disse poi - Va a mangiare, che ne hai bisogno.
-
Hmm... ok...
Nonostante
fosse ancora un po' mogio, il Deino si rimise a consumare il suo pasto.
"Almeno adesso si è tranquillizzato un po'. "
pensò tra sé e sé
Finley "Speriamo solo che non risucceda. Non so se sarei in grado di
calmarlo di nuovo. Lui... " ma si astenne dal terminare il pensiero.