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Autore: Callisto12    28/09/2014    0 recensioni
"L'ultima cosa che ricordo è una luce accecante. E poi più nulla."
Sasha si risveglia nel passato senza sapere come ci è arrivata e, peggio, senza sapere come tornare in dietro. Ma non sarà così facile. Perché lei si troverà immischiata in una guerra, la seconda guerra contro i titani. Una guerra di cui ha solo sentito parlare. Riuscirà a tornare a casa? Cosa cambierà la sua presenza?
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Le Parche, Nuova generazione di Semidei, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO DI QUELLA PAZZA DELL'AUTRICE (che poi sarei io)
Ciao bella gente come va? Spero bene. 
Io sono ufficialmente arrivata con il secondo capitolo. Mi scuso ma nel cercare l'ispirazione per il terzo mi sono dimenticata di postare questo. 
Forse cambio nome. O forse no. Non lo so. Ehi ma io non ho mai detto di essere una tipa normale. Credeteci o meno ho tanti nikname tra i quali Callisto12 e Tris-Silver-Jackson12 (su un altro sito, magari mi conoscete), ma non sono ancora Rick Riordan. Sing, sing.
O miei dei mi sto dilungando troppo e poi devo andare a fare lo shampoo. Si sono dal parrucchiere. Problemi? Bene!
Ah si recensite!
Ciao.


La ragazza che veniva dal futuro

Capitolo 2: Rachel

Sasha POV
Dire che avevo proprio bisogno di una doccia è minimizzare. Non sono mai stata così sporca. Avevo terra e sporco in ogni angolo dei capelli e del corpo, senza contare il sangue rappreso. Ci è voluto tempo e fatica, ma ora, dopo tanto tempo, sono pulita. Ogni traccia i sporco, ogni grumo di sangue è sparito. Anche i piccoli tagli e lividi che avevo sono andati via.
Esco dalla doccia con un asciugamano avvolto intorno al corpo e uno sui capelli. Il bagno è piccolo, senza finestre. Avrebbe chiaramente bisogno di un rinnovo, i sanitari andrebbero cambiati, ma sembrano puliti.

Mi guardo intorno e noto una pila di vestiti appoggiati su una mensola. Non sono i miei vesti. Sono una paio di pantaloni grigi da ginnastica, una maglietta rossa, una felpa nera e un paio di scarponi. I miei vestiti sono spariti con le scarpe. Per fortuna l'intimo e i calzini ci sono ancora.

Mi pettino i capelli e mi vesto. Ho un aspetto ridicolo. I pantaloni sono di due taglie troppo grandi e mi cadrebbero se non fosse per l'elastico; la maglietta è enorme e sformata, tanto che sembra un vestito; la felpa è palesemente da uomo e mi sta grande; la uniche cose che mi stanno perfette sono gli scarponi. Però vorrei riavere le mie scarpe. Sono delle All Star vintage. Lo so che sembro una figlia di Afrodite o di Venere, ma per me sono importanti. Hanno un valore affettivo e ci tengo davvero tanto. Prendo il mio coltello, che ho nascosto prima di spogliarmi, e me lo infilo alla cintura.

Mi infilo una mano in tasca. Lo faccio sempre, è una cosa naturale per me. Sempre la mano sinistra, sempre nella tasca sinistra. Vuota. La mia tasca è vuota. Non è possibile! La mia pena dovrebbe tornare nella mia tasca automaticamente.

Esco velocemente dal bagno e vado nell'atrio. La penna deve essere rimasta nel giubbino che avevo su. Non è rimasta nel futuro. No! Una cosa alla volta. Devo ancora metabolizzare il fatto che non sono nel mio tempo e per ora è meglio non pensarci.

- Dove sono i vestiti che avevo su? - chiedo il più gentilmente possibile quando vedo la donna di prima. Credo che perfino lei ha capito che sono preoccupata.

- Lì! Perso qualcosa? - mi dice mente mi indica una pila di vestiti da buttare.

Io mi avvicino e subito inizio a cercare il mio giubbino. O miei dei non lo trovo. Ci sono troppi vesti e sono tutti troppo simili ai miei. quando lo trovo il mio cuore fa un salto. Controllo le tasche. Entrambe. Niente. Niente! Dove è? Riprovo a guardare se è in una delle tasche dei pantaloni o della felpa che ho su. E la trovo. Tiro fuori e la guardo. La mia penna. È lei, la riconoscerei tra mille. Può sembrare una penna qualunque, ma non lo è. Tiro un sospiro di sollievo. Almeno non sono disarmata.

Prendo le mie scarpe. - Hai qualcosa per pulirle? - chiedo alla donna indicando le scarpe.

- Mia cara sono andate -

- Hanno un grande valore per me - rispondo semplicemente.

- Prova con questi - mi dice passandomi dei prodotti che ha appena tolto da dietro il bancone. Mi siedo su una sedia vuota e inizio a pulire le scarpe.

Ok. Ora pensiamo al problema più grave. Sono in un altro tempo. È possibile. Ma chi la dò a bere. Ne ho viste di cose, ma questa le supera tutte. E per di più non ne sono del tutto convinta. Per prima cosa devo trovare delle prove.

Una ragazza, con i capelli rossi e luminosi occhi verdi, entra nell'atrio. Porta dei jeans e una canotta bianca sporchi di pittura. È una bella ragazza con i suoi capelli rossi, che le ricadono sulle spalle, deve avere circa sedici diciassette anni. Però, a pensarci bene, ha un'aspetto famigliare, soprattutto quegli occhi verdi. Mi ricorda tanto... No non è possibile.

- Ciao Rachel - dice la donna. Mi chiedo se ha un secondo nome.

- Salve sorella Clare - risponde la ragazza.

- Rachel posso parlarti? - dice la donna.

- Certo -

In privato risponde la suora facendo segno alla ragazza di avvicinarsi.

Le due confabulano tra loro e ho la netta sensazione parlino di me. Ma faccio finta di niente e continuo a pulire le mie scarpe. Le osservo con occhio critico. Ho fatto davvero un buon lavoro. Non c'è più una sola traccia di sporco.

Intravedo la ragazza avvicinarsi a me, prendere una sedia e sedersi accanto a me. Mi osserva per qualche istante poi parla. - Ciao -

- Ciao - le rispondo mentre mi abbasso per sfilare gli scarponi e mettere le All Star.

- Io sono Rachel -

- Tu chi sei? -

- Sasha -

- Stai bene? - alzo lo sguardo e la guardo negli occhi.

- Credo di si - rispondo. Sono onesta completamente.

- Ti riprenderai. Sai anche mio caro amico è stato picchiato dal patrigno per anni - da come dice "amico" direi che è qualcosa di più sotto.

- Non succede più? - chiedo. Non sono curiosa di conoscere la storia del suo amico. Ma è la cosa giusta da chiedere.

- Il suo patrigno è scomparso - curioso.

- E si è ripreso? Il tuo amico inendo - chiedo

- Si. Penso che ti piacerebbe se tu lo conoscessi - dice. Ha lo sguardo perso come nei ricordi. Ci sono. Magari riesco a farla parlare e a capire se sono davvero nel passato.

- Che tipo è? -

- Be. È un tipo simpatico, sarcastico e irriverente -

- È carino? - chiedo. Francamente non mi interessa, ma mi sembra la cosa giusta da dire.

- Si. No - la guardo loquace - ok si -

- Come si chiama? - chiedo con indifferenza

- Percy Jackson - Ok. Quanti Percy Jackson esistono al mondo? E quanti conoscono una Rachel con i capelli rossi e amante della pittura? Poi c'è il giornale. Ok la verità inizia ad essere evidente: ho viaggiato nel tempo.

- Posso farti una strana domanda? - mi chiede Rachel. Io le faccio cenno di si.

- Sei una mezzosangue? - mi chiede schietta.

Sono stupefatta. Non mi aspettavo che fosse così diretta. E, per di più avvalla la mia teoria.

- Si. Perché? - dico. Non c'è bisogno di mentire.

- Ho fatto uno strano sogno. Tre donne vestite di bianco mi hanno detto che, se avessi incontrato una che rispondeva alla tua descrizione, avrei dovuto mandarla al campo - la guardo.

- Tu sai chi sono queste tre donne? -

- No - rispondo. Almeno non con sicurezza, anche se ho dei sospetti. Ma servirebbe solo a spaventarla. Sarà anche destina a diventare l'Oracolo, ma ogni cosa ha il suo tempo.

- Però deve essere vitale che io ci vada -

- È questo il problema: non so dov'è - dice.

- Ma io si - dico. Se non ricordo male ci sono stati due campi uno romano e uno greco prima dell'isola.

- Fantastico allora ti ci porto - dice scattando in piedi.

- Non serve. E poi comunque tu non puoi entrare -

- Perché? -

- C'è una barriera che protegge il campo e non ti lascerebbe entrare -

- Ah - dice lei delusa. Non so quanto sa del campo, ma immagino che sia curiosa.

- Però mi puoi aiutare lo stesso - prendo un respiro - mi servirebbero dei soldi per il taxi - dico.

- Ho un idea migliore. Resta qui - mi dice e si allontana. Tira fuori il cellulare e fa una chiamata. Non so con chi parla.

Poco dopo arriva una machina che si ferma davanti al palazzo.

- È il mio autista. Ti porterà dove vuoi - dice. Sono commossa da tanta gentilezza.

- Grazie -

- Salutami Percy - dice mentre salgo in macchina.

- Dove vuole andare signorina? - mi chiede l'autista.

- Alla baia di Long Island -

   
 
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