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Autore: Damon Salvatore_Cit    28/09/2014    0 recensioni
[Justin Timberlake]
Questa storia tratta di una giovane ragazza che sogna di diventare la ballerina numero uno al mondo, e nel tentativo di esaudire questo suo sogno maturerà e crescerà anche grazie alle avventure e alle dure prove a cui la metterà davanti la vita. Come la perdita di persone care, l'amore vero, l'inganno, il tradimento, le difficoltà familiari e tanto altro.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 50 Cent, Altri, Justin Timberlake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[…]

- Ti dico di sì…
- Ma io non ricordo nulla!
- Sarà l’effetto della febbre, Fran, ma ti assicuro che è rimasto in camera tua fino all’alba, poi è andato via.
Chenille era andata in camera di Francis alle 9 del mattino, per dirle che quella stessa mattina era entrata in camera sua verso le 6, e aveva incontrato Justin che era sul punto di lasciare la stanza, il quale però si assicurò prima che la ragazza restasse accanto a Fran e si assicurasse che stesse meglio.
- E’ perché sarebbe dovuto restare? C’era la festa di beneficenza, c’era Jessica, c’era il gioco d’azzardo, lui è Timberlake, mica un ragazzo qualunque…
- Qualcosa l’avrà convinto a restare.
Chenille si strinse nelle spalle con disinvoltura:
- Comunque… ieri ti ho visto con quel bel signore, bella! Ma come fai? Tutte a te capitano…
- Me lo chiedo sempre anch’io…
- Dove stai andando?
- A fare una doccia, ci sono le prove stamattina, lo hai dimenticato?
- Non vorrai venirci, dopo la ricaduta di ieri?
- Sbrigati, o faremo tardi… Ashley potrebbe farci la ramanzina…
Diceva Francis con tono ironico mentre andava in bagno a farsi una doccia, lasciando Chenille ancora in camera, che cercava di farle cambiare idea, ma come al solito, nulla poteva fare… quando Francis si metteva in testa di fare una cosa, difficilmente cambiava idea.
[…]
Arrivarono alle prove in ritardo, come previsto e Ashley dovette interrompere l’esibizione di FutureSex/LoveSound e mettere in pausa la canzone per accoglierle.
- Vi sembra questo l’orario di presentarsi?
- Stai calma, Ash…
Disse con tono ironico, Francis, entrando in sala con disinvoltura, senza guardare nessuno in faccia, pronta e concentrata a cominciare.
Ashley non gradì quel tono, e quell’atteggiamento, così si avvicinò alla ragazza con fare autoritario:
- Portami rispetto, De Laurentiis. Sono la prima ballerina, non lo dimenticare. 
Francis le rivolse un mezzo sorriso provocante.
- Lo so. Mi hanno sostituita…
Il sorriso cattivo dal volto di Francis aumentò nel vedere l’espressione della ragazza che diventava sempre più furiosa. 
- Smettiamola con queste perdite di tempo inutili.
Esclamò Timberlake, avvicinandosi alle due ragazze, portandosi le mani sui fianchi. 
- Continuiamo con le prove.
Continuò l’artista, senza ricevere attenzione dalle due ballerine.
Ashley guardava incessantemente Francis, e lei ricambiava lo sguardo, soltanto che se la rideva sotto i baffi, a differenza di Ashley, che mugugnava qualcosa di sinistro.
- Va bene… ma tu sei fuori per questo brano!
- Come hai detto?
- Mi hai sentito bene. Tu e De Noir, siete arrivate in ritardo, quindi questo brano non lo provate. La prossima volta imparerete a rispettare gli orari. 
Francis alzò lo sguardo verso Justin, era la prima volta che si guardavano in faccia, dopo la scorsa notte. 
La ragazza nel notare che il cantante se ne stava sulle sue e non interveniva per far cambiare idea ad Ashley, allora incassò il colpo, e si allontanò dalla pista, andando a mettersi seduta a terra, assieme a Chenille. 
Prima di sedersi però, cadde in un attimo di rabbia, dando un calcio ad una pila di materassini per lo yoga, che fortunatamente si ribaltarono contro il muro e non caddero a terra. 
Chenille la tirò verso di sé per farla sedere accanto a lei e starsene buona in attesa che il brano terminasse. 
[…]
L’intera esibizione fu snervante ed umiliante per Francis, che avrebbe desiderato ballare anche lei, ma che per colpa di quella vipera, non poté farlo. 
Vedere Justin ballare assieme agli altri suoi amici, e avvicinarsi ad Ashley ogni volta, pensando che doveva essere lei a farlo e non quella tappa buchi, la faceva imbestialire ancora di più.
Ashley non immaginava nemmeno di cosa fosse capace Francis, quella stupida ragazza non sapeva contro chi si stava mettendo, per lei era tutta una competizione a livello liceale, ma forse era meglio per lei che le cose restassero a quei livelli, perché se solo Francis avesse voluto, l’avrebbe fatta scappare come un agnellino spaventato. 
“Controlla la tua rabbia, Frans”
La frase tipica di Emma le risuonava nella mente, goni volta che aveva pensieri simili; purtroppo il suo essere stata abbandonata ed essere cresciuta un po’ selvaggiamente, senza alcun limite, senza qualcuno che l’amasse davvero nei primi suoi anni di vita, l’aveva fatta crescere ricca di rabbia e modi violenti per sfogarla, anche contro chi non c’entrava nulla con tutta quella storia. 
Mentre era seduta, e stufa di restare a guardare gli altri ballare, cominciò a vagare nei ricordi…
[…]
- Buongiorno, bambini. Oggi, come vi avevo accennato già da ieri, conosceremo una nuova bambina.
La maestra Vittoria era una giovane insegnante sui trent’anni, molto dolce e comprensiva, come ogni maestra d’elementare dovrebbe essere. Aveva sempre i capelli raccolti in una treccia, e indossava sempre un talleur impeccabile, di un colore diverso, ogni giorno.
Insegnava in una classe di seconda elementare a Napoli, classe composta da 10 bambini, e quel giorno sarebbero diventati 11 con l’arrivo di una nuova bambina con un accento straniero. 
- Vi pregherei di comportarvi bene con lei, e di fare i bravi, capito tutto quanto?
Diceva in tono dolce e gentile, la maestra, rivolta ai bambini che seduti nei loro banchi, la guardavano con attenzione:
- Sìììì…
Esclamarono tutti insieme, poi lei si allontanò uscendo fuori dall’aula per andare a prendere la bambina, che indossava la divisa della scuola, che comprendeva una gonna lunga fino alle ginocchia, color blu, una camicia bianca e una giacca dello stesso colore della gonna, mentre i maschietti indossavano dei pantaloni al posto della gonna.
Tutti erano stati forniti di una borsa marroncina dove poter portare libri e quaderni vari, con sé.
La bambina entrò in classe, era diversa da tutti gli altri: aveva il colore della pelle leggermente più abbronzato, capelli ricci lunghi, raccolti in una coda alta ben tirata, ed enormi occhi verdi con delle rosee labbra carnose. 
Sembrava una bambina dolce e tranquilla a prima vista, ma sul suo volto potevano leggersi la sofferenza e il suo broncio perenne. 
- Bambini, date il benvenuto alla piccola Francis!
- Francisca!
La corresse la bambina con la sua vocina fine, ma molto decisa, mentre ancora fissava quei bambini che si erano alzati tutti in piedi per salutarla.
- Come dici, tesoro?
- Me llamo Francisca, señorita. (mi chiamo Francisca, signorina)
La bambina parlava in spagnolo, anche se riusciva ormai a capire perfettamente l’italiano. Era come se si fosse impuntata nel continuare a parlarlo, nonostante vivesse in Italia ormai da quasi un anno.
Proprio per questo motivo, la maestra Vittoria conosceva bene la lingua ed era stata scelta come sua insegnante per aiutarla ad approcciarsi con gli altri.
- B-bueno… ehm… però i tuoi genitori mi hanno detto che devo chiamarti Francis…
- Francisca!
La maestra pur di evitare di far incapricciare la bambina già dal primo giorno, fece come diceva e con disinvoltura, sorrise ai bambini e disse:
- Perdonatemi, allora… salutiamo tutti la piccola Francisca, avanti.
- Ciaaao Franciiiscaaa
Esclamarono tutti insieme con una pessima pronuncia spagnola. 
Francis restò a guardarli incantata, mentre la salutavano in quella lingua che continuava a non voler parlare.
La piccola, senza aspettare le direttive della maestra, e cogliendo tutti di sorpresa, andò a sedersi all’ultimo banco della classe, infondo alla stanza, vicino alla finestra. 
Poggiò la sua piccola borsa, e si tolse la giacca, mettendosi poi a sedere, in attesa che la lezione avesse inizio. 
La maestra Vittoria accennava un po’ di nervosismo dettato dal panico che la bambina cominciava ad attaccarle a causa del suo atteggiamento difficile e schivo.
- Tesoro… non toglierti la giacca…
Non ricevette alcuna risposta o minima attenzione da Francis, che guardava distrattamente fuori la finestra, restando senza quella giacca fastidiosa e stretta.
L’ultima fila di banchi era vuota, tutti i bambini erano seduti nella prima fila di banchi: in tutto erano due file di altezza con cinque banchi per ognuna. 
I cinque banchi nella prima fila erano tutti occupati, mentre invece i cinque della seconda, e ultima, fila erano occupati soltanto da Francis. 
La maestra restò a guardarla lì da sola, ed era sul punto di rivoluzionare un po’ i posti per non lasciarla lì sola, ma fu interrotta da un movimento strano: una bambina che sedeva accanto la porta d’ingresso, prese le sue cose e andò a sedersi accanto a Francis, senza dire una parola. 
Si limitò a ricambiare lo sguardo, che la stessa Francis le rivolse, poi si mise a sedere accanto a lei nello stesso banco ed alzò la mano per poter dire qualcosa:
La maestra le sorrise dolcemente, e la ringraziò tacitamente per quel bel gesto, poi la fece parlare:
- Sì, Emma, cosa c’è?
- Mi scusi, maestra, potremmo abbassare la tapparella della finestra accanto alla lavagna? C’è riflesso e non riusciamo a vedere bene…
La maestra ancora sorpresa da quel gesto nobile della bambina, cadde quasi dalle nuvole, si voltò in direzione della lavagna, e costatò che la piccola avesse ragione.
- O-oh… ma certo, certo tesoro.
La lezione ebbe inizio, e la maestra non dovette star molto dietro a Francis, per farla andare di pari passo al resto della classe.
Durante la ricreazione, tutti i bambini si radunavano a gruppetti per giocare tra loro, Francis invece restò seduta a fissare un uomo fuori la finestra, intento a gettare dei rifiuti.
- Vuoi giocare con le bambole che ha portato Sabrina?
Francis si voltò alla sua destra, e vide la bambina che si era seduta accanto a lei, in piedi davanti al banco. 
Era una bella bambina, con grandi occhi azzurro mare, capelli neri a caschetto e un nasino ben definito e dritto. Le mancava un dentino nel lato sinistro in alto della sua bocca, e portava sempre un calzino alto fino alle ginocchia e uno basso alla caviglia. 
Francis restava a guardarla incuriosita dal suo modo di muoversi, di parlare, ma non diceva mai una parola, così la bambina le si avvicinò e stranita le disse:
- Riesci a capire quello che dico?
- Non sono una estupida!
- Ma allora lo parli l’italiano!
Disse euforica la bambina, sorridendole felicemente, ma Francis, non ricambiò il sorriso e tornò ad assumere la sua solita espressione imbronciata, tornando a guardare fuori la finestra, ma l’uomo che stava fissando prima, non c’era più.
La piccola Emma, non demorse e restò accanto a lei, mettendosi a sedere, mentre le altre bambine la chiamavano per farla andare a giocare con loro. 
Lei fece loro segno con la mano di no, e cominciò anche lei a guardare fuori la finestra:
- Cosa guardi?
La bambina non ebbe risposta, ma non se ne curò e continuò parlando:
- Sono sicura che guardavi il signor Giuseppe. A quest’ora va sempre a buttare la spazzatura. Sai… ha una paura matta dei gatti… una mattina mentre si avvicinava al cassonetto, uscì un gatto e lui cominciò a correre spaventato per tutto il cortile, buttando le buste a terra. Era tutto: aaahhh arwh aaaarwh frhswshahhh!!
La bambina cominciò a fare delle smorfie cercando di imitare l’uomo spaventato mentre correva per il cortile, esagerando terribilmente nelle imitazioni, come tipico di tutti i bambini. Quella scenetta simpatica, strappò una risata a Francis, che si immaginò perfettamente l’uomo correre via spaventato.
Emma sorrise contenta di essere riuscita a far sorridere quella nuova bambina, mentre la maestra Vittoria restava ad osservarle da lontano, intenerendosi e sorridendo verso la loro direzione.
- Vuoi diventare la mia migliore amica?
Francis accigliò i suoi occhietti e guardava quella bambina, stranita:
- Pero io non parlo muy bien el italiano…
- Ma riesco a capirti…
- Per esere miliore amice… dovrei conoscere todo de ti…
- Ok, allora… mi chiamo Emma, il mio cognome è Senese, abito a Fuorigrotta, un posto qui vicino, ho otto anni, il mio compleanno viene il 10 febbraio, ho un fratello di tre anni che si chiama Diego, mio padre si chiama Giovanni, e mia madre Maria, mi piacciono i cani, i gatti, gli elefanti, i coniglietti, i criceti, le scimmie… una volta ne ho anche accarezzata una allo zoo con mio padre e mio zio… poi mi piace giocare con le bambole, mi piace ballare e il mio colore preferito è il viola. Tu?
Francis continuava a trovare strana quella bambina, era diversa da tutti gli altri bambini che aveva conosciuto in Argentina, era vera…
- Bueno… mi… chiamo… Francisca… mio cognome non conozco perché no conozco mio padre ni mia madre… mi hanno abbandonata quando sono nata…
- E perché?
- Non lo so…
- Forse eri pesante, e non riuscivano a portarti con loro, oppure si sono allontanati a comprare delle cose e poi torneranno…
Francis si scrollò nelle spalle, poi continuò a parlare:
- Abitto con un señor e una señora in una grande casa in questa cità…lui ha tre figli… uno si chiama Luigi, uno Edoardo e una Valentina… ma non penso di essere simpatica a loro…
- E perché? Io ti trovo simpatica…
Francis si strinse nelle spalle e inclinò le labbra verso il basso, facendo sembrare la cosa incredibilmente strana:
- Forse sono pesante…
Emma inclinò anche lei le labbra verso il basso, poi le disse:
- Forse è per questo… beh, poi?
- Ehm… pues…sabes…anche a mi me piase ballar!
- Davvero?
- Che?
Chiese la bimba senza capire cosa avesse detto.
- Veramente ti piace ballare?
- Veramente! 
- Che bello! Se vuoi qualche volta balliamo insieme a casa mia! Mio padre ha uno stereo molto grande, e ci ascolta sempre la musica degli anni di quand’era giovane…
- Tuo padre e vechio?
- Non troppo… io lo trovo molto bello.
- Anche tu sei molto bela…
- Davvero?
- Che?
La bambina non riusciva a comprendere quella parola, così Emma si corresse:
- Veramente pensi che sono bella come il mio papà?
- No conozco tu papà, ma sì, veramente sei bela…mi piacciono i tuoi ochi…
- I miei occhi, dici?
- Claro…
- Anche i tuoi sono molto belli, che colore sono?
- El señor che mi ha portato en Italia con sua mujer me ha deto che sono verde smeraldo… ma non so che cosa è…
- Ah… ma sì, certo! Gli smeraldi verdi… è vero!
La bambina si avvicinò alla faccina di Francis socchiudendo gli occhi in una fessura, per concentrarsi nel guardarle attentamente gli occhi, mentre Francis indietreggiava con la schiena spaventata dalla sua vicinanza:
- Somigliano davvero a degli smeraldi!
- I tuoi somiliano a due cieli.
- Ma il cielo è grande…
- Anche i tuoi ochi è grande…
- Quando vado a casa lo chiedo alla mia mamma. 
- Che cosa?
- Se è vero che i miei occhi somigliano a due cieli…
- Te lo dico io…
- Allora grazie. 
- De niente…
Le due bambine trascorsero tutto il tempo della ricreazione a parlare insieme, e anche se Francis continuava a confondere parole italiane con parole spagnole, la piccola Emma riusciva a capirla. 
Iniziarono ad essere amiche, man mano che passavano giornate insieme a scuola, sempre sedute accanto; anche grazie all’aiuto di Emma, la maestra riuscì a gestire Francis con più facilità, anche se molte volte, la bambina non parlava e se ne stava in silenzio quando veniva interpellata. 
Passarono due mesi da quando Francis era entrata in quella scuola, e i suoi rapporti con gli altri bambini, si limitavano a quello che aveva con Emma, poi non aveva altri amichetti. 
Un giorno, durante la pausa pranzo, un bambino di un’altra classe, prese di mira la piccola Emma e il suo pupazzo di stoffa, mentre erano in mensa a consumare il pranzo. 
Questo bambino era grassottello, ed aveva la stessa età della piccola, ma gli piaceva prendersela con lei, senza avere un motivo valido. 
Francis se ne stava seduta ad un tavolo assieme ad altre bambine, la maestra aveva provato a farla sedere per una volta lontano da Emma, per cercare di farla interagire anche con gli altri, ma la bambina se ne stava in silenzio, senza nemmeno toccare il cibo che le dava la mensa: non le piaceva. 
La maestra cercava di farla mangiare, di convincerla, ma non vi era verso.
Quando il bambino però cominciava ad infastidire Emma, la maestra si allontanò da lei per andare a rimproverarlo. 
Dopo qualche minuto, la maestra era fuori la porta della mensa per parlare con dei colleghi e il bambino tornò a dar fastidio ad Emma, cominciando a tirarle i capelli, e poi a prendersi il suo peluche. 
La bambina piangeva e cercava di riprenderselo, senza avere alcun successo. 
Francis non sopportando di vederla piangere a causa di quel grasso bambino, si alzò e portò con sé la porzione di pasta ancora calda che era contenuta in delle ciotoline di alluminio.
Il bambino, vedendola avvicinarsi a lui le sorrise beffardo:
- E questa mo che vuole?
- Hai fame?
- Fatti i fatti tuoi!
- Dale il pupasso!
- Ma comm parli? Ahahahaha
Scoppiò a ridere sguaiatamente, mentre Francis accusava il colpo e cominciava ad arrabbiarsi:
- No entiendes eh? 
La bambina gli rovesciò la pasta sulla testa e il bambino cominciò ad urlare e piangere per la scottatura. 
Francis riuscì soltanto in quel momento a strappargli di mano il pupazzo e lo restituì ad Emma che spaventata, guardava il compagno piangere dal dolore. 
- Adeso non lo farà ancora…
Emma riprese il suo peluche e cominciava ad aver paura anche lei di quella bambina, che in quelle settimane era diventata la sua migliore amichetta di scuola.
A causa di quella bravata, furono prese dei provvedimenti verso la bambina, convocando anche i suoi genitori, ma quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie di convocazioni a causa del suo comportamento violento a scuola e fuori scuola.
[…]
Continuava a ricordare l’episodio di quel bambino grassottello con la pasta in testa, ancora oggi che aveva 22 anni, e ogni volta continuava a sorridere a quel ricordo chiedendosi sempre che fine avesse fatto quel bambino.
Fu destata da quei ricordi del passato, a causa della musica, che risuonò forte nello stereo, e solo in quel momento ricordò di trovarsi in una sala da ballo con Justin Timberlake, e gli altri ballerini.
Quante cose erano cambiate da allora, e quante cose erano rimaste le stesse.
- Allora, volete degnarvi di venire in pista oppure volete saltare anche questo brano?
Chenille tirava Francis in piedi incitandola a muoversi: quanto avrebbe voluto rovesciarle della pasta bollente in testa…
Immaginandosi Ashley con la testa ricoperta di pasta, cominciò a ridere senza motivo.
- Cosa c’è di tanto divertente, De Laurentiis?
Diceva Ashley con aria autoritaria portandosi le mani sui fianchi e guardandola male.
- Niente, niente.
Francis si schiarì la voce con un colpo di tosse e tornò seria, lanciando di sfuggita un’occhiata attorno a sé.
- Mi scusi Mussolini!
- Io sono Harris, non una sporca Italiana come te.
Francis accigliò lo sguardo e inclinò il capo da un lato leggermente, trovando la cosa strana:
- Sporca, dici? Uhm…
La ragazza alzò il braccio sinistro e cominciò ad annusarsi l’ascella.
- Strano… ho appena fatto una doccia…
Si voltò in direzione di Jay, che era alla sua sinistra, e gli disse:
- Amico, sinceramente: puzzo?
Il ragazzo avvicinò il suo naso all’ascella di Francis, inclinandosi in avanti, poi stando al suo gioco, le disse:
- No, zucchero, io dico che odori… 
- Grazie Jay
- Figurati, zucchero, amo annusare le ascelle
- Lo apprezzo molto
- Detto tra noi, hai davvero una bella ascella
- Lo pensi davvero?
- Sì, è liscia ed emana un buon odore
- Grazie, zucchero!
- A proposito, com’è che si chiama questo deodorante? 
- Credo sia di una marca italiana: Borotalco
- Adoro!
- Davvero?
- Amo i prodotti italiani
- Sì, effettivamente sono molto buoni
- Lo dico sempre io
- Sì, sono buoni
- I migliori…
- Beh non lo so, anche quelli Francesi sono molto buoni…
- Ahhh Parììì
- Sei mai stato in Francia? Hai una buona pronuncia …
- Perché l’ho studiato al liceo
- Davvero?
- Giuro
- Fantastico!
- SCUSATEMI! 
I ragazzi erano partiti a parlare a raffica, senza curarsi degli altri, tanto meno di Ashley, alla quale cominciava ad uscire il fumo dalle orecchie. 
Francis sorrideva mentre parlava con Jay, ma poi quando la ragazza urlò, si voltò verso di lei ancora ridacchiando:
- Avete finito? 
Francis si strinse nelle spalle e guardò Jay:
- Credo di sì.
Alcuni ballerini, si coprivano la bocca mentre se la ridevano per la scenetta simpatica issata da Fran e Jay, mentre Justin si allontanò dal gruppo per uscire fuori dalla sala.
Francis un po’ se ne dispiacque che non fosse rimasto lì a ridere assieme agli altri, e restò a guardarlo oltre la vetrata della sala, mentre parlava confidenzialmente con Jessica, che era appena arrivata.
Sembrava che JT si stesse scusando con lei per qualcosa, forse per la scorsa sera e Francis quasi si sentiva in dovere di avvicinarsi e chiederle scusa in prima persona, ma non lo fece.
Voleva lasciarli alla loro conversazione, che sembrava molto intima e personale, così distolse lo sguardo da loro e tornare a fare il suo dovere.
[…]
Le prove durarono per tutto il pomeriggio, fu concessa soltanto una pausa pranzo, ma Francis la saltò per restare a provare: se doveva essere l’ultima ballerina, voleva essere la migliore tra le ultime ballerine. 
In fin dai conti se l’era cercata da sola quel “declassamento”; se non fosse andata in Italia qualche giorno fa, adesso il ruolo di prima ballerina sarebbe stato ancora suo. 
Ogni volta che ballava, però, metteva in evidenza il suo enorme talento, che faceva risultare Ashley come una ballerina di medio-bassa categoria, nonostante fosse anche lei una delle migliori; ma non si lamentò neanche una volta, non espresse nemmeno per una volta la volontà di voler tornare ad essere la prima ballerina: accettò la decisione di Timberlake con maturità e rispetto. 
I suoi rapporti col cantante rimasero scostanti e schivi, un po’ da parte sua e un po’ anche da parte del cantante; sembrò quasi come se il loro rapporto si fosse azzerato dopo la serata del casinò.
[…]
Il Natale era alle porte, ma l’unica cosa che ricordava ad ogni natale da 4 anni a questa parte: era il tragico incidente che si era portato via Emma. 
Ogni 23 Dicembre, Francis spariva dal resto del mondo, per poi tornare dopo 24 ore di assenza totale, fingendo che nulla fosse accaduto. 
Nei primi 4 anni in esercito, non le era difficile isolarsi dal mondo intero, essendo ancora in caserma: ma adesso qualcuno avrebbe notato la sua assenza. 
Era il 22 Dicembre 2006 e la ragazza cominciava già ad apparire assente con la testa.
- Hey, bella, sei con me?
Francis era assorta in qualche suo pensiero e non aveva ascoltato una sola parola di quello che le aveva detto Chenille.
- Sì…
Disse con tono poco convincente la ragazza, poi aggiunse cercando di tornare sulla terra:
- Sì, certo, Chenille.
L’amica aveva notato qualcosa di strano nella ragazza, ma non riusciva a spiegarsi quel suo cambio radicale di umore avvenuto negli ultimi giorni.
In più il suo tono di voce triste, non le lasciava dubbi, sul fatto che qualcosa la impensieriva: 
- Hey… che cos’hai? E’ successo qualcosa?
- No… no, certo che no, Chenille. E’ tutto a posto.
Le mentì per evitare di farla preoccupare inutilmente.
- Cosa mi stavi dicendo?
Chenille non volle insistere, e vedere che la ragazza si fosse improvvisamente ripresa e fosse tornata quella di sempre, la convinse a riprendere il discorso che stava tenendo prima:
- Mama Su sarebbe felice di averti a casa per Natale…
- Oh… Chenille…
Guardò la ragazza con dispiacere infinito.
- La mia famiglia mi ha chiesto di passare le feste con loro…ma… vorrei tanto stare con voi, con Mama Su, con la piccola… mi mancano terribilmente!
- Tranquilla, bella! È la tua famiglia. Tu puoi sempre raggiungerci dopo il Natale…
- Forse è meglio così… 
- E alla festa di Justin ci verrai?
- Quale festa?
- Quella per salutarci prima delle festività… come non lo sai? Lo ha detto a tutti…
- A me non l’ha detto…
- Beh forse ha avuto qualche impegno e s’è scordato di dirtelo…comunque devi esserci.
- Mmmh… quand’è?
- Domani!
Fu come un fulmine a ciel sereno, domani non sarebbe esistita per nessuna ragione al mondo; probabilmente se fosse stata quel giorno ci sarebbe anche andata, ma il 23 no, non poteva. 
- Non posso, domani… non posso.
Chenille la guardò confusa, cercando di capire perché non potesse, ma non ricordava che in quel giorno ricadeva l’anniversario della morte di Emma.
Stava per dire qualcosa, ma Francis prese la sua borsa e la interruppe:
- Ora devo proprio andare, ci sentiamo per telefono, ok?
- Ma… bella dove vai?
- Ti chiamo…
Francis si allontanava dagli spogliatoi e si chiuse la porta alle spalle. 
Timbaland era tornato a far visita ai ragazzi, tra un lavoro e l’altro, e nel vedere Francis tentò di farsi notare e nel salutarla non ricevette risposta: la ragazza partì come un razzo e a passo svelto uscì dalla sala ed entrò in ascensore per andar via dall’hotel.
Il produttore la guardò andar via senza sapersi spiegare cosa fosse accaduto alla ragazza per distrarla in quel modo, tanto da non accorgersi del suo richiamo. 
Il produttore ne parlò con Justin mentre erano in sala di incisione:
- Sai, ho visto Francis prima, ma è corsa via senza salutarmi…
- Forse non ti avrà visto…
- Ma se ero proprio davanti a lei…
- Allora forse sei tu che avrai pensato che fosse lei e invece era qualcun altro…
- Che cosa? 
- Ma sì, è possibile…
- Non sono un vecchietto con la cataratta, J. Ti dico che era lei. Ed era molto strana, non è che tra voi è successo qualcosa?
Justin distrattamente sistemava dei fogli, e cercava di non dar troppo importanza all’argomento, ma poi si stranì a quelle parole e con disinvoltura disse:
- Tra noi? E perché io dovrei centrarvi qualcosa?
Timothy si strinse nelle spalle e gesticolando cominciò a dire:
- Non so, amico, vi vedevo molto in sintonia…
- Anche io e te siamo in sintonia, e allora?
- Stavo solo chiedendo, J. Non c’è bisogno che fai tante storie.
- Sei tu che continui con questa storia. Magari che ne sai, ha soltanto il ciclo ed era scazzata. Lo sai come sono le donne. Un giorno ti salutano e l’alto no. 
- Mmmh… non lo so…
- Comunque… siamo qui per lavorare o per parlare di una ballerina?
Timbaland ormai conosceva bene il suo amico, e quando cercava di parlare con superficialità di qualcuno con cui aveva il rapporto che aveva con Francis, allora stava cercando di reprimere un sentimento più grande di quanto pensasse. 
- Come vuoi tu, man.
Alzò le mani in segno di resa e cominciarono a lavorare, anche se la mente di Justin cominciò a pensare a Francis.
[…]
Il 23 Dicembre 2006 compivano esattamente 4 anni dalla morte di Emma, e Francis quel giorno, come ogni anno, aveva smesso di esistere.
Viveva di ricordi, riviveva momenti passati assieme a lei, la persona più bella ed importante della sua vita.
Non sapeva dove andarsene, non aveva un posto dove andare. 
Tornare in Italia proprio in quel giorno l’avrebbe soltanto distrutta. 
Rivivere la loro città durante il periodo di Natale l’avrebbe soltanto fatta star peggio di quanto non stesse già.
[…]
- …e non regalerai nulla a Valentina?
- Non so cosa farle, Emma. E poi quella non mi sopporta, credo che qualunque cosa le regalassi la getterebbe subito nella spazzatura.
- Ma smettila! Ormai siete sorelle a tutti gli effetti, non puoi fare un regalo a tutti e non a lei proprio a natale…
- Io dico che nemmeno se ne accorgerebbe…
- Smettila di pensarla così, infondo ti vuole bene… a modo suo… ma te ne vuole.
- Non lo so, Emms…
- Sta un po’ zitta e lascia fare a me…
- No, hey! Dove vai, vieni qui!
Francis ed Emma erano andate a fare compere insieme gli ultimi giorni prima del natale, ed entrarono in una gioielleria, nonostante Francis le avesse tentate tutte per fermarla:
- Buonasera!
- Buonasera, signorine. Posso esservi di aiuto?
- No!
- Sì!.. La scusi, ha avuto una brutta giornata. Comunque…
Emma sorrideva cordialmente all’uomo che intanto stranito rivolse uno sguardo curioso verso Francis che disperata cercò di fermare Emma, ma senza successo.
- Volevamo sapere se avevate orologi femminili…
- D’oro o d’argento?
Emma guardò Francis che le bisbigliava di andar via:
- Ma sì… tuo padre ha i soldi, prendiamolo d’oro.
- Ma scherzi? Un orologio d’oro per Valentina?
Bisbigliava Francis ad Emma con foga, ma l’amica la ignorò e guardò il rivenditore:
- D’oro, allora ci faccia vedere qualcuno d’oro.
- Perfetto…
Fu un acquisto pazzo e costoso, ma cavolo se piacque alla sorella. Riusciva ancora a ricordare la sua espressione quando scartò il pacchetto regalo la notte di Natale; e riusciva anche a ricordare la faccia sorridente di Emma quando le raccontò della reazione di Valentina al regalo. Riusciva ancora a sentire il suo forte abbraccio dovuto alla gioia di quella bella notizia,
Ricordava ancora cosa si provasse nell’abbracciarla, e solo Dio sapeva quando le mancasse e di quanto avesse bisogno di uno di quegli abbracci in quel momento.
[…]
Passò l’intera giornata del 23 chiusa nella sua camera d’albergo all’Hilton, facendo credere a tutti che fosse andata via, ma era certa che nessuno avesse notato che lei fosse ancora lì, perché quella sera c’era la festa al casinò e le camere accanto alla sua erano deserte, così come lo era lei: vuota. 
Si era svegliata in quel letto enorme, e vi era rimasta per tutta la giornata, senza lavarsi, né mangiare, né niente. Non sapeva che ore fossero e né le importava. 
Aveva spento tutto, cellulare, computer, luci, televisione, stereo, tutto. 
Era lì in quel letto da tutto il giorno come un vegetale. 
Apriva di tanto in tanto gli occhi e fissava il soffitto, prima di crollare in un pianto disperato che terminava soltanto quando crollava dal sonno per la stanchezza dei pianti. 
Se qualcuno l’avesse vista in quel momento: non l’avrebbe riconosciuta nelle condizioni in cui era. 
Era giunta la notte, e ufficialmente non era più il 23 Dicembre, ma lei non riusciva a smettere di piangere ancora e ancora.
Si alzò soltanto una volta per andare in bagno e non rischiare di bagnare il letto, e mentre era in bagno, ancora con tutte le luci spente, un rumore alla porta d’ingresso destò la sua attenzione.
Le luci si accesero e lei uscì dal bagno con addosso un pigiama color lilla, gli occhi gonfi come se avesse sostenuto in incontro di boxe, ma erano soltanto gonfi per le lacrime infinite che aveva versato tutto il giorno, era molto pallida e aveva i capelli disordinati.
Aveva difficoltà nel vedere, essendo stata tutte quelle ore al buio, ma poi mettendo a fuoco si accorse che un ragazzo della security aveva aperto la sua porta con una tessera d’emergenza, e dietro di lui vi era Justin Timberlake che spaventato, le corse incontro:
- Oh mio Dio…
Disse in un filo di voce spaventatissimo. 
- Francis! Che cosa è successo? Che cosa hai fatto?
- Sto bene… non… non preoccupatevi. Per…perché siete in camera mia?
Disse Francis con una voce roca e spezzata dal dolore, mentre si strofinava gli occhi ancora umidi.
- Un ragazzo delle pulizie aveva sentito dei rumori strani provenire dalla tua camera e mi hanno mandato a chiamare. Dannazione, Fran! Che cosa ci fai qui? Non eri partita? Che cosa è successo, si può sapere?
La ragazza abbozzò un sorriso, ma in quello stato in cui era, quel sorriso faceva paura:
- E’ tutto a posto ti dico, stavo dormendo, tornatevene alla festa e lasciatemi riposare.
Diceva mentre si allontanava dal cantante e andava a stendersi ancora sul letto, poi guardò il ragazzo della security che restava fermo sotto l’arco della porta d’ingresso:
- Ragazzo… potresti spegnere le luci? E’ insopportabile… non riesco ad aprire gli occhi. Ora andate, tranquilli… buona… buonanotte ragazzi. 
Francis si girò dal lato opposto alla porta e chiuse gli occhi e mise la testa sotto le coperte.
[…]
Il ragazzo della security gli domandò se era necessario che chiamasse qualche medico, ma Justin lo pregò di non farne parola con nessuno e di andarsene. 
Sentendo il rumore della porta chiudersi, Francis tirò fuori la testa dalle coperte, e la sua camera era al buio; convinta di essere sola, tirò un respiro profondo e si mise distesa di schiena sul letto, ma mentre si girava, sentì la presenza di qualcuno accanto a lei ed urlò per lo spavento.
- Shhh… non vorrai far correre l’FBI. 
- Justin? Che ci fai nel mio letto? Non eri andato via?
- Potrei farti la stessa domanda.
- Oh mio Dio, no… ti prego…
Disse in un lamento la ragazza disperandosi e cominciando a piangere senza controllo.
- Vattene… ti prego…
Justin lasciò le luci spente, dalle finestre entrava un barlume di luci che gli permettevano di vedere il suo volto, che cominciava di nuovo a marcarsi di lacrime. 
- Che ti è successo? Perché sei ridotta in questo stato?
- Vattene…lasciami sola…oggi voglio, devo restare sola… via… vattene via…
- Oggi? Che succede oggi?
Il ragazzo ignorava gli inviti disperati della ragazza che lo pregava di andarsene, e cercava di capire. Francis si mise le mani davanti alla faccia e gli diede di nuovo le spalle, raggomitolandosi ancora una volta sotto le coperte, cercando di fingere che il cantante non fosse veramente lì e che stesse soltanto avendo delle allucinazioni. 
- E’ successo oggi?
Francis riaprì gli occhi sotto le coperte e capì che lui aveva capito…
- Oggi è l’anniversario della sua morte, non è vero?
Non ebbe risposta, ma il silenzio gli bastò per averne la conferma.
La ragazza si sentì morire e chiudendo gli occhi enormi gocce di lacrime le caddero sul cuscino senza sosta. 
Justin si commosse, ma riuscì a non piangere, si accovacciò accanto a lei per abbracciarla da sopra le coperte.
Dopo alcuni minuti di silenzio, si sentì il cantante intonare dei versi di una canzone, che faceva così: 
Another Day has gone
I’m still all alone
 
Aveva una voce ancora più fine di quando cantasse normalmente, perché sembrava che gliela stesse sussurrando in un orecchio. Francis non poté non riconoscere una canzone di Michael Jackson; avrebbe voluto dire qualcosa, fermarlo, ma non lo fece… quel suo modo di cantargliela, di sussurrargliela, le aveva improvvisamente portato un po’ di pace nel cuore… nell’animo. 
Così il cantante continuava a cantare, mentre la stringeva :
How could this be 
You're not here with me 
You never said goodbye 
Someone tell me why 
Did you have to go 
And leave my world so cold 
Everyday I sit and ask myself 
How did love slip away 
Something whispers in my ear and says 
That you are not alone 
For I am here to stay 
Though you're far away 
I am here to stay 
You are not alone 
I am here with you 
Though we're far apart 
You're always in my heart 
You are not alone

[…]
Francis riuscì a smettere di piangere grazie a lui e al suo essere così dolce e comprensivo, come mai nessun ragazzo lo era stato con lei. 
Tirò fuori la testa da quelle coperte e con i capelli ancora più scombinati, lo guardò e gli sorrise, avente ancora gli occhi gonfi di lacrime. 
Justin ricambiò il sorriso e le mise una mano in testa cercando di ammaccare quei suoi capelli arruffati, e così facendo riuscì a strapparle un sorriso spontaneo.
- Perché non torni dagli altri?
- Sto così bene qui?
- Davvero?
Le chiese stranendosi, trovando la cosa impossibile, dato che si trovava in una camera buia con una ragazza depressa a piangere nel letto da tutto il giorno, poi lui disse:
- Certamente…sai…
Justin si mosse leggermente toccandosi la schiena:
- …ho un mal di schiena da un paio di giorni, e solo su questo letto riesco a trovare un po’ di sollievo.
Francis sorrise capendo che stesse scherzando, e distolse lo sguardo da lui per riuscire a dirgli:
- Grazie… 
- Grazie al tuo letto…
- No, grazie per la canzone… hai davvero una voce meravigliosa… l’unica cosa che mi ha dato un po’ di pace in questo brutto giorno…
Il cantante si emozionò a quelle belle parole, e si sentì privilegiato. 
Le sorrise dolcemente poi tentò di riaprire quell’argomento che sembrava essere tabù per la ragazza:
- Quanto tempo è passato?
Francis non aveva bisogno di chiedergli di cosa stesse parlando, riuscì a capirlo da sé che si stesse riferendo proprio ad Emma.
Abbassò lo sguardo voltandosi di faccia al soffitto e con occhi chiusi gli rispose come se quella risposta le avrebbe procurato ancor più dolore:
- Quattro anni…
Justin sbarrò gli occhi, e ricordò:
- Quattro anni fa abbiamo lavorato insieme…
- E’ successo poco dopo…
La ragazza sorrise al dolce ricordo dell’amica:
- Non immagini quanto fosse felice di aver lavorato con te… sai… fu lei a ricordarmi chi fossi…
Justin le sorrise con un’espressione quasi offesa, scherzando ovviamente:
- A sì?
- Sì… lei ti conosceva bene, sapeva la tua carriera nel tuo ex gruppo musicale, ti seguiva molto…
Il ragazzo acconsentì tacitamente grato di quelle parole:
- Com’è successo?... Insomma… non te l’ho mai chiesto e credimi, non vorrei chiedertelo proprio oggi, ma non…
- Un incidente d’auto…
Lo interruppe lei, continuando a fissare il soffitto, poi si voltò a guardarlo:
- Ti racconterò tutto, se solo tu mi prometterai che alla fine non proverai pena per me…
Justin la guardò serio, e si mise a sedere poggiando le spalle contro il poggiatesta del letto:
- Te lo prometto…
La ragazza asciugò le lacrime e si voltò a guardarlo, accennando un sorriso e cominciando a ricordare:
- Ricordi qualche sera fa quel ragazzo al ristorante italiano? 
Justin non si aspettava che lo tirasse in ballo, moriva dalla curiosità di saperne di più, ed era quasi certo che le avrebbe detto che era un suo ex, così acconsentì col capo in attesa che confermasse la sua teoria:
- Ecco… lui era un nostro caro amico… Io ed Emma vivevamo in una piccola città al nord Italia, frequentavamo la stessa scuola di ballo: una delle migliori in Italia. La famiglia di Emma aveva fatto grossi sacrifici per permettergliela, perché credevano in lei e nel suo talento. A differenza dei miei genitori adottivi che mi avevano lasciato frequentare quella scuola, credendo che il mio fosse soltanto un capriccio, non hanno mai voluto che diventassi una ballerina. 
La ragazza sconsolata, si strinse nelle spalle, ricordando quella triste verità che persisteva ancora oggi, dopodiché riprese il suo discorso:
- Ad ogni modo, eravamo solite frequentare la discoteca di questo ragazzo, ormai ci conoscevamo da molti mesi, quasi un anno, ed era diventato un amico fidato. Sia io che Emma gli volevamo molto bene, anche perché con noi era sempre stato gentile e bravo, tanto da farci entrare gratis ogni sera. Conobbi un ragazzo…
Francis cominciò inspiegabilmente ad imbarazzarsi nel raccontare questa parte al cantante, tanto da abbassare lo sguardo:
- Non sono mai stata una che si innamora facilmente… ma con lui successe, e lo consideravo il mio primo amore, il mio primo vero ragazzo… ero piccola, ero ingenua e stupida…Non potevo immaginare che fosse sposato e che avesse dei figli. Era giovane, era buono con me, gentile, non ho mai fatto nulla che io non volessi fare con lui… ma poi me ne sono pentita amaramente. Scoprii che aveva accettato una scommessa con quel ragazzo dell’altra sera, quello che credevo fosse un caro amico, in realtà aveva giocato con i miei sentimenti, col mio cuore. Avevano scommesso di farmi innamorare di lui… perché sapeva che era difficile che succedesse, ma successe, e lui sparì… Scoprii tutta la verità quando ormai era troppo tardi….
Francis fece una breve pausa, guardando anche l’espressione di Justin, che era serio e concentrato, molto interessato alla storia:
- Tre mesi dopo avevo dolori alla pancia, ero dimagrita moltissimo, e non facevo altro che vomitare anche senza che mangiassi nulla. Emma stufa di vedermi ridotta in quello stato, decise di portarmi in ospedale, ma quel giorno c’era mal tempo e mentre eravamo in viaggio, perse il controllo dell’auto…
Delle lacrime cominciarono a scivolarle giù dagli occhi, mentre era con lo sguardo fisso in un punto indefinito della coperta:
- Mi risvegliai tra i rottami dell’auto che andava a fuoco a pochi passi da noi, eravamo volate entrambi fuori dalla vettura… e lei era lì accanto a me ricoperta di sangue e senza vita. Il mio unico desiderio era quello di morire lì, accanto a lei, ma poi mi risvegliai in ospedale e i dottori mi dissero che oltre ad aver perso Emma, avevo perso anche un figlio che portavo in grembo senza saperlo…
Justin non riuscì a dire una parola, ma il suo silenzio era assordante, e quando rialzò lo sguardo verso la ragazza, lei non riusciva a smettere di piangere, anche mentre gli sorrideva e gli diceva:
- Non farlo!
Francis rideva, ma era un sorriso misto al dolore, anche se cercava in ogni modo di controllare le sue lacrime che cadevano ininterrottamente:
- Avevi promesso che non l’avresti fatto…
Lo ammonì con un dito, poi si arrese e chinò il capo da un lato e lo guardò sconfitta, ma ancora con un sorriso spezzato sulle labbra:
- Provi pena per me…
Justin sembrava sinceramente provato da quel triste racconto, probabilmente in un’altra occasione si sarebbe commosso lasciandosi andare anche lui a qualche lacrima, ma non volle farlo. Alzò lo sguardo verso di lei e serio le disse:
- Non provo pena per te… giuro.
Francis non disse nulla e si mise anche lei seduta di spalle al poggia testa, così come stava lui, e guardava davanti a sé sentendosi quasi più leggera dopo quel racconto. 
Probabilmente parlarne con qualcuno le aveva alleviato quel dolore, e non credeva che il cantante potesse esserle così di sollievo.
- Posso abbracciarti?
- Perché me lo chiedi e non lo fai e basta?
- Perché voglio assicurarmi che non pensi che l’abbia fatto per pietà…
- Ok, ma promettimi che te ne andrai…
Il ragazzo acconsentì col capo, per poi avvicinarsi a lei e stringerla in un forte abbraccio che le sembrò non avere mai fine. 
Riuscì a respirare senza affanni mentre era tra le sue braccia, cominciava a star meglio… ma forse era perché aveva trascorso l’intera giornata a star male…
- Voglio essere tuo amico… magari il tuo migliore …amico…
- Che cosa?
- Proprio così…
Sciogliendo quell’abbraccio e sentirgli dire quella frase, la fece sorridere:
- L’ultima volta che mi hanno detto una cosa simile, ero in seconda elementare…
Justin si concesse un sorriso a quelle parole, ma non ritirò la frase.
- Insomma, ti va oppure no?
- Di diventare tua amica?
- Esattamente…
- Non lo siamo già?
- No…
- Come sarebbe?
- Non ti avevo mai considerata mia amica prima di adesso.
- Oh… beh… allora ok. 
La ragazza restò a guardarlo senza far niente, poi scrollò le spalle e disse:
- Bisogna firmare qualche contratto, o va bene così?
- Direi che basti così…
- Cool
- Me ne vado…
- Sì, l’hai promesso.
Disse con convinzione mentre l’osservava alzarsi dal letto. 
- E se invece restassi?
- Non saresti un buon amico, perché infrangeresti una promessa…
- Giusto.
Esclamò lui fingendosi impacciato ed inscenando un simpatico battibecco con la ragazza, che non smetteva di guardarlo e di sorridere. 
- Allora io vado…
- Vai.
- Vuoi trascorrere il Natale con me?
- Che cosa?
- Sarebbe un Natale tra amici…
- Ma…
- Non rispondermi adesso. Magari, domani… se sarai ancora qui, domani sera, capirò che hai accettato. Altrimenti… capirò comunque. 
Francis non poté trattenere un sorriso, e senza dir nulla acconsentì col capo e lo guardò lasciare la sua camera. 
Tornò a mettersi a letto, ma adesso si sentiva meglio, stava bene grazie al suo intervento, e riuscì a dormire mentre ripensava al momento in cui le aveva cantato quella canzone, e con la sua dolce voce nella testa, cadde in un sonno profondo.
[…]
- Pronto, bella, mi senti?
- Sì, Chenille… ti sento… tu mi senti?
- Adesso sì, bella! …Ma allora? Sei in Italia oppure no?
- Veramente… non so ancora se ci andrò…
- Che cosa? Ma è la vigilia…
- Lo so, Chenille, ma… Justin… Justin mi ha invitata a trascorrere il Natale con lui e…
- CHE COSA? 
- S…sì… lui mi ha invitat…
- OH MIO DIO! OH MIO DIO! NON CI POSSO CREDERE! NON È POSSIBILE!
- Calmati, Chenille, non è come credi… siamo solo amici.
La ragazza fece una pausa e stette in silenzio per qualche secondo. Francis pensò che fosse caduta la linea:
- Chenille? Sei ancora lì?
- Cercavo di convincermi che quello che hai detto, tu l’abbia detto con serietà.
Francis alzò gli occhi al cielo:
- Guarda che è così, Chenille; anzi è proprio lui che mi ha chiesto di essere amici.
- Dici sul serio?
- Sì ti dico!
- Oh… beh allora se la metti in questo modo…
- Non lo so… è che in realtà ci stavo pensando perché non mi va molto di trascorrere il Natale con la mia famiglia… Ma vorrei anche tornare da voi, da Mama Su…
- Non dar retta a Mama Su!
- Come, scusa?
Si domandò se l’amica fosse impazzita improvvisamente:
- Sì, bella! Trascorri il Natale con Timberlake! Potrai trascorrere tanti altri Natali con la tua famiglia, e potrai passare a trovare Mama Su ogni volta che vorrai… ma non potrai mai più trascorrere un Natale con Mr. Timberlake… Oh bella, tu devi accettare l’invito, o giuro che morirò di crepacuore! 
Francis sorrise tenendo la cornetta del telefono in mano, mentre era ancora nella sua camera d’albergo a Las Vegas. 
- Ti invio un sms più tardi, ora devo lasciarti. 
- Accetta l’invito! Accetta l’invito! Accetta l’invito! Accetta l’invito! 
Ripeté a raffica Chenille prima che Francis potesse riagganciare. 
- A più tardi…
Disse ridacchiando la ragazza, per poi riagganciare e andare a farsi una doccia.
[…]
Alle ore 11:30 del mattino, la ragazza lasciò la sua camera d’albergo portando con sé soltanto una borsa a valigia, il suo portafoglio e il suo cellulare. 
Degli addetti ai lavori, avevano comunicato a Justin che Francis avesse lasciato la sua camera d’albergo quella mattina, e così il cantante capì che la ragazza non avesse accettato l’invito.
Ne era rimasto amareggiato, nonostante si fosse imposto di non farlo, perché si aspettava che non sarebbe rimasta
La sera Francis telefonò al suo agente dicendogli che passate quelle festività, avrebbe voluto parlargli di certi affari molto urgenti; così poi approfittò per augurargli buon Natale. 
Dopo quella telefonata la ragazza chiamò anche Nina per un saluto, e soltanto dopo chiamò Justin:
- Ciao…
- Hey…
- Dove sei?
- In realtà mi starei imbarcando sul volo per Memphis…tu? Sei già arrivata in Italia? Riesco a sentirti male, sembra che tu stia in aeroporto…
- Sì, è così. 
A quel punto Justin riuscì a vederla spuntare tra la folla, non gli fu difficile riconoscerla dato che indossava un cappottino rosso
Un sorriso si dipinse sul volto del cantante che continuava a restare in linea:
- Allora hai accettato…?
- Sì!
Disse con sforzo la ragazza, mentre si faceva spazio tra la folla per raggiungerlo in fila:
- Scusate… sono con lui… ho i…i biglietti.
- Fatela passare…
Disse a voce bassa il cantante, parlando con degli uomini della security, ma una ragazza sui 15 anni fermò il cammino di Francis e le disse:
- Scusa, possiamo farci una foto insieme?
Francis si fermò col ritardo e non potendo credere alle sue orecchie, disse:
- Come, scusa?
- Sì… una foto… Mamma, Mamma, dai scatta, sbrigati!
- Oh…ok!
Inclinò le labbra verso il basso e si avvicinò alla ragazzina con disinvoltura. 
Dovette abbassarsi un po’ per arrivare alla sua altezza, eppure continuava a non capire come mai volesse scattare una foto con lei, quando aveva Timberlake a pochi metri di distanza. Poi ecco che i dubbi di Francis ebbero una risposta:
- Sarò la prima ad avere una foto con la nuova ragazza di Justin Timberlake!
Proprio in quel momento scattò il flash e l’espressione di Francis mutò radicalmente dal sorridente al “che???” 
Ma scappò via prima ancora che potesse dire o fare altro, alcuni uomini della security la scortarono accanto al cantante, che aveva un look niente male, anche se molto casual. 
Lo guardò e ricambiò il suo sorriso e il suo abbraccio.
- Scusa il ritardo…
- Ritardo perdonato. Andiamo?
I due si sorrisero ancora per un paio di secondi, prima di salire a bordo dell’aereo e volare verso la città natale del cantante.
- Cosa voleva quella ragazzina?
- Oh … niente, una foto…
- Wow!
- …Già!
Esclamò mentre saliva a bordo del veicolo senza mostrargli la sua faccia stranita ed imbarazzata al ricordo delle parole di quella ragazzina di poco fa.

   
 
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