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Autore: Reddle    28/09/2014    1 recensioni
È per il mio bene, hanno detto i miei superiori. Eppure io mi sento solo in gabbia.[...] sono stata addestrata per essere sfuggente, non per starmene tranquilla a farmi sorvegliare giorno e notte.
Quindi, adesso basta.[...]
Prendo le forbici dall'isola della cucina e vado in bagno davanti allo specchio. Impietoso mi rimanda la mia immagine. Un viso pallido, due occhi azzurri che a tratti spuntano dalla frangia rosso fuoco[...]

Il passato che ritorna prepotente ad avvelenare la nuova realtà selezionata per lei.
Ancora una scelta da prendere, ancora una volta è compito suo.
Fidarsi del passato, combattere e accettare le macerie che inevitabilmente resteranno, o lasciare che sia qualcun altro a muovere i fili di una realtà artefatta, solo per saperlo al sicuro?
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO CINQUE
 
Mentre ci avviciniamo allo sportello Chris passa la mano dal mio fianco alla mia mano sinistra.
La stringo.
“Sorridi e basta” mi sussurra all’orecchio.
La mia bocca reagisce in autonomia e mi stampa sulla faccia il mio miglior sorriso.
Lascio che sia lui a parlare con la cassiera, mentre vago con lo sguardo il lungo e il largo.
Trovo una prima telecamera e mi chiedo se dall’altra parte a fissarmi ci siano delle guardie della sicurezza o Rufus e Jimmy.
Devo essermi persa qualche battuta perché Tobias si sente in dovere di richiamarmi: “Signorina, per favore vuole seguire il signor De Villiers entro la fine della giornata?”
Lo ignoro e trotterello dietro a Chris e a un funzionario occhialuto.
Arrivati in prossimità del caveau sento la tensione tornare a lambire i miei muscoli.
“Ehi, respira, devi solo scegliere un gioiello!”mi riprende dolcemente Chris, attirandomi in un abbraccio.
Appoggia la fronte sulla mia spalla.
“Ok ragazzi, adesso si comincia, Red, appena sarete soli nel caveau, ti apriremo l’altra cassetta, dopo di che vi resteranno più o meno cinque minuti per uscire, in bocca al lupo”
Ci stacchiamo con lentezza.
La luce cade sul suo orecchino. È diverso dal solito, è più grande e nero, è un piccolissimo altoparlante.
Mi prende per mano e seguiamo il funzionario all’interno di quella scatola di massima sicurezza.
“Lei resti qui”dice rivolto a Tobias.
 
La stanza è fredda  e piuttosto cupa.
Ci sono cassetti su tutte e quattro le pareti. Al centro parecchi bancali di banconote.
Ci poso lo sguardo per qualche secondo.
“A voi, questa è la valigetta per custodire i gioielli che intendete prelevare, vi lasciamo quindici minuti” si volta ed esce.
Guardo Chris negli occhi.
Lui annuisce e si posiziona di spalle davanti alla telecamera.
Io comincio a frugare tra i gioielli della famiglia De Villiers. Passano meno  di minuti tre minuti.
 
11.05
Clack.
 
“Chelsea, perché ci metti molto? Non devi prendere solo una pietra?”
Via libera. Prendo la valigetta dal pavimento, con attenzione rimuovo lo strato di velluto.
Passo alla cassetta che contiene il nostro obbiettivo. La apro con le mani coperte dal velluto.
Contiene un collier con diverse pietre incastonate, quella centrale sembra contenere qualcosa al suo interno.
La posiziono sul fondo metallico della valigetta e la ricopro.
Chiudo la cassetta con la schiena.
 
11.06
 
Afferro un paio di gioielli della famiglia di Chris e li appoggio sullo strato di velluto.
Sto ancora chiudendo la valigetta quando Chris fa aprire le porte.
Il funzionario è li davanti che ci aspetta sorridendo.
Fa firmare ad entrambi qualche documento e ci fa scortare all’uscita.
 
11.09
 
Aomine passa per primo. Chris mi prende la valigetta dalle mani.
Mi precede di pochi secondi nella cabina di sinistra. La porta della cabina di fronte a me si apre ed entro.
La porta si chiude immediatamente alle mie spalle.
 
11.10
 
La cabina di Chris si apre ed esce.
Mentre la mia comincia ad aprirsi, alzo il piede pronta a fiondarmi fuori.
Scatta l’allarme.
La porta  si richiude intrappolandomi dentro.
“Merda! Potete fare qualcosa?”chiede Chris a Rufus e Jimmy attraverso l’auricolare.
Non sento la risposta, ma l’espressione dei due di fronte a me basta. Per la prima volta sul viso di Aomine non è stampato il solito ghigno da strafottente.
Non possono fare più nulla, il sistema di sicurezza li ha cacciati fuori.
Passano pochi secondi.
A me sembrano un infinità, dietro sento i pesanti passi delle guardie armate fino ai denti  e l’allarme che mi martella i timpani.
Davanti Chris che mi fa cenno di tapparmi le orecchie e di spostarmi il più possibile verso destra.
Il più possibile lontano dal dispositivo che blocca la porta.
Eseguo e l’attimo dopo qualcosa colpisce la serratura automatica ad una velocità tale da farla esplodere in una nuvola di polvere.
Chris mi apre la porta ed io esco.
Alzo lo sguardo, un luccichio dal palazzo di fronte attira il mio sguardo.
Non so quando ha deciso di spostarsi, ma sono felice che l’abbia fatto.
Non ho pensato alla pistola legata alla mia coscia neanche un momento. Appena le porte mi hanno bloccato dentro il mio cervello ha cominciato ad alternare i ricordi alla situazione attuale.
Qualcuno afferra il mio braccio e mi carica in macchina, Aomine è già seduto alla guida.
Ripercorriamo a folle velocità il percorso verso la nostra villetta bianca.
La porta si apre prima che possa afferrare la maniglia e mi piovono addosso le domande degli altri.
Mi sforzo di rispondere anche se li sento appena.
Le mie risposte sono sempre più distratte, ho un pensiero fisso in testa.
Un pensiero che mi logora, che minaccia la mia salute fisica e mentale.
 
Marcus rientra dopo quindici minuti da noi.
Si siede dall’altro lato del tavolo, di fronte a me.
Mi fissa, ma non fa domande.
Meno di mezz’ora fa mi ha salvata, mi fa aperto una via di fuga, e adesso non urla, non mi rimprovera per non aver saputo liberarmi da sola.
A mezzogiorno cominciamo a pensare ad un modo per tornare a Milano. Li sento discutere, fare proposte assurde su proposte assurde, mentre continuo a rivivere i momenti dentro quella cabina.
A tratti i ricordi si confondono, un istante sono nella cabina della banca, quello dopo in un corridoio buio.
Mi sale la nausea.
Corro in bagno.
Alzo il copri water e il mio stomaco butta fuori l’intero contenuto.
I capelli finti della parrucca mi finiscono davanti alla fronte, non provo neanche a spostarli, lascio che si sporchino.
Delle mani calde mi tolgono la parrucca e le forcine che la ancoravano alla mia testa.
Mi fa appoggiare alla vasca e mi mette la sua giacca sulle spalle.
Odora leggermente di polvere da sparo, è di Marcus.
Si siede al mio fianco e appoggia la sua mano sul mio ginocchio lasciato scoperto dal vestito.
“Grazie per oggi”
“Te lo avevo promesso,no?”
Chiudo gli occhi, sento che a lui posso dirlo.
Faccio un grosso respiro. E lo ammetto.
“Forse sono tornata troppo presto” .
   
 
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