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Autore: Benio Hanamura    29/09/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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   Benio-san era davvero una ragazza meravigliosa, la compagna ideale per Shinobu: il suo amore per lui era ancora più forte di quanto credessi, lo aveva già dimostrato quelle poche volte in cui c’eravamo incontrate, ma lo dimostrò ancora di più dopo la sua scomparsa. Non con quel suo gesto plateale, criticato da tutti i parenti, di presentarsi al funerale con il kimono bianco ed i capelli corti, ma perché aveva subito confermato quel suo messaggio di eterna fedeltà con i fatti. I conti Ijuin le avevano immediatamente comunicato che non essendo stata celebrata ancora nessuna cerimonia lei avrebbe potuto considerarsi libera di tornarsene a casa sua e di cominciare una nuova vita, magari con un altro uomo, come avrebbe desiderato qualsiasi altra ragazza della sua età nella sua situazione, ma lei aveva immediatamente rifiutato la loro offerta ed aveva invece annunciato che intendeva rimanere loro accanto, per prendersi cura di loro e del castello: lo aveva promesso a Shinobu ed avrebbe tenuto fede a quella sua promessa, ma era anche spinta da un sincero affetto, che l’aveva portata a legarsi a loro proprio come una vera nipote.
   Fino ad allora nessuno (tanto meno io, che ero amica di Shinobu ma non lo incontravo così spesso e non ero nemmeno così in confidenza con lui!) avrebbe mai sospettato la verità, ma i conti Ijuin avevano ormai da tempo problemi finanziari. Per non far mancare nulla al loro adorato nipote orfano di entrambi i genitori e per non farlo mai sentire inferiore ai suoi coetanei dell’alta società non avevano mai badato a spese, avevano lasciato che completasse i suoi studi all’accademia militare senza rinunciare ai divertimenti che la loro classe sociale offriva, tenendolo sempre all’oscuro delle difficoltà che ad un certo punto erano sorte all’orizzonte. Avevano contratto qualche debito, ma finché il nipote era stato accanto a loro, con la sua paga da sottotenente e con il supporto morale che riusciva a dare, avevano retto bene la situazione, salvando almeno le apparenze. Poi però lui era venuto meno ed anche se in questa tragedia c’era stata la consolazione che almeno il nipote si era fatto onore come caduto in guerra, da quel momento i suoi anziani nonni si erano lasciati andare, non rinunciando minimamente ai lauti pranzi a cui erano abituati ed abbandonandosi ogni tanto anche a spese folli per le loro finanze, forse per la forza dell’abitudine, o forse più per cercare disperatamente di non pensare troppo.
   Benio-san però aveva preso in mano la situazione: in seguito Ushigoro ebbe modo di raccontarmi che aveva tentato di tutto per sostenerli come poteva, cercando disperatamente un lavoro dappertutto, tentando persino quello, troppo assurdo per una ragazza, di portantino. Per questo una sera giunse da me all’okiya annunciando di aver preso una decisione ancora più drastica, quella di diventare una geisha!!! Certo, anche se già una volta avevo tentato di spiegarle cosa significasse le mie poche parole non avevano potuto farle capire perfettamente la situazione, tuttavia era evidente che nella sua ingenuità lei voleva seriamente compiere il suo dovere di vedova di Shinobu e nipote acquisita di quegli anziani bisognosi a cui era tanto legata, così la okasan volle venirle incontro. La sua storia l’aveva commossa, ma soprattutto stavolta si era dimostrata ancora più ingenua di lei, credendo che una ragazza di buona famiglia pur non sapendo cantare e nemmeno danzare con grazia avrebbe dovuto sicuramente conoscere almeno l’arte di servire il thè, la conversazione ed altro di competenza di noi geishe, e che perciò avrebbe potuto davvero essere in qualche modo utile.
   Non potevo contestare le decisioni della okasan e comunque sarei stata ben lieta di poterle essere di aiuto, così mi apprestai ad istruire Benio-san per l’ozashiki che si sarebbe tenuto da noi quella sera stessa.
   “Io sono Benichiyo: ricordatevi di presentarvi così ai clienti, noi geishe non usiamo mai il nostro vero nome… Ed a chiunque ve lo chieda rispondete che siete la mia sorellina più piccola; ovviamente dovrò darvi del tu per non destare sospetti” c’era poco tempo e con molta ansia cercavo di darle almeno le istruzioni essenziali.
   Al contrario lei sembrava davvero felice mentre si pavoneggiava con uno dei miei primi kimono da geisha che io non usavo più in quanto mi era diventato corto e che a lei andava a pennello: “Non avevo mai indossato un kimono nero!”
   I suoi occhi brillavano proprio come quelli di una bambina che si appresta a partecipare alla festa per il suo compleanno, era incredibile come riuscisse a trovare aspetti entusiasmanti anche in una situazione drammatica come quella, e la sua gioia apparentemente così spensierata riuscì a strappare un sorriso anche a me.
   Poco dopo Miyuki venne ad annunciarci che da basso la okasan chiedeva di noi: i nostri clienti erano arrivati.
   All’inizio tutto pareva filare liscio: Benio-san era ben lontana dall’essere la tipica signorina di buona famiglia, ma la sua allegria era riuscita a contagiare anche i nostri clienti; i primi problemi giunsero quando il capitano Maeda la chiamò perché gli servisse dell’altro sakè.  Il capitano Maeda di solito non si comportava male, ma quando beveva un po’ di più tendeva a perdere il controllo ed a stuzzicare le geishe, soprattutto le più giovani. Avevo spiegato a Benio-san ciò che le geishe più anziane avevano una volta detto a me, ovvero che i clienti più sgradevoli andavano considerati semplicemente come fasci di banconote, e lei si impegnò molto per riuscirci, ma  invano: la sua incontenibile vivacità tornò presto alla luce ed all’okiya ci fu ben presto il finimondo, con il risultato che l’ozashiki si concluse molto prima del previsto, con Maeda che se ne andò via imprecando e giurando di non tornare più nel nostro okiya ed altri clienti scontenti perché coinvolti loro malgrado nella rissa che era scaturita dall’incresciosa situazione. E così ovviamente si concluse anche l’esperienza di Benio-san da geisha, dato che la okasan si era accorta che colei che aveva creduto essere la sua ennesima scoperta si era comportata in quel modo non solo perché molestata da un cliente che si era preso troppe libertà con lei e perché dopo la scomparsa di Shinobu aveva sviluppato una tremenda intolleranza verso i militari, ma anche perché chissà come aveva avuto modo di bere sakè e di ubriacarsi…
   La povera Benio-san era sinceramente mortificata, si mise a piangere a dirotto e supplicò la okasan e Kikyo-san affinché le venisse data un’altra possibilità,  non si sarebbe più ripetuto un fatto così increscioso; ma stavolta nemmeno la nostra generosissima  okasan volle sentire ragioni e conoscendo ormai anch’io molto bene quella signorina non me la sentii di intercedere troppo in suo favore. In fondo era meglio così, al di là delle sue maniere poco fini era impensabile che si abituasse tanto facilmente alla dura vita di una geisha ed alla disciplina a cui avrebbe dovuto sottostare; e poi, come le feci notare, sicuramente Shinobu non sarebbe stato affatto felice di vederla costretta ad adattarsi ad una vita così poco dignitosa e per giunta per prendersi cura dei suoi nonni. Anzi, era soprattutto quello il problema: un ragazzo altruista come il mio caro sottotenente avrebbe certamente preferito vedere la donna che tanto aveva amato andare avanti senza di lui: avrebbe persino sopportato, magari rivolgendole il suo solito sorriso mentre la guardava dall’altro mondo, l’idea che lei lo avesse sostituito con un altro uomo, purché egli le avesse dato quella felicità che non aveva potuto darle lui. Ero stata una pazza ad assecondare tanto facilmente la okasan, condividendone anche se per poco l’idea che Benio-san avrebbe potuto diventare una nuova compagna con cui sarei anche andata molto d’accordo, anzi, ero stata una vera egoista!
   Fortunatamente per una volta il destino aveva risolto le cose positivamente, estirpando il problema sul nascere. E grazie a questo io avevo avuto modo di riflettere e di aiutarla nella maniera migliore, potendo davvero ricambiare almeno in parte, attraverso lei, l’indispensabile sostegno che Shinobu mi aveva offerto proprio nel momento in cui avevo toccato il fondo. Come avevo potuto non pensarci subito? Appena un paio di settimane prima avevo incontrato dopo tanto tempo Aoe-san, il caporedattore della Jodansha, una piccola casa editrice a cui con il permesso della okasan avevo concesso un’intervista per un articolo sulla vita di noi geishe e con il quale avevo facilmente simpatizzato. Un bravissimo ragazzo nonostante l’apparenza un po’ rigida, che pur appartenendo ad una famiglia molto altolocata non aveva esitato ad andarsene da casa per inseguire la sua unica aspirazione, diventare un giornalista, ed era poi riuscito a fondare una casa editrice tutta sua procurandosi anche dei fidati collaboratori.  In occasione di quel nostro ultimo incontro Aoe-san mi aveva chiesto se potevo presentargli qualcuno, perché aveva bisogno di un nuovo collaboratore al giornale, ed una ragazza vivace e volenterosa come Benio-san avrebbe potuto essere perfetta per quel lavoro! Certo, io sapevo bene che il mio amico giornalista aveva qualche problema con le donne, ma questa rivelazione non la preoccupò affatto, anzi, la fece sentire ancora più determinata a mettercela tutta per farsi accettare. La stessa determinazione che aveva mostrato con la okasan la sera prima, ma stavolta anch’io provai un’ottima sensazione in proposito. Ero felice perché ero certa di aver fatto finalmente la cosa giusta, per lei ma forse anche per Aoe-san, la cui intolleranza verso le donne, che pareva in certe occasioni rasentare una vera e propria allergia creandogli non pochi problemi, avrebbe forse potuto finalmente guarire.
  
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