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Autore: MaP    07/10/2008    3 recensioni
A sedici anni si cambia, si fanno nuove esperienze, e di certo il mio carattere schivo non mi aiuta ad aprirmi agli altri.
E il mio nome neanche. Cosa avrà mai Amy di così odioso, vi chiederete. Il problema non è chiamarsi Amy; mi faccio chiamare io così.
Il problema è chiamarsi Amethyste...
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I giorni passavano lenti. Lenti e monotoni tra scuola, casa e cavalli. Ed era solo il 13 novembre! Meno quarantadue giorni al Natale. Decisamente troppi per una come me.

Il conto alla rovescia era iniziato esattamente da una settimana e ogni pagina della mia agenda riportava in un piccolo angolino il numero di giorni mancanti in mezzo a due parentesi quadre, circondate da simboli strani: Norah mi prendeva in giro da giorni per aver cominciato così presto.

Sto cercando di seguire letteratura, con scarsi risultati visto che la mia migliore amica e Todd sono rispettivamente seduti accanto a me e dietro di me e parlano ininterrottamente da almeno venti minuti. E i miei buoni propositi vanno a quel paese, ovviamente. Mi sa che avrò di nuovo bisogno degli appunti di Diane…

Il problema è che a disturbare la mia voglia di seguire non sono solo loro due; ci vuole qualcosa di gran lunga più importante di un ragazzo e una ragazza che spettegolano per impedirmi di seguire una lezione. E questo qualcosa era chiuso nella tasca inferiore del mio zainetto. E il bello è che io non so neanche cosa è.

L’ho trovata stamattina sul tavolo in cucina; una busta giallo chiaro con scritto il mio nome completo (Amethyste Clarissa Beckinsale), il mio indirizzo e la città. Nessun mittente.

Mia madre non mi aveva detto nulla riguardo, chiaro segno che non voleva averne niente a che fare. Mia nonna aveva sorseggiato il suo tè a labbra strette, come a volermi far intendere, in un linguaggio non verbale, che le notizie che erano probabilmente contenute all’interno non erano le migliori che lei potesse sperare.

Come avrete intuito, le condizioni in cui l’ho ricevuta erano tutt’altro che rassicuranti. La presi dopo aver fatto colazione e la misi subito nello zaino e non ci pensai per tutta la giornata. Tutta la giornata fino ad ora. Proprio oggi dovevano spiegare le raccolte epistolari? Un tempismo perfetto, non c’è che dire.

Visto che era praticamente impossibile seguire la lezione, mi abbassai verso lo zaino a prendere la famosa busta. Si era leggermente spiegazzata e, nonostante non sapessi cosa ci fosse all’interno, la lisciai per eliminare gli angoli piegati. La aprii lentamente, mi tremavano le mani, senza neanche sapere il perché.

La scrittura della lettera era elegante, mai vista prima e chiaramente di un adulto. Sbirciai il nome in fondo alla lettera: si era firmato con una semplice T seguita da un punto frettoloso. Curiosa, tornai all’inizio del foglio per leggere tutto.

 

Carissima Amethyste,

ovviamente la scrittura non ti darà nessun indizio su chi stia scrivendo questa lettera e forse è meglio così visto che potresti buttarla dopo un solo secondo. Ti chiederai come sono arrivato a te, ottima domanda. In tutti questi anni, sono sempre stato in contatto con tua madre ma non credo che lei ti abbia detto nulla. Mi chiamo Terence, suppongo che dopo questa informazione tu sia forse più confusa di prima ma non dirò altro. Voglio che tu parli con tua madre e insieme chiariate ogni punto lasciato in sospeso. Lei sa tutto quello che devi sapere.

Spero che tu voglia parlarne con Martha.

A presto.  T.

 

Cosa diavolo era quella? Tanto valeva non aprirla a questo punto. Adesso non avrei fatto altro che rimuginare su quelle parole per le restanti due ore (educazione fisica e inglese) per poi precipitarmi a casa a tempestare la mia famiglia di domande. Esigere una risposta a tali domande era la prima cosa da fare. Prima ancora di sedermi a tavola per pranzare.

Fortunatamente le due ore passarono in fretta…

 

~

 

Rientrai in casa come una furia. Non riuscivo a credere che mia madre mi avesse nascosto qualcosa… e per di più qualcosa che mi riguardava direttamente!

Trovai mia madre ai fornelli intenta a preparare il pranzo. Si voltò per chiedermi come fosse andata a scuola ma interruppe la frase a metà quando vide la mia faccia. Ero sconvolta e la guardavo arrabbiata.

<< Chi è Terence, mamma? >> chiesi nel modo più calmo che trovai, nonostante non lo sembrasse affatto.

<< Tesoro, cosa è successo? >> si avvicinò preoccupata e fece per mettere una mano sulla mia spalla. La scansai immediatamente guardandola fissa.

<< Ho fatto una domanda. >> inspirai profondamente. Odiavo mettermi contro mia madre, nonostante mi avesse dato un nome idiota. Prima c’era Jade, adesso era andata via anche lei. Era tutto quello che mi era rimasto.

<< Amethyste, perché non ti siedi? Sembri sconvolta… ecco, ti porto un bicchiere d’acqua.. >>

<< NO! Non sono sconvolta. Voglio solo sapere chi è questo Terence, cosa vuole da me e dalla nostra famiglia e perché non me ne hai mai parlato! >> sembravo isterica, ma era più forte di me.

<< D’accordo. Siediti però. >> mi disse calma, anche se notavo chiaramente che era parecchio scossa. Non le avevo mai urlato contro. Di solito mi limitavo a guardarla male, andare di sopra e sbattere la porta di camera mia per non uscirne se non almeno un paio di ore dopo. Rimasi ferma, non avevo nessuna voglia di sedermi. Scossi la testa e la invitai a continuare.

<< Terence è… una persona con cui sono in contatto da anni. Ma non volevo rovinarti la vita per questo non te ne ho mai parlato. Sei una ragazza emotiva e ci saresti stata male di sicuro. Gli avevo chiaramente detto di non mandarti quella lettera, ma non mi ha ascoltato. Tesoro… Terence Beckinsale è tuo padre. >> inspirò profondamente dopo aver pronunciato l’ultima parola. Non era mai stato mio padre. Ma era la parola legalmente corretta.  << E’ tornato in Inghilterra. Vuole vederti. Jade ha deciso di incontrarlo tempo fa ma le ho chiesto di non dirtelo. Eri ancora piccola, non avresti capito. >>

<< Tu… cosa… >> la guardai sconvolta << Chi ti credi di essere per decidere cosa voglio? >>

<< Amethyste! Convive con una donna da prima che andasse via di casa e ha un figlio. Tu avevi solo sette anni! Cosa volevi che facessi? >> stavolta fu lei ad urlare. Le costava molto parlare di lui. Lo disprezzava nel profondo del suo cuore per averci abbandonato anche se ormai era passato molto tempo. Certe ferite restano sempre aperte, non importa quanto tempo passa.

<< Scusa. >> dissi semplicemente. Non avevo altro da dire. Raccolsi le mie cose e mi avviai verso la mia camera ma mia madre mi fermò per un braccio.

<< Tesoro.. ormai vivrà qui in Inghilterra. E’ più che normale che tu voglia conoscere chi ti ha messo al mondo. Vuole conoscerti, lui per primo. Si stabilirà qui tra un mese e ci ha invitato tutti al pranzo di Natale. Non siamo obbligati ad andarci, ovviamente. Pensaci… >> disse, e mi lasciò andare.

Mai ero stata più felice di entrare in casa mia. E mai così tanto avevo desiderato che il Natale non arrivasse mai. Mi buttai sul letto e, con la faccia sul cuscino, cominciai a versare lacrime non facili da calmare.

 

~

 

*driiiin*

 

Odio la suoneria del mio cellulare. Ma mi ostino a non cambiarla perché altrimenti non riesco più a capire che è il mio. Sono assurda, lo so. Risposi con una voce tutt’altro che sveglia, l’opposto di quella che mi accoglieva con un caloroso.

<< Ciao Amy! Momento sbagliato? >> Norah. Per lei non era mai il momento sbagliato. Specialmente questo. Avevo bisogno di parlare con qualcuno.

<< No… ho bisogno di parlarti. >> aggiunsi seria.

<< Certo, dimmi pure >> disse tutta contenta. Se fossi stata con lei, ero sicura che avrebbe avuto una faccia con un sorriso a 32 denti. Le raccontai tutto. Le dissi della lettera, del contenuto, del litigio con mia madre e di quello che era uscito fuori. Ogni tanto assentiva con impercettibili “mhmh” giusto per farmi capire che non parlavo da sola e che mi stava ascoltando.

<< Beh… Amy, ma è fantastico! Secondo me dovresti andarci! >> disse lentamente << Non lo hai mai conosciuto. Lo odi a priori. Fai benissimo a non fidarti ma… alla fine potrebbe anche avere una spiegazione logica per quello che ha fatto. Potresti anche trovarlo simpatico alla fine e… magari la sua famiglia non è una di quelle con la puzza sotto al naso e che trattano male la famiglia precedente. >> parlò tutto d’un fiato.

<< Forse hai ragione… ma non me la sento di andare a Natale. Dopotutto è un’occasione da passare in famiglia, e loro non sono la mia. Preferirei incontrarlo prima, senza la sua nuova famiglia e tutto il resto >>

<< Certo, certo. Sarebbe perfetto! >> disse approvando la mia idea << Amy? >>

<< Mh? >> le diedi un minimo segnale di risposta.

<< …vuoi che venga con te? >> la adoro. Riesce sempre a leggermi nel pensiero. E’ per questo che la considero la mia migliore amica. Acconsentii alla proposta di Norah, la salutai e riattaccai il telefono.

Mio padre. Faceva un certo effetto anche solo dirlo. Ero stata molto male perché lui non c’era. Ma ero andata avanti. E adesso dovevo fare i conti con una parte indistinta del mio passato, una parte, per certi aspetti, fondamentale per me.

Mio padre. Mio padre. Mio padre. Padre. Padre. Papà.

Con questo unico pensiero strinsi forte a me un panda di peluche e mi addormentai.

 

 

 

 

Ecco qui l’altro capitolo.

Un po’ diverso dai precedenti, devo ammetterlo.

Spero comunque che vi piaccia ^-^

 

Grazie a tutti per i commenti e le letture della storia.

Sapere cosa il pubblico pensa è importante.

Quindi, grazie!

 

Al prossimo capitolo!

 

~ Arianna ~

 

  
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