I giorni passavano lenti. Lenti e
monotoni tra scuola, casa e cavalli. Ed era solo il 13 novembre! Meno quarantadue giorni al Natale. Decisamente troppi per
una come me.
Il conto alla rovescia era
iniziato esattamente da una settimana e ogni pagina della mia agenda riportava
in un piccolo angolino il numero di giorni mancanti in mezzo a due parentesi
quadre, circondate da simboli strani: Norah mi prendeva in giro da giorni per
aver cominciato così presto.
Sto cercando di seguire
letteratura, con scarsi risultati visto che la mia migliore amica e Todd sono
rispettivamente seduti accanto a me e dietro di me e parlano ininterrottamente
da almeno venti minuti. E i miei buoni propositi vanno a quel paese, ovviamente.
Mi sa che avrò di nuovo bisogno degli appunti di Diane…
Il problema è che a disturbare la
mia voglia di seguire non sono solo loro due; ci vuole qualcosa di gran lunga
più importante di un ragazzo e una ragazza che spettegolano per impedirmi di
seguire una lezione. E questo qualcosa era chiuso nella tasca inferiore del mio
zainetto. E il bello è che io non so neanche cosa
è.
L’ho trovata stamattina sul tavolo
in cucina; una busta giallo chiaro con scritto il mio nome completo (Amethyste
Clarissa Beckinsale), il mio indirizzo e la città. Nessun mittente.
Mia madre non mi aveva detto nulla
riguardo, chiaro segno che non voleva averne niente a che fare. Mia nonna aveva
sorseggiato il suo tè a labbra strette, come a volermi far intendere, in un
linguaggio non verbale, che le notizie che erano probabilmente contenute
all’interno non erano le migliori che lei potesse sperare.
Come avrete intuito, le condizioni
in cui l’ho ricevuta erano tutt’altro che rassicuranti. La presi dopo aver fatto
colazione e la misi subito nello zaino e non ci pensai per tutta la giornata.
Tutta la giornata fino ad ora. Proprio oggi dovevano spiegare le raccolte
epistolari? Un tempismo perfetto, non c’è che dire.
Visto che era praticamente
impossibile seguire la lezione, mi abbassai verso lo zaino a prendere la famosa
busta. Si era leggermente spiegazzata e, nonostante non sapessi cosa ci fosse
all’interno, la lisciai per eliminare gli angoli piegati. La aprii lentamente,
mi tremavano le mani, senza neanche sapere il perché.
La scrittura della lettera era
elegante, mai vista prima e chiaramente di un adulto. Sbirciai il nome in fondo
alla lettera: si era firmato con una semplice T seguita da un punto frettoloso.
Curiosa, tornai all’inizio del foglio per leggere tutto.
Carissima Amethyste,
ovviamente la
scrittura non ti darà nessun indizio su chi stia scrivendo questa lettera e
forse è meglio così visto che potresti buttarla dopo un solo secondo. Ti
chiederai come sono arrivato a te, ottima domanda. In tutti questi anni, sono
sempre stato in contatto con tua madre ma non credo che lei ti abbia detto
nulla. Mi chiamo Terence, suppongo che dopo questa informazione tu sia forse più
confusa di prima ma non dirò altro. Voglio che tu parli con tua madre e insieme
chiariate ogni punto lasciato in sospeso. Lei sa tutto quello che devi sapere.
Spero che tu voglia
parlarne con Martha.
A presto. T.
Cosa diavolo era quella?
Tanto valeva non aprirla a questo punto. Adesso non avrei fatto altro che
rimuginare su quelle parole per le restanti due ore (educazione fisica e
inglese) per poi precipitarmi a casa a tempestare la mia famiglia di domande.
Esigere una risposta a tali domande era la prima cosa da fare. Prima ancora di
sedermi a tavola per pranzare.
Fortunatamente le due ore
passarono in fretta…
~
Rientrai in casa come una furia.
Non riuscivo a credere che mia madre mi avesse nascosto qualcosa… e per di più
qualcosa che mi riguardava direttamente!
Trovai mia madre ai fornelli
intenta a preparare il pranzo. Si voltò per chiedermi come fosse andata a scuola
ma interruppe la frase a metà quando vide la mia faccia. Ero sconvolta e la
guardavo arrabbiata.
<< Chi è Terence, mamma?
>> chiesi nel modo più calmo che trovai, nonostante non lo sembrasse
affatto.
<< Tesoro, cosa è successo?
>> si avvicinò preoccupata e fece per mettere una mano sulla mia spalla.
La scansai immediatamente guardandola fissa.
<< Ho fatto una domanda.
>> inspirai profondamente. Odiavo mettermi contro mia madre, nonostante mi
avesse dato un nome idiota. Prima c’era Jade, adesso era andata via anche lei.
Era tutto quello che mi era rimasto.
<< Amethyste, perché non ti
siedi? Sembri sconvolta… ecco, ti porto un bicchiere d’acqua..
>>
<< NO! Non sono sconvolta.
Voglio solo sapere chi è questo Terence, cosa vuole da me e dalla nostra
famiglia e perché non me ne hai mai parlato! >> sembravo isterica, ma era
più forte di me.
<< D’accordo. Siediti però.
>> mi disse calma, anche se notavo chiaramente che era parecchio scossa.
Non le avevo mai urlato contro. Di solito mi limitavo a guardarla male, andare
di sopra e sbattere la porta di camera mia per non uscirne se non almeno un paio
di ore dopo. Rimasi ferma, non avevo nessuna voglia di sedermi. Scossi la testa
e la invitai a continuare.
<< Terence è… una persona
con cui sono in contatto da anni. Ma non volevo rovinarti la vita per questo non
te ne ho mai parlato. Sei una ragazza emotiva e ci saresti stata male di sicuro.
Gli avevo chiaramente detto di non mandarti quella lettera, ma non mi ha
ascoltato. Tesoro… Terence Beckinsale è tuo padre. >> inspirò
profondamente dopo aver pronunciato l’ultima parola. Non era mai stato mio
padre. Ma era la parola legalmente corretta. << E’ tornato in Inghilterra. Vuole
vederti. Jade ha deciso di incontrarlo tempo fa ma le ho chiesto di non dirtelo.
Eri ancora piccola, non avresti capito. >>
<< Tu… cosa… >> la
guardai sconvolta << Chi ti credi di essere per decidere cosa voglio?
>>
<< Amethyste! Convive con
una donna da prima che andasse via di casa e ha un figlio. Tu avevi solo sette
anni! Cosa volevi che facessi? >> stavolta fu lei ad urlare. Le costava
molto parlare di lui. Lo disprezzava nel profondo del suo cuore per averci
abbandonato anche se ormai era passato molto tempo. Certe ferite restano sempre
aperte, non importa quanto tempo passa.
<< Scusa. >> dissi
semplicemente. Non avevo altro da dire. Raccolsi le mie cose e mi avviai verso
la mia camera ma mia madre mi fermò per un braccio.
<< Tesoro.. ormai vivrà qui
in Inghilterra. E’ più che normale che tu voglia conoscere chi ti ha messo al
mondo. Vuole conoscerti, lui per primo. Si stabilirà qui tra un mese e ci ha
invitato tutti al pranzo di Natale. Non siamo obbligati ad andarci, ovviamente.
Pensaci… >> disse, e mi lasciò andare.
Mai ero stata più felice di
entrare in casa mia. E mai così tanto avevo desiderato che il Natale non
arrivasse mai. Mi buttai sul letto e, con la faccia sul cuscino, cominciai a
versare lacrime non facili da calmare.
~
*driiiin*
Odio la suoneria del mio
cellulare. Ma mi ostino a non cambiarla perché altrimenti non riesco più a
capire che è il mio. Sono assurda, lo so. Risposi con una voce tutt’altro che
sveglia, l’opposto di quella che mi accoglieva con un
caloroso.
<< Ciao Amy! Momento
sbagliato? >> Norah. Per lei non era mai il momento sbagliato.
Specialmente questo. Avevo bisogno di parlare con qualcuno.
<< No… ho bisogno di
parlarti. >> aggiunsi seria.
<< Certo, dimmi pure
>> disse tutta contenta. Se fossi stata con lei, ero sicura che avrebbe
avuto una faccia con un sorriso a 32 denti. Le raccontai tutto. Le dissi della
lettera, del contenuto, del litigio con mia madre e di quello che era uscito
fuori. Ogni tanto assentiva con impercettibili “mhmh” giusto per farmi
capire che non parlavo da sola e che mi stava
ascoltando.
<< Beh… Amy, ma è
fantastico! Secondo me dovresti andarci! >> disse lentamente << Non
lo hai mai conosciuto. Lo odi a priori. Fai benissimo a non fidarti ma… alla
fine potrebbe anche avere una spiegazione logica per quello che ha fatto.
Potresti anche trovarlo simpatico alla fine e… magari la sua famiglia non è una
di quelle con la puzza sotto al naso e che trattano male la famiglia precedente.
>> parlò tutto d’un fiato.
<< Forse hai ragione… ma non
me la sento di andare a Natale. Dopotutto è un’occasione da passare in famiglia,
e loro non sono la mia. Preferirei incontrarlo prima, senza la sua nuova
famiglia e tutto il resto >>
<< Certo, certo. Sarebbe
perfetto! >> disse approvando la mia idea << Amy?
>>
<< Mh? >> le diedi un
minimo segnale di risposta.
<< …vuoi che venga con te?
>> la adoro. Riesce sempre a leggermi nel pensiero. E’ per questo che la
considero la mia migliore amica. Acconsentii alla proposta di Norah, la salutai
e riattaccai il telefono.
Mio padre. Faceva un certo
effetto anche solo dirlo. Ero stata molto male perché lui non c’era. Ma ero
andata avanti. E adesso dovevo fare i conti con una parte indistinta del mio
passato, una parte, per certi aspetti, fondamentale per
me.
Mio padre. Mio padre. Mio padre.
Padre. Padre. Papà.
Con questo unico pensiero strinsi
forte a me un panda di peluche e mi addormentai.
Ecco qui l’altro
capitolo.
Un po’ diverso dai precedenti,
devo ammetterlo.
Spero comunque che vi piaccia
^-^
Grazie a tutti per i commenti e le
letture della storia.
Sapere cosa il pubblico pensa è
importante.
Quindi, grazie!
Al prossimo
capitolo!
~ Arianna ~