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Autore: Ari_92    29/09/2014    8 recensioni
Blaine e Kurt; un aspirante scrittore che ha perso l’ispirazione e un futuro studente della NYADA con un sorriso abbastanza convincente da mascherare i brutti ricordi. Le loro strade si incrociano per caso e finiscono per intrecciarsi a mezz’aria in un equilibrio precario. È una caduta a farli incontrare; sono le pagine di un quaderno a raccontarli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Santana Lopez, Wesley Montgomery | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ma buonasera, guys ;)
Mi scuso per il ritardo e soprattutto per non aver ancora risposto alle recensioni del sesto capitolo ma oggi ho avuto il mio primo giorno di università e sono stanchissima, soprattutto per il fatto che studio in un’altra città... Btw, giustamente non ve ne potrebbe fregare di meno, quindi mi eclisso e vi lascio senza ulteriore indugio al settimo capitolo *-*
Al solito, ci risentiamo in fondo per le note. Risponderò alle recensioni il prima possibile.
 
 
 
 

 
 
 
 
Capitolo VII
 

Kurt gli ha appena raccontato una storia improvvisata di cui non ha capito molto. Gli unici elementi che è riuscito a distinguere sono i protagonisti – loro due – e la presenza di un’antagonista – a quanto pareva la sua insegnante di recitazione.
«Ti è piaciuta?»
«Molto, Kurt.» Lui ne sembra compiaciuto, infatti ora è tutto impettito che guarda fieramente la strada illuminata dalla luce dei fanali mentre sparisce a poco a poco sotto le ruote della macchina. Blaine a un tratto sente l’urgenza di fare una precisazione.
«Se devi vomitare dimmelo, okay? Così ci fermiamo.» Nessuna risposta.
«Hai capito?»
«Sai? Non volevo rovinare tutto con te. Mi dispiace proprio.» Blaine si ritrova a sorridere, poi però ricorda che la salvaguardia degli interni della sua auto ha una certa importanza e vale la pena insistere su questo punto.
«Potrai dire di aver rovinato qualcosa solo se vomiterai nella mia macchina.»
«Non vomito, Blaine Anderson. Non vomito.» Taglia corto, quasi spazientito. A giudicare dai suoi repentini sbalzi d’umore e da duemila altri più o meno palesi segnali deve avere bevuto un bel po’, su questo non c’è dubbio. Oh, lui deve anche ricordarsi di scrivere a Wes che non è successo nulla di grave-
«Blaine?» Blaine rotea gli occhi, ma è il genere di esasperazione che lo fa anche sorridere perché Kurt è davvero un tormento da ubriaco e anche se dovrebbe preoccuparsi solo ed esclusivamente della sua salute non può davvero negare di divertirsi parecchio a starlo a sentire.
 
«Sì?»
«Perché... Secondo te, perché la gente è cattiva?» Le labbra di Blaine smettono di tendersi finché ogni cenno di sorriso sparisce. Si volta per un momento verso Kurt, ma è solo un momento, perché deve stare attento alla strada. Si chiede perché gli abbia fatto una domanda del genere proprio ora, così, dopo una storiella assurda su loro due e la sua insegnante di recitazione. Sceglie accuratamente le parole da usare prima di pronunciarle.
«Non lo so, Kurt. Penso che ognuno abbia le sue ragioni. Magari certe persone sono state ferite in passato e perciò reagiscono così per paura di stare male di nuovo, altre hanno conosciuto solo la cattiveria nella loro vita e quindi gli sembra una cosa normale. Ci sono anche quelli che sono semplicemente brutte persone senza nessun motivo, credo. Ma non ci sono solo i cattivi a questo mondo.» Kurt resta in silenzio per un po’, tanto Blaine è quasi sicuro che si sia addormentato per davvero questa volta. Finché nell’abitacolo semi-illuminato torna a farsi sentire la sua voce, stavolta ridotta a poco più di un sussurro.
«Lo pensi davvero?»
«Che cosa?»
«Che non ci siano solo i cattivi a questo mondo.» Blaine stringe più saldamente le mani sul volante. Non sa perché Kurt gli sta chiedendo queste cose, ma sa che preferirebbe che non ne sentisse il bisogno. Si sforza di pensare.
«Penso che ci siano delle persone per cui vale la pena alzarsi ogni giorno e affrontare i cattivi.» Lo pensa per davvero, dopotutto. C’è un lungo momento di silenzio, fino a quando non sente Kurt spostarsi leggermente sul sedile, come se si sentisse a disagio lì seduto e stesse cercando di mettersi più comodo.
 
«Blaine, puoi fermare la macchina?» Oh, merda: sapeva che questo momento sarebbe arrivato. Blaine ha giusto il tempo di considerare che in effetti non ha mai tenuto la testa a nessuno mentre vomita e francamente la cosa lo spaventa abbastanza, ma deve provarci. Accosta velocemente sul ciglio della strada e si volta con urgenza verso Kurt, senza sapere bene come muoversi. Non è minimamente stupito dal fatto che è imbranato anche in questo: è imbranato nel novantanove percento delle cose dopotutto.
«Okay, uhm. Vengo ad aprirti la portiera e ti aiuto a uscire.» Kurt però sembra fin troppo rilassato per qualcuno che sta per vomitare. Non che lui sia un esperto in questo, ma non sembra proprio che Kurt si senta peggio di quando sono partiti dal Lima Bean.
«Non voglio uscire.»
«Ma- Non devi vomitare?» Kurt scuote la testa, senza smettere di fissarlo con quei suoi occhi acquosi e un mezzo sorriso. Ha anche i capelli tutti spettinati, lo nota solo ora. È sempre bellissimo – lo è con la stessa naturalezza con cui lui sfoggia ogni giorno le sue occhiaie – ma in questo preciso momento va oltre il bellissimo: non è più Kurt l’invincibile, Kurt il supereroe: è solo Kurt. Blaine lo vede ora per la prima volta, ed è l’essere umano più bello che abbia mai visto.
«Non devo vomitare.»
«Allora perché ci siamo fermati?» Kurt gli sorride, ma non risponde. Si sposta semplicemente verso di lui, con la cintura di sicurezza che scorre sui suoi vestiti e si allunga, si allunga e si allunga: può sentirne il rumore mentre si srotola. Un attimo dopo Blaine ha una mano di Kurt sulla spalla e l’altra dietro al collo, ed è con il pollice di quest’ultima che lui gli sfiora il lobo dell’orecchio. Blaine ha dimenticato come si respira.
 
«Cosa... Che cosa fai?» Kurt ride.
«Un po’ di tempo fa mi ero detto: Blaine Anderson ha dei bei lobi delle orecchie.» Blaine sta ancora cercando di assimilare cosa diavolo si è appena sentito dire che tutto a un tratto la sua priorità diventa decisamente un’altra. Kurt lo ha appena attirato verso di lui e oh mio Dio.
«Kurt- Kurt, no.» Non sa né dove trova la voce, né il fiato, né la forza morale di dirlo, ma ci riesce. E riesce anche a girare la testa dall’altra parte giusto un attimo prima che Kurt lo baci. Vuole un premio. Vuole una medaglia, una statua, una piazza dedicata.
«Stavi... Volevi baciarmi?» Non sa perché glielo chiede. Insomma, era abbastanza ovvio, però gli sembra così incredibile che vuole davvero sentirselo dire; insomma, quanto deve essere ubriaco un Kurt Hummel per provarci con un Blaine Anderson? Sembra l’inizio di una barzelletta particolarmente triste. Kurt comunque ha ancora la bocca – soffice, calda, perfetta – appoggiata sulla mandibola di Blaine da quando lui si è voltato per schivare le sue labbra e sul serio: continua a non riuscire a respirare, non è molto promettente.
«Blaaaine.»
«Perché volevi baciarmi?» Kurt sbuffa direttamente sulla sua pelle: a quanto pare non ha intenzione di spostarsi di un millimetro, quindi a Blaine conviene ingegnarsi ed evolversi rapidamente in una nuova specie che non necessita di ossigeno per vivere.
«Perché sì. Tu non vuoi baciarmi?» Blaine non risponde – non può farlo – al che Kurt si allontana e gli prende il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo in faccia. È talmente vicino che gli sembra di sentire il profumo di buono che aveva avvertito la prima volta al Lima Bean, sotto a qualche ettolitro di alcol. «Dimmi che non vuoi baciarmi.» Vorrebbe solo che Kurt avesse un’idea di quello che gli sta inconsciamente facendo. Deglutisce.
«Non voglio baciarti.»
«Bugiardo.» Blaine alza gli occhi al cielo. Stavolta lo fa più che altro per distogliere lo sguardo dalle labbra di Kurt che sono proprio lì e potrebbe farlo: potrebbe baciare quella bocca sottile, rosa e perfetta ma non può, non può fargli questo. Blaine chiude gli occhi.
 
«Non ti ricorderai niente domattina, non è vero?» Sente Kurt ridere.
«Ho bevuto troppo, Blaine.»
«In questo caso... sì, voglio baciarti. Ho questa bocca bellissima di questa persona bellissima a tre centimetri da me e voglio baciarti da morire, tantissimo, non ne hai idea. Se ora non lo sto facendo è solo perché ci tengo troppo a te per farti fare qualcosa che non vuoi davvero, e ci tengo troppo a me per vederti tornare dal tuo ragazzo domani mattina come se niente fosse, senza ricordarti nulla di cosa è successo tra di noi.» Apre lentamente gli occhi, senza avere la minima idea di ciò che può trovare. Kurt lo sta fissando con un’espressione neutra, tranquilla. Piano piano allenta la sua presa e alla fine lo lascia andare tornando a mettersi sul suo sedile, di nuovo le mani piantate al centro del petto.
«Vorrei ricordarmi di questo domattina.» Blaine riesce perfino a trovare la prontezza di sorridergli. Sono rare le volte in cui è davvero orgoglioso di se stesso per qualcosa ed è uno di quei momenti: non ha baciato Kurt. Certo, probabilmente se ne pentirà tutta la vita, ma almeno per una volta ha fatto la cosa giusta.
«Possiamo ripartire.» Gli dice Kurt, e Blaine riparte. Con il cuore in gola e dieci anni di vita in meno, ma riparte.
Vuole la sua piazza dedicata, comunque.
 
 
*
 
 
Arrivano sotto casa Anderson a mezzanotte passata. Blaine impiega dieci minuti buoni a spiegare a Kurt che non deve assolutamente fare rumore perché i suoi genitori sono rientrati e lo credono già a letto; alla fine lui sembra capire l’antifona, salvo poi rischiare di cadere ripetutamente dalle scale mentre si trascinano nella sua stanza. Blaine non aveva idea di quanto si fosse sbagliato fino a quel momento definendo la giornata della corsa al parco la più fisicamente stressante che avrebbe mai vissuto.
Non appena entrano in camera Kurt si mette a sedere sul bordo del materasso, sempre con un gran sorriso: è da un po’ che il suo umore altalenante si è inceppato su “allegria isterica”.
 
«Cosa c’è di così divertente?» Lui scrolla le spalle, rimanendo in silenzio proprio come Blaine gli ha detto di fare: se non altro lo è stato a sentire. Approfitta di quel piccolo momento di tregua per prendere fiato e scrivere a Wes che va tutto bene e che può cavarsela; subito dopo si avvicina alla piccola porzione di letto su cui Kurt è seduto, piazzandosi proprio di fronte a lui.
«Stanotte dormirai qui, okay? Ti do qualcosa da metterti e cerco anche uno spazzolino da denti nuovo- » Ma Blaine non finisce la frase. Non può, perché Kurt lo ha afferrato per il suo orrendo e scomodo maglione blu e con un singolo strattone gli ha fatto perdere l’equilibrio. Gli è appena crollato rovinosamente addosso e le molle del suo materasso hanno appena cigolato sotto il loro peso. Blaine fa per spostarsi, ma Kurt gli ha già avvolto le braccia dietro al collo. Ora come ora ha il forte desiderio di piangere, sul serio.
«Non vuoi ancora baciarmi?» Eccome se lo vorrebbe. Se in macchina aveva creduto di volerlo disperatamente, ora – complice la posizione orizzontale – è costretto a rivalutare il suo concetto di “disperatamente”.
«Ti prego, lasciami andare.»
«Altrimenti?» Glielo sussurra all’orecchio e Blaine sbuffa. Gli tocca chiudere di nuovo gli occhi e già che c’è anche allontanare il bacino dal corpo di Kurt prima che le cose si facciano troppo imbarazzanti.
«Altrimenti ti bacio davvero.» Evidentemente non doveva dirlo, perché Kurt gli stringe ancora più fermamente le braccia dietro alla nuca.
«Baciami davvero, allora.» Blaine apre gli occhi e lo guarda malissimo. Vuole la sua piazza.
«No.» Kurt sbuffa e ritira le mani, permettendogli così di tornare in posizione verticale: molto meglio.
 
«Uffa.»
«Uffa? Tu dici uffa? Voglio vedere te a non approfittarti di una situazione del genere.» Borbotta, mentre si sfila il suo stupido maglione e rinviene nel suo armadio un paio di pantaloni della tuta e una maglietta per Kurt. Va da lui e glieli allunga. Riceve un’occhiata stranita.
«Cosa ci devo fare con questa roba?»
«Mettertela?»
«Sono troppo ubriaco per levarmi i vestiti da solo.» Blaine rimane completamente immobile per una lunghissima manciata di secondi prima di scuotere lentamente la testa. Una piazza non è sufficiente, dovrebbero dare il suo nome a una città. Magari a un pianeta.
«Non ci pensare neanche.»
«Giuro che non proverò più a baciarti.»
«Kurt.»
«Solo i pantaloni.» Lo odia, lo odia con tutto se stesso. È la grande fiducia nel suo autocontrollo che le recenti tentazioni respinte con successo gli hanno procurato a dargli la forza di piegarsi a sbottonargli i pantaloni. Lo fa e gli tira giù la zip e alleluia: tutti i suoi buoni propositi di allontanamento di bacino sono andati allegramente a farsi benedire. Stranamente Kurt mantiene la promessa, comunque. Lascia che gli slacci i pantaloni ma rimane tranquillo al suo posto.
 
«Blaine?» Sembra triste: fine della modalità “allegria isterica”. Non può gestire Kurt da ubriaco, non può proprio.
«Che succede?»
«Io sono vergine.» Blaine inarca le sopracciglia.
«Bene. Io sono Capricorno. Ora, pensi di poterti infilare i pantaloni della tuta?» Kurt scalcia via i jeans come se niente fosse. Tanto non è seduto sul suo letto in mutande e nessuno in quella stanza sta pensando intensamente a sua nonna per evitare di saltargli addosso.
«No, nel senso che non ho mai fatto sesso.» Gli fa presente, mentre si infila i pantaloni della tuta. Blaine è a metà tra il divertito e l’infastidito.
«Sono sicuro che il tuo ragazzo avrebbe qualcosa da ridire al riguardo.» In realtà odia pensare alle mani di quel tipo su Kurt, chiunque sia quel tipo dato che in effetti tutto ciò che sa è che si chiama Tom. Che nome schifoso, tra l’altro. E poi c’è lui, Blaine, che è innamorato di Kurt e lo ama abbastanza da non baciarlo per ben due volte pur di non approfittarsi di lui e fargli tradire il suo stupidissimo ragazzo. Non vuole pensarci, non vuole davvero.
«Blaine... non ho mai fatto sesso.»
«Okay, Kurt. Ti metti la maglietta adesso?»
«Tengo la mia.»
«Kurt...» Blaine – dopo averlo aiutato a sfilarsi la giacca – fa per raggiungere l’orlo della sua t-shirt, ma Kurt lo ferma con una velocità e un impeto impressionanti per la sua condizione non esattamente lucida. Sarebbero state impressionanti anche da sobrio.
«No.» Lui alza le mani in segno di resa.
«Va bene, tieni la tua maglietta.» Kurt annuisce, gattona sul letto e si infila sotto alle coperte. Blaine lo fissa per tutta la durata dell’operazione con le sopracciglia inarcate.
«Certo, fai pure. Io dormo sul pavimento. Non ti sei neanche lavato i denti- »
 
«Blaine.»
«Cosa?»
«Vieni qui.» E Blaine naturalmente va lì. Perché è un coglione, ma questa non è una novità.
Si sdraia cautamente di fianco a Kurt con ancora i jeans addosso – una volta che si sarà addormentato si metterà davvero sul pavimento: non possono stare in un letto da una piazza senza che uno dei due cada e ha le sue buone ragioni di credere che quell’uno in questione sarebbe lui.
«Mi hai fatto preoccupare a morte, lo sai?»
«Scusa.» Sussurra, chiudendo gli occhi. Blaine non può fare a meno di sorridere. Torna a passargli una mano sulla fronte e tra i capelli e di nuovo non ha idea del perché.
«Kurt?»
«Mm.»
«Perché hai bevuto così tanto?» Kurt torna ad aprire gli occhi. Sono così belli e lui non se n’è mai accorto davvero. Aveva creduto di essere innamorato di lui senza nemmeno sapere cosa significava. Adesso può dirlo sul serio, adesso sa che cosa vuol dire. Kurt gli fa un piccolo sorriso.
«Per non pensare.» Gli dice, rannicchiandosi sul materasso con entrambe le braccia piegate sul petto. Blaine continua ad accarezzargli distrattamente i capelli.
«A cosa non volevi pensare?»
«Sai, non è solo la tua vita che può fare schifo.»
«Il vittimismo non è sexy.» Kurt ride.
«Questa era mia.» Blaine annuisce e poi gli rivolge un’occhiata incerta, perché si sta di nuovo spostando verso di lui e ad essere onesti sperava di aver superato questa fase dopo la sua quasi erezione sul letto di una ventina di minuti prima.
 
«Kurt- »
«Shh.» Allora Blaine sta zitto e immobile, ma è comunque pronto a voltarsi al momento opportuno per schivare il terzo bacio della serata. Solo che Kurt non lo bacia. Non sulle labbra, almeno. Gli tiene la testa con entrambe le mani e gliela piega verso il basso, in modo da potergli appoggiare le labbra sulla fronte. Gli dà un piccolo bacio e poi lo lascia andare.
«Sei la cosa più bella che mi è mai capitata.» Blaine sorride, mentre cerca faticosamente di alzarsi dal letto.
«Certo, Kurt. Adesso però dormi.»
«No, io... volevo trovare altre parole per dirtelo perché così sembra scontato. Ma è l’unico modo che mi è venuto in mente. Però è vero, Blaine. Lo sei davvero.»
È l’ultima cosa che gli dice prima di addormentarsi. Ci mette pochi minuti, esattamente come era successo a lui quando era caduto in piscina. Blaine rimane imbambolato a fissarlo per un po’, poi scuote la testa e va a lavarsi i denti, per poi chiudere la porta della camera a chiave. Durante tutto questo, non riesce a smettere di pensare che forse Kurt lo pensa davvero, forse è davvero la cosa più bella che gli è mai capitata. O forse Kurt è solo molto ubriaco.
 
«Blaine?» Per poco non ha il ventesimo principio di infarto della serata. Si volta con apprensione verso Kurt, che nonostante abbia appena parlato è ancora lì, appallottolato e con gli occhi chiusi e del tutto scambiabile per qualcuno che dorme della grossa.
«Cosa c’è ancora?»
«Primo bacio.»
«Che?- »
«Aggiungilo alla lista.» Blaine rimane interdetto per qualche secondo e poi sì, lo aggiunge alla lista. Anche perché ha bisogno di scrivere e quindi il quaderno gli serve comunque.
 
Quella sera cambiò tutto. Cambiò me, cambiò lui e cambiò il modo in cui avevo sempre pensato di conoscerlo. La maschera del personaggio andò in mille pezzi, ed ecco la persona: con le sue fragilità, con le ferite. Alzai lo sguardo e lo vidi dormire sul mio letto, con i capelli arruffati e gli occhi gonfi e fu a quel punto che lo realizzai: avevo smesso di amare Non-Colin. Amavo Kurt, adesso.
 
 
*
 
 
Kurt non prova nemmeno a sollevare le palpebre: si sente talmente male che ha paura che se lo facesse i suoi occhi rotolerebbero senza troppi complimenti fuori dai bulbi oculari per poi andare chissà dove. Non sa neanche come riesce a concepire questo pensiero, ma in qualche modo gli viene da sorridere: tra le sue poche qualità c’è quella di sorridere nelle circostanze meno consone, come ad esempio di prima mattina con il peggiore dei dopo sbronza.
Il fatto di essere sdraiato su una superficie morbida lo sorprende: l’ultima cosa che ricorda è di essere uscito dalla sua macchina dopo aver bevuto in un modo imbarazzante per non pensare al fatto che forse non andrà a New York e che il suo ragazzo è un bastardo che non lo richiamava neanche per scusarsi- beh, ora se lo ricorda. Bere non è stato poi così utile, dopotutto. Muove appena le gambe e le braccia per assicurarsi di essere ancora tutto intero. E poi deve aprire gli occhi a costo che gli cadano: non può semplicemente non sapere dove si trova.
 
«Buongiorno.» Di tutte le persone che si sarebbe aspettato di vedere appena alzato – compresi maniaci sessuali e rapitori, per quel che ne sapeva – di sicuro Blaine Anderson sarebbe stato tra gli ultimi. Lo fissa senza muovere un muscolo, ad occhi spalancati – se non altro non gli sono ancora caduti.
«Sono le undici. Ho dell’aspirina se ne hai bisogno.» Kurt sbatte le palpebre un paio di volte.
«Sono...»
«Nel mio letto, a casa mia. Ieri sera sono venuto a recuperarti di fronte al Lima Bean- »
«Okay, ma non urlare.»
«Non sto urlando.» Kurt strizza gli occhi e si mette faticosamente a sedere. Deve sforzarsi per riuscire a formulare frasi di senso compiuto. O anche solo pensieri di senso compiuto. O entrambi.
«Come... Come sapevi che ero al Lima Bean?» Blaine appoggia qualcosa sul comodino: è un bicchiere d’acqua affiancato dall’aspirina che gli aveva offerto.
«Mi hai scritto tu, ricordi?» Ricorda? No, non ricorda minimamente. Perché tra tutti ha scritto proprio a Blaine? Il suo cervello si rifiuta di rivelarglielo, così come si rifiuta di far riemergere un qualsiasi ricordo della serata precedente.
«Blaine, scusa. Non mi ricordo.» Blaine gli sorride e nel frattempo inizia a raccogliere un’ampia varietà di cuscini disposti a casaccio sul pavimento.
«Meglio così.» Kurt aggrotta la fronte.
«Meglio così? Oh, no. Non dirmi che ho fatto cose troppo imbarazzanti.» Blaine scuote la testa con fare noncurante.
«Tranquillo, non hai fatto niente di memorabile.» Kurt tira un sospiro di sollievo mentre mette cautamente le gambe giù dal letto, allungando una mano verso il bicchiere. Improvvisa un mezzo sorriso.
 
«Non ho idea del perché ho rotto le palle proprio a te, Blaine Anderson. In ogni caso scusa per tutto quello che posso aver detto di stupido.» Blaine gli ribadisce che non ha fatto niente di male, era solo molto ubriaco. Kurt vorrebbe solo sapere per quale caspita di motivo ha pensato di chiamare proprio lui. Tra tutte le persone da cui non avrebbe mai voluto farsi vedere in quelle condizioni Blaine era secondo solo a Rachel. Ingoia la sua aspirina.
«Come ti senti?» Blaine continua a guardarlo con un sorriso adorabile e Dio: si sente così stupido, così imbarazzato e così mortificato che solo la sua testa fa più male di quella sensazione.
«Che figura di merda.» Dice, nascondendo il viso tra le mani. Sente Blaine ridere: almeno uno di loro lo trova divertente. Non sa letteralmente cosa fare: non era questo lato di lui che Blaine doveva vedere; perché diavolo gli aveva scritto di andarlo a prendere? Perché proprio a lui?
«Kurt, davvero. Non è successo niente di sconvolgente.» È più o meno a quel punto che Kurt si concede di guardare attraverso le fessure tra le sue dita, e nota qualcosa che lo lascia con il fiato corto per un attimo.
«Non sono miei.»
«Che cosa?»
«I pantaloni.»
«Ti ho dato un paio dei miei, per essere più comodo.» È automatico, immediato. Le mani gli si fiondano sul bordo della t-shirt che indossa e tirano appena in modo che si tenda e lui la possa vedere. Sembra la sua. È la sua? Blaine lo precede.
«È la tua. Non hai voluto saperne di togliertela.» Kurt fa di tutto per ignorare la rapidità con cui il suo cuore – da tranquillo che era – ha iniziato a scalpitargli furiosamente sotto le costole, perché ha bisogno di sapere.
 
«Ho detto qualcos’altro?» Blaine lo guarda con aria curiosa.
«Non hai detto niente, Kurt. Oh!» Sembra essersi improvvisamente ricordato di una cosa, perché si volta rapidamente e raggiunge la sua scrivania. Torna con le chiavi della macchina e il cellulare di Kurt.
«La tua macchina è ancora parcheggiata al Lima Bean, dopo la andiamo a prendere. Hai anche ricevuto due messaggi da Tom- non li ho letti! È solo che il cellulare vibrava e sullo schermo c’era il suo nome a caratteri cubitali, così- »
«Blaine, due cose. La prima è che non puoi dire frasi così lunghe perché tutto quello che capisco al momento è blablabla. Secondo: sei venuto a prendermi e mi hai fatto dormire qui mentre ero ubriaco. Anche se avessi letto quei messaggi e avessi risposto con degli insulti sarei ancora in debito con te.» Gli dice, allungando una mano verso Blaine, che gli dà immediatamente cellulare e chiavi. Sono tre giorni che ha mal di testa ininterrottamente e la cosa comincia a spossarlo un tantino.
«Non leggi i messaggi?»
«Grazie comunque, dovevo ancora dirtelo. Grazie davvero. I messaggi li leggo dopo.» Kurt lo guarda dal basso in alto: per fortuna Blaine ha gli occhiali. Non sopporterebbe di vedere i suoi occhioni manga proprio adesso che si sente così vulnerabile e così in debito. Scuote la testa.
 
«Okay, d’ora in poi sarò il tuo genio della lampada. Hai a disposizione tre desideri.» Blaine sta per ribattere, glielo legge in faccia. «No no no, niente obiezioni. Sono in debito e odio essere in debito, quindi hai tre favori da sfruttare: gioca bene le tue carte.»
Blaine gli sorride e si siede di fianco a lui sul letto. Kurt non ha nessuna voglia di leggere quei messaggi, non ha nessuna voglia di fare niente che lo distolga da ciò che sta facendo in quel momento: stare seduto sul letto insieme a Blaine. Non aveva messo in conto niente di tutto questo quando aveva tirato fuori per la prima volta tutta quell’idea della lista.
Non gli piace stare dalla parte vulnerabile, quella che può farsi del male. E Kurt in quell’esatto momento – seduto di fianco a Blaine con un gran signor mal di testa – realizza che è così che stanno le cose: Blaine l’aspirante scrittore, Blaine quello senza amici, Blaine la sua iniezione di allegria quando tutto il resto fa schifo, Blaine ha un potere immenso su di lui. E non ha idea di averlo. Il suo non averne idea rende Kurt ancora più stupidamente docile e odia sentirsi così: odia essere quello che ci tiene di più.
 
«Vorrei averti conosciuto prima, lo sai, Blaine Anderson?» Il sorriso di Blaine si allarga.
«Prima di cosa?»
«Prima di tante cose.» Si limita a rispondere, scrollando le spalle. «Allora, questi tre desideri?»
«Inizierei con il prenotarti per sabato sera. Facciamo il campeggio che abbiamo messo nella lista.»
«A una condizione.» Gli dice Kurt, mentre si cimenta nel titanico tentativo di alzarsi in piedi. Incredibilmente ci riesce. «Mi leggerai un pezzettino di quello che stai scrivendo. Insomma, ora tra le tue esperienze c’è anche assistere un ubriaco.» Blaine è un tantino... sconvolto. O almeno così gli sembra per un momento, perché un attimo dopo torna a sorridergli. Gli dice di sì, e aggiunge che il suo secondo desiderio è di annullare il terzo desiderio e Kurt non può davvero replicare in nessun modo. Poi gli lancia un’occhiata che non capisce.
«A proposito della lista: ieri sera mi hai detto di aggiungere un punto.»
«Ovvero?»
«Primo bacio.» Oh. Così gli ha detto di aggiungere quel punto, proprio quel punto. Non può fare a meno di essere travolto da un dubbio terrificante.
«Blaine... Non ci ho provato con te, vero?» Blaine arriccia le labbra, scuotendo energicamente la testa.
«No, Kurt. Perché avresti dovuto?»
Già. Perché avrebbe dovuto?

 
 
 
 

 
 
 
 
...Perché avrebbe dovuto?
Okay, sono curiosissima di leggere i vostri commenti su questo capitolo :’D
In realtà non ho note particolari da fare, a parte il fatto che sarebbe davvero il caso di dedicare una piazza a Blaine.
Come sempre vi ringrazio tantissimo, e vi do appuntamento alla prossima settimana (o forse un po’ prima... ;)?)
 
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