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Autore: Callitmagic    29/09/2014    1 recensioni
“Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza.
Per ogni fine c’è un nuovo inizio.” -Il Piccolo Principe
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Questa è una semplice storia che ne racchiude tante. La Figlia Di Ecate vuole scavare nel passato, e attraverso un’impresa con i suoi amici dovrà salvarsi dalla morte. Ognuno di noi ha peccati, segreti e perdite lasciati ormai alle spalle ma che minacciano ogni giorno di tornare.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Perchè Provare

Capitolo 14 – La figlia di Ecate







|When the Beat Drops Out - Marlon Roudette|
| Why Try – Ariana Grande |

 

 



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Nello schermo di vetro si stava scatenando una terribile tempesta che portava con se alberi e foglie.
La comunicazione era interrotta costantemente e la donna seduta davanti lo schermo cominciava a innervosirsi.
«Maledetta linea…» imprecò a bassa voce. Ecco cosa capitava a fidarsi si ingegni mortali, pensò.
Un ibrido – così chiamava chiunque venisse infetto dalla sostanza gialla – entrò in quel momento nella stanza, portando con sé un corpo svenuto.
«Signora, lo abbiamo preso» riferì gelidamente l’ibrido.
«Chi? Il feziale*
Quando l’ibrido lasciò l’uomo, la donna capì che si trattava nonché di un giovane. Aveva all’incirca ventidue anni, e si sconvolse nel vedere una muscolatura possente rispetto agli altri feziali.
Di solito erano molto grassi, tanto da sembrare palle di lardo, a causa di tutti i banchetti post cerimonia a cui erano costretti a partecipare.
«Portatelo in una cella. Ma prima pulitelo.» si trovò ad aggiungere stranamente. «Voglio parlarci appena si sarà svegliato»
L’ibridò annuì e portò con se il corpo per le spalle, questa volta più delicatamente.
«Sarà difficile convincerlo»

 

*feziale: avevano il potere di dichiarare la guerra e di concludere trattati di pace, secondo un rituale di tipo magico.

 

 

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Gwen correva senza meta. Intorno a lei c’era solo un deserto bianco, infinito e senza sosta. E lei correva a perdifiato, senza sapere dove guardare o cosa fare.
«Mio padre dice che devo correre più veloce» disse una voce improvvisamente. «Mi ha detto i correre al contrario»
«Ma non ha senso» rispose Gwen fermandosi.
«Perché correre in quella direzione ha senso?» ribatté la voce. Era la voce di una ragazza, e poco dopo le apparve davanti. Gli occhi verdi smeraldo risaltavano nel deserto bianco, rendendoli accecanti. Gwen socchiuse gli occhi infastidita.
«Ma cosa cambia se corro indietro?» richiese Gwen ancora più confusa, ma consapevole di essere in un sogno.
«Tu scegli di stare ferma o correre senza meta?»
La figlia di Atena rimase zitta, meditando sulla domanda.
«E’ la mia prima paura, vero?»
«Non direi proprio la prima, Gwen» rispose la ragazzina. Le orecchie a punta si stavano ingrandendo, trasformandosi in corna.
I piedi si ingrandirono ancora di più e il busto si allungò all’indietro, trasformando la ragazzina in un toro.
Il deserto divenne rosso, come il sangue, e il toro cominciò a guardarsi intorno spazientito.
«Oh merda…» imprecò a bassa voce Gwen. E appena questo prese la carica, chiuse gli occhi e respirò profondamente, candendo nel vuoto.


 

 

*Meg*


«Io l’avevo detto che era una pessima idea andare al centro commerciale» dico spazientita a Jack. Aveva insistito quel giorno perché andassimo a fare spesa di cibo-spazzatura, poiché si era scocciato delle mie zuppe in scatola. Ci avevano accompagnati, con pca gioia, Gwen e Ryan.
«Se lo avessi previsto non ci saremmo andati» risponde nervoso il biondino mentre perlustrava la camera di Scar.
«Okay, manteniamo la calma» si affretta a dire Ryan.
Appena entrati nella stanza trovammo la porta totalmente ridotta in pezzi e riconobbi la traccia di magia presente su di essa.
«Cazzo» impreco «Come facciamo a trovarli?»
«Chiediamo aiuto» annuisce Gwen mentre guarda i residui della porta. «E so già a chi»
«Potresti illuminarci?» chiedo ansiosa
Inaspettatamente, Gwen alza la testa e mi guarda con sorriso complice.
«Hai mai aperto un portale?»

 

 

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Ancora un’altra, orrenda, spaventosa volta Abbie si risveglia nella cella bianca del ‘labirinto tecnologico’ che avevano visitato qualche giorno fa. Però le catene non c’erano.
Un candido vestitino bianco le ricopriva le curve dalle spalle fino alla coscia: era decisamente corto rispetto al suo standard.
Cominciò a tastarsi confusa e a guardarsi intorno: aveva la faccia graffiata e sussultò leggermente quando ne toccò una vicino la fronte.
Nella cella bianca accecante in cui si trovava erano collocati due letti.
«Scar?» interpellò piano, vendendo una figura immobile distesa sul letto. Si alzò tremante e si avvicinò a letto, attenta ad ogni passo e calcolando la respirazione. Quando tolse il lenzuolo emise un sospiro di sollievo vedendo la chioma scura di Scar e la sua pelle chiara.
Affondava la testa nel cuscino e le braccia erano alzate.
Abbie lo chiamò un’altra volta, scrollandolo.
«Scar…» cominciò a scuoterlo ma non si svegliava. «Scar…Scar…» esasperata e quasi vicino alle lacrime lo buttò giù dal letto. Il figlio di Ares inizialmente non si mosse, e Abbie stava per urlare dallo spavento. E se fosse…?
Magari era solamente svenuto, no?
Lo guardò ancora, pregando Apollo che si muovesse e poi si chinò, prendendogli il polso.
Prima che potesse fare qualsiasi esame di vita o di morte, la risata roca che ogni volta le provocava un brivido alla schiena la fece sobbalzare.
Abbie si alzò irritata e Scar si girò con un sorriso che –se non fosse stato per la situazione – sarebbe stato la fine del mondo, insieme alla cicatrice. La solita cicatrice.
«Tu…Sei…UNO STRONZO MORTO!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola, noncurante di chi potesse sentirli. Tanto per cambiare, li volevano morti ed erano intrappolati.
«Sei così suscettibile» disse alzandosi Scar. «Lo faccio per sdrammatizzare»
Abbie rimase lì a fissarlo prendendo grandi boccate d’aria.
«Cosa ci facciamo qui? Che cosa ci vogliono fare?» chiese improvvisamente la figlia di Apollo.
«La mia domanda, invece, è… perché hai un vestitino così corto
«E tu perché sei senza maglia?» chiese infastidita Abbie.
«Evidentemente hanno visto il mio magnifico fisico» ammise con un ghigno. Per poco Abbie non gli tirava uno schiaffo.
«Oh nono, Scar» disse una voce alle sue spalle. «E’ da un po’ di tempo che non mi piacciono più i maschi»
Ziva era comparsa nella cella bianca. Certamente per la porta nel muro, pensò Abbie.
«Ziva, santo cielo» sospirò «Sei venuta a salvarci!» esclamò la figlia di Apollo.
«Io vi ho già salvato» ammise. I capelli blu avevano un contrasto straordinario sul bianco. «Ho evitato che vi uccidessero»
«In che senso?» chiese Scar, ancora offeso.
«Il 79% delle persone qui presenti vi vuole morti, ma grazie a me…» rispose avvicinandosi lentamente con passo felpato. «Avete ancora una possibilità»
«Ziva perché non scappiamo?» chiese Abbie con voce tremante. Cominciava ad essere inquieta.
«E’ quello che fate sempre…» sospirò l’altra «Affrontate la realtà»
«E quale sarebbe? » urlò Scar «Che ci hai presi in giro? »
Ziva scoppiò in una risata fragorosa e si avvicinò ancora di due…tre…quattro passi. La cella si fece improvvisamente piccola, pensò Abbie.
«Non sono l’unica che vi tradisce» disse fingendosi dispiaciuta «Vero, Scar?»



 

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Meg era nella sua camera da letto e si torturava le mani. Dopo la doccia calda aveva indossato solo una canotta e un pantaloncino con gli elefanti, promettendo di non uscire dalla stanza.
Come era potuto succedere? Eppure Scar ed Abbie erano rimasti a casa, consapevoli che fossero soli. Soli e…

In quel momento Meg si fermò, pensando a l’unica persona scomparsa, ma di cui nessuno si era accorto: Duff.
Si alzò dal letto frettolosamente, spegnendo la tv che trasmetteva Agents Of S.H.I.E.L.D, la terzultima puntata. Diamine, nemmeno un telefilm in pace!
Meg si alzò e andò verso la porta. Appoggiò la mano alla maniglia, ma si bloccò all’improvviso. Se anche avesse chiesto aiuto a qualcuno, come l’avrebbero potuta aiutare?
Si sedette di nuovo sul letto a gambe incrociate e guardò oltre la vetrata. Voleva fare qualcosa da sola, ma non sapeva proprio come…
Il senso di impotenza che tanto le dava fastidio la invase.

Odiava sentirsi inutile e confusa, senza sapere quale fosse la cosa giusta da fare.
Per un breve istante pensò ai genitori adottivi: per la prima volta non le venne da vomitare. Si distese sulla schiena e socchiuse gli occhi per poi riaprirli subito. L’immagine dei loro corpi le apparve, ed allora represse le lacrime.
Sapeva bene che era stupido piangere per una cosa simile, ma Meg pensava che anche la persona più cattiva dovesse avere una fine migliore.
Anche la persona che li tradiva.

 

 

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Pensare al materiale per il portale: FATTO.
Mangiare: FATTO.
Leggere almeno sei capitoli del libro sulla storia della magia: FATTO.
Nella lista mentale di Gwen delle cose da fare prima di aprire un portale che forse li avrebbe spediti in una dimensione parallela, mancava solo una cosa molto semplice.
DORMIRE.

Non lo dava a vedere, ma dormiva per poco tempo solo per fare incubi. Finì di mangiare il gelato –cioccolato extra fondente- che aveva fra le gambe e guardò il telegiornale.  Ma appena la giornalista cominciò a parlare della guerra e altre cose molto brutte, spense il televisore.
Chissà se suo padre si stava preoccupando; se aveva chiesto sue informazioni al campo e Chirone non sapeva cosa dire.
Si sentiva in colpa per aver lasciato il campo così furtivamente, ma era l’unico modo per partire  immediatamente.
Doveva ancora trovare una soluzione per la maledizione e…
Si morse il labbro inferiore, imboccò un cucchiaio enorme di gelato per zittire i suoi pensieri e chiuse gli occhi assaporando il sapore intenso del cioccolato. Puro cioccolato.
Stava per imboccare un altro super-cucchiaio-cioccolattoso se non fosse stato per il rumore di qualcuno che bussava. Chi mai poteva bussare di notte?
Si alzò goffamente, abbassandosi i pantaloncini e portandosi appresso il contenitore del gelato.
Era pronta agli occhi chiari di Jack, o al sorriso di Meg. Persino al rosso fuoco di Duff. Ma non si sarebbe mai immaginata lì, davanti alla sua porta, il ciuffo castano di Ryan.
Lui le rivolse un sorriso tirato, mostrando timidamente le fossette. La maglietta marrone aderente che indossava mettevano in risalto i muscoli, evidente risultato di ore di esercitazione e appassionate lotte al campo. Senza accorgersene, Gwen fissava i bicipiti e si ritrasse con una scrollata del capo appena lui la richiamò.
«Oh. Si. Entra» si ritrovò a dire.
Ryan fece un passo avanti lentamente, e poi superò Gwen oltre la porta.
Quando la figlia di Atena chiuse la porta, lui si guardava intorno con aria tranquilla. Per rompere il silenzio Gwen parlò, ma all’unisono con Ryan.
«Ti serve qualcosa?»
«Mangi il gelato?»
Si guardarono imbarazzati, ma subito Ryan si sedette sul letto e parlò. Gwen era ancora alzata.
«Volevo solo vedere come stavi» ammise Ryan, ma si vedeva che era distante. La figlia di Atena capì subito che non era quella la ragione: voleva solo parlare.
«Di cosa vuoi parlare?» gli chiese. Li inizialmente sembrò sconvolto, ma poi si rilassò, sorridendole leggermente.
«Non lo so» rispose scuotendo la testa.
Gwen gli andò accanto, sedendosi sul letto e gli appoggiò una mano sulla spalla per rassicurarlo.
«E’ una strana sensazione di vuoto» continuò Ryan «Come se…se non sapessi cosa voglio» cacciò un sospiro «Che cosa stiamo cercando, te lo sei mai chiesto?»
Gwen pensò che lei lo sapeva eccome, era la ragione per cui non poteva dormire.
«Una soluzione» rispose la ragazza «Per migliorare le cose»
«Migliorare è una parola grossa» Ryan girò i suo viso verso il suo e anche se la guardò negli occhi era distante.
«Tu cosa vuoi migliorare?» chiese il bruno prendendo il gelato dalla mano di Gwen. «La tua intelligenza? Perché lo sei già» disse prendendo un cucchiaio di extra dark.
«Migliorare la mia vita»
«Non va già bene?»
«Non è come sembra» rispose sincera Gwen «E’ più intricata» disse cacciando un sospiro. «Capita anche a te di non dormire?»
«Intendi per tutta la storia di Assana e dei semidei-ibridi?»
Gwen annuì, rubando il cucchiaio a Ryan e prendendo il fondo.
«Si, anche io non dormo. Troppe immagini, troppi incubi che non si possono togliere»
La ragazza annuì ancora, sollevata di non essere l’unica sonnambula.
E senza accorgersene, come se fosse un’altra voce a parlare con lei, fece la proposta più assurda, stupida ed eccitante – lo ammise – di tutti i secoli.
«Puoi restare a dormire qui»
E subito dopo Ryan andò dall’altro lato del letto e scoprì le coperte. Con un inchino la invitò ad accomodarsi, e cauta Gwen si sdraiò sperando di non essere ridicola. Dopo che si tolse le scarpe e si sdraiò anche lui tra le sottili lenzuola bianche – visto il caldo- allungò un braccio come da cuscino per la testa di Gwen.
Leggermente, la ragazza appoggiò la testa al petto e ispirò il profumo di pulito delle lenzuola e della sua maglia.
«Spero non sbavi» rise piano Ryan.
«Giusto un po’» lo rassicurò.
«Buonanotte» sospirò piano il bruno.
E Gwen, sul punto di addormentarsi per la prima volta dopo giorni, scivolò tra le sue braccia. Sentì solo la sua fievole voce sussurrare.
«Buonanotte Jack»




 

Angolo autriceeeeee


Okkaaaaay ECCOMI DI NUOVO SONO RINATA. Spero continuerete a seguire la mia storia eweee Vi ringrazio tanto per aver aspettato e non so proprio quando pubblicherò un altro capitolo!
   
 
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