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Autore: _Laine    30/09/2014    2 recensioni
Alla morte dei genitori, quattro fratelli si ritrovano improvvisamente tra le mani un'eredità da capogiro. Sorgono problemi e nascono tensioni, i sentimenti vengono nascosti e le frustrazioni sfogate nei modi più sbagliati.
Ognuno dei fratelli Westmore aveva qualcosa da nascondere; i loro segreti potevano portarli in alto e realizzare i loro sogni, oppure trascinarli nel fondo del baratro.
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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2. Ellie




Le giornate di Elizabeth Westmore avevano finito per assomigliarsi un po’ tutte. Quasi sempre in casa e costantemente sotto osservazione, si sentiva come una reclusa.
Sapeva perfettamente che i suoi fratelli la tenevano d’occhio solo ed esclusivamente per il suo bene, ma spesso quella situazione le pesava.
Non toccava alcolici da più di una settimana e quell’astinenza forzata la stava lentamente consumando. Ma non poteva fare nulla: Samuel e Pauline, il maggiordomo e la domestica dei Westmore, la sorvegliavano praticamente ogni ora del giorno e non sarebbe mai riuscita a rubare gli alcolici, messi sotto chiave da Aidan, senza farsi scoprire.
Avrebbe potuto attingere alla sua scorta personale, ma la conservava solo per le emergenze, e stava cercando di capire se fosse una di quelle.
Ora, cercando di distrarsi, osservava la città ai suoi piedi, attraverso le ampie vetrate del soggiorno. Qualcuno si stava svegliando per iniziare la giornata, qualcuno aveva già raggiunto il posto di lavoro, qualcun altro ancora avrebbe trascorso la giornata chiuso fra quattro mura, proprio come avrebbe fatto lei.
Si strinse nelle spalle; nonostante tutte le finestre fossero chiuse, avvertì un inspiegabile gelo e, guardandosi attorno, provò un forte senso di solitudine. Il salone sembrava incredibilmente triste ed asettico, specialmente quando si trovava lì da sola. Sentiva la mancanza dei genitori e sapeva che nulla, nemmeno le bottiglie di alcolici, avrebbero potuto colmare quel vuoto, ma bere era l’unico modo che conosceva per far sì che le sue preoccupazioni si offuscassero.
Si diresse verso il camino; era settembre e le temperature erano ancora piuttosto elevate, ma quel mattino Ellie continuava ad avvertire dei brividi lungo la schiena che non riusciva proprio a spiegarsi.
Sopra la mensola vide una cornice che conteneva la sua fotografia preferita: mamma e papà sorridevano all’obbiettivo e i loro quattro figli li circondavano, abbracciandoli e sfoggiando dei dolci sorrisi. Ellie ricordava perfettamente il giorno in cui era stata scattata: doveva aver avuto più o meno quindici anni; i genitori avevano deciso di portare i figli alla loro casa al lago in una delle poche giornate di libertà che si concedevano. Avevano fatto il bagno, mangiato, giocato sulla riva e trascorso dei momenti indimenticabili con tutta la famiglia.
Ellie non era più tornata in quella casa, e ora solo pensando ad essa e a quei giorni memorabili provava una fitta al cuore.
 
A differenza dei suoi fratelli, Elizabeth Westmore non riuscì mai a superare la perdita dei genitori.
Ricordava perfettamente di essere al bar con degli amici, quando ricevette la telefonata che le cambiò la vita.
Quando aveva premuto il pulsante per avviare la chiamata, udì subito la voce di Samuel: «Signorina Ellie, mi dispiace disturbarla, ma è accaduta una cosa terribile.»
«Dimmi» rispose la ragazza, con voce tremante. «Cos’è successo?»
«I suoi genitori sono morti in un incidente stradale, mentre erano di ritorno da Boston.» Probabilmente Samuel stava cercando il modo giusto per comunicarle la terribile notizia, anche se forse le parole giuste in queste situazioni non esistono. «Un folle che guidava contromano li ha travolti in pieno.»
Il cuore di Ellie cominciò a martellare alla velocità della luce; non riusciva a credere alle sue orecchie. «Se si tratta di uno scherzo, Samuel, sappi che non è affatto divertente.»
Il maggiordomo rispose tristemente: «Non potrei mai scherzare su una cosa del genere, signorina. Mi dispiace moltissimo.»
Non fece in tempo a concludere la conversazione che scoppiò a piangere.
Gli amici le chiesero spiegazioni, ma lei non rispose subito, poiché ripetere le parole di Samuel era un po’ come rendere tutto reale. Decise invece di riempirsi il bicchiere di vino, ancora ed ancora, finché non sentì i sensi affievolirsi. Solo a quel punto cominciò a raccontare l’accaduto. Gli amici tentarono invano di consolarla, poi decisero che la soluzione migliore era riaccompagnare Ellie a casa.

Ad un tratto quei pensieri si fecero troppo intensi e la spinsero a dirigersi verso la sua stanza, dove aprì le ante del suo guardaroba; in fondo, tra delle scatole da scarpe, ce n’era una contenente un assortimento di bottiglie di vetro. Ellie vide quei contenitori colorati, le etichette e le scritte di ogni genere. Con la testa che girava, fece scorrere la mano sulle bottiglie, con l’intenzione di sceglierne una.
Ne aveva bisogno.
 
Si svegliò all’improvviso, udendo dei colpi insistenti alla porta della sua camera.
«Signorina Elizabeth!» una voce la chiamava con una nota di preoccupazione. «Per favore, risponda!»
Ellie si stropicciò gli occhi, i sensi ancora offuscati dall’alcol.
«Signorina Elizabeth, mi apra!»
La testa le faceva ancora più male di prima. Barcollando, si alzò in piedi, cercando di mantenere l’equilibrio, e si avvicinò alla porta con passi incerti.
«Santo cielo, ero così in pensiero!»
Il volto di Samuel era teso, sembrava veramente preoccupato. Come lo vide, Ellie capì che lui sapeva.
«Come si sente?»
Lei non poteva mentire, sarebbe stato del tutto inutile, perciò rispose: «Come se mi avesse investito un treno.»
«Cosa posso fare per lei? Le porto qualcosa da mangiare?»
Scosse la testa. Il cibo era il suo ultimo pensiero.
«D’accordo. Se avesse bisogno di qualcosa, non esiti a chiamarmi.»
Il maggiordomo si allontanò ed Ellie provò un forte senso di vergogna. Così non andava, ma non sapeva proprio come uscire da quel tunnel.
 
«Ellie!»
Ancora una volta fu svegliata di soprassalto da una serie di colpi. Perché ce l’hanno tutti con la porta della mia camera?
«Sono io, apri!»
Impiegò alcuni istanti per realizzare che la voce autoritaria e severa che udiva era quella di suo fratello.
«Entra pure.»
Aidan spalancò la porta con fretta e decisione. «E’ accaduta una cosa terribile: un uomo è stato assassinato nel parcheggio.»
«Cosa?» domandò, cercando di capire cosa stesse dicendo.
Il ragazzo non rispose. «Per favore, potresti scendere al piano di sotto?»
Ellie sbuffò; il mal di testa non si era affatto placato. Voleva solo restare chiusa in camera e non fare assolutamente nulla, e invece era sorto questo contrattempo. Ma cosa voleva Aidan da lei?
C’era solo un modo per scoprirlo.
«D’accordo, dammi un minuto e scendo.»
Il fratello maggiore annuì e, senza aggiungere altro, se ne andò.
Com’è strano, pensò Ellie, mentre si massaggiava le tempie con movimenti circolari.
 
Appena raggiunse il soggiorno, vide dei volti familiari - Aidan, Harriet, Samuel e la domestica Pauline - ma poi la sua attenzione fu catturata da un uomo intento a conversare con i suoi fratelli.
Notò subito che era un bell’uomo. Alto, biondo e con un’espressione seria stampata in volto. Ad occhio e croce poteva avere circa trentacinque anni.
Appena i presenti la notarono, Ellie si avvicinò timidamente. «Buongiorno.
»
Lo sconosciuto le rivolse un sorriso cordiale e le porse la mano per presentarsi. «Lei dev’essere Elizabeth Westmore. Piacere di conoscerla, sono il detective James Miller.»
Ellie lo guardò perplessa, mentre gli stringeva la mano. Un detective?
«Sono qui perché è stata aperta un’indagine» spiegò l’uomo, come per rispondere alla sua tacita domanda. «Come saprete, questa mattina è stato rinvenuto il cadavere di un uomo nel parcheggio sotterraneo di questo edificio; sono dell’idea che l’omicidio potrebbe avere un collegamento con la vostra famiglia.»
Ellie cominciò a preoccuparsi. Non è che uno dei suoi fratelli si fosse messo nei guai?
«E in che modo?» domandò Aidan sulla difensiva. «Io e mia sorella abbiamo visto il corpo e siamo sicuri di non conoscere la vittima.»
«Forse non di persona» sentenziò il detective Miller, con calma e freddezza. «Ma non vi dice nulla il nome Peter Collins
Ellie cercò di fare mente locale, per capire se il nome corrispondesse ad una delle sue conoscenze. Fece no con la testa e vide Harriet fare lo stesso.
«Un momento» disse Aidan, improvvisamente spaventato. «Forse ho già sentito questo nome.»
James Miller sentenziò: «E’ molto probabile: era uno dei soci in affari dei vostri genitori.»
  
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