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Autore: flyingangel    08/10/2008    1 recensioni
"Amarti, il mio incubo. Che cosa nascondi dietro ai tuoi occhi?"
Chey è una ragazza come tante, ma qualcosa dietro l'angolo sconvolgerà la sua vita, e le farà vivere l'esperienza più eccitante, dolorosa, e pericolosa che abbia mai immaginato.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- SESTO CAPITOLO -


*

Quel giorno arrivava mia madre, era il weekend e non sapevo cosa aspettarmi. Sbuffai.
Non ne avevo proprio voglia. Era una sensazione scomoda che mi prendeva all’altezza della pancia.
“Bleah” dissi, amareggiata.
Eppure non riuscivo a fare a meno del vederla . Mia madre. Probabilmente perché dentro di me avevo
ancora bisogno di lei.
“Senti zia, hai preparato di già le lenzuola nuove per la mamma?”
Anne mi guardò “Si, ho già fatto. Dovrebbe arrivare intorno alle undici”.
Quando mia madre suonò il campanello, andai io ad aprire.
Fissai i miei occhi nei suoi.
La guardai un lungo istante perdendomi su cosa mai potessi dirle.
“Ciao” disse.
“Ciao” mormorai.
Era un po’ cambiata dall’ultima volta che l’avevo vista.
“Ti sei tagliata i capelli?” chiesi.
Lei annuì ed entrò in casa. “Ciao Anne” salutò.
Anne le fece un cenno di saluto con la testa.
“Ti trovo bene” mormorò Lillian, mia madre.
“Anche tu stai bene così” rispose Anne di rimando.
Lillian tirò le labbra in un sorriso. “Vi aiuto a preparare il pranzo?”
“No, è quasi pronto” mormorò Anne, a denti stretti.
“Va bene”
Mi accomodai a tavola, con mia madre davanti a me, che poteva fissarmi tranquillamente di continuo negli occhi.
Al pomeriggio dovevo vedere Jen, era sabato.
Mi avvicendai di fuori, richiudendo la porta e il cancelletto bianco. Sbuffai guardando il cielo: era pieno di nuvole.
Mi avviai verso casa di Jen, intanto presi fuori il cellulare e composi un messaggio dicendo che stavo per arrivare.
Ciao Jen, sto venendo a casa tua, aspet…
Crash.
Mi girai di scatto, un rumore sordo come di un vaso caduto destò la mia attenzione e per poco il cellulare
 non mi cadde dalle mani.
Sussultai sul posto.
Non era niente.
Un fruscio veloce, come quello che fanno le foglie. Ma succedeva sempre così?
Ebbi paura, allora doveva essere Loud… quello era il suo modo di entrare in scena, sbuffai e sorrisi.
Frush. Frush.
Sgranai gli occhi, terrorizzata.
Ma possibile che doveva sempre farmi così paura?
Roteai gli occhi, frastornata.
Una mano gelida mi tolse il respiro, era sulla mia bocca e non respiravo più…
“Mmm”
“Sta’ zitta” mormorò la voce, una voce maschile, morbida e profonda…
Biascicai un chi sei?, ma venne smorzato dalla sua stretta sulla mia bocca.
“Vieni con me” sussurrò ancora.
Non riuscivo a vederlo, era alle mie spalle e mi teneva stretta contro il suo petto.
“Mmm”
“Sta’ buona, sarà indolore, vedrai..”
Sgranai gli occhi per la paura e cominciai seriamente a tremare.
Portò la sua bocca a stretto contatto col mio collo, sentii le sue labbra gelide sfiorare la mia pelle.
Ebbi un brivido.
I suoi denti li sentii contro la superficie del mio collo. Gli diedi un violento strattone e lui inciampò indietro,
guardandomi un secondo dopo in malo modo.
Lo fissai sgranando gli occhi, spaventata.
Lui fece un debole sorriso e si avvicinò ancora a me. Eravamo mezzo nascosti dai cespugli della siepe.
I suoi occhi erano come cristalli, e la sua pelle come marmo, i suoi capelli erano color del grano dorato…
in poche parole aveva un fascino irresistibile.
Sussultai. La sua mano dalle lunghe unghie mi toccò la pelle, sul viso. Il mio respiro smise di essere regolaer
ed ero certa che il mio cuore non prendesse tutti i battiti.
“Non aver paura” mi intimò, i suoi occhi s’illuminarono all’istante e lo guardai stupita.
Lui sorrise, beffardo. “Caspita, sei adorabile, il modo in cui arrossisci… mi fa eccitare” mormorò sfiorandomi
con il naso il mio.
Passò ancora la mano a toccarmi le guance e ridacchiò.
“Molto affascinante” il tocco del suo indice e del suo pollice contro la mia bocca mi fece rabbrividire.
“Ehm… senti…”
“Allora parli?” disse lui, con un sorriso stampato sul volto.
Alzai un sopracciglio. “Certo, ovviamente”.
Lui passò il suo dito sulle mie ciglia e mi costrinse a chiudere gli occhi.
Non riuscivo a riaprirli finchè mi teneva il dito sopra. Lo allontanai di poco e spostai il mio sguardo su di lui.
I suoi occhi cristallini catturavano i miei e mi squadrò abilmente. “Ma cheri, sei così… tenera”
Sussultai. Ma cheri?
“Sei francese pure tu?” mormorai, stupita.
Lui corrugò le sopracciglia e fece un passo indietro. “Che vuol dire pure tu?”.
Ci risiamo con questi francesi che non capiscono i riferimenti della nostra lingua…
“Dico, come gli altri” riformulai velocemente.
“Come gli altri chi, ma cheri?” si riavvicinò a me e aspirò il mio profumo inclinando la testa verso il mio collo…
“Pearl” sussurrò una voce esterna.
Davanti al mio campo visivo apparve Antoine.
“Pearl, Pearl, Pearl. Ma che fai?” sbottò, indignato, avvicinandosi a noi, con passi pieni di grazia.
Aprii la bocca come per dire qualcosa, ma non mi uscì nulla.
“Ciao, mademoiselle” mi salutò Antoine, con un cenno del capo.
“Salve” dissi.
Lui sorrise e lo guardai stupita.
“Dunque… hai già fatto la sua conoscenza?” mormorò Antoine, a denti stretti, verso di me.
Alzai le spalle, non sapendo cosa dire.
“Bien, bien Peral. E dimmi che cosa volevi farle?” Antoine alzò un sopracciglio. “Sono tutt’orecchi”.
Pearl scosse la testa per non rispondere.
“Contento che tu abbia trovato le parole…” sussurrò Antoine.
“Ma cheri, se non ti dispiace, porterei via questo tizio…”
Aprii di nuovo la bocca, ma non uscì ancora nulla.
“Pearl, su vattene”.
Pearl digrignò i denti, irritato e Antoine sorrise. Pearl mi diede un’ultima occhiata e se ne andò velocemente.
“Scusami, è mio fratello minore” mormorò Antoine “deve ancora imparare il mestiere”.
Sgranai gli occhi fissandoli in quelli castano verde di Antoine.
Mi si avvicinò talmente tanto che riuscii a sentire una fragranza invitante provenire da lui.
Mi vibrò il cellulare e sussultai. “Scusa…” sussurrai a un centimetro dalla bocca di Antoine.
“Pronto? Jen… no, è che ho avuto… sì, ho avuto un imprevisto… lasciami spiegare…” bofonchiai al telefono.
Sentii lei sbuffare.
“Non è colpa mia…” continuai, cercando di calmarla e al contempo di darle una spiegazione.
“è tua amica?” sbottò Antoine. “Porta anche lei qui”.
Lo guardai male.
“Mi vuoi tutto per te, cheri?” mormorò lui, soffiando sui miei capelli.
Ritrassi la mano col cellulare dal mio orecchio, mi rendeva nervosa averlo così vicino.
“Chey? Chey?” esclamò Jen dall’apparecchio. “Ci sei?”.
“Scusami Jen, ti raggiungo a breve”. Chiusi la chiamata.
Antoine mi sfiorò le labbra, baciandomi delicatamente. “Saggia scelta” sussurrò, portando una mano
attraverso i miei capelli.
“Ma cheri…” mi baciò ancora sulle labbra e poi infilò una mano sul mio seno, delicato come una piuma.
“Antoine” disse una voce cupa e bassa, offesa e arrabbiata.
Antoine si voltò, Loud stava di fronte a me, a pochi metri.
“Loud” bofonchiai, non sapendo che parola spiccicare.
Loud rivolse uno sguardo carico e tradito ad Antoine. Lui lo trattenne e poi lo abbassò su di me.
“Scusami, ma cheri, ma è ora che vada” mormorò alzandomi il mento con un dito. “è stato un piacere”
sussurrò al mio orecchio.
Si allontanò. “Tutta tua” mormorò di sbieco.
Loud mi si avvicinò. “è un bastardo”.
Sgranai gli occhi. “No, perché?”
“Perché sì” biascicò Loud, a denti stretti. “Stai bene?”
“Certo” alzai le spalle, corrugando le sopracciglia, confusa.
Loud mi baciò tra i capelli. “Mi sa che devi andare, ti vibra il telefono”.
“Ah sì, il cellulare…”
Risposi. Era ancora Jen.
“Chey?”
“Sì, arrivo” lo richiusi.
“Scusami…”
“Fa’ niente” lui pareva offeso e restio.
“Ci vediamo, vero?”.
Lui annuì, con un sorriso spento.

*

Ciao a tutti/e e come sempre, un ringraziamento speciale a chi commenta e legge!
  
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