Capitolo
3.
Sono
sconvolta.
Sono in macchina con – non
uno! – ma bensì 2 fan di quei quattro.
E il bello è che non so chi
sia più impazzito tra la mia amica e il signore.
“Davvero?!” domanda incredula
Veru, a fil di voce.
“Jaja!” asserisce lui,
soddisfatto. “E vi dirò di più” aggiunge, schiarendosi la voce, “sarò in una
posizione… diciamo… privilegiata!”.
Lo
scorgo ridere sotto i baffi.
Questo è davvero
troppo.
Un settantenne in prima
fila?!
O mio
Dio!
“Cioè?”. Veru è letteralmente
ipnotizzata dal tassista.
“Sarò… bè, nel backstage,
dietro al palco!”.
Eh?!
Cioè, neanche in prima fila…
addirittura nel backstage?!
O
bella!
Sento un
tonfo.
Mi
giro.
Veru è caduta dal sedile e
ora è letteralmente ‘appesa’ a una gamba di Bitta.
E’
sconvolta.
La
sua mascella è scesa parecchio.
Ho paura che si sia staccata
proprio!
Gli occhi sono sbarrati, come
i miei e quelli di Bitta, del resto.
“Tutto bene?” chiede Gerard,
girandosi dietro, visibilmente preoccupato.
“S…
sì… ma… c’è… back… backstage?!” esclama Veru, una volta
risistematasi sul sedile.
Le
trema la voce.
“Sì, gioia, sarò nel
backstage…” le risponde l’uomo, guardandola teneramente. “Bè, sapete ragazze…
non è stata una mia scelta… cioè, me ne sarei stato volentieri seduto sugli
spalti, a godermi la serata, in tranquillità…”, replica Gerard, in tono
confidenziale, “ma hanno tanto insistito!!!”, aggiunge, con una voce
squillante, ma non appena ha concluso la frase si mette la mano davanti alla
bocca.
Tenta di nascondere una
leggera risata, invano.
Insistito?!
CHI ha
insistito?!
Non ci sto capendo più
nulla.
Lui ci guarda, una per una.
Sembriamo tre
stoccafissi.
Anzi, li siamo,
direttamente.
Scrolla la testa,
divertito.
“Possibile che non abbiano
ancora capito…” dice sottovoce, come se stesse parlando da solo, ma io riesco a
sentirlo.
“‘Capito’ cosa?” gli chiedo,
alzando un poco la voce.
Sto iniziando a diventare
leggermente isterica, come quella dietro di me.
Non la sento
fiatare.
Brutto
segno.
Mi sta venendo una crisi di
nervi.
“Cara, potresti aprire il
cruscotto?”, mi invita Gerard, indicandomelo con la mano.
Adesso va a finire che ci
trovo dentro una pistola.
Mi
avvicino al cruscotto di pelle e spingo un pulsantino; questo lentamente si
apre.
Non ho mai visto così tante
cose in uno spazio così piccolo.
Fogli, occhiali da vista,
cartine stradali accartocciate, un libretto dalla copertina blu – probabilmente
quello dell’assicurazione – scatolette di varie dimensioni, sigarette sciolte,
accendini colorati… di tutto e di più.
“Dovrebbe esserci un
tesserino rosso in mezzo a quel casino… esatto, lì… proprio quello, giusto!”,
afferma, vedendomi prendere un cartoncino plastificato.
“Vedete, ragazze…qua, in
Germania, ogni tassista ha una specie di ‘carta di riconoscimento’… non so se se
ce l’abbiano anche i tassisti italiani, ma da noi funziona così!”, ci spiega
l’uomo, agitando leggermente le braccia.
Una carta di
riconoscimento…
Hai
capito!
Osservo la
tessera.
Una parte è completamente
rossa, mentre l’altra, che ha lo sfondo bianco, presenta una piccola foto con,
accanto, dei dati scritti in nero.
Guardo la
fototessera.
Un
allegro Gerard, con indosso un berretto marrone, mostra all’obbiettivo della
fotocamera una schiera di denti bianchi, perfetti.
Ma come fa ad avere una
dentatura così?!
C’avrà la dentiera…
sicuro.
Dalla foto passo ai suoi
dati.
Le
parole in grassetto sono in tedesco, ma, comunque, riesco a intuire cosa
vogliano dire: nome, cognome, data di nascita e indirizzo.
Sono un po’
titubante.
Non vorrei farmi gli affari
altrui.
Soprattutto di una persona
che non conosco neanche da mezz’ora!
Gerard sembra intuire i miei
pensieri; difatti mi dice: “Leggi pure!”, sorridendo.
Annuisco e ritorno a guardare
la tesserina.
Ogni campo è compilato con
una bella calligrafia.
Li
leggo tutti, nella mia mente.
Alt.
Mi
blocco.
Li
rileggo.
Oh
signur!
Sbarro gli occhi e spalanco
la bocca.
Non ci
credo!
“Non… non è… non è
possibile…” riesco stento a dire.
La
mia salivazione s’è azzerata completamente.
“E’ vero…” mi risponde il
signore, avendo quasi sicuramente capito a cosa mi
riferisco.
I
miei occhi ricadono di nuovo sul cartellino.
Sul campo che riguarda il
cognome del signore, a dir la verità.
E’ tutto così
assurdo.
O MIO
DIO!
Accanto alla parola
Zuname, c’è un cognome tedesco.
Un
cognome, ormai, conosciuto in ogni parte del globo.
Possibile che sia lo
stesso?
Ma no… sarà una
coincidenza!
Chissà quanti ce ne sono in
Germania con un cognome del genere!
“A
dir la verità siamo in pochissimi… praticamente solo la nostra famiglia!” mi
confida Gerard, ridendo.
Adesso si mette pure a
leggermi nel pensiero!?
E poi, cosa c’è da
ridere?!
Mi sta venendo un infarto e
quello ride?!
Continuo a fissare quel
cognome.
Mi
fa quasi paura.
Quelle sette lettere, così
conosciute.
Quel cognome che ho detto e
sentito chissà quante volte.
Quel cognome che è
inversamente proporzionale a due fratelli.
Gemelli, a dir la
verità.
Gerard ha il loro
stesso cognome.
E’
uno di loro.
Un… un
Kaulitz!
“Perché fai quella faccia?”
mi domanda Veru, distogliendomi dai miei pensieri. “Che c’è
scritto?!”.
Non riesco a
parlare.
Kaulitz.
Kaulitz. Kaulitz.
Ancora non ci
credo.
Scuoto la testa
energicamente.
Kaulitz.
Kaulitz. Kaulitz!
“Ma che hai?!” mi urla Bitta
da dietro, dandomi una botta sulla spalla.
“Fammi vedere che c’è
scritto, dai!” aggiunge l’altra, alzando la voce.
“E’… è meglio… è meglio d-”
non riesco neanche a finire la frase che Veru mi si fionda addosso e mi prende
il tesserino.
Merda.
Istintivamente mi porto le
mani alle orecchie.
Chissà perché, ma mi immagino
già la sua reazione.
***
Mi
volto lentamente verso i sedili posteriori dell’auto.
Incrocio con gli occhi Bitta
e cerco di farle capire, tramite la mia espressione, di sorreggere la
vicina.
Lei inarca le sopracciglia,
guardandomi perplessa.
Non ha capito un
cavolo.
Come al
solito.
Le
indico, allora, il tesserino che ha in mano Veru e lei, finalmente, sembra
capire.
Si
avvicina all’amica e, insieme, si mettono a leggere il
cartellino.
“Vediamo un po’…” inizia
Veru, passando in rassegna con l’indice i vari dati del
signore.
All’improvviso si
blocca.
L’ha visto.
Bitta si tappa la bocca,
incredula.
Non pensavo che Bitta
conoscesse quel cognome!
In occasioni come queste si
fanno delle scoperte sorprendenti!
Veru sgrana gli
occhi.
Ci
siamo.
Non urlare, non urlare, NON
URLARE!
“O
mio dio.” Sussurra, quasi senza voce.
Non ha
urlato?
Allora dev’essere ancora
peggio.
Vuol dire che è così
scioccata da non avere parole.
La
osservo.
E’
accaldata – si vede dal rossore sulle guance – ed ha ancora gli occhi
sbarrati.
“K…
kau… kaulitz?!” aggiunge, dimostrando, in
quelle esitazioni, tutto il suo stupore e la sua
incredulità.
“Ehm… sì, colpevole!”
risponde allora Gerard, tentando di risultare divertente.
Fa pure lo spiritoso,
adesso?!
“Ma… Kaulitz… come quei
Kaulitz?” chiede Bitta, alzando, senza volerlo, il tono della
voce.
E’
scioccata anche lei.
Lui annuisce, guardandole
attraverso lo specchietto retrovisore.
“O
bella!”, sbotta Bitta, lasciandosi andare sul suo sedile.
Mi
volto verso Veru. Non parla e continua a fissare la tesserina,
sgomenta.
Devo cercare di capirci
qualcosa in tutta ‘sta storia.
Kaulitz senior non può mica
lanciare la notizia bomba e lasciarci in sospeso!
“Ma… quindi, lei sarebbe-”
provo a chiedere a Gerard ma lui mi anticipa.
“Sono il nonno” risponde lui,
come se fosse la cosa più semplice del mondo.
Il
NONNO?!
O
madonnina!
C’è, neanche un lontano
parente… uno zio di quarantacinquesimo grado o che so
io…
No, addirittura il
nonno!!!
“Lei è il nonno dei gemelli?!
Di Bill?!” esclama Veru, che s’è rianimata. “Di TOMI?!”, sottolineando il suo
nome con enfasi.
Come se non si fosse capito
che lo adora!!!
Sentendola quasi urlare,
nonno Kaulitz – Nonno Kaulitz!!! O MIO DIO! – si mette a ridere di
gusto.
“Sì, tesoro! Sono il nonnetto
di quelle due pesti…” asserisce lui.
“Pesti?! Oh nonono!!! Loro
non sono pesti…” ribatte Veru, scuotendo la testa, “loro sono degli
angeli!”, aggiunge, sospirando.
’Angeli’?!
Ma ti
pare?!
Mi
scappa da ridere.
Di
tutta risposta, m’arriva una sonora botta sulla spalla.
Ahia!
11:40.
Il
taxi parcheggia davanti all’entrata del nostro Hotel.
L’edificio è
imponente.
La
facciata, bianca, è tutta in stile barocco.
Alcune finestre, con gli
annessi balconcini, si affacciano sulla Leipziger Strasse, un grande viale
costeggiato da rigogliose querce.
Hai capito,
Berlino?!
Sembra di stare in un
quadro!
Wow!
Gerard spegne il motore e
apre la sua portiera.
“Siamo arrivati, ragazze!” ci
informa lui, invitandoci a scendere.
Siamo tutte e tre abbastanza
frastornate, sia a causa del viaggio, ma, soprattutto, a causa della scoperta
che abbiamo fatto.
Ancora stento a
crederci.
Il nostro tassista altri non
è che il nonno di Bill e Tom dei Tokio Hotel.
Ma guarda te, i casi della
vita!
Quando tutte le valigie sono
state scaricate, ci avviciniamo al signore, prendendo i portafogli.
“Oh no, ragazze!” ci dice
lui, appena nota il mio portafogli marrone. “Non voglio niente…
davvero.”
“Ma-” Bitta cerca di
ribattere ma lui scuote la testa, convinto.
“Davvero, ragazze… non vi
preoccupate. Anzi, m’ha fatto piacere accompagnarvi… m’avete fatto compagnia…
dovrei essere io a ringraziarvi, no?”, afferma, mettendosi a
ridere.
Com’è buono e
gentile.
Ecco da chi ha preso
Bill!
“Anche a noi ha fatto piacere
conoscerla, davvero…” conferma Veru, esprimendo un pensiero comune a
tutte.
“Vi prego… datemi del ‘tu’…
non fatemi sentire più vecchio di quello che già sono!” dice, abbozzando un
sorriso.
Noi annuiamo, anche se poco
convinte.
Nonno Kaulitz, allora, si
avvicina alla sua macchina, mentre noi ci avviamo verso l’entrata
dell’albergo.
“Ragazze!” ci chiama, alzando
la voce per farsi sentire.
“Sì?!” rispondiamo noi,
all’unisono.
“Ci vediamo Giovedì,
allora!!! Mi raccomando, chiamatemi quando siete lì, ok?! Tchuss!” e
salutandoci, sale in macchina, mette in moto e sgomma via.
Ah,
già.
Mi stavo quasi dimenticando
del nostro ‘appuntamento’ al Velodrom.
In macchina, c’aveva promesso
una sorpresa, per Giovedì.
Aiuto.
Ho già l’ansia
adesso!
“Ila, andiamo?!”. Bitta mi
distoglie dai miei pensieri e mi invita a seguire lei e Veru all’interno
dell’hotel.
“Eh… ah, sìsì, entriamo… dai,
che ho fame!” esclamo, sorridendo, e insieme ci dirigiamo alla
reception.
Chiedo venia per l’enorme
ritardo. Crocefiggetemi pure. -.-‘
Per farmi perdonare posto
questo capitolo, in cui si scoprirà chi è ‘sto benedetto Gerard!
*souspanse*
Buona lettura… e recensite,
dai! A me fa piacere!
Intanto
ringrazio:
NICEGIRL : mia lettrice fidata,
spero che questo capitolo ti piaccia… voglio sapere che ne pensi del vecchio,
eh?! Sei soddisfatta?! :D Ciao! Kiss
TVB : nuova lettrice! *_* Che
piacere, che soddisfazione! Ihih!! Sono contenta che la storia ti piaccia,
davvero… fammi sapere che ne pensi di questo capitolo!
Baci!
Bene: fatto tutto, detto
tutto.
Alla prossima!
:D