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Autore: La_Sakura    02/10/2014    8 recensioni
“Cosa sarebbe successo se…?” Quante volte, nella vita ci poniamo questa domanda. Tsubasa non l’ha mai fatto, ha sempre compiuto scelte consapevoli, è sempre stato convinto al 100% delle sue azioni. Fino al suo ritorno in Giappone per il World Youth. Uno sguardo, e tutto viene rimesso in discussione. Da lei.
“Le scelte che compiamo e le loro conseguenze tracciano la storia, disegnano la realtà così come la conosciamo. Costruiscono il mondo che ci circonda. Ma cosa sarebbe successo se una scelta fosse stata diversa?” Liberamente ispirata dalla fanfiction di Melanto “The Bug”, scritta col consenso dell’autrice.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 
La curiosità, all’interno di quella stanza, regnava sovrana. Bene o male tutti conoscevano Tsubasa Ozora, alcuni si erano anche scontrati con lui parecchi anni prima, ma da quella volta ne avevano solo letto le gesta sui giornali. La sua ascesa verso il posto di titolare nel San Paolo aveva fatto gridare “Al miracolo!” a molti esponenti del settore, che avevano seguito con attenzione i suoi progressi; in particolare, Katagiri Munemasa era stato uno di quelli che aveva maggiormente tenuto monitorato quel ragazzino caparbio e indubbiamente dotato di qualità calcistiche sconosciute ai più.
«È grazie a lui se sono qui.» Ishizaki pronunciò la frase allungando le gambe sulla sedia davanti a sé e incrociando le braccia dietro la testa.
«Direi più che altro che sia colpa sua.»
Masao Tachibana adorava prendere in giro il difensore, e sapeva bene come farlo innervosire in meno di un secondo.
«Io do un grande apporto alla Nazionale, non è vero Taro?»
«Certo! - esclamò il ragazzo, preso in causa - Tutti diamo un apporto molto importante, anche chi, come te, è destinato alla panchina.»
Tutti scoppiarono a ridere mentre Ryo mugugnava un “Ti ci metti anche tu?” incrociando le braccia e immusonendosi.
«Dai, non te la prendere. In fondo qualcuno in panchina ci dovrà pur stare.» lo consolò Morisaki che, con la presenza di due figure importanti come Wakabayashi e Wakashimazu, era ben consapevole di quale fosse il suo ruolo in quella manifestazione.
Sentirono bussare alla porta e subito tacquero, preoccupati che Mikami arrivasse per far loro il predicozzo sulla confusione che stavano facendo, ma rimasero tutti a bocca aperta quando, esortato da un “Avanti!” pronunciato da Matsuyama, fece il suo ingresso l’oggetto delle loro chiacchiere.
«Tsubasa!» esclamò Ryo correndogli incontro e abbracciandolo come se fosse un fratello perduto e ritrovato.
Il giovane ricambiò l’abbraccio rifilandogli un paio di pacche sulla schiena.
«È bello rivederti, Ishizaki. È bello rivedere tutti voi.»
La nuova generazione del calcio giapponese era davanti a lui, che lo osservava: era ben diverso dal ragazzino che avevano conosciuto, quello che aveva abbandonato tutto e tutti per realizzare il suo sogno. Anche fisicamente, ormai, aveva assunto i connotati di un calciatore di fama internazionale, e persino la sua carnagione, nonostante lui fosse chiaramente giapponese, aveva assunto un colore dorato, segno di numerosi e svariati allenamenti sotto al sole paulista.
«Anche per noi è un piacere, Tsubasa.» Misaki lo accolse col suo solito garbo. Si erano persi, in quegli anni, a causa degli innumerevoli trasferimenti dell’Artista del Campo. Erano riusciti a rimettersi in contatto grazie a Natsuko, una volta che Misaki era rientrato definitivamente a Nankatsu.
Mikami fece il suo ingresso in quel momento, e le chiacchiere furono rimandate a un momento più consono.
 
Sanae finì di pulire la vetrina dei dolci e lanciò lo straccio oltre il bancone: anche per quella sera il suo turno alla caffetteria era finito, ora voleva solo andarsene a casa e rilassarsi con un bagno caldo. Sapeva che Koshi aveva un allenamento supplementare in vista di alcune gare molto importanti, così aveva lasciato un messaggio a casa di Yukari per sapere se le andava di vedersi e scambiare quattro chiacchiere.
«Io vado!» urlò a suo padre, che dal retrobottega le urlò un saluto che non riuscì a decifrare.
Si incamminò verso casa Nakazawa a passo lento, voleva godersi quella temperatura e quell’arietta che le solleticava le gambe. Adorava Nankatsu, era la sua città e ne conosceva tutti i pregi e i difetti.
Era così distratta e intenta a guardarsi intorno che non si accorse di un ragazzo che correva nella sua direzione, pallone tra i piedi. Lo notò quando le passò accanto, fu come se una scossa la percorresse da capo a piedi; probabilmente qualcosa di simile accadde anche a lui perché si arrestò di colpo e la palla rotolò via.
Si voltarono entrambi, l’uno verso l’altra, senza capire cosa fosse successo.
«Ci conosciamo?» domandò quindi lei, sempre cordiale, per rompere l’imbarazzo.
«Io mi… mi chiamo Tsubasa Ozora.»
Lei sgranò gli occhi e sorrise.
«Tsubasa? Veramente! Sono Nakazawa!»
Lui rimase in silenzio per qualche secondo, e quando ricollegò il nome alla ragazzina urlante non poté fare a meno di esclamare il suo soprannome.
«Anego!? Sei proprio tu?»
«Non mi chiamano più così dalle scuole medie. - ammise lei - Ora sono semplicemente Sanae.»
«Ne è passato di tempo…» osservò lui, accarezzandosi imbarazzato la nuca: doveva ammettere che era molto diversa da come se la ricordava, era diventata una donna ormai.
«Non sapevo del tuo ritorno, o meglio, - si corresse lei - non sapevo saresti passato da Nankatsu.»
«Mamma ci teneva, e anch’io sinceramente. - replicò lui - Così potrò stare un po’ con Daichi.»
«L’ho visto non molto tempo fa, tua mamma l’ha portato a fare merenda in caffetteria. Ti assomiglia molto.»
«Già. - sorrise lui - Solo è più scalmanato, io ero molto più docile da piccolo.»
Rimasero entrambi in silenzio, Sanae si sentì pervadere da una sensazione di benessere, come se la vicinanza con quel ragazzo con cui aveva condiviso sì e no un anno e mezzo di scuola fosse la cosa giusta. Si sentiva come se fosse proprio dove doveva essere in quel momento.
«Scusa ma… adesso devo scappare. - ammise a malincuore - Sono appena uscita da lavorare e devo vedermi con Yukari più tardi.»
«Lavori in zona?»
«Lì. - gli indicò la caffetteria - Con i miei genitori. Passa una di queste volte, ti offro un muffin.»
«Muito obridago!* - le rispose - A presto!»
Si voltarono le spalle e presero due direzioni diverse; Sanae si sentì rabbuiare mentre Tsubasa fu colto da un improvviso senso di spossatezza che non si aspettava. Decise così di rientrare per la cena.
 

* Grazie mille in portoghese 


Ed eccoci qui al primo capitolo. Se ve lo state chiedendo, sì, saranno capitoletti relativamente corti, mi sono usciti così, e quando l’ho riletta non ho voluto modificarli per non alterare il senso che mi era uscito.
Insomma, è così, accontentatevi XD
Scherzi a parte, siamo ancora in una fase di “introduzione”, diciamo che si entrerà nel clou verso il terzo/quarto capitolo.
Ora vi saluto, sto scroccando la connessione a mio padre dato che la mia chiavetta è deceduta… e ovviamente il mio caro vecchio NON SA che uso il pc del negozio per pubblicare XD
Grazie a chi ha letto e a chi ha recensito, un abbraccio
Sakura
   
 
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