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Autore: BlueSon    02/10/2014    2 recensioni
Salve dolcezze. Come Va?
Mentre pensavo a come importunarvi ancora con le mie fanfiction ho scovato tra i vecchi quaderni questa storia. La scrissi dopo aver letto uno dei favolosi romanzi di Johanna Lindsey. =D Sorpresa delle sorprese (la cosa ha meravigliato anche me :P) ho deciso di rendere protagonisti di quest'avventura Bulma e Vegeta. Ovviamente non mancheranno scene che riguardano la mia coppia preferita Goku e Chichi. Che dirvi di questa storia? Romantica sicuramente e diversa comunque dal libro. I nostri amati personaggi saranno catapultati nel 1882 in una zona moooooolto calda. Ma non voglio prendermi troppo spazio in questa introduzione. Leggere per credere. Un bacio e un ringraziamento particolare a chi lascerà spazio alle recensioni.
Nota: Carattere OOC inserito su consiglio per il personaggio di Vegeta.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Amore Caldo


I giorni che seguirono furono ugualmente disastrosi, infinitamente dolorosi sia a Newcomb che a Londra. Vegeta era sparito il giorno stesso della partenza.
“Vado alle Cascate, non cercatemi.” aveva borbottato prima di sparire dalla circolazione.
Né Goku né Bardack avevano avuto il coraggio di inseguirlo. Non l’avevano mai visto così chiuso e freddo come quella volta.
Vegeta si sentiva tremendamente in colpa. Era stato troppo stupido, troppo avventato e avrebbe voluto solo tornare indietro perchè non aveva capito, perchè non era più abituato a vivere l’amore.
 
Bulma aveva imparato a giocherellare con la forchetta nel piatto evitando di ingurgitare più di due bocconi. Non mangiava più, parlava a stento, non rideva e quello non era il comportamento consono a una sposa felice. Ma lei non era felice: era un corpo senza anima e senza cuore, completamente svuotato da ogni linfa vitale. Bulma non viveva più perchè l’amore è vita e lui non c’era. Tutti i preparativi li stava facendo Baba con a fianco uno Yanko super eccitato da sembrare quasi un bambino più che un uomo di più di trent’anni. Bunny aveva smesso di parlare con il padrone di casa. Non solo si era sentita presa in giro ma aveva costretto sua figlia a tornare quando aveva capito benissimo che Bulma non avrebbe mai voluto andare via da quel posto. Gine aveva cercato in tutti i modi di portare sua nipote fuori da quel tugurio. Bulma non aveva più messo il naso fuori la camera dopo il ritorno tranne che per i pasti ai quali partecipava come un fantasma. Era completamente assente, fuori dal mondo. Quando poi qualche giorno prima aveva sentito Bardack ed era venuta a sapere cosa stava succedendo anche lì aveva deciso di fare qualcosa. Lei sapeva cosa volevano dire le lacrime di Bulma: significavano Amore, Dolore, Mancanza, Bisogno. Dovevano agire tutti per non sprecare un sentimento indispensabile.
 
 
Era trascorsa una settimana dal ritorno di Bulma a Londra. Quel pomeriggio arrivò a casa Brief un’amica di vecchia data che Bulma ricordava come una seconda zia. Si trattava di Helena Wonder, una donna bellissima esteticamente e interiormente ma che portava sul cuore e sul viso i segni di una lunga sofferenza. Suo cognato era sempre in giro per il mondo alla ricerca del suo unico figlio scomparso tanti anni fa. Si diceva che era stato rapito per ripicca e che era stato venduto a dei nomadi ma la storia era poco chiara. Helena non ne faceva mai parola con nessuno: la perdita del suo unico nipote pesava ancora sullo stomaco più di una lunga e tormentosa digestione. Con il tempo, dopo la morte della sorella, si era legata all’uomo condividendo con lui il profondo dolore e appoggiandolo nei suoi numerosissimi viaggi.
“Ciao Helena.” salutò Gine accogliendo la donna in casa.
Bunny quel giorno aveva deciso di seguire l’esempio della figlia e si era rinchiusa in biblioteca senza uscire nemmeno un secondo.
“Mia cara Gine, come stai? Ti trovo in gran forma!”
Le due donne si abbracciarono con trasporto. Erano amiche da sempre.
“Allora?” chiese poi la nuova arrivata “dov’è la futura sposa?”
Gine si staccò come se avesse preso una scossa e condusse subito Helena nella camera della nipote. Bulma non amava ricevere visite ma era sicura che a quella non avrebbe mai detto di no.
“Io scappo, amica mia, ma non dire a Bulma che sono andata via.”
La donna non fece troppe domande. Gine aveva sempre qualche idea folle per la testa e quando aveva preso una decisione non si poteva far altro che accontentarla. Entrò dopo che Gine scappò via. Bussò tre volte ma non ricevendo risposta entrò senza problemi. Nell’ampia camera da letto Bulma sembrava quasi una bambola. Era accucciolata sul letto seduta e con le ginocchia strette al petto. Un vestito le arrivava fino a piedi nudi che fuoriuscivano leggermente al di sotto della stoffa. Sembrava proprio non averla vista ma guardava fisso dinanzi a lei con gli occhi azzurri spenti  e gonfi.
“Piccola, cos’è questo musetto così triste?”
La voce della donna le arrivò da lontano. Bulma non si era resa conto che qualcuno era entrato. Era come se vivesse sotto una campana di vetro dove ogni cosa veniva attutita. Una campana nella quale si era rinchiusa e che avrebbe frantumato solo una persona…una persona che non ricambiava il suo amore pensò lasciando che lo stomaco si contraesse per il dolore. Helena si sedette accanto a lei prendendole una mano. Non aveva creduto alle parole di Gine qualche giorno prima quando l’amica le aveva detto che colei che lei aveva trattato sempre come una figlia era diventata un fantasma. Bulma non rispose alla sua carezza. I suoi occhi la guardavano ma le sue labbra restavano chiuse come se fossero state cucite.
“Cos’è successo? Ansia per le nozze?” la stuzzicò.
Sapeva benissimo che Bulma non volveva sposarsi e sapeva anche che era scappata. Che fosse tornata perchè aveva cambiato idea le era sembrata una stupidaggine. Helena non sapeva cosa in realtà era successo ma sperava di riuscire a parlare con lei.
“Si tratta dell’esperienza che hai fatto? Scommetto che è stata un’idea di quella matta di Gine a farti festeggiare l’addio al nubilato in Europa.”
Bulma spalancò i suoi occhi con forza facendosi quasi male. Improvvisamente una vortice di ricordi si impossessò di lei. Come aveva provato a fare altre volte aprì la bocca per parlare ma non riuscì a e mettere alcun suono. Il suo corpo si rifiutava di reagire. Tuttavia le lacrime si fecero largo sulle sue guance senza che lei potesse dire o fare qualcosa per fermarle. Helena sentì il cuore stringersi in un pugno, raggomitolarsi fino a stritolarsi.
“Piccola mia, che c’è?”
“Io…io non…amo...Yanko.” riuscì a dire piano.
Da tempo non aveva più ascoltato la sua stessa voce. Bulma si stupì per quanto fosse fragile, spezzata e debole. Vegeta le aveva prosciugato ogni energia. Vegeta…il solo pensarlo la torturava e quei baci, quelle carezze che lei credeva le fossero state donate per amore ora bruciavano come le più velenose delle ferite.
“Questo l’avevo già capito, tesoro mio, l’ho capito dal giorno in cui tua madre mi chiamò per dirmi che tu non c’eri più e che eri scappata. Non sei stata nemmeno in Europa giusto?”
Bulma scosse la testa. Helena gli porse un fazzoletto con il quale asciugò le guance e soffiò il naso. Doveva parlare con qualcuno sennò sarebbe morta.
“Sono stata a Newcomb e lì ho conosciuto un ragazzo.”
I ricordi si proiettavano nella sua testa senza che potesse fare nulla per bloccarli. Le venne in mente il primo incontro nella stanza dove lei aveva dormito, il primo bacio e quando Vegeta l’aveva presa tra le braccia e scortata a letto. Ricordò la loro prima volta, la sera alle Cascate e il mattino successivo quando lui le aveva chiesto di restare. Come aveva potuto prenderla in giro fino a quel punto? E lei come poteva amarlo ancora dopo tutte le sue bugie?
“Da quello che mi hai raccontato Vegeta è un ragazzo molto introverso . Forse ti ha detto quelle cose solo per difendersi.” le suggerì Helena.
Bulma ci sperò ma a cosa serviva continuare a costruire castelli di sabbia? Non sarebbe più tornata a Newcomb. Non ora che il matrimonio era così maledettamente vicino. Inoltre Yanko la controllava in modo manicale. Si chiedeva come non avesse pensato ancora a metterle due guardie dinanzi la porta della sua camera.
“Non credo. Vegeta ha sofferto tanto, Helena.”
“Perchè?”
Bulma sapeva che quello che avrebbe detto avrebbe fatto del male a colei che considerava come una seconda mamma.
“Vegeta è stato abbandonato dai suoi genitori.”
Il cuore di Helena perse due battiti. Un profondo odio verso persone che non capivano cosa avevano perso si mescolò al dolore per la perdita di quel bambino che lei aveva tanto amato come fosse stato suo. Aveva promesso a sua sorella che avrebbe fatto qualsiasi cosa per trovare il figlio che loro avevano perso a causa di una banda di invidiosi malfattori. Bulma la guardò e istintivamente le prese la mano.
“Mi dispiace. So quanto sia difficile per te e per lui.”
Bulma non ricordava più il compagno di Helena. Senior dopo la morte della moglie aveva iniziato questo viaggio alla ricerca del figlio ed era raro vederlo in pubblico per i continui spostamenti. Helena teneva nascosta la loro relazione ma la turchina conosceva il profondo amore che li legava.
“Posso solo immaginare quanto dolore si provi nell’essere abbandonati. Noi che viviamo nella situazione opposta soffriamo lo stesso.”
“Io spero che i suoi genitori lo trovino. Non posso nemmeno pensare al fatto che un padre o una madre possa abbandonare suo figlio.” disse Bulma con tono grave.
“Bisogna essere solo dei mostri per farlo. ”
“Sono convinta che i suoi genitori non siano cattivi. Io credo che se solo lo vedessero lo riconoscerebbero subito. Ha una voglia sul braccio così singolare da poter risultare unica.”
“Una…una voglia hai detto?” chiese allarmata la donna sbiancando al solo pensiero.
No, non era possibile. Bulma la guardò con preoccupazione dimenticando un attimo i suoi problemi.
“S…sì. Ha una voglia a forma di trifoglio sull’avambraccio destro.”
Helena la guardò come se Bulma le avesse rivelato il segreto della vita eterna. La saltò frettolosamente.
“Ci vedremo presto tesoro. Sono sicura che tutto andrà per il verso giusto.”
Gli occhi azzurri di Bulma tornarono ad annebbiarsi per via di nuove lacrime che volevano a tutti i costi uscire. Ci volle uno sforzo enorme da parte sua per ricacciarle indietro.
“Grazie per essere venuta, Helena.”
La donna la salutò con un abbraccio che durò più del dovuto come se silenziosamente avesse voluto ringraziarla per quella rivelazione.  Uscì dalla villa aumentando il passo verso la carrozza così come dentro il suo cuore aumentava la speranza. Una speranza piccola e fragile che nasceva dopo anni di sterilità all’interno del suo cuore dopo esser stata strappata via dalle difficoltà, appassita e poi scomparsa come una pianta spazzata via dal gelo invernale. Ma forse…forse era tornata la primavera.
 
 
Ancora due giorni, due giorni e Bulma avrebbe messo fine ufficialmente alla sua vita. Avrebbe voluto soltanto chiudere gli occhi e non riaprirli più. Si sentiva così sciocca in quel momento. Lei, la grande Bulma Brief, giovane nobile e orgogliosa, si era lasciata abbattere dall’amore. Aveva smesso anche di dormire poiché il pensiero di lui tornava ripetutamente per tormentarla come un fantasma che appare per mantenerti ancorata al passato. Dalla sua stanza poteva sentire le urla della madre che si ripercuotevano contro il padrone di casa. In quei momenti si tappava le orecchie. Non voleva ascoltare più nulla, nemmeno i mille pensieri che le percuotevano la testa. Sua zia Gine era sparita da due giorni e con lei anche Helena. Non sapeva più cosa fare mentre Yanko continuava ogni giorno a richiedere la sua presenza ma lei si ostinava a declassare l’invito. L’avrebbe visto per una vita intera e quindi poteva anche risparmiarsi quei giorni di incontrare quegli occhi che non l’attiravano per niente. Si sentiva così sola. L’unico pensiero fisso era Vegeta: i suoi baci, le sue mani, le sue carezze, la sua lingua…tutto, tutto di Vegeta le mancava. Le mancava come fosse acqua, aria pura mentre lei non stava facendo altro che respirare aria cattiva. Improvvisamente le urla cessarono e Bulma tornò a liberare le orecchie. Avrebbe tanto voluto sparire come la zia ma la domanda successiva a quel pensiero era sempre la stessa: per andare dove? Dove se il pensiero di Vegeta la seguiva ogni istante? Doveva solo accettare quella che la vita crudele e avara le aveva offerto: un’esistenza senza amore.
“Bulma, posso?”
Lo voce della madre le arrivò ovattata per via della porta che le divideva. Non proferì parola ma la madre entrò comunque. Bunny non aveva parlato con la figlia dal giorno del suo ritorno. Con quale coraggio avrebbe potuto affrontare il sangue del suo sangue se era stata proprio lei a rovinarle la vita? Ora doveva chiederle una cosa non facile ma sperò con tutto il cuore che Bulma acconsentisse e che come per magia cambiasse il suo umore ritornando almeno a essere allegra perché doveva ammetterlo: Bulma non era mai stata felice. Sua figlia aveva vissuto come lei soddisfacendo sempre i capricci di un padre all’antica e severo sopra ogni cosa. Non aveva da ridire sulla fuga di Bulma ma ora era lì. Inutile continuare a piangere su quello che era successo. Doveva prendere in mano la sua vita e lei l’avrebbe convinta. In un modo o nell’altro. Entrò sedendosi dinanzi alla ragazza che come sempre teneva le ginocchia strette al petto.
“Mi senti tesoro?” le chiese quasi in un sussurro.
“Certo che vi sento madre,” pensò ma non lo disse “vi sento da giorni.”
Bunny continuò ma le parole le costavano fatica.
“Io so che non è il caso,ma ecco…vedi…il matrimonio è alle porte.”
Bulma si stupì di come quelle parole non le procurassero nulla. Anche lo stomaco si era rifiutato di raggomitolarsi su se stesso per il disprezzo. Nulla in lei funzionava più come prima. Annuì come se avesse avuto un ordine ma non riuscì ad essere altrettanto indifferente dinanzi le parole che seguirono.
“Dovresti…dovresti prendere un vestito, bambina mia.”
Un’altra voragine immensa le si aprì al centro del petto come un buco nero che attimo dopo attimo si allarga sempre di più risucchiando ogni cosa. Si chiedeva quanto tempo ancora sarebbe passato prima che quello stesso vuoto la risucchiasse definitivamente. Le lacrime le sbucarono birichine dagli occhi azzurri come l’oceano. Non si rese nemmeno conto di aver iniziato a singhiozzare né del fatto che la madre l’aveva subito abbracciata.
“Bambina mia, mi dispiace. Non fare così, ti prego. Sono stata una sciocca a pensare che tuo padre fosse davvero malato. Sono stata davvero una stupida nel credere nella bontà di quell’uomo che ho sposato. Ma questa volta non vincerà, bambina mia. Tu devi lottare, capito?”
Bulma rimase sconcertata. Mai sua madre l’aveva stretta in quel modo come allora e mai aveva lottato così tanto contro il padrone di casa per appoggiarla e difenderla. Non aveva capito che oramai non serviva più a nulla. Bunny si scostò da quella stretta per guardarla negli occhi umidi come i suoi.
“Bulma cosa c’è? Apriti con me, piccola mia. Vuoi tornare lì non è vero? Vuoi stare con quel ragazzo. Dimmelo, amore mio, dimmelo.”
Questa volta fu la turchina che si strinse forte al petto della madre. Tornò a piangere più forte di prima nascondendosi sul petto di quella donna che incondizionatamente aveva amato anche se si arrabbiava perché mai aveva preso le sue parti.
“Oh madre, io non posso tornare lì. Vorrei ma non posso. Non è andata bene con lui…non è andata come volevo.” singhiozzò Bulma in preda a un crollo di nervi.
“Perché, Bulma? Parlami.”
La fanciulla mise di nuovo fine all’abbraccio per parlarle faccia a faccia.
“Mi sono innamorata madre, ma è stato tutto diverso rispetto alla cotta che ho avuto in passato. Mi sono innamorata sul serio, ma lui…lui non mi ha amata, mi ha solo usata. Io non faccio altro che pensare a lui e non riesco a reagire. Non potrò mai amare un altro al di fuori di lui né tantomeno Yanko che non sopportavo nemmeno prima.” svelò senza peli sulla lingua.
Bunny allacciò le mani a quelle della figlia.
“Allora perché lo sposi?”
Bulma fece una smorfia che doveva prendere le mosse di un sorriso amaro.
“Non sarei né la prima né l’ultima che non si sposa per amore.”
“Ma noi possiamo cambiare le cose. Tuo padre non può averla sempre vinta.”
“Non conta più, madre. E ora su, proviamo qualche vestito.” disse alzandosi dopo tanto tempo.
Un capogiro le annebbiò la vista ma riuscì a non barcollare. Doveva prima o poi dare il benvenuto a quella vita senza amore, senza Vegeta  prima avrebbe iniziato prima, per inerzia e per dolore, si sarebbe abituata.
 
Lontano, lontano mille miglia…
Vegeta era finalmente tornato dalle Cascate. Era andato lì per stare da solo e per pensare a quanto fosse stato idiota ma quel posto portava ancora i segni evidenti dell’ultima volta che era stato con lei ed era tornato indietro per non impazzire peggio di come stava facendo. Bulma le mancava da morire e lui era stato davvero uno stupido. Non gli importava di farsi vedere ferito e fragile dagli altri. Si rese conto che tutto l’orgoglio sul quale aveva forgiato la sua vita era stato abbattuto dalla forza micidiale dell’amore, quello stesso amore che l’aveva piegato a suo volere e che ora, dopo avergli fatto vivere il Paradiso, l’aveva gettato nel fuoco dell’Inferno. Non si sarebbe mai aspettato di trovare qualcuno a casa sua. Specialmente lei…
“Finalmente ci onori della tua presenza.” sbottò Gine con cattiveria.
Erano tutti presenti: Bardack, Goku e Chichi oltre la donna di Londra. Ci mancava solo lei.
“Vorrei aprirti la testa e vedere cosa ci tieni dentro. Ti rendi conto di cosa hai fatto?”
In circostanze diverse non si sarebbe fatto problemi a rispondere a tu per tu con una donna che sembrava uscita fuori di testa, ma ora la situazione era diversa e Vegeta non poteva far altro che darle ragione.
“Gine…” provò a dire.
Le parole non gli erano mai mancate. Solo Bulma era riuscito qualche volta a metterlo a tacere. Gine sembrava non dargli tregua.
“No, non parlare, non provare nemmeno lontanamente a giustificarti.”
“Calmati, Gine.” le chiese quasi sottovoce Bardack prendendola per un braccio poiché la donna si avvicinava minacciosa al ragazzo.
Era sicuro che gliele avrebbe suonate di santa ragione isterica com’era arrivata e che Vegeta non avrebbe nemmeno obiettato. In lui non c’era più niente del ragazzo indifferente, fiero e orgoglioso. Sembrava un’altra persona.
“No, Bardack, non mi calmo” urlò Gine liberandosi della sua presa “Per colpa di questo qui, mia nipote è una morta che cammina.”
Pensava di essere arrivato al capolinea, che il suo cuore dopo la partenza di Bulma non avrebbe toccato vette più alte di dolore. Si era sbagliato. Le parola della donna lo trapassarono da parte a parte.  Si vede che non c’è mai fine al peggio.
“Non mangia, non dorme e fra un paio di giorni si sposa.”
Vegeta si rese conto che gli serviva solo una sepoltura. Quanto ancora poteva soffrire?
“Che cosa?” chiese incredulo.
“Era tutta una falsa. Quel bastardo di mio cognato è sano come un pesce, ma è stata Bulma ad accettare, Vegeta. Io non so che cosa sia successo tra voi ma credo che sia stato qualcosa di grosso se mia nipote che allontanava Yanko come la peste ha deciso di accettare.”
“Non può sposarlo.” intervenne Chichi trattenendo un conato di vomito.
Vegeta scosse la testa. Non poteva perderla in questo modo senza combattere, senza che lei sapesse quanto era e sarebbe sempre stata importante per lui. Non poteva lasciarla nelle grinfie di Yanko: Bulma era sua. Lei era la sua donna.
“Devo venire a Londra.” Disse sicuro e deciso “Devo parlarle.”
Gine sorrise felice. Sapeva che tra quel cowboy e sua nipote era successo qualcosa di importante. Bardack abbracciò Vegeta con forza felice di rivedere quel ragazzo lottare per ciò che gli apparteneva. Non era stato più lo stesso Vegeta dopo la partenza della turchina. Ora poteva ben dire che lo spavaldo e orgoglioso ragazzo che aveva visto tirarsi su da solo era tornato. L’entusiasmo però durò poco.
“C’è solo un problema. Ce la faremo ad arrivare a Londra in poco più di ventiquattro ore? ”
Il silenzio che si creò nella stanza spezzò la fioca speranza del ragazzo di riabbracciare l’unica donna che tanto aveva amato e amava ancora. Strinse i pugni fino a sentire un formicolio bruciante scalpitare nelle mani. Doveva esserci un modo.
“Per questo posso aiutarvi io.” proferì una voce incrinata dalle lacrime.
I volti dei presenti si girarono tutti verso la presenza che si era materializzata sulla porta di ingresso. Una donna affascinante che quasi nessuno conosceva si materializzò dinanzi a loro. Guardava Vegeta con gli occhi colmi di lacrime che non faticarono a uscire. Non aveva dubbi. La somiglianza era davvero palese. Gine guardò a bocca aperta la donna dinanzi a lei.
“Helena cosa ci fai qui?”

 
Salve donzelle di Newcomb e di Londra,
come andiamo? Eccomi qui con questo nuovo capitolo. Ammetto che non è stato facile descrivere il dolore che i due protagonisti provano nello stare lontani ma spero di aver reso bene l’idea e mi sono soffermata molto su Bulma perché davvero si trova in un bel pasticcio. Vuole sposare Yanko anche se non lo ama convinta che il bel fusto di Vegeta non ricambi i suoi sentimenti. Cosa succederà? Non faccio cenni al nuovo personaggio…ne vedremo delle belle. Un bacio a tutti voi che seguite questa storia o che l’avete inserita tra le preferite o già tra quelle da ricordare. Ringrazio ovviamente e con il cuore coloro che recensiscono e i silenziosi che piano piano vedo comparire. Fa sempre piacere vedere nomi nuovi. Un abbraccio.
A sabato, BlueSon
  
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