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Autore: Polyjuice Potion    02/10/2014    1 recensioni
Non sapevo dove andare, così mi sedetti su una poltroncina blu carta da zucchero di fronte al ragazzo e mi guardai intorno: lui era lì, una presenza quasi incorporea, mangiava senza alzare gli occhi dai piedi scalzi (evidentemente la gente girava a piedi nudi), non emetteva alcun suono neanche mentre masticava. Non mi guardò nemmeno una volta e ci rimasi un po’ male. I capelli rosso fuoco sembravano dire “ehi, io ci sono, e sto per esplodere.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La mattina dopo, cercai di non pensare al fatto che Frank stava per andarsene, ma provai a bearmi del fatto che mi sarei goduto appieno uno degli ultimi giorni in sua compagnia. Ho sempre odiato la domenica. Perché io di domenica me ne sto a casa, a leggere, a guardare la televisione e a mangiare. Non faccio nient’altro e ho sempre paura di non riuscire a tornare con i piedi per terra il lunedì, e di conseguenza morire. Non vivo più con Mikey, lui ha la ragazza e non si occupa più di me. Ricordo che, quando stavo male, tutte le mattine mi svegliava e mi lavava, nella vasca minuscola del nostro ex appartamento. Addirittura, una sera tornò a casa dal lavoro e si accorse che avevo ingerito qualche medicina di troppo, così mi ficcò lui due dita in gola, perché io mi rifiutavo di farlo. Non volevo vomitare, io volevo morire. Non avevo mai pensato a come doveva essere per lui trovarmi tutti i giorni sbronzo, a letto, pelle e ossa e fatto due giorni sì e uno no. Ma non deve essere stato piacevole. Io lo amo. Nel senso, sul serio. Non sarei qui a raccontarvi la mia storia con Frank se non fosse stato per lui.
Comunque, quella mattina era una domenica. La prima di settembre. Mi resi conto che Frank era stato un’estate. Una breve ma intesa estate, che volevo non finisse mai più come lo vogliono gli studenti. La prima cosa che feci fu prendere il pacchetto di sigarette e avviarmi piano verso il balcone della camera da letto di Frank cercando di fare il meno rumore possibile. Tirai la tenda nera di qualche centimetro e mi accorsi che c’era già tanta luce. Merda. Allora la tirai del tutto e Frankie si svegliò.
-Gee… che diamine stai facendo?- si mise a sedere e si stropicciò gli occhi.
-Mettiti le mutande, Frank- ridacchiai e accesi una sigaretta, uscendo in terrazzo. Poco dopo il piccoletto mi raggiunse e mi chiese una sigaretta.
-Wow… non credevo che fumassi- annuii meravigliato e gliene porsi una.
-Diciamo che… fumavo- l’accese e fece un tiro (dio, era così bello) –quando stavo con il mio ex-
-Perché hai smesso?-
-Lui non era una brava persona, in verità. Eravamo in una brutta compagnia che ci trascinavamo dal liceo. Tutti drogati e alcolizzati, tutti possessivi… lui era possessivo- rabbrividì.
-Mi stai descrivendo, lo sai vero?- gli feci notare.
-Loro lo facevano per divertimento- si sedette sul parapetto, e io con lui.
Gli accarezzai una guancia, perché non ne potevo fare a meno.
-E tu? Tu l’hai mai fatto?- mormorai.
Frank si guardò i piedi scalzi e buttò fuori il fumo strizzando gli occhi. Non era più abituato a fumare, si vedeva. Annuì un paio di volte.
Ah.
Lo strinsi a me baciandolo sulla testa e lui ridacchiò. Era brutto vederlo sentirsi in colpa. Capita a tutti di sbagliare conoscenze, di sbagliare vita, mentre si trova quella giusta. Ci alzammo e lo presi in braccio stile “marito e moglie“, provocandogli mille risate. Lo buttai sul letto e presi a fargli il solletico.
-Gee! Gee basta, bastaaaa-
Era bellissimo.
Lui.
E tutto lo era, in quel momento.
Mi coricai di fianco a lui ansimando, con il sorriso sulle labbra, e lo strinsi tra le mie braccia fortissimo. Non dovevano portarmelo via.
-Non te ne vai da me-
-Non adesso, Gerard- sbuffò, il viso intrappolato nella mia spalla.
-Ho paura. Quanto ci resta?-
-Quattro giorni-
Le due parole che mi sconvolsero l’esistenza.
-Quattro giorni sono pochi- lo abbracciai ancora più forte –non voglio che tu te ne vada-
-Nelle ultime dodici ore lo avrai detto trenta volte, sai? E ognuna mi ha fatto più male dell’altra-
Sembrava arrabbiato. Ne aveva il diritto?
No. Sì.
Stavo diventando possessivo come il suo ex ragazzo.
-Frankie…-
-Sì?-
-Stavo pensando… sei stato un bel po’ con quel tipo, perché non avete mai…?-
-Che cosa? Ah, uhm. Lui aveva… un problema con queste cose. Ogni volta che… avevo in programma di concludere, lui si sbronzava. E quando mi avvicinavo mi trattava male-
-Frankie…-
-Mi picchiava. Cioè, non proprio… il peggio che ha fatto è stato rompermi un dito-
Merda. Ma che cazzo venivo a scoprire?
-Perché non l’hai lasciato, allora?-
-Si vede che non hai mai amato qualcuno, Gerard-
Falso. Io ti amo, pensai.
-Quando si ama qualcuno, si fa di tutto pur di salvarlo-
Vero.
-Non lo si lascia morire-
Vero.
-E allora perché tu lo stai facendo?- chiesi.
Lui si staccò dalla mia stretta.
-Cosa?! Gerard, io non ti lascio morire. Smettila, per favore. Tu non stai morendo, cazzo. Non sei più malato, stai bene, guardati. Ora basta dire stronzate-
Aveva ragione, lo sapevo.
-Ora ce ne andiamo in un bar e facciamo colazione, ok?- si alzò dal letto e venne dalla mia parte, facendomi segno di alzarmi. Mi mise un po’ a posto i capelli tutti arruffati e mi diede il primo bacio della giornata, che non potei fare altro che ricambiare portando una mano sul suo sedere. Lui la prese e l’appoggiò sul mio, ridendo.
-Che stronzo- ridacchiai.
-Il tuo è meglio- mi baciò.
-E’ una gara?- lo baciai.
-Forse- stavo per dargli un altro bacio, ma lui mise un dito sulle mie labbra e allora ci vestimmo. Pendevo letteralmente dalle sue labbra, in tutti i sensi.
In fondo alla via di Frank c’era un bar piuttosto carino, perciò decidemmo di fermarci lì. Appena entrammo, si paralizzò. Nel senso, strinse forte la mia mano e questa quasi andò in cancrena. Guardava fisso il bancone e mi fece segno con gli occhi di avviarci. Ancora non capivo. Ci sedemmo sugli sgabelli neri e blu e chiesi una spiegazione a Frank.
-Lui è qui- sibilò.
Chi? Mi guardai intorno.
-Non guardare-
-Frank… la mia mano-
-Sì, hai ragione. Allora, il mio ex è qui-
Appena me lo disse lo riconobbi. Era altissimo, sicuramente anoressico, i capelli biondi. Sui trenta. Sembrava una persona normale, ma c’era qualcosa che non andava.
L’occhio.
Aveva un occhio di vetro. Apposto.
-Vuoi che andiamo da un’altra parte?- notai che stava tremando.
-Andiamo a casa, ti prego-
-Sta piovendo-
-Sul serio?-
Non osava girarsi, il suo sguardo era fisso sulle varie bottiglie di liquore esposte nelle vetrine dietro il bancone.
-Non importa. Voglio uscire di qui-
Decisi che la sua scelta contava più di tre mie scelte messe insieme.
Proprio quando la cameriera si avvicinava a noi, uscimmo piano dal locale e i due si scambiarono uno sguardo veloce. Ci buttammo sulla strada e piano piano i nostri vestiti si inzupparono.
Sapevo quello che sarebbe successo a casa. Era un enorme cliché, ma io volevo che accadesse.
E infatti, appena dentro, non dissi una parola e mi fiondai in bagno. Lasciai i miei vestiti zuppi sul pavimento ed entrai nella enorme doccia. Non feci in tempo a mettere la testa sotto l’acqua che sentii i passi di Frank. Entrò anche lui.
-Non abbiamo fatto colazione… scusa-
-Non importa- notai che la sua voce tremava ancora, così come le mani. Gliele strinsi.
-Stai bene?-
-Uhm, sì. Più o meno-
La doccia era così enorme che non ci sfiorammo neanche. Ci lavammo e basta. E a me andava bene così.
 
 
Angolo dell’autrice
Eccomi con una altro capitolo di passaggio piuttosto breve. Penso che mancheranno più o meno tre capitoli alla fine e un po’ mi dispiace, mi ci sono davvero affezionata a questa storia çç coomunque, spero che vi sia piaciuto e come sempre vi mando un bacione.
Alla prossima <3
  
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