Falla
Era
tornata sulla verandina, luogo che aveva scoperto preferire, ma
l'aveva già trovata occupata. Patricia, Beth e Carl erano
intorno a
un tavolino, a giocare a chissà quale gioco da tavolo,
mentre Glenn
e Maggie erano seduti sugli scalini che parlottavano amorevolmente
tra loro.
Si
fermò a guardarli e ancora una volta sentì che
quello non era il
suo posto. Cercò con gli occhi un buco isolato, un angolo
tutto suo
dove potersi rifugiare...c'era paura nel suo cuore. La stessa paura
che può provare un cucciolo di fronte a degli estranei dopo
aver
subito un trauma, quando anche la sua ombra ha provato a pugnalarlo.
Angolo isolato e buio, lontano dagli occhi e dalle orecchie, come se
non esistesse, era quello il suo posto. Superò Glenn e
Maggie,
cercando di ignorare i loro occhi che la seguirono curiosi, e
andò
ad appoggiarsi con i gomiti alla ringhiera, qualche metro
più in la
e di nuovo puntò gli occhi all'orizzonte. In lontananza vide
avvicinarsi velocemente T-dog e Andrea, e capì dai loro
occhi e
dalla pesantezza delle loro falcate che c'era aria tesa. Qualcosa non
andava. E presto lo capirono tutti. Glenn si alzò in piedi,
guardandoli curioso e sicuramente speranzoso di avere una risposta, e
chiese << Sai che sta succedendo? >>
Andrea
gli rispose con un'altra domanda << Dove sono tutti?
>> e
una serie di domande si susseguirono, facendo presagire l'arrivo di
un qualche problema. Qualcosa non era come doveva essere, loro lo
sentivano , ormai tutti erano diventati ottimi fiutatori del pericolo
e cercarono di capire cosa esattamente non fosse al suo posto. Su una
cosa però erano d'accordo << Dov'è
Rick? >> chiese
Glenn, poi chiese di nuovo Daryl che stava tornando dalla sua
scampagnata insieme a Carol. Rick: tutto girava intorno a lui, era il
pilastro portante del gruppo, questo lo aveva dimostrato più
volte e
se il pilastro non era al suo posto tutta la struttura vacillava.
Ecco perchè erano tutti così tesi: stavano
vacillando.
<<
Non lo so, dovevamo andare a cercare Sophia circa un piao d'ore fa ma
poi si è allontanato con Harshel. >>
spiegò Andrea.
<<
Rick ha detto andava a fare un giro. >> aggiunse Carol,
aggiungendo un'informazione.
<<
Ma perchè nessuno prende la cosa sul serio? >>
cominciò ad
alterarsi Daryl camminando nervosamente << Abbiamo una
dannata
traccia!! >> disse con un gesto plateale del braccio,
segno del
suo già abbastanza evidente nervosismo. Di che traccia si
trattasse
Ocean non lo sapeva, ma probabilmente si riferivano sempre alla
ragazzina scomparsa.
<<
Ah, ecco qua. >> disse ancora Daryl col tono di chi ha
appena
trovato tutte le sue risposte, e si diresse verso Shane che stava
arrivando proprio in quell'istante. Ocean gli piantò gli
occhi
addosso, quel tipo proprio non la convinceva: aveva gli occhi da
psicopatico. E anche in quel momento nel suo sguardo c'era qualcosa
che non andava, un dico e non dico, un sono colpevole, ma di quale
reato era ancora mistero. Shane si avvicinò armato fino ai
denti,
con un'enorme sacca sulle spalle che dava l'idea di pesare quintali,
e un ghigno furioso. Non disse niente per spiegare il suo stato
d'animo palesemente incazzato nero, ma sembrò non ce ne
fosse
bisogno perchè chiese semplicemente << Sei con
me amico? >>
rivolto a Daryl, e lui non disse altro che <<
Sì >>
afferrando un fucile. Sapevano già cosa stava rendendo
così Shane,
era evidenteper tutti...tranne che per Ocean. Probabilmente era
arrivata troppo tardi per delle spiegazioni. Peccato, quei retroscena
da Beautiful l'avevano sempre incuriosita e divertita. Shane
cominciò
a spargere armi tra il gruppo, che inizialmente lo guardò un
po'
spaventato accennando un << Ma non possiamo
>>, ma
nessuno rifiutò l'arma e tutti pendevano dalle labbra del
loro (così
sembrava) vice.
<<
Sono statoil primo a restarmene qui fermo a raccogliere margherite
pensando che questo posto fosse sicuro, ma ora sappiamo che non lo
è!
>> esordì Shane.
Ocean
si raddrizzò accennando un sorriso: le cose si stavano
facendo
interessanti, finalmente avrebbero smesso di passare le giornate a
fare le belle contadinelle come se fuori fosse tutto normale. Che si
stessero svegliando? O forse c'era dell'altro. Shane rivolse lo
sguardo anche a lei, e la cosa la scosse: preferiva di gran lunga
fare il pubblico, non voleva entrare in mezzo a certe questioni...e
comunque sia era pur sempre una novità per lei.
<<
Sai usare una pistola? >> disse avvicinandosi a lei e
porgendogliene una. Ocean alzò le mani e negò
sorridendo,
rifiutando come si può rifiutare una caramella da un amico,
quasi
divertita << Mio padre aveva una pistola a pallini quando
ero
piccola. Mi era permesso solo guardarlo mentre tentava di non
rovinare il muro di casa. >>
Per
un attimo Shane sembrò volesse dirle "ma vaffanculo, non
servi
a niente", ma queste parole non uscirono mai dalle sue labbra.
Questo non significhi però non l'abbia pensato veramente. Si
voltò
e si avvicinò a Glenn porgendogli un altro fucile
<< Vuoi
rendere sicuro questo posto? >> e Glenn dopo un attimo di
riflessione si decise ad afferrarlo. I litigi però furono
inevitabili, prima Maggie poi Lori gli dissero di smetterla,
perchè
andava contro la regola del "niente armi in casa Hershel",
ma la cosa non lo scalfì minimamente. La decisione era
presa, e da
come si comportava sembrava una decisione che era stata riflettuta da
molto tempo.
Poi
qualcosa attirò l'attenzione prima di Ocean, poi di T-Dog:
dei versi
che ben riconosceva e che la riportarono spaventosamente coi piedi
per terra. Era stata solo un giorno in quel posto, e già si
stava
abituando alla tranquillità del luogo, tanto da spaventarsi
a quei
versi come succedeva le prime volte.
<<
Oh, cazzo! >> disse T-Dog, dando voce ai pensieri della
ragazza, che osservandone la provenienza aveva cominciato a dirigersi
velocemente verso quella direzione, per poter vedere meglio. Gli
occhi spalancati per l'incredulità.
Rick
e Hershel avevano due zombie al guinzaglio. E non metaforicamente!
Avevano proprio due zombie legati a una specie di guinzaglio e se li
stavano portando a spasso, certo non con poca fatica, ma erano a
spasso con due dannati zombie al guinzaglio!
<<
E' questo dunque il vostro passatempo? L'accalappia-zombie?
>>
urlò Ocean rivolgendo per la prima volta la voce a tutto il
gruppo.
Si voltò, guardandoli tutti, fulminandoli uno a uno
<< Che
diavolo vi passa per la testa? >> disse ancora
gesticolando. Ma
si accorse solo in quel momento che tutti avevano lo stesso stupore e
paura negli occhi: che non ne sapessero niente neanche loro? Shane,
tra tutti, era quello con lo sguardo più furibondo e
allucinato, e
fu proprio lui il primo a cominciare a correre nella direzione del
caposquadra, dicendo tra sè e sè <<
Ma sono pazzi?? Sono
pazzi!!! >> e il resto del gruppo lo seguì
subito alla stessa
velocità. Ecco cos'era fuori posto, ecco perchè
la struttura stava
vacillando. Non erano un gruppo di matti, Rick era matto e Hershel
più di lui. Ocean li lasciò correre, guardandoli
preoccupata e
agitata. Si avvicinò al borsone di armi lasciato
lì, senza
distogliere lo sguardo dalla scena, prese una pistola qualunque
sperando fosse già carica e si avviò dietro a
loro con passo più
lento ma non per questo meno deciso.
Shane
arrivò trafelato, urlando << Che cazzo state
facendo!!! >>
e subito usò la scena a suo vantaggio rivolgendo la parola
agli
altri suoi compagni << Vedete? Vedete cosa stanno
portando? >>,
frase a cui Hershel rispose subito con un << Io vedo CHI
sto
portando!! >>. Ecco allora cosa passava per la testa del
vecchio: non vedeva in loro zombie, mostri, morti che camminano, ma
vedeva ancora in loro delle persone. Ma come poteva ancora
considerarle persone?!?!
E
la discussione partì di nuovo: non facevano che litigare in
quel
gruppo! Ma nonostante l'odio viscerale che Ocean provava per Shane lo
psicopatico, in quell'occasione (e probabilmente sarebbe stata
l'unica) doveva dargli ragione. Che cazzo stavano facendo? Davvero
credevano che quelle cose fossero ancora persone? Davvero credevano
che collezionandole nel fienile (perchè era lì
che si stavano
dirigendo) un giorno avrebbero potuto riabbracciarle? E così
avevano
intenzione di mettere tutti in pericolo solo perchè uno
svitato
ancora non vedeva bene cosa aveva di fronte e non accettava la
realtà? E poi si meravigliavano che Ocean fosse sopravvisuta
da
sola! Lei ora si stava meravigliando che loro fossero sopravvissuti,
fuori di testa com'erano!
Shane
cominciò a sparare a uno degli zombie urlando sempre
più furioso,
sempre più deciso << Una persona vivente
sopravvivrebbe a
questo? E a questo? Come fa a essere ancora in piedi dopo questo? Eh?
>> e a ogni sparo Rick rispondeva con altrettanta
disperazione
<< Basta! Shane, ho detto basta! >>
richiesta che alla
fine arrivò al suo amico, ma non come sperava.
<<
Sì, amico. Hai ragione. Basta così.
>> e si avvicinò allo
zombie che aveva impallinato per bene e gli diede il colpo di grazia
con uno sparo alla testa. Hesherl cadde in ginocchio, e il silenzio
piombò tra i presenti. Era una situazione delicata,
probabilmente la
cosa aveva addirittura fatto male a Hershel, come se avessero sparato
a una sua amica di fronte ai suoi occhi, ma Shane aveva ragione e
aveva fatto la cosa più giusta.
Ocean
raggiunse finalmente il gruppo, aveva assistito a tutta la scena e le
urla avevano permesso anche alle parole di arrivare alle sue orecchie
e permetterle di capire per filo e per segno tutta la discussione. Li
raggiunse, ma rimase nelle retrovie, insieme a Max attirato dal
fracasso, che si guardò attorno con orecchie e coda bassa, i
denti
leggermente scoperti e si fece anche scappare un ringhio, subito
ammonito da un << Sh sh sh >> e da un gesto
con la mano
di Ocean.
Shane
riprese il suo discorso plateale, ormai stufo e deciso per la sua
via. Nessuno l'avrebbe più fermato.
<<
Basta. >> disse << Basta rischiare le
nostre vite per una
ragazzina ormai morta!!! >> urlò guardando
Carol, la quale
sussultò e probabilmente trattenne una lacrima.
<<
Basta vivere accanto a un fienile pieno di zombie che vogliono
ucciderci!! Basta! >> e mentre Shane continuava a fare il
presidente della situazione, evitando solo di copiare frasi
già
conosciute come "I have a dream", Ocean, sempre rimanendo
in fondo al gruppo, lo percorse in parallelo portandosi alle spalle
di Hershel e osservandolo. Osservò l'espressione quasi
spenta, ma
non priva di disperazione e sorpresa, come quando ci si sveglia da un
bel sogno e ci si rende conto che è la realtà che
ci circonda, la
putrida e schifosa realtà, quella che non puoi modificare a
piacere,
quella che non segue i tuoi desideri ma va esattamente nel verso
opposto. La realtà che non ti appartiene, ma a cui TU
appartieni,
quella che ti tiene per il guinzaglio e che può fare di te
quello
che vuole. Ci si risveglia solo con un suono molto forte e brusco,
con una scossa....con un urlo di disperazione e paura. E per il resto
dei tuoi giorni non farai altro che chiederti perchè il
destino ha
voluto beffarsi tanto di te.
<<
Se volete vivere! Se volete sopravvivere! Dovete lottare per forza!
>> continuò Shane, incitando i suoi compagni a
seguirlo nel
gesto disperato che stava per compiere. Rick cominciò a
richiamare
Hershel, chiedendogli di tenere il suo zombie, perchè doveva
avere
le mani libere per impedire al suo amico di compiere un gesto
sensato, ma che forse avrebbe portato problemi di chissà
quale
natura. Chissà perchè Rick, uomo tanto di polso e
con la testa
sulle spalle, tanto da essere diventato il capogruppo, stava facendo
una cosa così stupida come quella di proteggere gli zombie
dentro il
suo fienile. Ma Hershel ormai non sentiva, Hershel era sotto shock e
non avrebbe sentito per un po' di tempo. Shane corse verso il fienile
e con un piccole cominciò a buttar giù la porta.
Le persone armate presenti cominciarono a sollevare fucili e pistole,
pronte a fare
fuoco, solidali con l'uomo che stava rumorosamente portando quei
mostri allo scoperto. Maggie andò da suo padre e
l'abbracciò
piangendo, Lori portò suo figlio dietro di lei in un
disperato gesto
di protezione e Rick ancora non smetteva di pregare il suo amico di
non fare quello che stava per fare, chissà con quale vana
speranza.
Ma ormai era troppo tardi...le porte erano state aperte e gli zombie
oltre a farsi sentire cominciarono a farsi vedere. Shane per primo
aprì il fuoco e fu subito seguito dai suoi alleati: uno a
uno gli
zombie che man mano uscivano dal fienile caddero a terra sotto una
scarica infinita di colpi e odio. Non era solo bisogno di protezione
quella che li spingeva in quel gesto disperato, ma era odio. Odio
puro e profondo verso quelle immonde creature che per troppo tempo li
avevano fatti dormire con il cuore in gola e la lacrima pronta a
scendere per i cari che in sogno tornavano a salutare. Odio verso
quel mondo che non si capiva perchè fosse arrivato a tanto.
Odio
verso Dio che aveva deciso di punirli in quella maniera così
orribile: erano diventati cibo per i loro stessi cari. Mangiati da
chi si amava. Costretti a scegliere tra la propria vita e il senso di
colpa che conseguiva al proiettile che veniva sparato verso chi per
anni si era solo protetto. Odio per Dio che li aveva trasformati
tutti in mostri, i vivi e i morti alla stessa maniera.
E
Ocean solo allora capì che quelle persone che tanto aveva
disprezzato per i loro sorrisi non meritati, che tanto aveva
disprezzato per quell'amore che spargevano l'uno verso l'altro mentre
il mondo andava in pezzi, come si può disprezzare il riccone
che si
abbuffa di fronte al bambino che sta morendo di fame, capì
solo
allora che non erano poi tanto diversi da lei. I sorrisi non erano
altro che maschere che si erano costruiti loro stessi nella speranza
che questo bastasse a renderli di nuovo felici e permettergli di
costruirsi una nuova vita. Maschere...proprio come la sua.
Fece
un sospiro di dolore e compassione, chiuse gli occhi per un attimo,
sperando così di calmare il cuore che aveva cominciato a
battere
forte, strinse la pistola tra le sue mani e si avvicinò
lentamente
alla prima fila di uomini, quella intenta a sparare furiosamente
contro chi aveva di nuovo distrutto ogni speranza. Passò
vicino a
Herhsel e gli posò una mano sulla spalla, facendola poi
scivolare
via per proseguire verso i cecchini, in un leggero e sfuggevole gesto
solidale, e quando si fu allineata a loro alzò la pistola
all'altezza degli occhi...e fece fuoco. Non aveva mai sparato prima
di allora, aveva solo visto persone farlo: conosceva la teoria, ma
mai fatto pratica. Per quel motivo il colpo partì con
successo ma
andò a piantarsi contro il fienile, mancando alla grande
ogni
bersaglio. Colpa anche del suo sussulto: il rumore improvviso l'aveva
spaventata. Si aspettava di sentire critiche volare da ogni dove,
sempre pronti a giudicarla, e invece non la degnarono neanche di uno
sguardo, ignorando il suo insuccesso e la sua figuraccia. Forse
troppo presi dal loro obiettivo per considerarla, o forse
semplicemente grati per averci almeno provato. Questo la
invogliò a
riprovare: puntò bene i piedi a terra, cercò di
prendere la mira
meglio che poteva e fece di nuovo fuoco. Prese la spalla di uno
zombie che barcollò e poi fu buttato a terra da un colpo
partito da
chissà chi dei suoi vicini. E provò ancora, e
ancora, riuscendo a
buttarne giù solo uno tra i 5 o 6 tentivi fatti. Poi
finalmente gli
zombie finirono e tutti, riprendendo finalmente a respirare,
osservarono la macabra scena che gli si piazzava davanti. Un tappeto
di zombie, uno ammucchiato sull'altro. C'è chi si riteneva
soddisfatto, chi si sentiva finalmente sollevato, chi era preoccupato
e chi invece disperato. Tanti sentimenti diversi in così
poche
persone.
Ma
presto un suono fece loro capire che non avevano ancora finito. Un
mugolio, un respiro affannoso proveniva da dentro il fienile. Ce
n'era dentro ancora almeno uno. E l'attimo di respiro che si erano
presi cessò di nuovo. Gli occhi si puntarono sull'entrata
buia del
fienile e attesero che il, o i superstiti, si mostrasse. E quando lo
fece...nessuno alzò la pistola. Nessuno riprese a respirare.
Il
tempo si era fermato.
Andrea
si sentì mancare il fiato e fece un paio di singhiozzi.
Un
brivido percorse la schiena di Ocean, anche se non l'aveva mai
vista...sapeva che era lei. Lo sapeva.
Carol
si lasciò sfuggire un urlo, un singhiozzo e
cominciò a correre in
direzione del fienile urlando << Oddio >>,
singhiozzando
per quanto riuscisse dato l'aria che le veniva a mancare. Daryl si
voltò in tempo e riuscì ad afferrarla prima che
si gettasse tra le
braccia dello zombie. Nessuno riusciva a dire niente, nonostante il
dolore dentro loro volesse prendere voce.
<<
Sophia. >> mugulò Carol, lasciandosi cadere a
terra, incapace
di tenersi in piedi.
Ocean
chiuse gli occhi e sentì un pugno alla bocca dello stomaco
che la
costrinse a trattenere il fiato e a voltarsi, vergognandosi del
dolore che provava, cercando nell'invisibilità rifiugio per
il suo
orgoglio. La gola cominciò a bruciare e il suo fuoco si
faceva
sempre più intenso ad ogni lamento di Carol. Altri
singhiozzi sentì
provenire dal gruppo alle sue spalle, e la tensione e la paura
all'improvviso si trasformò in dolore puro, capace di
schiacciare
anche i cuori più forti come quello di Shane, e
impedì a tutti di
alzare di nuovo la pistola e puntarla verso la ragazzina che
lentamente si avvicinava a loro. Sapevano che quello sparo sarebbe
stato il triste "the end" di una lunga storia a cui avevano
dato tanta speranza. E nessuno dei presenti si sentiva tanto forte di
prendersi la responsabilità di terminare quella storia.
Ecco.
Era quello l'odio verso Dio che intendeva Ocean, l'odio verso
l'entità che ti costringeva ad alzare la pistola e sparare
in testa
a tua figlia. Perchè è così che va
fatto. L'odio che in quel
momento scatenò Rick, solo in quel momento e che lo spinse
ad
avanzare velocemente, prendendo la situazione in mano, dimostrando
ancora una volta di essere il pilastro portante perchè lui
solo
aveva trovato il coraggio di alzare quella pistola e si sentirsi
responsabile di quel Bang.
The
end.
Il
sole era alto nel cielo da tempo, doveva essere sicuramente
pomeriggio inoltrato, eppure la luce era così fioca e opaca.
Il
vento ogni tanto sussultava, sospirando, prendendo fiato di tanto in
tanto come una madre in preda ai singhiozzi di fronte al cadavere
della propria figlia. Ma così leggeri e caldi da essere
quasi
pesanti. Lungi dall'essere piacevoli. Quel posto non era più
così
piacevole come lo era stato fino a qualche ora prima. Ocean, seduta
ai piedi di un albero, con le ginocchia raccolte e Max steso al suo
fianco, aveva gli occhi fissi all'orizzonte, come sempre faceva da
quando era lì. L'orizzonte era lo stesso che aveva sempre
visto da
bambina, così dolce e pieno di ricordi da attirare sempre la
sua
attenzione. Ma quella volta era così diverso. I ricordi di
quella
bambina che correva sulla sua bicicletta nel cortile stavano andando
scemando, affievolendosi, scomparendo nella nebbia. Solo allora si
accorse di quanto anche lei avesse combattuto tanto in quei giorni
per crearsi un angolo di paradiso, senza esserne pienamente
consapevole. Quello che doveva solo essere uno stallo provvisorio in
realtà stava diventando la sua casa, e non se ne stava
rendendo
conto. Ora che invece il castello di sabbia era stato distrutto
dall'onda tutto era tornato chiaro, e improvvisamente si
sentì tanto
sciocca nell'aver pensato di poter essere di nuovo felice. Le lacrime
cadevano anche su quella bella terra.
Abbassò
lo sguardo e si guardò i piedi grigi di terra e con qualche
filo
d'erba secco tra le dita. Le infradito non erano le calzature
migliori per un posto del genere. Poi notò una macchiolina
scura sul
lato del piede: sangue rappreso.
Le
infradito non erano le calzature migliori per quel mondo.
Strofinò
la mano sulla macchia tentando di toglierla, di eliminarla, non tanto
in un folle desiderio di pulizia ma quanto in un ultimo disperato
tentativo di eliminare la realtà, di tornare lontana da
tutto, ma
non ci riuscì. Era lì per ricordarle che non
doveva riposare, era
lì per ricordarle che non doveva chiudere gli occhi
perchè bastava
un attimo e il sangue dilagava senza che se ne rendesse conto. Si
sentiva sciocca...eppure aveva davvero sperato che almeno quella
gente potesse essere felice. Aveva davvero sperato che esistesse
ancora un modo per sorridere e vivere. E aveva sperato davvero di
veder presto Carol insieme alla sua bambina, in dimostrazione del
fatto che l'umanità poteva ancora farcela! Una sfida contro
il Dio
che costringeva ad uccidersi a vicenda, una battaglia vinta che
avrebbe portato speranza e risorse in più al fine di vincere
la
guerra.
Ma
era un mondo nuovo di zecca.
Avrebbe
dovuto accettarlo prima o poi.
Spostò
lo sguardo alla sua destra, dove in lontananza Andrea, T-Dog e gli
altri stavano seppellendo i corpi dei loro cari. E li trovò
così
stupidi. Ancora legati a quell'arcaica forma di celebrazione dei
morti: cosa c'era da celebrare? Non ci vedeva nulla di umano in
quelle cose e loro le celebravano! Il funerale era roba da vecchio
mondo, in questo mondo nuovo non aveva nessun senso perchè
tanto i
morti tornavano.
<<
I morti ritornano. >> bisbigliò a sottolineare
il suo pensiero
<< I vivi no. >> aggiunse prima di
accarezzare Max al suo
fianco, in un gesto adibito a dargli conforto << I vivi
non
tornano. I vivi se ne vanno e basta. >> e per la prima
volta
dopo mesi si ritrovò a farsi una domanda che aveva
dimenticato da
tempo, una domanda che più non formulava convinta di aver
già
trovato la risposta o che trovarla fosse assolutamente inutile.
"Riuscirò
a tornare a casa?"
Carol
e lei avevano avuto qualcosa in comune per un po' di tempo, forse
anche senza saperlo, ma ecco qual era il motivo che spingeva le due
ad essere così vicine e a cercarsi sempre. Entrambe erano
state in
stallo, immerse in una gigantesco punto interrogativo, chiedendosi se
al momento di ritrovo con la propria famiglia qualcuno avrebbe
cercato di mangiare l'altro. Chiedendosi se mai ci sarebbe stato un
ritrovo. Ed era lo stesso motivo per cui tanto dolore aveva sommerso
Ocean al momento della verità: era una risposta.
Non
c'è speranza.
Uno
cercherà di mangiare l'altro, se mai arriverete a rivedervi.
E sarai
costretta a puntare la pistola alla fronte della tua stessa famiglia.
Perchè era questa la nuova legge della natura.
Si
alzò in piedi, dandosi una scrollata al vestito pieno d'erba
e che
improvvisamente sembrò così scomodo. Max
alzò la testa, sempre sul
chi-va-la, e seguì i movimenti della sua padrona, pronto ad
andare
con lei in qualsiasi direzione si sarebbe inoltrata. E Ocean non
aveva nemmeno bisogno di chiamarlo a volte, lui sapeva già
cosa
andava fatto, le leggeva i piensieri. Lui la sentiva più di
chiunque
altro.
Ocean
si allontanò dall'albero seguita dal suo fedele cane, e si
diresse
verso il camper, dove aveva visto entrare Carol. Non sapeva neanche
lei perchè stava andando in quella direzione, non sapeva
neanche lei
perchè voleva vederla e cosa voleva dirle, ma sentiva il
bisogno di
avvicinarla. Forse anche perchè ancora non le aveva rivolto
a voce
il suo dispiacere.
Arrivò
e trovò il camper già affollato: c'erano oltre a
Carol anche Daryl
e Lori, entrambi lì per la loro amica, per darle in qualche
modo
conforto e anche per chiederle di andare "al funerale"
della figlia, cosa che sembrava non intenzionata a fare.
<<
La mia bambina è morta molto tempo fa. Nel bosco.
>>
sosteneva, e mentre lo diceva teneva gli occhi lontano da qualsiasi
cosa, in cerca di un distacco netto dalla realtà. Aveva
bisogno di
proteggersi, allontanandosi dal dolore. << Quella non
è la mia
bambina. >>
A
sentir quelle parole piene di distacco, quasi mancanti di rispetto
verso la bambina stesa al suolo, coperta da un sacco, Lori e Daryl se
ne andarono senza dire una parola, e quasi con una certa riluttanza.
Come se fossero stati offesi personalmente. Ocean si fece da parte e
li fece passare, evitando di guardarli così come loro
evitarono di
guardare lei. Si sentivano ancora estranei gli uni agli altri, e la
sofferenza del momento sentivano non era condivisibile. Ocean rimase
per un po' ferma lì, in imbarazzo, non sapendo cosa stava
facendo e
cosa avrebbe detto, ma incapace di andar via. Si guardò un
po'
attorno, fece qualche sospiro e sembrò cercare le risposte
intorno a
lei. Poi decise di entrare.
Lentamente
salì gli scalini del camper, cercando di essere silenziosa
abbastanza da non disturbare il dolore della donna che meritava tutto
il rispetto. Carol la guardò, forse più per
cercare risposta alla
domanda "chi è entrato?" che per un gesto di condivisione,
poi tornò a guardare fuori dal finestrino e a essere
distaccata.
L'abisso che cercava di porre tra loro due era percepibile a pelle.
Ocean
si appoggiò al mobiletto dietro di lei, incrociò
i piedi e cercò
di assumere una posizione che la facesse sentire a suo agio: dura e
fredda. I pianti e i "mi dispiace tanto" non facevano più
parte di lei. Rimase per un attimo in silenzio e portò gli
occhi a
un qualsiasi altro punto del camper, lontano dalla donna. Poi dopo
una lunga pausa decise finalmente di dire qualcosa.
<<
Undici ore di volo. >> disse semplicemente, aspettando di
avere
l'attenzione della donna che non tardò a mancare. Ocean
abbassò lo
sguardo un po' in imbarazzo e un po' in cerca della freddezza che le
serviva. Era la prima volta che affrontava questo discorso, e voleva
prenderlo il più alla leggera possibile per proteggersi dal
dolore e
per non sovrastare quello della donna di fronte a lei. Non era andata
lì in cerca di compassione, non era lei quella che ne aveva
bisogno
al momento.
<<
Casa mia...è a undici ore di volo da qui. Sempre rientrando
nei
canoni del vecchio mondo, quando ancora si utilizzavano gli aerei. Mi
trovavo da queste parti per uno sciagurato caso. >> Fece
ancora
una pausa sentendosi l'aria mancare per un attimo. In compenso aveva
ottenuto tutta l'attenzione della donna.
<<
Avevo.... Ho >> si corresse << Una madre,
dei fratelli...
nonni, zii, cugini e amici. Tutti a undici ore di volo da qui.
>>
fece un altro sospiro affaticato. L'aria cominciava a mancare. I
ricordi le stavano andando di traverso. Spostò lo sguardo
agli occhi
della donna, cercando di sembrare il più convincente
possibile <<
Non ho idea di cosa sia successo laggiù. I contatti si sono
interrotti molto prima. Non so se sono vivi, morti o zombie. Non so
nemmeno se anche da loro è successo. E probabilmente anche
loro si
staranno chiedendo se sono ancora viva o meno, o forse mi hanno
già
data per morta. >> tornò a guardarsi i piedi e
si morse un
labbro << Sono risposte che non avrò mai.
>> Carol colse
tutta la pesantezza e il dolore di quest'ultima frase, e per un
attimo si sentì schiacciare anche lei.
<<
Non ho la pretesa di tornare a casa, so già che
vivrò il resto dei
miei giorni schiacciata da questo interrogativo, e ormai mi sono data
per vinta. Non combatterò ancora per sapere, non avrebbe
senso, ho
già perso in partenza, ma avessi anche solo una piccolissima
chanche
non me la farei scappare e correrei da loro non solo nella speranza
di riuscire a riabbracciarli ma anche solo per sapere!! Il dubbio e
peggio di qualsiasi truce verità. L'uomo non è
fatto per stare in
bilico, ha bisogno del respiro che solo un punto e a capo gli sa
dare. Una fine. Credo sia questo il senso dei funerali, quando una
persona muore spesso è tutto troppo veloce e lascia molte
cose in
sospeso... si deve mettere un punto a tutto. E da lì si
ricomincia.
E io... vorrei solo sapere....e l'unica pretesa che avrei sarebbe
quella di poter loro dire Addio come si deve e poter ripetere per
l'ultima volta "Vi voglio bene". Quando ci siamo lasciati
non ne ho avuto la possibilità, e non immaginavo ce ne
sarebbe stato
il bisogno. Ma mi basterebbe poter dire loro, vivi o morti che siano,
"Addio. Vi amo alla follia." e tutto tornerebbe ad avere un
senso. >>
Carol
capì cosa stava cercando di dirle la ragazza, oltre ad
apprezzare il
fatto che si fosse aperta con lei per prima. Ocean avrebbe pagato oro
per essere nella situazione di Carol: sapere, mettersi finalmente il
cuore in pace, e poter dire quelle fantomatiche parole alle persone
amate. Farglielo sapere...anche se ormai morte. Fargli sapere che
nonostante tutto se le sarebbe portate nel cuore fino alla fine.
Quando Sophia era scappata non aveva avuto tempo di dirle Addio e di
ricordarle quanto l'amasse, non aveva avuto tempo di ricordarle che
la mamma è sempre vicino a lei. Quella era l'occasione
giusta. Era
questo che cercava di dirle Ocean.
Carol
le fece un piccolo sorriso di assenso e di gratitudine (o forse solo
per compiacerla), e Ocean ricambiò prima di uscire dal
camper in
silenzio e dirigersi lentamente verso il gruppo di persone riunite di
fronte alle tombe improvvisate, intente a dare il loro ultimo saluto
e il loro rispetto a coloro che li avevano tristemente lasciati. Non
vedevano zombie la sotto, vedevano solo chi c'era prima, e questo era
ciò che ancora li teneva in piedi. Sapere che la propria
identità,
il proprio te stesso, non te la ruba neanche la morte.
Che
si continua a Essere anche quando non ci si è più.