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Autore: chicca2501    03/10/2014    2 recensioni
Paring: Leonetta, Diecesca, Naxi e Fedemilla.
Dal testo: "Era una brutta giornata, brutta ma adatta a quello che stava per accadere. Le nuvole grigie nascondevano il cielo e il sole, mentre le tenebre stavano cominciando a invadere la pianura ghiacciata.
Tra gli spuntoni di roccia calcarea e di detriti inumiditi dal ghiaccio, la folla si stava accalcando verso un piccolo palchetto di legno fatto alla bell’e meglio che si reggeva a stento.
Sopra quella piattaforma c’era una ragazza slanciata, dal fisico magro e dai capelli lunghi e rossi e con gli occhi castani, i quali scrutavano tutte quelle persone ammassate lì solo per vedere lei, la grande Camilla Torres. "
Un'isola perduta in un mondo caratterizzato da guerre e carestie.
Un popolo magico in attesa di essere liberato.
Un capo dei ribelli pronto a tutto.
Quattro ragazzi diversi, ma uniti da un grande potere.
Amori che superano ogni confine del tempo e dello spazio.
I quattro elementi faranno tremare il suolo.
Acqua, fuoco, terra e aria si dovran temere!
C'è una terra da salvare,
Una battaglia da affrontare.
And I'LL WIN!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Era una brutta giornata, brutta ma adatta a quello che stava per accadere. Le nuvole grigie nascondevano il cielo e il sole, mentre le tenebre stavano cominciando a invadere la pianura ghiacciata.
Tra gli spuntoni di roccia calcarea e di detriti inumiditi dal ghiaccio, la folla si stava accalcando verso un piccolo palchetto di legno fatto alla bell’e meglio che si reggeva a stento.
Sopra quella piattaforma c’era una ragazza slanciata, dal fisico magro e dai capelli lunghi e rossi e con gli occhi castani, i quali scrutavano tutte quelle persone ammassate lì solo per vedere lei, la grande Camilla Torres.
Da li sopra poteva osservare le numerose etnie provenienti dai quattro angoli del mondo e il vedere che ognuno se ne stava con un proprio simile la riempiva d’angoscia; lei li aveva riuniti lì, rischiando l’arresto o, peggio, la morte, solo per riappacificarli e loro complicavano ulteriormente le cose? No, non lo accettava.
Però doveva restare calma, doveva far capire che lei era degna del ruolo che aveva ereditato da suo padre e in cui lei credeva fermamente. Sì, doveva mantenere la calma.
All’improvviso, senti che qualcuno le stringeva la spalla e quella stretta era forte, dolce e ispirava fiducia al tempo stesso.
Camilla si girò per incontrare gli occhi verdi del suo braccio destro e poté leggere anche sul suo viso la preoccupazione.
- Nervosa? – le chiese, premuroso.
- Non sai quanto, Leon. – rispose la rossa.
- Devi solo tranquillizzarti, poi il resto verrà da sé. – il ragazzo si voltò verso di lei, cercando di sorridere, ma anche quello era difficile.
- Tu credi che riusciremo ad accordarci? –
- Non ti posso promettere niente, Cami, perché non lo so. Però lascia che ti dica che io credo in te, credo nella tua forza e nelle tue capacità condottiere e militari. Tu sei nata per questo e non devi farti intralciare da nessuno, e se oggi non funzionerà non sarà colpa tua, ma colpa loro. – mentre lo diceva, indicò con il braccio la folla sottostante. – Si, sarà colpa loro e di quelle stupide ed ottuse regole razziste che sono abituati a seguire. Ricordatelo, Cami. –
Era una delle tante cose che Camilla adorava di lui: non era banale, non diceva a sproposito “andrà tutto bene, ne sono sicuro” anche quando non lo era.
Nonostante questo, la spronava e la incoraggiava ad andare avanti e a lottare in quello in cui credeva, infondendo nelle sue parole molta enfasi e una disarmante fiducia in lei.
- Grazie, Leon, mi fanno bene le tue parole. – gli disse, mentre si lasciava avvolgere dalle braccia forti e sicure del ragazzo che per lei era sempre stato come e più di un fratello.
Quando si staccarono, lui le sorrise, questa volta sul serio, prima di darle una pacca sulla schiena e spingerla verso il bordo del palco, come per indicarle che doveva cominciare.
La ragazza guardò in basso: i presenti si erano accorti del suo movimento e la stavano fissando attentamente, in religioso silenzio.
Lei prese un respiro profondo, aspettò qualche secondo e iniziò: - Benvenuti a tutti, grazie per essere venuti. Voi sapete perché vi ho convocato qui, nella Valle della Morte: la lotta contro Sarchatan. Siamo sottomessi da troppo tempo, ormai; la nostra volontà è stata sottoposta a uomini dal cuore oscuro che si servono della magia nera per i loro vili scopi.
A causa loro, non abbiamo più niente: il cibo scarseggia, quasi tutte le sorgenti di questa terra sono state avvelenate da pericolosi esperimenti e le tasse ci stanno prosciugando. Credo che ognuno di voi abbia dovuto rinunciare a un gioiello di famiglia, a un animale che vi stava a cuore oppure è stato costretto a vendere la propria abitazione per non finire al patibolo.
Non siamo più quelli di una volta, noi di Atlantide: gli elfi non riescono più a utilizzare la magia, i nani stanno perdendo la forza e il tempo per scavare le gallerie, le fate sono private delle loro ali alla nascita perché i nostri nemici non apprezzano l’immortalità e noi umani non abbiamo perso l’amore per la navigazione che caratterizza la nostra specie. – Un brusio di consenso si levò dalla folla, mentre Camilla ne approfittava per rilassarsi e riordinare le idee.
Stava procedendo tutto per il meglio, ma non sapeva quanto tutto questo poteva durare, soprattutto non poteva predire quello che sarebbe successo dopo le fatidiche parole che molti disprezzavano.
Attese che la folla si calmasse, poi riprese a parlare, e questa volta la tensione era palese nella sua voce: - Io avrei un’idea su come potremmo sconfiggere questo nostro nemico comune: tutte le etnie di Atlantide devono unirsi per sconfiggere Sarchatan! – quando concluse la frase, ci fu un attimo di sbalordimento generale, che durò fino a quando un nano più basso degli altri e bardato con medaglie dai vari colori, sbraitò: - Tutte cazzate! Sono solo un mucchio di cazzate! Ora ti faccio io il mio discorso poetico, signorina Torres e credo che non vi piacerà. – dopo queste parole, il nano si fece largo tra la folla, agitando la folta barba castana in segno di importanza e salì sopra il palco, mettendosi al fianco di Camilla.
- La qui presente signorina Torres vuole unirci. – iniziò a dire con voce resa stridula dall’agitazione. – Avete sentito tutti, vuole UNIRCI! Come se noi lo potessimo fare. Anche i bambini sanno che, nonostante il fatto che abbiamo un unico nemico, non potremmo mai riappacificarci. – se prima la folla apprezzava le parole di Camilla e la guardava adorante, adesso inveiva contro di lei, lanciandole contro insulti, bestemmie e qualcuno, addirittura, maledizioni antiche come il mondo.
È finita pensò la ragazza e ne ebbe la conferma quando si voltò verso Leon, che guardava la gente con angoscia e terrore.
Le urla però continuavano, imperterrite; la gente stava dando ragione al nano, il quale gongolava accanto a lei e sorrideva soddisfatto come un bambino davanti a un gioco appena comprato.
Camilla non sapeva cosa fare, l’unica cosa che riusciva a fare era pensare al disastro che aveva appena combinato. Ad un certo punto, le venne in mente quello che diceva suo padre: Le persone sono come gli animali: non puoi tirarli fuori né con la forza né con il solo potere delle parole; per convincerli ad uscire dalla loro tana devi solo utilizzare un’esca.
Quelle parole le fecero tornare la speranza; perché lei un’esca ce l’aveva, oh si che ce l’aveva, ma era molto pericolosa utilizzarla. Guardò un’ultima volta le varie etnie continuamente in lotta tra loro senza un motivo preciso, solo per consuetudine e si decise: si, l’avrebbe fatto, avrebbe utilizzato l’esca.
Con uno slancio si lanciò tra i presenti urlando: - Aspettate! Aspettate! Fatemi finire! – quelle parole urlate con la forza della disperazione, attirarono sulla rossa gli sguardi rabbiosi di tutti. – C’è ancora un’ultima speranza. La profezia, la profezia può aiutarci. –
La rabbia venne sostituita di nuovo dall’incredulità; nessuno pronunciava più da cent’anni quella profezia, anche se tutti la conoscevano.
Il silenzio denso di gelida tensione, venne spezzato solamente quando si udì una voce dolce e lieve intonare: - Quattro persone scenderanno dal cielo, oh Atlantide;
quattro persone scenderanno a salvarti;
i loro poteri tutto potranno far;
i quattro elementi racchiuderai;
oh Atlantide, oh Atlantide;
quattro persone scenderanno dal cielo, oh Atlantide. –
Dalla folla sbucò un bambino, un piccolo elfo basso e magro come uno stelo, con i capelli biondi come il grano e gli occhi azzurri come il cielo in primavera. Era quello che aveva cantato.
Si avvicinò tremante a Camilla, la quale lo guardava sorridendo, e la abbracciò, un abbraccio pieno di quell’affetto proprio dei bambini, i quali amano tutti incondizionatamente.
La rossa lo prese prontamente in braccio e lo strinse a se, inspirando il suo profumo di fragole. Quando si staccarono, il piccolo sorrise, un sorriso allegro e vivace che fece venire alla ragazza le lacrime agli occhi.
Alla fine distolse lo sguardo da quel visetto angelico per spostarlo sugli spettatori di quella scena.
- Lo vedete? – disse – Vedete quello che sta accadendo anche in questo istante? Il momento è giunto, la profezia sta per avverarsi. -
- Ammettendo che la profezia sia vera. – intervenne una donna elfo, guardandola con i suoi occhi verde smeraldo. – Chi sarebbero queste persone che scenderanno dal cielo? Dovrebbero essere molto potenti, visto che ognuno di loro controlla un elemento. –
- Non lo so. – rispose Camilla. – Non lo so. –
All’improvviso, un urlo proveniente dal cielo fece alzare il capo a tutti.
   
 
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