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Autore: AlexEinfall    04/10/2014    3 recensioni
[Casey/Severide] Prima mia long-fic su questa coppia, che credo abbia un grosso potenziale.
Severide affronta Casey circa il suo comportamento sconsiderato, ma le cose non vanno mai come ci si aspetta. Questo è l'inizio di qualcosa oppure le resistenze e l'antico astio ostacoleranno la loro strada?
Un giorno qualunque alla Caserma 51 è destinato a cambiare ogni cosa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'alba del giorno dopo

I'll keep you my dirty little secret
Don't tell anyone or you'll be just another regret
(Just another regret, hope that you can keep it)
My dirty little secret

Who has to know
When we live such fragile lives
It's the best way we survive

The All-American Rejects




  Shay entrò nell'appartamento sbuffando sonoramente. La serata non era andata esattamente come sperato: Kendra, ormai a corto di speranze, aveva deciso di propinarle tutta una sfilza di sue amiche, una più instabile dell'altra. Tutto lo stress era quindi bloccato nel suo collo e tra poco meno di un'ora avrebbe dovuto ricominciare un altro estenuante turno. Nel posare le chiavi, l'occhio le cadde sul tappeto, macchiato dal liquido giallastrao scivolato via da una bottiglia di scotch. Involontariamente, si ritrovò a sorridere: a quanto pare a Kelly era andata meglio. Poi vide le coperte attorcigliate sul divano e le si inarcò un sopracciglio.
   Scrollò le spalle e si diresse al frigo, per prendere uno yogurt come ben magra consolazione.
   Quasi la stesse attendendo, Kelly le giunse alle spalle.
   «Hei, Shay!» esultò, sedendosi alla penisola. «Com'è andata la serata?»
   «Un vero schifo» annunciò la bionda, per poi squadrarlo.
  Kelly sembrava frenetico e indossava un sorriso che le puzzava. Gli versò il caffé del giorno prima e poggiò i gomiti sul marmo, per osservarlo meglio.
   «E a te? Hai avuto visite?» chiese, sorridendo maliziosa.
   Kelly scosse la testa. «Nulla di importante.»
   «Certo...» disse poco convinta. «Come al solito.»
   «Come al solito.» Il tenente sorrise, trangugiò il caffé e scappò via, come se temesse chissà quale punizione.



   Matthew Casey camminava con le mani infossate nelle tasche dei pantaloni. Tremava dal freddo e non riusciva a credere di averlo sopportato la sera prima. Si chiese stupidamente dove fosse la sua giacca. La testa gli pulsava e non era riuscito a bere neanche un caffé. Qualcosa gli diceva che quella giornata sarebbe stata uno schifo e lui non era molto abituato a tutto quel pessimismo.
   Quello che era avvenuto di mattina, solo poche ore prima, gli sembrava ancora avvolto nella nebbia. Si era risvegliato poco dopo l'alba e aveva faticato a riconoscere un ambiente che, a dirla tutta, non aveva mai visto prima. La bottiglia di scotch gli aveva aperto la mente: quella era proprio la casa di Kelly Severide e Leslie Shay. Un brivido l'aveva scosso così forte da farlo saltare in piedi e correre via. Ora si ritrovava a percorrere la strada per la caserma, a piedi, contro il freddo. La cosa che più lo aveva stupito era stata svegliarsi nudo e, maggiormente, con una coperta addosso. Ricordava vagamente la sera prima, o forse la sua mente cercava soltanto di proteggerlo, chiudendo fuori le scene più hard. Lui, Matthew Casey, era sotto shock. La lunga camminata gli stava schiarendo la mente e, passo dopo passo, cercava di convincersi che fosse tutto un assurdo scherzo. Eppure la sua stessa mente non glielo permetteva: lui non riusciva ad ingannarsi oltre.
   Il suono di un clacson lo fece sobbalzare. Si voltò e vide una macchina che lo seguiva a passo d'uomo. Pregò con tutte le sue forze di aver sbagliato modello, ma le sue preghiere non vennero ascoltate. L'auto si fermò e il finestrino abbassato rivelò il volto raggiante di Dowson.
   «Hei, Casey, hai deciso di allenarti anche al mattino?»
   «Hei. Volevo solo fare due passi» disse celando il nervosismo e quel vago sentore di disagio alla bocca dello stomaco.
   «Su, sali, o ti congelerai.»
   Casey accettò, non sopportando oltre il freddo. Il calore dell'auto, in effetti, fu un sollievo.
   «Scusa se te lo dico, ma non hai una bella cera.»
   Matt annuì, ma non riuscì a dire nulla. Mentre l'auto si dirigeva alla caserma, avvicinandolo sempre di più alla possibilità di incrociare Severide, una strana considerazione lo colpì: Kelly poteva anche essere un idiota arrogante, ma almeno era riuscito a fargli dimenticare i suoi problemi, rimpiazzandoli con questioni molto più urgenti.



  Kelly Severide si sedette al tavolo della squadra tattica, sfogliando il giornale. Pagina dopo pagina, cercava di concentrarsi sulle notizie.
Borsa in calo...omicidio...rapina a mano armata...
  Era tutto inutile: riusciva solo a pensare alla propria idiozia. Quella mattina si era svegliato come al solito e mentre, come sempre, si concedeva una doccia fredda, aveva improvvisamente ricordato ogni cosa. Neanche un particolare della notte prima gli era sfuggito, nemmeno il gesto, tanto semplice quanto assurdo, di coprire il corpo nudo di Casey con una coperta. Il biondo si era addormentato così, mugugnando qualcosa di incomprensibile. Uscito dalla doccia, Severide era corso giù per le scale, e con sollievo aveva riscontrato che il divano era vuoto e che di Matthew non c'era traccia. Forse un briciolo di dispiacere gli si era depositato sullo stomaco, ma lo aveva lavato via con uno sbuffo.
   Ora, seduto a sfogliare un inutile quotidiano, pensò che in fondo un saluto sarebbe stato gradito. Almeno ora non si ritroverebbe a lanciare occhiate all'ingresso del garage, per monitorare l'arrivo di Casey. Mentre beveva il caffé, quella stessa mattina, aveva deciso che l'indifferenza fosse la miglior linea d'azione: quello che era accaduto non aveva significato nulla, solo uno sbaglio dettato dall'alcol e dallo stress. Lui, Kelly Severide, poteva benissimo fingere non fosse avvenuto. Chissà cosa avrebbe fatto Casey? La cosa lo preoccupava vagamente.
 


    Quando l'auto di Dowson si fermò nel grosso parcheggio della Caserma, il tenente Casey avvertì una scossa percorrerlo per tutto il corpo, come se il sedile si fosse improvvisamente caricato di elettricità. Una profonda nausea lo colpì allo stomaco e gli occhi divennero grandi e spauriti.
 La possibilità di incrociare lo sguardo di Kelly non era più solo una vaga sensazione che sarebbe giunta prima o poi, ma una certezza terrificante. Non aveva la minima idea di cosa fare, lui che era sempre pronto a prendere le situazioni in mano, anche le più drammatiche. Chiuse gli occhi e sperò in una chiamata, perché avrebbe preferito mille volte trovarsi al centro di una casa in fiamme, che nel tumulto del suo cuore di fronte alla Caserma.
   «Casey? Tutto ok?»
    Dowson lo guardava preoccupata; forse troppo intensamente, pensò vagamente Matt. Si affrettò ad annuire e abbozzò un sorriso, sentendo i nervi tesi fino a far male. Gabby mormorò un okay poco convinto e scese dal veicolo.
  «Comunque, dovresti cambiarti prima di uscire dalla Caserma» disse con un sorriso.
   Casey guardò i propri pantaloni, non riuscendo a credere di essere uscito a bere con quelli indosso e di averli tenuti anche dopo... Non disse nulla e seguì a ruota il paramedico, poi girò dietro il camion parcheggiato della squadra 3 e quasi corse fino alla porta d'ingresso della Caserma. Era quasi certo che Severide l'avesse intravisto, anche se nella mente aveva l'immagine del tenente seduto di spalle alla porta. Eppure quella notte aveva avuto la conferma che le eccezioni esistono e che colpiscono sempre insieme. Quello che era successo, lo sapeva, avrebbe cambiato il corso degli eventi. Scrollò le spalle e si diresse al suo armadietto, ripetendosi che stava ingigantendo le cose e che, di questo passo, lo avrebbero schiacciato. In fondo, non era successo nulla di irreparabile, no? Avrebbe continuato la sua vita come nulla fosse, perché non aveva significato nulla.
   Dannazione, imprecò. Avrebbe davvero voluto credere alle bugie che andava ripetendosi, ma non ci riusciva. Nulla sarebbe mai stato lo stesso, lo sapeva fin troppo bene. Conosceva lo schema di quegli eventi che irrompono nella vita e modificano ogni cosa, portandoti un giorno a chiederti come sarebbero potute andare le cose se non...
   Se non...
   «Hei, Casey.»
   Sobbalzò, riconoscende immediatamente la voce: era proprio Severide, che lo ispezionava con il suo migliore sguardo innocente. Cercò le parole giuste, ma non aveva idea di cosa dire.
   «Hei» riuscì solo a buttar fuori.
   Kelly poggiò la sballa agli armadietti, con lo sguardo che vagava confusamente.
   «Senti» disse, staccandosi dalla sua posizione. «Volevo solo dirti che...insomma, non è che siamo obbligati a parlrne, no? Cioè, tutto come prima, giusto?»
   Casey lo guardò appena, si schiarì la voce e ripose la maglietta nell'armadietto, chiudendolo con cautela.
   «Parlare di cosa?!» disse, abbozzando un sorriso.
   Severide rimase un attimo incerto, poi sorrise. «Perfetto.»
  Si guardarono un istante, come se ognuno volesse in realtà aggiungere altro ma non ci riuscisse. In quel momento l'allarme tuonò dall'interfono, annunciando un incidente automobilistico con vittime intrappolate.



   Shay salì sull'ambulanza, che partì a tutta velocità dietro i due camion dei vigili del fuoco.
   A Dowson non occorse molto per notare il malumore della collega. Le lanciò rapide occhiate eloquenti, finché l'altra non sbuffò.
  «Che c'è?»
  «Dimmetolo tu, Shay. Hai quella faccia.»
  «Quale faccia, scusa?»
  «Lo sai...» disse Gabby, sorridendo.
  «D'accordo!» si arrese Shay. «Non è nulla. Solo Kelly e i suoi misteri.»
  «Che vuoi dire? Tu e Severide avete davvero dei segreti?»
   Shay diede uno spintone a Dowson, che reggeva saldamente il volante.
   «E' andato a letto con qualcuna, la scorsa notte, e non vuole dirmi chi.»
   «Bhe, Severide va a letto con molte qualcuna, le vuoi davvero conoscere tutte?» chiese Gabby, svoltando l'angolo.
   «No, certo che no. Ma era strano...come se nascondesse qualcosa.»
   «Magari è una tua impressione...oppure...»
   «Oppure?»
   «Bhe, potrebbe trattarsi di una delle tue ex finte lesbiche.»
   Shay scosse la testa e incrociò le braccia al petto, mentre la collega parcheggiava l'ambulanza lungo il ponte. «Ora andiamo, ne parliamo dopo» disse la bionda, scendendo di corsa dal veicolo, mentre Gabby scuoteva la testa e rideva. Il sorriso le morì sulle labbra di fronte alla scena, che la investì come un pugno negli occhi.
   Sul ponte, sospeso sopra le fredde acque invernali, due auto si erano scontrate, accartocciandosi. La monovolume scompariva e si fondeva con il grosso SUV nero, in un fumante sbuffo. Sembrava una bestia metallica pronta ad esplodere. Eppure ciò che più appariva spaventoso era tutto il resto: le auto erano bloccate lungo i due sensi di marcia e una marea di impiegati, mamme e gente qualunque urlava e sgomitava, come a voler che qualcuno pagasse per il loro ritardo.
   Non c'era da meravigliarsi, pensò Dowson, lievemente intimorita.
   «Ora di punta» mormorò Shay. «Gente molto arrabbiata.»
   Le ragazze si scambiarono un'occhiata.



   Severide scese dal camion e corse verso i due veicoli. Come sua abitudine, lanciò uno sguardo a Casey, con l'intenzione di coordinarsi con il tenente, che però non rispose al consueto muto appello. Boden comunicò alle squadre di controllare le due auto.
   «Qui ce n'è uno!» urlò Cruz, facendo accorrere Shay e Dowson.
   Mentre Severide coordinava la sua squadra per estrarre dalle macerie la prima vittima, si accorse di non riuscire più a vedere Casey.
   «Capo» disse a Boden. «Non trovo Casey!»
   «Cosa?» tuonò l'uomo, per farsi sentire oltre la folla accalcatasi intorno al luogo dell'incidente. L'isteria stava dilagando tra gli impiegati, il cui unico pensiero era giungere al lavoro puntuali, bloccati da quell'inconveniente nel bel mezzo del ponte.
   Improvvisamente si udì un grido sormontare tutti gli altri, facendo voltare i vigili del fuoco. Poco distante un'uomo urlava e sgomitava, tentando di avvicinarsi alle due auto schiantate. Proprio lì Severide intravide la giacca di Casey. Fu un attimo e lui non riuscì neanche a muoversi, paralizzato: il tenente Matthew Casey fu spinto con forza e cadde giù dal ponte, svanendo in un attimo.
  «Casey!»



  
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