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Autore: lilyhachi    04/10/2014    1 recensioni
(Post terza stagione; nessun collegamento con la quarta stagione)
Madison era rotta, come un oggetto di vetro, i cui pezzi erano sparsi chissà dove, eppure Derek non sembrava da meno, solo che nessuno dei due era in grado di vedere le rispettive incrinature.
Derek Hale era spezzato. Tutto il suo dolore era accompagnato da una bellezza suggestiva in grado di annullare tutte quelle scosse che sembravano martoriare il suo sguardo rigido. Tutta la sua sofferenza era perfettamente modellata, come fosse creta, per far in modo che non ci fossero crepe, così da impedire al più flebile spiraglio di luce di entrare. Tutti i suoi tormenti erano pericolosamente allineati come le tessere del domino, e anche il minimo fruscio avrebbe potuto segnare una reazione a catena irreversibile. Da lontano, sembrava tutto in ordine, ma bastava avvicinarsi per riconoscere quelle piccole imperfezioni che lo rendevano rotto…splendidamente rotto.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XV
 
Blood moon

 
“When I was a child I'd sit for hours, staring into open flames.
Something in it had a power, could barely tear my eyes away”.
(Hozier – Arsonist’s lullaby)
 
Madison sentiva la testa girarle vorticosamente. Un odore forte di chiuso le inondò le narici, mentre si sollevava sui gomiti, storcendo il naso per quell’odore che sembrava appartenere ad un ambiente angusto dove nessuno metteva piede.
Sollevò lo sguardo, osservando le pareti rovinate e percorse da qualche crepa. Seguì con gli occhi quelle linee ispide ed irregolari per poi posare gli occhi su una statua così vecchia che Madison non riusciva nemmeno ad identificarne il volto. Un rumore richiamò la sua attenzione.
Solo quando cercò di voltarsi verso la fonte, Madison si accorse di avere i polsi legati da una catena che faceva capo al muro che si trovava alle sue spalle. Emise un mugolio frustrato e prese a tirare la catena per tastarne la resistenza ma quando vide che non si era mossa di un centimetro, Madison si sentì solo più angosciata di prima. Qualcuno cominciò a ridere di lei, paralizzandola sul posto: Julian
I suoi passi riecheggiarono all’interno della struttura, permettendogli di farsi più vicino.
Madison trovò la forza di guardare il suo carceriere in volto e vide quegli occhi di ghiaccio ad attenderla: la osservavano dall’alto con un’aria trionfante, di chi sapeva di aver vinto. Avrebbe tanto desiderato ringhiargli addosso, ma lei non era un lupo, non era come lui.
“Sei bella come tua madre”, dichiarò con voce melliflua, sfiorandole una ciocca di capelli. “Stesso sguardo, stessi capelli scuri",
Madison si ritrasse a quel contatto, come se un viscido serpente la stesse toccando.
Julian rise sommessamente a quel gesto, ritrovandovi qualcosa di divertente che lei non vedeva.
“Sfuggente come lei”, continuò il lupo, senza staccare lo sguardo da Madison.
“Tu non sai nulla”, proclamò lei con sdegno. “Potrai anche avere un legame di sangue con me ma questo non vuol dire un bel niente".
Fu a quel punto che la risata di Julian si fece ancora più forte di prima, costringendo Madison ad osservarlo con turbamento perché proprio non capiva cosa spingesse Julian a ridere come se stesse assistendo ad un film comico. Nel frattempo, scorse Gwen poco più in là, accanto a Blake.
“E’ proprio questo il bello, sai?”, continuò lui con espressione allietata.
Gwen sorrideva soddisfatta con le mani giunte dietro la schiena, mentre Blake sembrava parecchio irrequieto, come se avesse la sensazione di trovarsi nel posto sbagliato con le persone sbagliate. Ridley li raggiunse, spostando lo sguardo da lei a Julian, in allerta: c’era qualcosa di diverso in lui, non si avvicinò ai suoi compagni ma nemmeno al suo alpha. Rimase lì, fermo nel mezzo, ad aspettare che un segno, un gesto, una parola qualsiasi gli indicasse la strada giusta. I suoi occhi incrociarono per un attimo quelli di Ridley e lei vi lesse qualcosa di appena percettibile: sembrava quasi una specie di codice, una lingua antica e difficile da decifrare che nascondeva qualcosa di importante che doveva essere necessariamente tradotta e svelata al mondo.
Perché le sembrava sempre che Ridley avesse tantissime cose da dire?
“Cosa vuoi?”, chiese Madison, riportando gli occhi su Julian. “Uccidermi?”.
“Oh, no!”, rispose Julian, sollevando le mani a mezz’aria. “La morte è per i codardi…basti pensare a tua madre Nadia che si è tolta la vita".
“Non si sarebbe fatta tenere in pugno da te”, sputò Madison, desiderando alzarsi per fronteggiarlo ed impedirgli di parlare di sua madre a quel modo.
“Io la tengo in pugno anche ora che è morta”, la rimbeccò il licantropo, sfoggiando un sorrisetto sardonico.
Si chinò nuovamente accanto a lei. “Vedi, tesoro…la tua mamma si è tolta la vita davanti a me, credendo di proteggerti, sperando che in quel modo io non avrei avuto nulla tra le mani. In realtà, Nadia mi ha lasciato tutto ciò che mi serviva per trovarti e avere ciò che bramo di più”.
Madison sentì un brivido lungo la schiena.
Come poteva avere nelle vene lo stesso sangue di quell’uomo viscido ed egoista? Come poteva Julian essere suo padre?
Quello non era il tono di un familiare felice di rivedere qualcuno a lui caro, ma il tono di un assassino spietato che stava circuendo la sua vittima, pronto a farla fuori. Guardò verso una finestra poco lontana e adocchiò una luna spaventosamente rossa in cielo. Sembrava quasi ricoperta di sangue, come quello che presto avrebbe macchiato le mani di Julian e forse anche la sua gola, visto ciò che il licantropo aveva in mente.
“Cosa?”, domandò Madison, con la voce ridotta ad un flebile sussurro.
“La vendetta”.
 
Per un secondo, un interminabile e meraviglioso secondo, Derek credette di aver fatto soltanto un brutto sogno, e per quel motivo lo scontro con la realtà fu più violento del solito. Sussultò, accorgendosi di essere sul divano ma non ricordava di aver dormito.
Si portò una mano alla testa ancora dolorante, mentre un urlo risuonava ancora nella sua mente, risvegliando i ricordi sbiaditi che aveva dello scontro avvenuto. Ricordava le labbra di Madison, lui che la spingeva via, Julian, il sangue, Keith che faceva irruzione in casa, Scott e gli altri che lottavano fino allo stremo delle forze e le sue mani attorno alla gola del licantropo, poi un urlo.
Venne distratto da una moltitudine di odori provenienti dall’esterno che si facevano più presenti.
Quando la porta si aprì e Isaac mise piede in casa di Madison, arretrò subito di qualche passo mentre si guardava intorno, smarrito. Aveva una ferita molto profonda a livello del petto e stava in piedi soltanto grazie a Scott e Cora che lo sorreggevano.
Scott era corso da loro nella vecchia casa di Derek, trovando Isaac steso a terra con uno squarcio sanguinolento sul petto che si era beccato nel tentativo di proteggere Cora da Gwen. Si era assicurato che nessuno di loro quattro fosse in punto di morte e li aveva riportati indietro.
Stiles aveva solo qualche ferita superficiale, poiché la sua mazza da baseball non aveva fatto molto contro Gwen, mentre Lydia aveva ricevuto un colpo alla testa quando Gwen l’aveva scaraventata contro la parete, facendo compagnia a Stiles e Cora. Quest’ultima si era prima gettata su Gwen senza intenzione di lasciare che l’avesse vinta ma la donna sembrava quasi divertirsi mente Cora ringhiava e la guardava con una rabbia così forte da terrorizzare chiunque. Purtroppo, la rabbia non era bastata e Cora aveva rischiato di farsi male sul serio, ma prima che gli artigli di Gwen venissero piantati nel corpo della ragazza, Isaac si era messo in mezzo.
Gwen lo aveva colpito così forte da fargli girare la testa mentre il sangue scorreva sulla sua pelle.
Nel frattempo, Madison era stata china accanto a Stiles e Lydia, accertandosi delle loro condizioni ma quando aveva visto Gwen ad un punto dall’uccidere Isaac, le aveva urlato di fermarsi. Si era alzata e aveva semplicemente lasciato che Gwen la portasse via, salvandoli.
Scott li aveva trovati così: a terra e stravolti da ciò che era accaduto.
Quando arrivarono a casa, Isaac notò come la situazione sembrava essere pressoché la stessa.
Erano turbati e feriti, come se uno tsunami li avesse colpiti, lasciando solo pezzettini sparsi di ognuno di loro e ed erano troppo stanchi per recuperarli.
“Quelli chi sarebbero?”, domandò Stiles, adocchiando Keith con la schiena poggiata contro il muro e Lana al suo fianco, insieme a Bastian e Peter.
Il diretto interessato alzò la mano, facendo un cenno di saluto, nonostante le sue condizioni non fossero delle migliori poiché Stiles vedeva chiaramente la chiazza scura a livello dello stomaco.
Isaac incrociò lo sguardo di Derek e un tremore iniziò a percuoterlo: aveva fallito. Doveva proteggere Madison e invece, eccolo lì, ferito a morte e senza nulla tra le mani. Gli sembrò di trovarsi dinanzi a suo padre e per un attimo temette che un bicchiere gli venisse gettato contro.
Ritornò a qualche anno fa, sentendosi ancora quel ragazzino spaurito che non sapeva difendersi.
Derek si alzò in piedi, seppur a fatica, e si avvicinò al licantropo.
“Derek”, disse l’altro, arrestandosi e con la voce quasi roca. “Mi dispiace. Io-“.
Isaac non riuscì a terminare la frase, poiché una mano di Derek si strinse sulla sua spalla in un contatto imprevisto che sapeva di apprensione e sicurezza, come se lo stesse calmando. Il licantropo lo guardò negli occhi azzurri e stanchi, permettendo ad Isaac di ritrovare nei suoi la stessa spossatezza che lo aveva colto da quando aveva ripreso i sensi, sentendo l’assenza di Madison.
“Va tutto bene”, disse Derek, celando la tristezza che lo avvolgeva. “State tutti bene”.
“Lei-“, riprese Isaac, mentre un singulto spezzava le sue parole. “Lei ha fermato Gwen”.
Per quanto la situazione fosse abbastanza tragica, Derek non rimase sorpreso.
Quando aveva realizzato, grazie alle parole di Julian, cosa stesse accadendo sotto i loro nasi, aveva percepito come sarebbero andate le cose: Gwen non avrebbe preso Madison con la forza, ma si sarebbe consegnata lei stessa. Quel comportamento era proprio da lei: stupido e coraggioso.
Derek rafforzò la stretta sulla spalla di Isaac e poi guardò Cora, notando con piacere che era tutta intera, molto probabilmente grazie ad Isaac, poiché vedeva il modo in cui sua sorella lo fissava. Non aveva mai visto Cora così preoccupata per qualcuno che non fosse della sua famiglia.
Si allontanò, permettendo a Cora di adagiare Isaac sul divano e controllargli la ferita.
Isaac si sedette sui morbidi cuscini, mordendosi a sangue le labbra per reprimere il dolore e guardò Scott che si scambiava qualche parola con Derek, mentre Kira si occupava di Stiles e Lydia.
“Non avresti dovuto”, sussurrò Cora, sollevando i lembi della t-shirt di Isaac mentre una smorfia corrucciata faceva capolino sul suo volto alla vista della ferita. “Sei stato stupido”.
“Lo prendo come un ringraziamento”, esclamò lui, sussultando appena per il contatto delle dita fredde di Cora contro la sua pelle. “Non avrei mai lasciato che ti facesse del male”.
Cora riportò lo sguardo sul suo viso, basita da quelle parole e da tutta quella preoccupazione che pochissime persone avevano mostrato verso di lei. Nessuno l’aveva mai guardata in quel modo, come se lei dovesse essere assolutamente protetta, nessuno aveva mai cercato di difenderla, o almeno nessuno al di fuori della sua famiglia. Cora aveva sempre saputo come proteggersi. Poi era arrivato Isaac, che cercava sempre di tutelare le persone che gli erano vicine, anche quando non doveva…non era la prima volta che la salvava da qualcosa, danneggiando sé stesso. Cora non era abituata a quel comportamento, lo aveva sempre ritenuto immaturo e impulsivo, ma quando aveva visto Isaac grondante di sangue dopo essersi preso un colpo per lei, il suo metro di giudizio era cambiato. Le importava di lui e sapere che era lo stesso per Isaac l’aveva fatta sentire strana.
“Grazie”, mormorò Cora, lasciando le sue dita ferme sulla sua pelle in una morbida carezza.
“Dovevo”, rispose il ragazzo, guardandola negli occhi con un sorriso.
Un colpo di tosse proveniente dall’altra parte della stanza ripristinò quello strano e silenzioso clima di decadimento che aleggiava nella casa: sembrava che Madison avesse portato via tutto. Keith cercò di sollevarsi, ma senza risultato e si portò una mano sulla ferita, abbandonando la testa contro il muro.
“Non credo mi resti molto tempo”, disse mentre un tratteneva un grumo di sangue fra le labbra.
Lana, accanto a lui, aveva lo sguardo stralunato e neanche una parola era fuoriuscita dalla sua bocca, come se non volesse porre alcuna domanda perché le possibili risposte la scuotevano più di ciò a cui aveva assistito in quel breve arco di tempo. Tuttavia, qualcosa doveva pur saperla, grazie a Keith.
“Tu sei quello che ha consegnato Madison a Julian, eh?”, berciò Stiles, emettendo un sibilo quando Lydia poggiò l’ovatta sulla ferita al braccio.
“Presente”, dichiarò Keith, adombrandosi ancora di più, mentre Derek lo guardava piuttosto male.
Keith si soffermò sul viso accigliato di Derek e non gli volle tanto per intuire il senso di tutta quella rabbia mal celata: gli risultò chiaro che doveva avere un qualche tipo di legame con Madison. Lo aveva capito mentre lottava con Julian e lo capiva anche in quel momento.
Derek, dal canto suo, non sapeva se aiutare il cacciatore ad alzarsi o stare fermo lì per guardarlo morire come era stato fermo lui mentre Julian si avvicinava a Madison in quel magazzino. Ricordava ancora il suo sguardo vacuo, mentre Madison tremava per la paura.
Aveva etichettato Keith come un perfetto traditore, perché ogni cosa era accaduta per colpa sua. Voleva odiarlo, voleva ringhiargli addosso anche se era corso lì per aiutarli, ma non ci riusciva del tutto. Quando guardò il suo viso pallido e gli occhi spenti contornati da profonde occhiaie, il pensiero di Derek corse a Madison, rivelando come, al posto suo, Madison avrebbe messo da parte l’odio.
“Ho sbagliato tutto”, continuò lui, trattenendo un altro colpo di tosse e rivolgendosi principalmente a Derek, perché sentiva di dover parlare a lui. “Ma forse posso ancora fare qualcosa per aiutarvi”.
Si scostò di poco dal muro per infilare una mano nella giacca malmessa, dalla quale estrasse un foglietto ingiallito e rovinato che doveva risalire a parecchi anni addietro. Fece segno a Derek di avvicinarsi e il licantropo notò che Keith lo teneva nella tasca interna della giacca, vicino al cuore.
“Questo doveva essere il modo per vendicare la morte di mio fratello”, esclamò mentre la sua voce perdeva sempre più tonalità. “Doveva aiutarmi ad uccidere i gemelli alpha ma…lo sai, no?”.
Già, Derek lo sapeva bene e fu in quel momento che provò pena per lui: era stato ingannato, un po’ come la maggior parte delle persone presenti in quella stanza. Tutti loro erano stati traditi, avevano perso la fiducia di qualcuno su cui credevano di poter contare e Keith non era poi tanto diverso.
La vendetta costringeva le persone ad imboccare le strade più buie e inesplorate, portandole su un sentiero deserto e sconosciuto dove nessuno avrebbe più sentito le loro grida di aiuto.
“Vi aiuterà”, continuò l’altro, porgendo il biglietto a Derek. “ L'ho avuto tempo fa da mio fratello, Graham”.
Derek fece un segno di intesa a Keith senza dire nulla, nonostante diverse parole gli frullassero in testa ma sapeva che non c’era niente da dire, non in quel momento, non mentre Keith sembrava diventare sempre più debole e Lana accanto a lui aveva gli occhi lucidi.
Keith guardò Bastian con occhi dispiaciuti, come se si stesse scusando per qualcosa.
Il ragazzo gli strinse la spalla, avvicinandosi. “Non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta”.
“Lo diceva sempre Madison”, rispose Keith, trattenendo uno sbuffo divertito e sorridendo in modo triste. “Ma dubito che questo riesca a farmi perdonare. Non crederà che io abbia fatto la cosa giusta”.
Derek e Bastian si scambiarono uno sguardo complice, formulando forse lo stesso pensiero.
“Crederà a noi”, dichiarò il ragazzo con fermezza e guardando ancora Derek. (1)
“Grazie”, aggiunse l’altro, senza allontanare gli occhi dal volto di Keith che, intanto, cominciò a rilassarsi come se fosse appena tornato ad essere in pace con sé stesso, consapevole del suo gesto.
Quando Keith chiuse gli occhi una volta per tutte, Lana iniziò a piangere sommessamente e Peter si avvicinò alla ragazza, rimanendo al suo fianco senza dire nulla. Derek promise a sé stesso che non sarebbe morto invano.
 
“Per cosa vuoi vendicarti?”, domandò Madison, strattonando con rabbia la catena. “Perché mia madre ha impedito che mi facessi diventare come uno dei tuoi cani da compagnia?”.
Gwen vibrò dalla rabbia per quella frase e fece un passo avanti ma Julian la fermò.
Nel frattempo, Ridley teneva le braccia incrociate al petto e spostava lo sguardo da Julian alla ragazza: voleva fare qualcosa, perché proprio non riusciva a guardare la figlia della donna di cui era innamorato in catene dinanzi a qualcuno che era intenzionato a trasformarla.
Perché Julian stava temporeggiando? Perché sembrava un attore sul suo palcoscenico?
“Beh, sai…quello è solo il secondo motivo”, convenne l’alpha, grattandosi il mento e cominciando a girare attorno alla ragazza, il cui sguardo saettava da una direzione all’altra, senza sosta. “Tua madre era una traditrice, ha ripudiato il suo branco, ha agito alle nostre spalle e ha tradito me”.
Ridley sentì il cuore balzargli in gola quando Julian pronunciò quelle ultime parole. Una parte di lui voleva ancora credere che stesse parlando della notte in cui Nadia era fuggita, scegliendo la morte ma per qualche strana ragione sentiva che non era affatto quello che sperava.
Julian continuò a parlare. “Vedi, tua madre pensava che io fossi stupido. Certo, era un emissario con i fiocchi: furba, intelligente, sapeva come ingannare la gente, persino noi del suo branco. Non ci ha pensato due volte prima di prendersi gioco di tutti noi e di me, soprattutto”.
Ridley divenne ancora più inquieto mentre Julian parlava come un oratore dinanzi alla folla, al punto che Blake lo osservò con trepidazione, chiedendogli se andasse tutto bene.
“Mi sarebbe piaciuto averti come figlia…buon sangue non mente, sai”, esclamò il lupo, mantenendo quella calma apparente e così placida da apparire surreale e disumana. “Ma, ahimè, non lo sei”.
Madison non capiva quasi nulla delle parole di Julian. Gli aveva appena detto di non essere suo padre o lo aveva immaginato?
Possibile che fosse tutta una menzogna? Voleva una risposta e la voleva prima che la testa le esplodesse per lo sforzo di capire il senso di tutto ciò.
Guardò il volto impassibile di Julian, in attesa di una spiegazione più precisa, ma quando il licantropo voltò leggermente il capo, guardando Ridley a poca distanza da lui, le cose presero a diventare molto più nitide. Era come se dinanzi a lei ci fosse un vetro appannato che nascondeva qualcosa dall’altro lato: sfregava la mano contro di esso, cominciando a vedere qualcosa.
“Vero, Ridley?”, chiese Julian con tono perfido ma senza accenni di rabbia nella voce.
Ridley rimase immobile, a carpire una verità di cui lui non aveva idea dalle parole del suo alpha, mentre una parte della sua mente scavava nei ricordi, andando a ripescare il momento esatto in cui Ridley aveva sperato che Nadia fosse in attesa del suo bambino.
Rammentava la rabbia con cui le aveva chiesto il motivo di tutte le sue azioni.
Rammentava la tranquillità di Nadia che gli diceva di voler stare con Julian.
“Si tratta di fare le scelte giuste e tu non lo sei”.
Gli occhi di Ridley erano vuoti e feriti, mentre le parole di lei si facevano strada nel suo petto.
“Guardami negli occhi”, aveva detto. “Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami”.
Quello che Ridley non sapeva era che c’erano troppe cose in ballo e Nadia non poteva esitare: non stava proteggendo soltanto sé stessa, ma anche Ridley e il loro bambino.
“Io non ti amo”, aveva detto Nadia, fissando Ridley negli occhi e sentendo il suo battito regolare, senza alcuna variazione perché lei sapeva come ingannare i lupi mannari.
“Avrete un bambino! Un bambino”, le aveva urlato lui tempo dopo, in un giorno in cui erano soli, con Bastian al piano superiore che dormiva tranquillamente. “Perché credo che tu stia mentendo?”.
“Non sto mentendo, Ridley!”, aveva contestato lei, senza tremore nella voce. “Io e Julian  avremo un bambino. Io e Julian, d’accordo? Questa è la vita che ho scelto, e non ti riguarda”.
“Cos-“, cominciò Ridley senza però riuscire a trovare un collegamento fra testa e bocca, mentre Gwen fremeva per l’incredulità di quel racconto e con lei anche Blake.
“Vuoi sapere come l’ho capito?”, sibilò Julian, facendo qualche passo verso di loro. “Ma che domande! Certo che vuoi saperlo. Vedi, il modo in cui ti guardava non mi era estraneo, ed è stato quando la nostra amata Nadia ha insistito per preservare l’umanità della bambina che ho iniziato ad interrogarmi su di lei e sulla sua lealtà. Diceva… «Non vorrei che mio figlio fosse un licantropo, dovrebbe avere una vita normale ». Considerava il morso come una condanna, dicendo che non avrebbe augurato a nessuno quella vita…proprio come il nostro Ridley”. (2)
Ridley non sapeva cosa pensare o cosa dire, riusciva soltanto a guardare l’espressione soddisfatta di Julian e il volto spaventato e sorpreso di Madison che lo guardava con gli occhi sgranati e lucidi, portatori di una stanchezza e di una sorpresa davvero troppo pesante da sopportare.
La ragazza prese ad osservare Ridley con più attenzione, soffermandosi sui lineamenti morbidi del suo viso, sul colore scuro dei capelli  e sulla simmetria del suo volto, nel quale vide qualcosa di lei, seppur accennato.
Ridley fece lo stesso, guardando Madison sotto una luce diversa, facendo caso non soltanto alla somiglianza con Nadia: gli bastò accostare il suo volto alle parole di Julian per sentire nel suo cuore la conferma di quella verità che Nadia aveva nascosto e che Julian aveva tenuto per sé.
“Ora mi duole annullare la riunione di famiglia”.
Julian si scagliò contro Ridley, inchiodandolo al muro e costringendolo ad annaspare mentre le sue mani gli impedivano di respirare correttamente. Madison gli urlò di fermarsi ma lui non lo fece, anzi, strinse ancora più forte e quando Blake tentò di fermarlo, lo spinse via con la mano libera.
“Adesso, mi guarderai mentre dono a tua figlia un destino che tu non le augureresti mai”.
 
Scott e gli altri fissavano Derek e Peter con trepidante attesa, mentre i due licantropi osservavano il foglio consegnato loro da Keith, leggendo con attenzione e silenzio assoluto.
“Allora, si può sapere di cosa si tratta?”, domandò Stiles, spazientito. “Quest’attesa mi logora e le vostre facce poco espressive non mi mettono certo di buon umore, accidenti!”.
Derek sollevò lo sguardo giusto per fulminare Stiles, il quale si limitò e rispondere con una smorfia.
“E’ un rituale”, dichiarò Peter, sbattendo le palpebre come se leggere fosse stato uno sforzo enorme.
“Beh, facciamolo, no?”, esclamò Stiles, sollevando i pugni in aria come se stesse facendo il tifo.
“Non è così semplice”, lo smontò subito Derek, passandosi una mano dietro la nuca.
Lydia si avvicinò ai due licantropi, togliendo il foglio dalle mani di Derek senza troppi complimenti e cominciando a leggerlo velocemente.
Stiles la osservava fiero e rifilò una gomitata a Bastian. “Quella ragazza è un fenomeno”.
Bastian squadrò Stiles come se fosse fuori di testa e si allontanò di poco, riportando l’attenzione su Lydia e suscitando in Stiles un’espressione offesa.
“Accidenti”, proruppe Lydia dopo aver terminato la lettura.
“Ma insomma!”, esclamò Lana, poggiata sul bracciolo del divano e parlando a voce così alta che ritrovò gli sguardi di tutti i presenti su di sé. “Vi decidete a parlare? E’ una tortura”.
“E’ un rituale al contrario”, spiegò Peter, accontentandola ma ricevendo uno sguardo di puro smarrimento da parte di Lana. “Permette ad un beta di privare un alpha dei propri poteri durante una particolare notte di luna piena. Quando Derek ha assorbito il dolore di Cora, si è spinto oltre un certo limite e ha perso i suoi poteri per salvarla, c’è stato un contatto da alpha a beta: ha perso i suoi poteri di alpha per salvare un beta e permetterle di vivere. Questo rituale prevede un contatto inverso: un beta priva un alpha dei suoi poteri, rendendolo più debole e avendo la possibilità di farlo regredire a beta o anche ad omega se il contatto si protrae più a lungo del previsto”. (3)
Derek si trovò a riflettere sul significato del rituale. Era sempre lo stesso motivo, che tornava a tormentarli anche in circostanze nuove e completamente diverse: alpha, beta, omega.
“Quindi un beta deve semplicemente compiere questo rituale su Julian?”, chiese Isaac.
“Non è così semplice”, rispose Peter. “Il beta in questione può morire e il tutto deve avvenire durante la cosiddetta luna di sangue che termina esattamente fra tre ore”.
“Cosa?”, esclamò Scott, non riuscendo a credere a quelle parole.
Erano con le spalle al muro e il tempo stava per terminare.
“Siamo ancora in tempo”, cercò di rassicurarlo Kira, stringendogli una mano e guardandolo negli occhi spaesati e afflitti per cercare di dargli maggiore sicurezza. “Possiamo farcela”.
“Ed io so dove trovare Madison”, aggiunse Bastian. “Possiamo farlo”.
“Allora, chi proverà il rituale?”, chiese Lydia, tornando a posizionarsi accanto a Stiles.
Derek si sporse verso la finestra, osservando quella luna rossa che gli mise addosso una strana sensazione di paura mista a rassegnazione: sembrava gli stesse dicendo qualcosa e Derek aveva ben recepito il messaggio che gli stava mandando.
Nella tonalità rossastra di quella luna, Derek vide il sangue che era stato versato da quando Julian era comparso a Beacon Hills, ma non solo.
Vide il sangue di Erica, di Boyd, di Allison, di Aiden, dei nonni di Madison, di sua madre che aveva tentato di salvarla, di Keith e suo fratello, della sua famiglia. Vedeva tutto il sangue che era sgorgato a fiotti, fino a riversarsi sulle loro mani e poi sui loro volti, condannandoli.
C’era un motivo se Keith si era rivolto a lui, come c’era un motivo se doveva essere proprio un beta a compiere quel rituale inverso.
Come aveva rinunciato ai poteri per salvare Cora, adesso Derek poteva fare in modo che qualcuno di pericoloso li perdesse a sua volta, smettendo di fare del male a loro e a Madison. Poteva perdere la vita, poteva ignorare la gravità di quel processo e pensare che non ci fosse uno svantaggio, proprio come la prima volta che si era imbarcato in una simile impresa.
Eppure, a Derek non importava, come non gli importava quando aveva deciso di rinunciare al potere di alpha per salvare sua sorella. In quel momento, la sua vita non contava, non ne voleva sapere di vivere in un mondo in cui Madison fosse morta o trasformata: doveva fare qualcosa.
Gli sembrò di sentire un dolore a livello del petto ma non era fisico, qualcosa lo chiamava a distanza. Pensò a Madison, sperando che stesse bene perché stava per raggiungerla. Sarebbe andato da lei, sarebbe corso a salvarla anche se significava vederla andare via senza lui.
Guardò un’ultima volta la luna rossa che svettava in cielo. “Lo farò io”.
 
 
Angolo dell’autrice
 
  • (1) la scena della morte di Keith è ispirata a quella di Aiden nella 3x24;
  • (2) le parole a cui si riferisce Julian sono quelle pronunciate anche da Ridley nel capitolo 13;
  • (3) l’idea del rituale e della luna rossa è nata dalla puntata 3x11. Ho bazzicato un po’ su internet per trovare informazioni sulla “luna di sangue”,  ho ricordato il rituale che Derek compie nella 3x11 per salvare Cora, e ho pensato di idearne uno simile ma “al contrario” (come spiegato da Peter) per dare al gruppo qualcosa da cui partire.
 
Ce l’ho fatta e quasi non mi sembra vero. Come al solito, pubblico con un ritardo vergognoso e se penso alla puntualità con cui postavo i primi capitoli, mi sento davvero un mostro ma ultimamente scrivere sta diventando un’impresa…un po’ per gli impegni, un po’ perché questa storia non mi sta piacendo, cioè mi sembra sempre di sbagliare qualcosa. Comunque, mi sono impegnata e ho scritto questo capitolo negli ultimi due giorni, e spero che il risultato vi piaccia. Mi dispiace per la morte di Keith (non sarà l'ultima) che era sopravvissuto allo scorso capitolo (chiedo venia ad Helena Kanbara che lo aveva dato per morto già prima e mi dispiace troppo) ma l’avevo programmato fin dall’inizio: diciamo che ormai non aveva nulla che lo tenesse in vita e quindi ha compiuto un ultimo sacrificio per aiutare il branco e riscattarsi con Madison. Il prossimo sarà l’ultimo capitolo, al quale seguirà un epilogo! Fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino e grazie a tutti coloro che stanno seguendo la storia <3
Alla prossima, un abbraccio!
 
   
 
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