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Autore: Sarucc    04/10/2014    1 recensioni
Bets era una semplice ragazza, aveva un bel lavoro, degli amici che le volevano bene, una bella vita ma tutto quello che aveva stava per cambiare..
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Musica nelle orecchie, sparata al massimo ovviamente. “Mi scusi, non è che potrebbe abbassare un po’ il volume della musica per cortesia?” Mi aveva domandato una signora di una certa età, era sempre seduta dietro di me. A malincuore dovetti moderare il volume.
Lessi la prossima fermata sul piccolo tabellone, la mia ora era giunta. Premetti il campanello per prenotare la fermata e scesi all’apertura delle porte. Non so come ma riuscii ad inciampare, un ragazzo che stava salendo sul bus mi tirò per la mano evitandomi il disastro. Lo guardai, disse qualcosa ma non sentivo per la musica alta, annuii e basta. Mi lasciò andare e corsi a lavoro. Sperai di non rivederlo anche domani.
Aprii la porta e Geremia mi squadrò. “Di nuovo in ritardo.” Annuii e filai negli spogliatoi. Le cameriere erano già li e, come al solito, parlavano di come la camicia aderisse perfettamente sul petto di uno dei barman del locale. Feci ruotare gli occhi.
Bets! Tu che ne pensi?” mi domandò Lisa e sbuffò quando la guardai senza rispondere. “Del barman che lavora con te dietro al banco. Mi pare che si chiami Noah.” Disse sognante. “Non sono di mio interesse certi argomenti, lo sai.” Le risposi stiracchiando i muscoli. Sbuffò ancora e continuò a babare con le altre cameriere.
Mi finii di sistemare la camicetta ed uscii, avviandomi al bancone. Il presunto Noah era già a preparare caffè. Quando finì di farne uno mi venne incontro sorridendo. Mi salutò calorosamente. Ricambiai per buon educazione, domandandomi perché mi salutasse. Alzò le mani e mi sistemò il cartellino col nome. “Ti fai chiamare Elisabetta o con qualche nomignolo assurdamente disgustoso e dolce?”. Continuava a sorridere. Ma che cazzo sorrideva? “Dipende. Le cameriere mi chiamano Bets, come la maggior parte dei miei amici. Altri se li inventano i soprannomi.” Annuì e tornò a fare quello che gli riusciva meglio, fare i caffè.
Mi misi a pulire il bancone. Mollai lo straccio, buttandolo dentro al lavandino, quando entrò un cliente e venne verso di me. “Desidera?” chiesi sorridendo. Ed ecco che la solita routine di bibite, cibo e sorrisi fatti a caso a persone sconosciute. Ogni tanto venivano i miei amici ad approfittare dei cocktail gratis che gli offrivo. Quel giorno non vennero, avevano scuola e non volevano saltarla.
Di solito marinavano il mercoledì, ma oggi stranamente hanno deciso di fare i bravi studenti.
Verso mezzogiorno e mezzo arrivò Geremia a congedarci, di clienti non ce n’erano molti quindi a quei pochi ci pensava lui.
In tempo per il pranzo. “Frecks, vieni con me a mangiare un trancio di pizza?” Scossi la testa e mi avviai al Mc Donald. Ma subito mi stoppai, mi girai e lo guardai. Tolsi le cuffie. “Scusa ma come mi hai chiamata?” Ripeté quello strano soprannome. “Perché mi chiami così?” Fece spallucce, aprì la porta della pizzeria e me la tenne aperta. Entrai anche se contraria.
Un trancio margherita per favore” ordinai. “Lo stesso” Sorrise Noah. “Ecco a voi ragazzi” Disse la ragazza porgendoci i due piatti in plastica. “Sono in tutto quattro euro.” Sfoderò uno di quei sorrisi a 44 denti a Noah mentre lui tirava fuori i soldi. Non sembrava nemmeno essersi accorto del tentativo della ragazza di abbordarlo.
Mi scappò una risatina mentre mi sedevo al tavolo. Mi guardò incuriosito mentre addentava affamato la sua pizza. Scossi la testa e mangiai. “Ti ha per caso colpito un fulmine?” Gli domandai prendendolo alla sprovvista. Era di nuovo curioso. “In un anno che lavoriamo assieme solo oggi ti sei accorto della mia presenza.” Rise. “Avevi il cartellino col nome storto.” Inclinò la testa da un lato e continuò a fissarmi, masticando la sua pizza. “Forse sono l’unica con cui non ci hai provato.” Tirai fuori la bottiglietta d’acqua dalla borsa e sorseggiai un goccio. Lui sorrise. “O forse perché sei strana.” “E tu mi hai invitato a mangiare un trancio di pizza solo perché sono strana?” Annuì.
Finii la mia pizza in silenzio e mi alzai. Presi la borsa, salutai ed uscii. La ragazza che ci aveva provato con Noah sembrava fin troppo felice della mia uscita di scena anticipata, ma il suo sorriso svanì quando Noah mi seguì.
Aprii la borsa e tirai fuori il pacchetto di sigarette. Ne tirai fuori una, l’accesi e tirai un sospiro di sollievo. Facevo abbastanza freddo e il fumo si confondeva con il fiato freddo della mia bocca. Noah assistette alla scena. Mi prese la sigaretta e la spense contro il muro bagnato. “Ma che vuoi? Hai appena sprecato una sigaretta nuova.” Mi guardò, buttando la sigaretta in mezzo alla strada dove venne spiaccicata da una macchina. Sospirai e ne accesi un’altra, assicurandomi di tenerla lontana da lui. “Buttami via anche questa e ti lancio l’accendino sui capelli Noah, lo giuro.” Non rispose, alzò solo le mani in segno di resa. Controllai l’ora sul campanile della chiesa li vicino, l’una. Mancava solo mezzora al rientro a lavoro. Tirai un'altra boccata dalla sigaretta sotto lo sguardo deluso di Noah. Lo guardai. “Che c’è? Ora ti preoccupi per i miei polmoni?” “Odio il fumo.” Feci spallucce. “Non sono affari tuoi.” Abbassò lo sguardo e non so perché ma mi sentii in colpa. “Scusami.” Mi guardò spegnere la sigaretta. Attraversai la strada e mi diressi a lavoro. A Geremia faceva sempre piacere quando tornavo prima a lavoro, glielo dovevo visti i miei ritardi mattinieri.
Mi lavai le mani per togliere l’olezzo di fumo. Ed eccolo, il solito afflusso di vecchietti vogliosi di birra e attenzioni. “Signor Benson, le porto il solito?”. “Oh si cara” Disse mostrandomi i suoi denti corrosi dal fumo e dalla vecchiaia. Tirai fuori un bicchiere e lo riempii con birra alla spina. Mi lanciò i soldi mentre gliela poggiavo davanti.
Servii tutti gli altri abituali clienti mentre Noah trafficava con la macchinetta per macinare i chicchi di caffè. Gli diedi una mano, mi ringraziò e tornai ai miei anziani.
Si fecero le quattro e Geremia mi si avvicinò. “Puoi andare, hai lavorato bene oggi.” Lo ringraziai e andai nello spogliatoio a cambiarmi. Tornare ai miei comodi vestiti non era niente male, quella divisa era imbarazzante e scomoda. “Bang bang” trillò il mio telefono. –Hey teso appena stacchi vieni da Macedonia che andiamo a farci un giro?- La mia migliore amica che organizzava ogni possibile uscita. Le risposi con un si veloce, misi la cuffia e le cuffiette. Uscii e salutai tutti. Noah non c’era. Corsi fuori sperando di non incontrarlo. Arrivai alla fermata appena in tempo per salire sul bus. Mi sentii toccare la spalla. “Cosa?” dissi girandomi. Era il tipo della mattina. Tolsi le cuffie e lo salutai. Non rispose. Allora rimisi le cuffie, prenotai la fermata e scesi. Mi voltai a guardare quel ragazzo, aveva un viso familiare ma non lo collegavo a nessuno che conoscevo.
Ed eccoli li, Tia, Ovi e Zac. Alzai la mano per salutarli. Dopo i vari abbracci e sbaciucchi vari, salimmo in macchina di Ovi. Lei era l’unica con la patente. Ovi stava per Ovidia, ma ci ricordava Crudelia e poi, Ovi, è molto più dolce. Mentre Tia e Zac stavano si stavano preparando per l’esame di teoria di guida, io ero alla pratica ma iniziavo a rinunciarci, essendo stata bocciata già una volta per aver quasi investito un pedone.
Salimmo tutti in macchina e, con il solito CD di Hit Mania Summer sparato a palla, partimmo per andare da Macedonia.
  
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