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Autore: So_Simple    04/10/2014    1 recensioni
Santana viene mandata dai genitori sull'orlo del divorzio in vacanza in un paesino dimenticato dal mondo, alla bizzarra casa di un bizzarro parente.
Riuscirà ad ambientarsi in questo luogo, o impazzirà prima dello scadere dei due lunghi mesi che dovrà trascorrere lì?
Forse resisterà. E, forse, tra intrighi, intrecci e misteri, troverà dei nuovi amici e, magari, anche l'amore.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Kurt Hummel, Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8

La mattina successiva a quella tragica serata, mi svegliai con un mal di testa senza precedenti. Le pareti della stanza vorticavano su loro stesse e io mi sentivo da schifo.
Avevo tuttavia un nitido ricordo di ciò che era accaduto ore prima, il karaoke, Brittany, Karofsky, Brittany, la tipa coi capelli blu, Brittany, le lamentele di Quinn… Brittany.

Decisi che avevo bisogno di un caffè e di rimettermi in sesto.

Scesi dal letto stancamente e mi avviai verso la cucina, percorrendo lentamente i gradini. Abituata com’ero a essere sempre in compagnia di qualcuno – e a trovare sgradite, raccapriccianti sorprese in casa – avevo qualche difficoltà a aggirarmi per le stanze senza sembrare la protagonista di un film dell’orrore mentre ero lì dentro da sola.

Ero sola, poi?

“Zio?” chiamai, nel dubbio. Sperai fortemente in una risposta di Carlos, ma non arrivò.

Così, rassegnata, entrai in cucina a piedi scalzi, trascinandomi. Mi lasciai cadere sulla prima sedia che trovai, che cigolò sotto al mio peso in caduta libera. “Si può sapere cos’avevi ieri sera?”

Ecco, mi sembrava impossibile che non ci fosse davvero nessuno.

“Di cosa stai parlando Quinn?” non mi presi neanche il disturbo di voltarmi per risponderle, avevo riconosciuto la sua voce irritata fin dal primo istante.

Sentivo il suo sguardo penetrante sulla mia schiena mentre stavo lì seduta con i gomiti appoggiati al tavolo e la testa fra le mani, cercando di fermare la parete davanti che continuava a spostarsi.

“Santana, ieri sera sembravi impazzita a un certo punto!”

“No, ero solo ubriaca” le risposi, impassibile. “Vuoi anche tu del caffè?” a quel punto mi girai, mentre mi alzavo dalla sedia, e la guardai. Aveva gli occhi arrossati, la
carnagione era più pallida del solito e sembrava sul punto di vomitare.

“Quinn… stai bene?”

Lei scosse la testa. “No, ho bevuto troppo anche io ieri sera.” Spiegò. “Davvero però, che problema c’era ieri?”

Misi su il caffè e mi voltai verso di lei, incerta su cosa dirle. Il suo sguardo stanco era fisso su di me, l’espressione era sinceramente preoccupata, tanto che per qualche
secondo contemplai la possibilità di dirle la verità. Poi decisi di evitare.

“Sono solo tesa. Un fantasma entra in casa mia, eccetera… sai, dovrei essere in vacanza e invece sono in un paese pieno di pazzi che rincorrono fantasmi o, perché no,
sono loro stessi fantasmi!”

“Mi stai dando della pazza?!” il suo tono era divertito ma la sua espressione contratta in una smorfia. “Devo vomitare”

Ah, ecco perché quella smorfia.

La inseguii mentre correva verso il bagno per sostenerla in quei difficili momenti.
 

 
Come al solito, passai la mattina e il pranzo con qualcuno, Quinn, in questo caso. Poi, come al solito, al pomeriggio ci raggiunsero gli altri, per discutere del nostro argomento preferito.

“Cosa dovremmo fare ora?”

Io sospirai. Ero stanca di sentire quella domanda, e anche di sentire Quinn rispondere cose tipo “Dobbiamo darci da fare!” o “Dobbiamo continuare a indagare!”, così, prima che anche stavolta cominciasse a fare la giovane discepola di Miss Marple, mi affrettai a rispondere io.

“Non faremo niente! Basta! Sono stanca. Dovremmo essere in vacanza e invece guardateci, tutti i giorni non facciamo altro che pensare a Sebastian e alle sue malefatte! Perché dovremmo continuare? Basta!” avevo gridato, e lo sapevo bene. Ma non riuscivo più a trattenermi. Era stato divertente indagare fino a quel momento – beh, era stato anche terrificante – ma stavamo esagerando. Non eravamo ancora arrivati a capo di nulla, e questo doveva pur significare qualcosa.
Quinn mi guardò come se avesse voluto staccarmi la testa a morsi “Davvero Santana? Spero che Sebastian ti assalga nella notte guarda! Come puoi dire una cosa simile?”

Io scossi la testa. Non volevo dare ragione a Quinn e non avevo intenzione di lasciare che lei cominciasse a fare la leader carismatica che convince tutti gli altri su quale sia la cosa giusta da fare. “Che palle Quinn! Guardaci! Stiamo buttando via le nostre giornate!”

“RACHEL E’ STATA BUTTATA IN UNA FOSSA APERTA SANTANA!”

“E QUINDI?! TU TI SEI PRESA UNA FINESTRA IN FACCIA!”

“APPUNTO!”

“APPUNTO COSA?!”

“BASTA!” l’acutissima, straziata voce di Brittany echeggiò tra le lapidi. Aveva sovrastato le nostre voci isteriche. Io e Quinn ci scambiammo uno sguardo scioccato prima di voltarci verso l’altra ragazza, che ci fissava con i suoi luminosi occhi azzurri in quel momento appannati di lacrime. “Smettetela, perché dovete litigare? Quinn… Santana ha ragione, parliamo solo di questo, pensiamo solo a questo… e continuiamo a fare buchi nell’acqua. Però, San… almeno per oggi proviamo ancora… se poi non troveremo nulla potrai anche abbandonarci e passare le giornate in un altro modo”

“Ecco” Quinn sembrava soddisfatta. Probabilmente anche lei, come me, sapeva che piuttosto che rimanermene sola a casa sarei uscita con loro anche se avessero proposto di fare un viaggio agli inferi.

“Okay… allora, cosa dovremmo fare?” domandai.

“Andiamo a cercare Sandy Ryerson!” propose Rachel.

“Sì, e poi cosa gli diciamo? Scusa Sandy, non è che per caso tu sai dove si nasconde Sebastian?”

“Lui cos’è che ha detto Kurt, ‘è una fortuna che sia morto’ o qualcosa del genere, no? Quindi anche lui pensa che sia morto.”

“Andiamo a cercarlo intanto.” Dissi, avviandomi verso il cancello del cimitero.

“Ehm, ragazzi… volevo dirvi un’altra cosa… è sparito Lord Tubbington…” Un’imbronciata Brittany ci fece voltare tutti. “Chi è Lord Tubbington?” chiesi io, cadendo dalle
nuvole.

“E’ il gatto di Britt”

“Ah, okay!”

“Facciamo così!” esclamò Rachel, tutta contenta di avere finalmente un’idea anche lei. “Brittany e Santana cercando Lord Tubbington, mentre noi andiamo a cercare
Sandy!”

“Come facciamo a cercare il gatto?”

“Beh, Lord Tubbington è… sovrappeso. Non penso che riuscirebbe a andare lontano”

Brittany annuì con convinzione, Rachel mi sorrise. C’era uno strano bagliore nei suoi occhi, qualcosa che non avevo mai visto prima. Ma decisi di ignorarlo e acconsentire a quest’idea, anche perché il broncio di Brittany mi turbava tantissimo, avrei di gran lunga preferito vederla sorridere. “Okay, andiamo”
 

 
“Rachel? Ci spieghi perché hai deciso di mandare loro a inseguire quello stupido gatto obeso?” domandò Quinn quando finalmente si furono allontanati da Brittany e Santana.

“Ma come, non ci sei arrivata? E’ un modo come un altro per lasciarle sole… non pensi anche tu che ieri Santana fosse strana…?” le chiese Rachel, sorridendo, sempre con quella strana luce negli occhi.

“In che momento, precisamente?”

“Quando Brittany parlava con la tizia! E anche dopo, quando ha cominciato a piangere e poi se n’è andata a casa… da sola” spiegò la ragazza più bassa, guardando Quinn negli occhi. Kurt sembrava preso nei suoi pensieri.

“Ah… dici che fosse gelosa? Io ho pensato che fosse infastidita perché tutti se ne fregavano delle indagini e preferivano divertirsi” rispose Quinn acida. “Ma in effetti
anche la gelosia ha senso.”

“Yay!” strillò Rachel tutta contenta per l’ammissione della bionda.

“Ehm, dove intendiamo andare a cercare Sandy?” intervenne Kurt in quel momento. Rachel e Quinn assunsero espressioni serie.

“Proviamo al McKinley o in quella zona… prima in centro anzi, mi sembra meglio. Proviamo ovunque!”
 
“Perché non a Lenzuolandia allora, non ci ha lavorato?”

“O anche al bar all’angolo, in cui prendeva il caffè!”

“Ehm, ragazze? Avete finito di discutere come una vecchia coppia di sposi? Possiamo procedere?” Kurt sembrava nervoso. Alla fine andarono a prendere la macchina di Quinn, per cominciare la loro ricerca.

Arrivarono al liceo McKinley, la loro scuola durante l’anno scolastico, e ne ammirarono la quasi imponente struttura – tutto sommato era solo un liceo di provincia frequentato da tutti i ragazzi dei dintorni – e si avviarono verso il cancello. Sapevano che capitava che Sandy bazzicasse in quella zona, alle volte era addirittura entrato all’interno del cortile e si era nascosto sotto gli spalti, per ricordare i bei vecchi tempi – a detta di tutti.

“Ci catturerà, ci schiaccerà come formiche… lui sa tutto, tutto sa! Non ci darà tregua”

“Ehm, ragazze? O Smeagol del signore degli anelli si è trasferito qui oppure Sandy è vicino!” esclamò a bassa voce Kurt mentre si guardava attorno cercando di trovare il padrone della voce.

“Ti sei lasciato coinvolgere, ora non puoi, non possiamo più scappare… lui ci troverebbe comunque, non si sfugge!” esclamò ancora, concitato. Poi lo videro uscire dal folto di una siepe. Si guardò attorno per controllare che non ci fosse nessuno e quando vide i tre ragazzi perplessi che lo osservavano con un saltello e uno strillo nervoso si lanciò in una corsa scoordinata nella direzione opposta a quella in cui si trovavano i ragazzi, rimasti senza parole.

“Ehi! Sandy! Aspetta, fermati un momento dai!”

Cominciarono a inseguirlo, ma quando lo videro correre nella fitta boscaglia a lato della strada, capirono subito che non ce l’avrebbero fatta. Sandy conosceva quei boschi come le sue tasche, lo si vedeva da sempre camminare tra gli alberi… si spostava silenzioso nella vegetazione e percorreva chilometri; non possedendo una macchina, invece di utilizzare strade o sentieri conosciuti egli vagava lì in mezzo e arrivava ovunque.

“Fantastico, come al solito.”

“No, ragazzi, stavolta lo fermeremo.” Esclamò isterica Quinn, lo sguardo severo e il passo determinato.

“Vuoi entrare là dentro?” Kurt sembrava incredulo e per nulla convinto. “No, perché io non ho la minima intenzione di accompagnarti! Non ora almeno! Possiamo organizzare una spedizione un altro giorno, io non ho intenzione di fare un passo in più oggi.”

La bionda si voltò verso di lui con aria minacciosa, come solo lei sapeva fare. “Kurt? Cammina verso la macchina allora. Anche tu Rachel. Torniamo indietro, ragazzi, torniamo. Ma non è finita qui. Non mi fermerò finché non avrò portato a Santana una prova di quanto ho ragione.” Salì sull’auto sbattendo violentemente la portiera e mise in moto, mentre gli ingranaggi nella sua testa lavoravano disperatamente per organizzare il piano perfetto.

 
 
“Come ha fatto il tuo gatto a perdersi?”

“Non lo so San… lui… va sempre verso di là.” Brittany indicò con aria vaga il folto del bosco dietro a casa sua. “Però è sempre tornato” disse, con un’alzata di spalle, un sorriso teso a tentare di nascondere la preoccupazione per la sorte del suo gatto.

“Lo troveremo Britt” le battei una mano su una spalla, cercando di ignorare la sensazione strana che si propagò lungo il mio corpo. Dio santo, era solo una spalla e fino a ventiquattro ore prima non mi aveva mai provocato nessuno strano effetto, com’era che ora mi sentivo in quel modo?

Alzai gli occhi al cielo senza farmi notare da Brittany e le diedi le spalle, cominciando a guardarmi attorno. “Britt, non pensi che dovremmo andare in giro a chiedere a qualcuno se l’ha visto?” le domandai, mentre mi voltavo ancora verso di lei, incerta. Lei mi rivolse uno sguardo e mi sorrise, costringendo un sorriso a farsi strada sul mio
viso.

“Qui tutti conoscono Lord Tubbington, Santana. Se qualcuno l’avesse visto me l’avrebbe riportato” affermò con convinzione, avvicinandosi a me. Il mio cervello improvvisamente cominciò a strillare che sarebbe stato il caso che io mi spostassi e mi allontanassi prima che la distanza fra noi diventasse intollerabile, ma i miei piedi rimasero inchiodati a terra nel punto esatto in cui mi trovavo fino a quando il suo corpo fu a pochi centimetri dal mio. Un sorriso felino si allungò sulle sue labbra – un altro, meraviglioso sorriso, che mi fece morire di desiderio – e lei mi guardò con quegli occhi azzurri che, ne sono quasi certa, arrivarono a toccare gli anfratti più bui della mia anima, riempiendoli di luce. E io compresi improvvisamente perché quella ragazza mi faceva un effetto che nessun altra persona al mondo mia aveva mai fatto.

Perché, semplicemente, non c’era nessun altro come lei.

Sentii un altro brivido percorrere la mia schiena e mi sforzai di staccarmi da quegli occhi magnetici, per concentrarmi sulla ricerca del gatto. Tuttavia mi risultava impossibile.

Qualcun altro ci pensò per me, però, perché, improvvisamente, sentimmo un miagolio nervoso e uno strano fruscio in un cespuglio poco lontano da noi. Brittany, che sembrava sul punto di dirmi qualcosa, si interruppe e si voltò in quella direzione, chiamando, con poca convinzione, il nome del suo gatto.

Mentre si inginocchiava a controllare nel cespuglio quale fosse l’inquilino misterioso, una sagoma bianca si lanciò contro di lei, soffiando e quasi quasi ringhiando come una fiera scagliata all’attacco.

Feci in tempo a mettermi in mezzo facendomi graffiare un braccio e impedendo che l’estraneo cavasse un occhio a Brittany con il suo comportamento aggressivo.

“E quello di chi diavolo era?!” strillai isterica, preoccupata per Brittany e per i suoi occhi mozzafiato. Il felino intanto era di nuovo sparito dalla nostra vista, scappando verso il davanti della casa e, presumibilmente, verso la strada.

“Gr-grazie” la mia amica bionda sembrava parecchio sconvolta per quell’avvenimento strano.

La guardai e le sussurrai “Figurati”, imbarazzata come se avessi appena rischiato la vita per salvarla. Lei mi prese il braccio tra le mani e con calma mi invitò a entrare in casa a disinfettare la ferita. Io annuii, ipnotizzata dal suo tono di voce premuroso e dolce e dalla sensazione di calore che mi provocava la sua mano sulla pelle.

Avrei tanto voluto percorrere il suo braccio con le mie dita come lei stava facendo con me in quel momento, avrei voluto fissarla con tutta quell’intensità e avrei voluto baciarla, per un secondo, per scoprire come fossero le labbra sottili di Brittany e che consistenza avrebbero avuto sulle mie.

A quel punto, vergognandomi dei miei stessi pensieri, sentendo il mignolo di Brittany stretto attorno al mio, mi lasciai guidare fin dentro casa sua, sperando di essere abbastanza brava da non cercare di realizzare quei nuovi, inaspettati desideri. 
 
 
Quinn scese dalla macchina dopo aver parcheggiato davanti alla villetta di Brittany, seguita dagli altri due, un Kurt dall’aria stanca e una Rachel che, travolta dall’entusiasmo della sua migliore amica, la guardava con espressione tra l’esasperato e l’adorante e osservava attentamente ogni sua mossa per cercare di capire prima quali fossero le sue intenzioni.

Non pensava che la bionda sarebbe corsa a chiamare anche Brittany e Santana, ma evidentemente per quello che aveva in mente la loro presenza era importante.

“Brittany!” Gridò, battendo il pugno contro la porta. Avrebbe potuto limitarsi a suonare il campanello, ma non era una tendenza della ragazza quella di comportarsi in modo civile quando era travolta dai sentimenti in maniera così intensa.

Ci vollero un paio di minuti perché Brittany aprisse, ma alla fine arrivò alla porta, con le guance arrossate, un sorriso sognante sul volto e Santana alle spalle, con lo stesso sorriso e gli occhi luccicanti.

“Che è successo?!” chiese Quinn, guardandole bene.

“Niente, un gatto psicopatico ha cercato di accecare Britt-Britt e allora io l’ho eroicamente salvata mettendomi in mezzo.”

“Sì, le sto… le… sto disinfettando il taglio” spiegò l’altra, una mano intrecciata a quella di Santana e l’altra appoggiata alla porta. “Avete scoperto qualcosa?” chiese, curiosa di capire per quale ragione fossero lì.

“Sì, abbiamo trovato Sandy che parlava da solo, ma poi è scappato nei boschi.”

Santana capì subito quale sarebbe stata la seconda frase di Quinn, ed era già pronta a rifiutarsi di andare.

“Quindi?” domandò, con un tono di sfida che in una situazione normale avrebbe molto infastidito la bionda in piedi sullo zerbino, ma che in quel momento non provocò in Quinn nessuna reazione ostile a parte un sospiro.

“Non fateci perdere tempo, uscite e andiamo a vedere dov’è Sandy.” Ordinò. Le altre due, una all’insaputa dell’altra, fecero due smorfie deluse, poi uscirono dall’abitazione. “No, aspetta. Britt prendi una torcia, o più di una… facciamo pure tutte quelle che hai in casa, e un taglierino, o qualcosa del genere.”

La ragazza si voltò, rientrò e si mise a cercare quello che Quinn le aveva appena chiesto.

Quando uscì stringeva un sacchetto di plastica tra le mani, con dentro tutto quello che le era stato detto di prendere.

“Ora?”

“Ora… Andiamo sul retro del giardino di Britt!”

Il sole era ancora alto nel cielo, ma il pomeriggio volgeva al termine. Quinn sapeva che decidere di immergersi nel folto del bosco a quell’ora poteva essere una scelta infelice, ma non voleva più aspettare, non voleva rinunciare all’opportunità di scoprire qualcosa in più, e magari – perché no – risolvere il caso più in fretta del previsto.

Bene, aveva cominciato a definire le loro indagini “il caso”. Era ormai posseduta dallo spirito di Sherlock Holmes. Guardò i suoi amici attorno, e sorrise all’unica che ancora non l’aveva accusata di essere ossessionata, insopportabile o qualsiasi altra cosa del genere. Rachel poteva essere il suo fido Watson. Glielo avrebbe detto più tardi, perché no.

Venne interrotta nelle sue riflessioni da una nervosa Santana, che le chiese ora che erano tutti là, che cosa avesse intenzione di fare. Lei la guardò come se non fosse stato sufficientemente chiaro e si avviò dentro alla boscaglia, mentre si metteva in tasca una delle torce che aveva prelevato dal sacchetto di Brittany e invitava Rachel ad accompagnarla. “Voi, dividetevi, non dividetevi, fate come vi pare. Cercate qualcosa. Cercate Sandy. Io sono sicura che arriveremo da qualche parte. Col coltellino di Brittany, fate un segno sugli alberi, in modo da ritrovare il percorso e da non ritrovarvi a girare in circolo. Britt, il giardino è chiuso?”

L’altra bionda sembrò restare un attimo a pensarci, poi rispose “Sì, dovrebbe esserci un muretto o qualcosa del genere da qualche parte. Ma mio fratello lo ha sempre scavalcato facilmente.”

Quinn annuì. Dentro di lei l’emozione per quello che avrebbero fatto stava crescendo. Sentiva, non sapeva come, ma sentiva che avrebbero trovato qualcosa.

“Andiamo tutti insieme fino al confine allora, poi ci separeremo.”

Gli altri fecero cenni di assenso e cominciarono a seguire lei e Brittany, che facevano strada. Quando finalmente arrivarono davanti a un muretto di mattoni, non molto alto, si scambiarono sguardi preoccupati. “Quindi, ora lo scavalchiamo…”

“Esatto!”

In quel punto gli alberi erano alti e il fogliame fitto, il sole passava a fatica attraverso la distesa d’alberi. Si salutarono e poi si avviarono in due direzioni opposte, promettendosi di tenersi in contatto con i cellulari. Ovviamente questo prima di rendersi conto che, in quel punto, i cellulari non funzionavano.

Quinn e Rachel proseguirono dritto davanti a loro, camminando silenziose nella vegetazione. Ogni scricchiolio, ogni cinguettio o fruscio era motivo di preoccupazione. Non sapevano se avrebbero trovato qualcosa, non sapevano nemmeno dove guardare. Rachel graffiava con una chiave gli alberi che incontravano, cercando di segnare
il percorso.

Non sapevano esattamente per quanto tempo avessero camminato, sapevano solo che la luce stava diventando più arancione e tenue e che i loro occhi si stavano abituando a quella penombra tetra e misteriosa. Di lì a poco avrebbero acceso la torcia per orientarsi meglio. Ma Quinn avrebbe voluto evitare, perché non voleva correre il rischio di segnalare la propria presenza a un guardingo e fuggitivo Sandy.

“Quinn, non è che lo stai sopravvalutando un po’?”

“Scusa?!”

“Non penso che si aspetti davvero che noi possiamo inseguirlo… che motivo dovremmo avere?”

“Rachel, stai zitta e concentrati. Lo senti questo suono?” si sentiva, da non molto lontano, una melodia. Sembrava musica classica, qualcosa di normale e tranquillo.

Quinn si calmò un po’. Se non altro, sentire la musica avrebbe calmato Rachel.

Accelerarono il passo, consapevoli del fatto che lì ci dovesse essere qualcosa, di sicuro.

Arrivarono a una radura, priva di alberi ma ugualmente buia, perché le chiome tutt’attorno formavano una tettoia impenetrabile.

Lì in mezzo, stava una catapecchia fatiscente in legno, un edificio che si sarebbe potuto definire abbandonato, se non fosse stato per la musica che proveniva da lì e per una sottile scia di fumo che usciva dal camino.

“Quinn?!”

“Rachel…”

Si erano acquattate nel cespuglio per osservare meglio la situazione; Rachel temeva che Quinn potesse fare qualche sciocchezza, Quinn stava programmando il suo piano di azione, che consisteva esattamente in quello che Rachel nella sua testa stava definendo “qualche sciocchezza”; due secondi dopo, sotto lo sguardo di un’attonita e preoccupata Rachel, la bionda si catapultò fuori dal suo nascondiglio gridando “Sandy! Sandy Ryerson! Fatti vedere! Esci!”

Improvvisamente, dopo che Quinn aveva fatto sì e no cinque passi, la porta si spalancò, ma chi uscì non era Sandy, bensì una creatura vestita di nero, con un capello a larghe tese calato sul volto, un lungo cappotto nero che le arrivava fino ai piedi. La ragazza fece qualche passo in avanti, ma la creatura cominciò a ridere in modo raccapricciante, correndole incontro brandendo un coltellaccio da cucina. Quel poco di viso che Quinn riuscì a scorgere bastò a farle perdere il controllo.

Corse di nuovo verso il cespuglio di Rachel, lo scavalcò con un salto, prese l’amica per un braccio e la trascinò con sé via, lontano dalla casa. Non avevano il tempo di controllare dove si trovassero o cosa stessero facendo, quindi si limitarono a correre verso una direzione casuale che, teoricamente, sarebbe potuta essere giusta. Si scontrarono con gli altri durante la loro folle corsa, la ragazza più bassa si scontrò con Brittany e entrambe volarono per terra, ma nessuna delle due ci fece caso, si rialzarono e proseguirono allo stesso passo. Arrivarono al limitare del bosco senza nemmeno accorgersene e continuarono a correre finché non furono oltre il cancello del cimitero, “al sicuro”.

Si appoggiarono tutti e cinque al muro tirando un sospiro di sollievo, finalmente salvi, almeno per il momento.
 

Da-daaaan! In questo capitolo mi sono scostata dal punto di vista di Santana per concentrarmi anche sugli altri. Nei prossimi capitoli ci sarà più spazio per la Brittana, sempre di più, e per una Santana un po' in crisi e confusa.
Grazie mille a tutti quelli che seguono questa storia, spero che anche questo capitolo possa essere apprezzato, alla prossima! :) 
 
   
 
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