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Autore: The Sorrow    05/10/2014    4 recensioni
Perché bisogna dare una giustificazione a tutto? Questo pensava sempre Antonio. Era il suo motto, la sua frase preferita, il vero motivo che si celava dietro ogni sua singola azione.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché bisogna dare una giustificazione a tutto? Questo pensava sempre Antonio. Era il suo motto, la sua frase preferita, il vero motivo che si celava dietro ogni sua singola azione. Un motivo eccellente, secondo lui. Perché bisognava giustificarsi quando si commetteva un azione? Perché andare sempre a trovare l'ago nel pagliaio? Perché far nascere discussioni inutili e prolisse su un argomento ancora più inutile ed insignificante? Non aveva mai capito l'assurda tendenza degli uomini a fare polemica su tutto, a creare dibattitti su tutto, a contestare tutto.
Lui si rifiutava di aiutare un collega? Bene! In meno di dieci secondi nasceva un putiferio che degenerava sempre di più.
"Mai una volta che tu ti offra di aiutare il prossimo".
"Potresti cercare di essere più gentile?".
"Ma perché sei sempre così scontroso?".
Ed altre frasi simili che ad Antonio facevano venire solo il mal di stomaco. Era assurdo, semplicemente assurdo. Sembravano solo dei bambini viziati. Dei patetici bambini viziati.
Antonio aveva cinquantasette anni e li dimostrava tutti. Nessuno gli avrebbe dato nè un anno in più nè un anno in meno. A qualcuno faceva anche un po' paura, soprattutto per via del suo sguardo perennemente torvo.
C'era chi lo definiva un eremita, chi un antipatico asociale, chi uno che ne aveva passate tante nella vita e adesso non si fidava più di nessuno. Ma nessuna di queste ipotesi corrispondeva effettivamente alla realtà.
Antonio era così di natura. Era l'uomo che ti guardava con disgusto se gli chiedevi un favore, un prestito o una qualsiasi cosa che potesse anche solo minimamente intaccare la sua pace personale. Ed era giusto, giustissimo. Perché qualcuno doveva disturbarlo? Con quale motivo? Con quale diritto? Lui viveva senza intromettersi nella vita degli altri, senza parlare praticamente con nessuno perché, come dice il vecchio proverbio, non svegliare il can che dorme.
Una volta gli avevano chiesto se era sposato. Gli era venuta la nausea. Sposato? Lui? Ma per favore signori miei, per favore. Ovvio che no, non voleva mica rovinarsi la vita con assurde relazioni sentimentali senza nè capo nè coda. Perché qualcuno dovrebbe farlo? Conoscere una persona che ti fa battere il cuore, chiederle timidamente un appuntamento, frequentarsi, fidanzarsi, sposarsi e passare insieme tutto il resto di quella miserabile vita. Cose da pazzi! Figurarsi avere dei bambini, poi.
Bambini... piccoli esserini che servirebbero solo a passare notti insonni. Certo, poi crescerebbero ed inizierebbero ad andare a scuola, ma quale sarebbe la loro utilità a quel punto? Servirebbe forse a qualcosa vederli tornare con il muso lungo ed un brutto voto sul diario? Ovviamente no. Questa era la prova che avere dei bambini era una cosa inutile. Che innamorarsi era una cosa inutile. Che prestare attenzione alle parole di quelle persone che, in un modo assolutamente stupido, si autoproclamavano tuoi amici era inutile.
Si vive per se stessi, si lavora per se stessi e si guadagna la felicità per se stessi.
Felicità. Strana parola. Tutti la cercano, tutti la vogliono, ma nessuno sa esattamente com'è fatta.
E lui? L'aveva mai vista la felicità? L'aveva mai provata sulla sua pelle? No, Antonio non la voleva. Non gli serviva, non era utile, non era funzionale. Non era niente.
Provava invece un forte senso di pietà per tutte quelle coppiette di innamorati che vedeva ogni giorno mentre passeggiava. Erano felici, sognanti, sempre con la testa tra le nuvole. Soprattutto i giovani. Avevano tutta la vita davanti a loro, un futuro che avrebbero scritto con le loro stesse mani.
Che mandria di illusi. Antonio aveva resistito più volte alla tentazione di andare da un giovane innamorato a porgere le sue più umili e sentite condoglianze per tutto quello che dovrà affrontare in futuro con la sua dolce metà.
Aveva sempre avuto il desiderio di aiutare questi poveri innamorati. Aiutarli, sì. Lui voleva fare qualcosa per lenire la loro sofferenza, una sofferenza che, badate bene, loro non provano. Non subito, almeno. In amore è così: inizialmente non ti accorgi del pericolo ma poi, con il passare del tempo, esso si prospetta davanti ai tuoi occhi e tu non puoi più fare niente per scappare. Antonio, quindi, voleva fare qualcosa. Voleva salvare una coppietta che ancora credeva nell'amore vero. Per dimostrare almeno a due persone che quella loro realtà sdolcinata era solo una grande bolla di sapone pronta a scoppiare in qualsiasi momento.
Lo voleva fare.
Poteva farlo.
Bisognava solo aspettare l'occasione giusta.
L'avrebbe fatto. Senza pensarci troppo, senza valutare come, dove e quando. L'avrebbe fatto.
Punto.







***
 

Giacomo e Sara passeggiavano mano nella mano, lanciandosi di tanto in tanto timide occhiate da innamorati. Erano la tipica coppia di fidanzati su cui nessuno poteva dire niente, su cui nessuno poteva spargere cattive voci. Il loro era un tipo di amore molto raro al giorno d'oggi: amore vero. Disinteressato. Si amavano per quello che erano dentro, non per il loro aspetto fisico o per la grandezza dei rispettivi portafogli. Si erano conosciuti al liceo e da allora non si erano mai persi di vista, fantasticando entrambi l'uno sull'altra. Ma, data la loro grandissima timidezza, ci avevano messo non poco ad esternare i loro sentimenti. Il primo passo l'aveva fatto Giacomo; logico, no? È sempre l'uomo che deve fare il primo passo. È una legge della natura e chi era Giacomo per opporsi? Nessuno, ecco chi. Quindi, con un timido "Mi piaci", sussurrato in un caldo pomeriggio d'estate, Giacomo aveva finalmente detto a Sara tutto quello che provava. Non servivano inutili e lunghi discorsi, bastavano solo due parole. Due semplici parole rivolte a quegli occhi verdi che Giacomo aveva sempre sognato. Quando Sara sentì quel "mi piaci" il suo cuore si sciolse: Giacomo si stava dichiarando a lei, proprio a lei. Una ragazza normale, normalissima, anche troppo. Era sempre passata inosservata con quei suoi capelli castani assolutamente anonimi, niente a che vedere con i colori dei capelli delle altre ragazze che, ormai, presentavano colori e tinte assurde. E poi lei non era magra come tutte le altre; certo, non era in sovrappeso ma non aveva nemmeno un fisico da modella. Una ragazza assolutamente anonima, esattamente come Giacomo. Anche lui infatti non si distingueva dalla massa di ragazzi belli ed egocentrici che si vantavano delle loro molteplici qualità . E dire che aveva anche paura di essere rifiutato da Sara; insomma, lui non aveva un fisico palestrato, non era particolarmente bello o spiritoso. Giacomo era normale.
Sara era normale.
E fu proprio questa loro normalità ad unirli.
Erano due ragazzi con la testa sulle spalle. Studiavano alla stessa università ed avevano grandi progetti per il futuro: laurearsi , viaggiare, mettere su famiglia. Quest'ultimo aspetto era particolarmente rilevante dato che entrambi credevano nell'ideale della famiglia unita e con tanti figli. Certo, era un po' presto per parlarne ma loro pensavano in grande e non conoscevano ostacoli.
Fino a quel giorno. Quel giorno in cui cambiò tutto.






***




Era il quattordici Febbraio ed Antonio era imbottigliato nel traffico. Una buona scusa per inveire contro i semafori che non facevano mai il loro sacrosanto dovere.
In giro c'era più gente del solito, soprattutto coppiette che camminavano mano nella mano. "Come mai?" si chiese Antonio. Poi si ricordò la data di quel giorno.
Quattordici Febbraio.
La festa degli idioti. Degli stupidi. Dei cretini patentati.
Una rabbia e un disgusto enorme crescevano dentro Antonio alla vista di quello spettacolo orripilante. Doveva fare qualcosa. Doveva. Era un'imperativo. Non poteva non aiutare quei poveracci che di sicuro non sapevano a che cosa stavano andando incontro. Amore? Ma quale amore! Non esiste più questa parola. È stata soppressa, ribaltata, distrutta, privata di ogni suo significato. Al giorno d'oggi si ama solo per il sesso, per i soldi o per tutte e due le cose messe insieme. L'amore vero non esiste. Non più. E per Antonio tutti i giovani che pretendono di sapere che cos'è realmente l'amore... beh, sono solo una massa di imbecilli.
Finalmente le macchine avevani iniziato a muoversi: forse era la volta buona. Poteva finalmente di uscire da quell'ingorgo, andare a casa ed ascoltare un po' di musica classica dimenticandosi di tutto e di tutti.
Fu allora, mentre aspettava che il semaforo passasse da rosso a verde, che li vide.
Due ragazzi. Si tenevano mano nella mano ed attraversavano la strada con passo lento. Due innamorati, senza ombra di dubbio.
"Che orrore" pensò Antonio. Quella era la goccia che faceva traboccare il vaso. Non poteva più chiudere un occhio di fronte a quell'orribile spettacolo.
Prese una decisione.
Fu rapido, rapidissimo.  
Ignorò il semaforo rosso.
Accellerò.
I due ragazzi non fecero nemmeno in tempo ad accorgersi che una vettura si stava dirigendo a velocità folle contro di loro.
Non sentirono niente.
Buio.


Adesso Antonio era felice.
Aveva salvato due giovani anime da quell'orrendo e terribile sentimento chiamato amore.






***



"Buongiorno gentili telespettatori e benvenuti ad una nuova edizione del tg regionale del Piemonte. Apriamo con una notizia di cronaca: un tragico incidente ha coinvolto due giovani, Giacomo Bianchi e Sara Esposito. I due sono stati investiti da un'automobile che, secondo i testimoni, ha improvvisamente accellerato e li ha travolti. Inutili i tentativi di portare i ragazzi in ospedale in quanto sono morti sul colpo. Sucessivamente le forze dell'ordine hanno rintracciato l'uomo che li ha investiti: si chiama Antonio Ferrari, cinquantasette anni. Non ha opposto resistenza al momento dell'arresto e, al momento, si trova sotto accusa per omicidio colposo".


  
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