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Autore: The Writer Of The Stars    05/10/2014    5 recensioni
Questa è una storia come tante. é una storia che parla di adolescenti,come se ne conoscono tanti. Loro però sono solo un po' più sfortunati. Ma questo non significhi che non abbiano voglia di vivere al meglio. Comincia tutto così. In un aula canto di un liceo come tanti, dove un gruppo di ragazzi si incontrano, si conoscono e capiscono di avere in comune molto più di ciò che pensano. Sarà un professore un po' fuori dal comune a spingere i ragazzi a vivere la loro vita al meglio, a non farsi sconfiggere dalle avversità, ad unirli sotto un'unica passione. La musica. Bulma è cresciuta da sola, con una madre che non la vuole e non l'ha mai voluta.Vegeta è stato abbandonato dalla madre e non ha più tracce del padre. Goku vive in un orfanotrofio e Chichi vive in precarie condizioni economiche con suo padre. Sarà la forza dell'amore, dell'amicizia e la voglia di farsi valere che spingerà un gruppo di sfigati canterini a mostrare il loro vero valore. E a farli diventare qualcuno.
Questa è la mia prima long, ambientata in un universo alternativo. Spero che vi piaccia e conto di aggiornare regolarmente. Buona lettura!
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finalmente, le cose iniziavano ad andar bene. Il professor Dawson non se ne andò dalla Orange High School, e le Voci fuori dal coro divennero più unite che mai. A differenza di ogni aspettativa, il signor Cold non venne licenziato o cacciato dall’istituto, ma restò in carica come vice preside, seppur facendosi vedere sempre meno a scuola. Era infuriato con noi, ma ormai poteva fare ben poco: avevamo vinto. Le Nazionali si sarebbero tenute a fine anno, perciò quel periodo fu uno dei più divertenti e belli di tutto l’anno: cantavamo, suonavamo, improvvisavamo brani sul momento ma soprattutto eravamo felici, finalmente. Così, tra una lezione del Glee Club e una cantatina nell’aula canto, i mesi passarono, arrivando così al freddo e magico mese di Dicembre.

Quando quella mattina d’inizio Dicembre uscii di casa, mi resi subito conto che l’aria stava cambiando: il freddo aveva avvolto l’intera città e grossi nuvoloni si stagliavano nel cielo scuro e plumbeo, pronti a riversare un’enorme moltitudine di neve nei giorni successivi. Per le strade e tra i negozi si iniziava a percepire una sottile differenza nella vita quotidiana, le luci  colorate installate per le vie avevano preso a funzionare, ricordando con le loro scritte luminose che la festa più magica dell’anno era alle porte, così come le vetrine dei negozi iniziavano a riempirsi di regali e decorazioni varie. Il Natale stava arrivando.

“Ragazzi, qui c’è bisogno di una bella sistemata.” Proclamai quella mattina, entrando nell’aula canto. Tutti i miei amici mi guardarono confusi, non capendo dove volessi arrivare. “Ragazzi, ormai manca poco a Natale! Vogliamo o no rendere un po’ più magico questo posto, ora che la festa più bella è alle porte?!” esclamai con ovvietà, guadagnandomi l’approvazione di tutti i miei amici. “Ma si, certo! Dobbiamo decorare un po’ questo posto … che ne dite di un bell’albero di Natale qui? E di qualche ghirlanda là sulla porta? Ohh, magari dei festoni colorati intorno alle pareti …” iniziò Chichi, elencando tutte ciò che le passava per la testa in quel momento. In mezzo a tutta quell’allegria ed entusiasmo, c’era solo una persona che sembrava non condividere quello spirito di festa … “Vegeta? Tutto bene, c’è qualcosa che non va?” gli chiesi, sedendomi vicino a lui. Lui se ne stava nella sua solita posa impassibile, le braccia incrociate e lo sguardo corrucciato. Non che mi sarei aspettata i salti di gioia per la mia proposta, ma non sembrava per nulla emozionato dall’idea che presto la magica festa avrebbe avvolto tutti noi. “Sto benissimo.” Rispose freddamente. Sorrisi dolcemente. “Allora andiamo, vieni a darci una mano!” dissi, additando gli altri ragazzi, che si stavano già prodigando alla ricerca di vecchie decorazioni nei meandri della scuola. Una smorfia contrariata si delineò sul volto perfetto del mio ragazzo, che scocciato rispose con un secco: “No.” Sbuffai. “Andiamo tesoro, perché non ti va? Tra poche settimane sarà Natale, non sei felice?” gli chiesi candidamente. Lui sbuffò: “Tsk, non mi interessa niente di quella stupida festa. Per me è un giorno come un altro.” Concluse, spostando lo sguardo altrove. Corrugai lo sguardo delusa, ma soprattutto contrariata: quel pomeriggio avrei fatto visita ad una persona.

“Ecco, prendi pure cara.” La signora Hazel mi porse la tazza fumante, colma di cioccolata calda. “Grazie mille, signora.” Risposi, stringendo il recipiente con entrambe le mani. “Allora, come va?” mi chiese dolcemente. “Tutto bene, non mi lamento.” Risposi sorridendo, portandomi la tazza alle labbra, sfiorando la densa sostanza al cacao. La allontanai poi in un nanosecondo, rendendomi conto troppo tardi dell’elevato calore della dolce bevanda. “E tra te e Vegeta? Come procedono le cose?” mi chiese, leggermente maliziosa. Arrossii leggermente, imbarazzata. La nonna di Vegeta aveva scoperto la nostra relazione per puro caso, quando una volta credendo di essere soli in casa, Vegeta mi aveva posato delicatamente un bacio sulle labbra. Non si era infatti reso conto che sua nonna era rientrata proprio in quel momento, con conseguente risultato un “Ohhh, lo sapevo che prima o poi vi sareste fidanzati!” da parte di sua nonna, e due volti color pomodoro per entrambi. Sorrisi leggermente a quei pensieri. “Va tutto a meraviglia, davvero.” Dissi felice. La signora Hazel mi sorrise comprensiva, riprendendo poi: “Ah, l’amore … sai, si vede che siete fatti l’uno per l’altra. A quanto sento, mia cara, tu sei proprio cotta di mio nipote.” Disse, sorridendo con un pizzico di malizia. Io affondai lo sguardo all’interno della tazza rossa a fantasia natalizia, arrossendo visibilmente. La nonna scoppiò a ridere, dicendo poi: “Oh cara, non preoccuparti, non devi sentirti in imbarazzo! Sai, anche Vegeta ti ama davvero.” Disse poi, riacquistando serietà. Con gli occhi luccicanti dall’emozione, alzai lo sguardo verso l’anziana signora, chiedendo speranzosa: “D –dice sul serio? Voglio dire, come fa a dirlo?” lei sorrise comprensiva, rispondendo. “Oh, fidati lo capisco. Sai, in questo Vegeta è praticamente uguale a suo nonno. Anche lui sembrava sempre scorbutico e riservato, ma in realtà sapeva dimostrare il suo amore per gli altri attraverso i gesti più semplici ma anche più belli. Mio nipote è proprio come lui, orgoglioso fino al midollo,ma tenero con coloro che ama.” Concluse, con un pizzico di malinconia nel nominare il marito defunto. Sorrisi timidamente, rimembrando poi il motivo principale per cui ero andata a far visita alla donna. “Senta, a dire il vero io volevo farle una domanda, ehm … personale.” Iniziai imbarazzata. Lei annuì, invitandomi a continuare: “Prego cara, chiedimi tutto quello che vuoi.” Disse. “Ecco vede, il fatto è che tra poco sarà Natale, e io ho notato che Vegeta ehm … non ama particolarmente questa festa. Lei saprebbe spiegarmi il motivo?” azzardai speranzosa. Un lampo di tristezza avvolse gli occhi dell’anziana signora a quelle mie parole. Poi, volgendo il capo in direzione della finestra, sospirò. “Vedi, è un po’ difficile da spiegare. Sai, Vegeta non ha mai amato il Natale, ma qualche anno fa accadde un fatto che lo portò ad odiare più di ogni altra cosa questa festività. Sai, era il 25 dicembre di due anni fa, quando il nonno di Vegeta è scomparso, a causa di un infarto.” Confessò, gli occhi umidi per aver rievocato il ricordo della morte del marito. “Vegeta era molto legato a sua nonno, e da allora odia il Natale con tutto sé stesso. Dice che gli ha portato via il suo migliore amico …” annuii tristemente. Poi, uno sguardo determinato si dipinse sul mio volto. Quell’anno, Vegeta avrebbe cambiato idea riguardo il Natale. E l’avrebbe fatto grazie a me.

“Buongiorno amore mio!” esultai quella mattina, stampando un dolce bacio sulla guancia a Vegeta. Ero appena entrata a scuola, e non appena lo avevo visto aggirarsi per i corridoi, ero subito corsa da lui, come sempre ormai. Lui mi guardò leggermente stranito, dicendo poi con fare sospettoso: “Okay, cosa ti serve?” sbuffai. “Ma niente tesoro, non posso nemmeno salutare come si deve la luce dei miei occhi?!” chiesi candidamente, provocando un incredibile colorazione carminia delle gote di Vegeta, che rispose semplicemente con un sonoro “Tsk!”, volgendo lo sguardo altrove. Ghignai leggermente: metterlo in imbarazzo ormai era diventata la mia specialità. E in più adoravo vederlo arrossire, le sue guance assumevano un’intensa colorazione del rosso, mentre gli occhi si abbassavano timidamente verso il basso, in un moto istintivo. Era meraviglioso … “Comunque, mio caro, ieri passando davanti a diversi negozi, ho pensato …” “Ecco, lo sapevo che c’era il trucco.” Mi interruppe lui. “Ma no, di che parli?” chiesi con finta innocenza. Lui sbuffò. “Lo sapevo che tutte quelle moine servivano perché volevi ottenere qualcosa. E comunque sappilo già da ora: qualunque cosa sia, la risposta è no.” Scossi leggermente la testa. “E invece ti sbagli, mio caro. Mi stavo chiedendo quale regalo avrei potuto farti per Natale … hai qualche preferenza?” chiesi curiosa. Lui si rabbuiò subito, rispondendo: “Ti ho detto di lasciar stare con questa storia del Natale. E comunque non voglio nessun regalo, perciò vedi di non iniziare ad impazzire per comprarmi qualcosa: non voglio niente.” Detto questo si allontanò, dirigendosi verso la sua classe. Io sorrisi furbamente, guardandolo allontanarsi. “Vedremo, mio caro … fidati, il mio regalo non ha prezzo …”

“Ragazzi! Buongiorno a tutti, scusatemi per il ritardo … wow!! Ma cosa è successo qui?!” esclamò il nostro insegnante entrando in classe, trovandosi circondato da diverse decorazioni natalizie, prima fra tutte, un piccolo albero di Natale posto in un angolo. “Beh, ormai manca poco a Natale … ci siamo adattati!” risposi entusiasta. Lui sorrise divertito. “Beh, allora avete fatto bene!” esclamò, andando poi a sistemare le sue cose sul pianoforte, come sempre. “Ehm, mi scusi Professore, potrei dire un secondo una cosa?” chiese timidamente Goku. Il nostro insegnante lo guardò, incitandolo poi a parlare. “Certo Goku, vieni pure qui e riferisci ciò che devi dire a tutti noi.” disse. Il moro dai capelli a palma si alzò, e arrivato al centro dell’aula, di fronte a tutti noi, con un sorriso impacciato in volto pronunciò: “Ecco, ragazzi volevo chiedervi una cosa … sapete, all’orfanotrofio dove vivo, a Natale solitamente pranziamo tutti insieme, grazie ai volontari, mentre diversi adulti portano poi dei doni ai nostri orfani … ecco, volevo chiedervi se quest’anno avreste voluto venire a festeggiare insieme a noi questa meravigliosa festa … in onore della condivisione e della gioia …” continuò. Noi sorridemmo teneramente: era un’idea meravigliosa. “Ma certo che ci fa piacere … “ rispose Chichi per tutti noi. “Io non vengo.” Pronunciò invece Vegeta, spezzando la tenerezza di quel momento. Sgranammo tutti gli occhi: “M – ma come non vieni, Vegeta? C’è qualche problema?” chiese confuso Goku. Vegeta strinse i pugni, sbottando poi: “La volete smettere di chiedermi se ho qualche problema?! Sto benissimo, come ve lo devo dire?! Non voglio festeggiare il Natale, cosa c’è di difficile da capire?! IO ODIO IL NATALE!! Vi è più chiaro adesso?!” detto questo, uscì come una furia dall’aula, lasciando tutti noi di sasso.

Stringevo tra le mani guantate il documento appena ricevuto. L’ambiente intorno era gelido, c’erano almeno tre gradi sotto lo zero, ma quei fogli sembravano bruciare tra le mie mani. Finalmente, dopo essermi prodigata in lungo e in largo, chiedendo a quanta più gente possibile e in grado di darmi delle risposte riguardo ricerche private e quant’altro, ci ero riuscita. Quelle informazioni mi erano costate un mese di stipendio, ma ne era davvero valsa la pena. D’altronde, l’avevo fatto per lui, per il mio Vegeta. Sorrisi leggermente, dando un’occhiata alla busta: finalmente, Vegeta avrebbe trovato suo padre.

“Posso entrare?” chiesi, mettendo piede nella stanza di Vegeta. Lui mi lanciò una leggera occhiata, rivolgendo poi nuovamente la sua attenzione alla rivista che stava leggendo. “Ormai l’hai fatto.” Disse noncurante, sfogliando le pagine di quel numero di Rolling Stones, una delle maggiori riviste musicali al mondo. Entrai quindi all’interno della camera, chiudendo delicatamente la porta alle mie spalle. Mi andai poi a sedere sul bordo del letto, vicino a Vegeta che stava invece comodamente sdraiato sul materasso. Non alzò minimamente lo sguardo dalla sua rivista, perciò dopo aver preso un profondo respiro, iniziai: “Ehm, Vegeta?” lo richiamai. Lui non rispose, invitandomi silenziosamente a continuare. “Senti, so che non te ne importa niente, che odi il Natale e quant’altro. Però oggi è la Vigilia ed ecco io … “ “Come te lo devo dire? Non verrò a quello stupido orfanotrofio!” rispose irritato, sempre senza staccare gli occhi dall’articolo che stava leggendo. Erano passate infatti diverse settimane dal giorno in cui Goku ci aveva invitato a trascorrere il Natale insieme a lui e agli altri orfani, ed era così arrivata la Vigilia di Natale. Sospirai delusa, riprendendo: “No, non volevo dirti questo. Cioè, mi farebbe piacere se tu venissi, ma non pretendo assolutamente nulla da te. Volevo solo dirti che anche se non ti interessa, io ti ho comunque preso un regalo.” Pronunciai in un soffio. Lui alzò finalmente gli occhi dal giornale, posandoli su di me, in una smorfia contrariata. “Ti avevo detto di …” “Ascolta! Lo so, non volevi niente. Però questo è davvero importante, ti prego, almeno guarda cos’è.” Lo supplicai, porgendogli la busta bianca che fino a quel momento avevo tenuto nascosta. Gliela porsi, concentrando poi il mio sguardo sulle maniche del delizioso maglione invernale verde e bianco dalla fantasia natalizia, che stavo indossando in quel momento. Lui sbuffò, prendendo poi di malavoglia i documenti dalle mie mani. Per diversi secondi, si udirono solamente il fruscio della carta stampata. Io continuavo a fissare il suolo timorosa, non sapendo quale reazione avrebbe avuto Vegeta alla vista di ciò che gli avevo consegnato. Lui non parlava, e la cosa mi mise addosso un’ansia indescrivibile. “M – ma … questi documenti … mio padre … ma come hai fatto?”balbettò finalmente lui. Io risposi, continuando ad evitare il suo sguardo. “Visto che ormai le nostre ricerche erano state interrotte senza risolvere nulla, ho pensato di chiedere aiuto a qualche esperto. Sono riusciti a procurarmi tutta quella roba lì. Ci sono il nome, il cognome, l’indirizzo e altri dati fondamentali … so che avrei dovuto dirtelo subito, ma vedi ho ricevuto proprio oggi questi documenti, e volevo farti una sorpresa … “ ma non riuscii a terminare la frase, poiché Vegeta mi prese il viso tra le mani, alzandolo verso di lui e baciandomi con una dolcezza e una tenerezza spiazzante. Sgranai leggermente gli occhi, per poi chiuderli e lasciarmi andare a quel ringraziamento da parte di Vegeta. Si staccò poi lentamente dalle mie labbra, sussurrando poi: “Grazie …” detto questo, mi posò un leggero bacio sulla fronte, causando l’imporporazione spontanea delle mie gote. Si alzò poi in piedi, ed infilandosi la giacca, aprì la porta. “Allora? Che aspetti, andiamo?!” disse poi impaziente. “Dove?” chiesi leggermente spaesata. Lui sorrise lievemente. “A conoscere mio padre”
 

“223, Sayan Street. Dovrebbe essere questa.” Lui annuì leggermente, squadrando l’abitazione palesatasi di fronte ai nostri occhi. La neve continuava a scendere copiosa, andando ad aumentare lo già spesso strato di neve che ricopriva le strade. Erano all’incirca le 19,15 di quel 24 Dicembre in cui Vegeta avrebbe finalmente incontrato suo padre. Io e Vegeta osservammo la villetta a schiera, silenziosi e avvolti dai fiocchi di neve che continuavano a scendere anch’essi senza far rumore. Vegeta era agitato, anche se non dava a vederlo si vedeva che aveva paura di conoscere suo padre. “Ehi …” lo richiamai dolcemente. Lui voltò la testa in mia direzione. “Sei pronto?” gli dissi. Lui annuì deciso. “si.” Rispose semplicemente, avviandosi verso il vialetto antecedente l’ingresso della casa. Camminava dinanzi a me deciso, pronto a conoscere finalmente suo padre. Io lo seguivo, orgogliosa e felice per lui. Forse quel giorno avrebbe cambiato idea riguardo al Natale … Ero talmente persa nei miei pensieri, che mi accorsi che Vegeta si era fermato, solo quando andai a sbattere contro la sua schiena muscolosa. “Ahi! Vegeta che ti prende, perché ti sei fermato?” protestai confusa. Lui non rispose, continuando a fissare un punto dinanzi a sé. Curiosa, mi sporsi oltre la sua spalla, per poter scoprire cosa lo avesse colpito tanto. Ci eravamo fermati dinanzi una finestra. Al di là del vetro, si stagliava la figura imperiosa di un uomo sulla quarantina. Spalancai la bocca: tolta la presenza di un paio di baffi e di una folta barbetta, era identico a Vegeta. Ma non era l’unico presente in quella stanza, che riconobbi come il salotto. Insieme a lui stavano infatti due graziosi bambini, un maschio di circa cinque anni e una femmina di nove, probabilmente. Saltellavano intorno ad un abete decorato per metà, eccitati probabilmente per la festa tanto agognata. “Papà, papà, mi aiuti a mettere questo?” riuscimmo a sentire ,dall’altra parte della finestra, uno dei due piccoli pronunciare tali parole. A quella richiesta, l’uomo si abbassò, prendendo in braccio il bambino e sollevandolo verso l’alto, permettendogli quindi di posizionare una delle palline colorate tra i rami dell’albero. “Non è giusto, voglio fare qualcosa anche io!” protestò l’altra bambina, imbronciandosi. L’uomo le sorrise teneramente, rispondendole poi: “Bene, allora vorrà dire che tu metterai la stella in cima all’albero!” pronunciò, scatenando la gioia della bambina. In quell’istante, da una stanza adiacente apparve anche la figura di una giovane donna, molto bella e con un dolce sorriso stampato in volto. Si avvicinò all’uomo, abbracciandolo da dietro, alche questo si girò, sorridendo nel vederla. “Come va, amore?” chiese la donna. Lui sorrise, rispondendo: “Tutto a meraviglia …” languidamente, prima di posare le proprie labbra su quelle della donna. Io e Vegeta eravamo rimasti immobili, a fissare quel tenero quadretto familiare. Ero sconvolta: non avevo tenuto in conto che probabilmente il padre di Vegeta avesse una famiglia propria, una vita tranquilla e spensierata come quella. Vegeta non mosse un muscolo, paralizzato: capivo il suo turbamento, era logico che ora non potesse entrare in quella casa, proclamando: “Ciao,non mi conosci, io sono tuo figlio, posso chiamarti papà?!” distruggendo quell’allegra famigliola. “Vegeta …” sussurrai, guardandolo preoccupata. Lui socchiuse leggermente gli occhi, dicendo poi: “Andiamo via.” Detto questo, si voltò, incamminandosi deluso verso la strada imbiancata, diretto il più lontano possibile da quella casa. Sospirai tristemente, affrettandomi a raggiungerlo, dopo aver dato un’ultima occhiata all’allegra famiglia Mulino Bianco all’interno della villetta. Lanciai uno sguardo sfuggente al nome impresso sul campanello, prima di allontanarmi definitivamente. Scossi la testa amaramente. Vegeta Sayan. Suo padre. Avevano anche lo stesso nome.
 

“Vegeta caro, va tutto bene?” chiese preoccupata la signora Hazel. Dopo l’amara scoperta infatti, Vegeta era ritornato a casa sua, senza dire una parola, mentre io mi ero diretta all’orfanotrofio, come da programma. Nonna e nipote stavano cenando insieme, immersi nel silenzio. “Sto bene, nonna.” Pronunciò freddo lui, rimescolando e spostando il cibo nel piatto, senza però mangiarlo. Lei scosse leggermente la testa. “No, non stai bene. Guardati: non hai toccato cibo. Non è da te.” Disse, facendo leva su una delle cose più prevedibili di Vegeta: l’appetito. Lui sbuffò. “Non ho fame, tutto qui.” Rispose. La donna lo guardò con tenerezza, chiedendo poi: “Come mai non sei con Bulma stasera?” lui rispose senza alzare lo sguardo. “Andava all’orfanotrofio insieme a quel branco di idioti, a festeggiare tutti insieme. Non mi interessa.” La nonna sospirò, cominciando poi decisa. “Senti Vegeta, io no so cosa sia successo e non ho intenzione di scoprirlo. Però ora è arrivato il momento di parlare seriamente di questa questione. So che per te questo è sempre stato un giorno duro, è vero, tuo nonno è venuto a mancare proprio a Natale, e so quanto tu abbia sofferto,ma adesso è arrivato il momento di cambiare, devi ..” “Nonna, ho visto mio padre oggi!” sbottò ad un tratto lui, interrompendola. Lei sgranò gli occhi stupefatta. “C – come hai visto tuo padre? Ma, come …” “Bulma è riuscita a trovare diverse informazioni su di lui, così siamo andati a casa sua. Ma, non siamo entrati … ha una bella famigliola felice, come avrei potuto entrate là dentro e dire lui che sono suo figlio?! Avrei sconvolto tutti …” Lei annuì, sconvolta. “Ma – ma perché Bulma ti avrebbe aiutato a cercare tuo padre?” chiese con un filo di voce. Lui sgranò gli occhi, sorpreso da quella domanda. Effettivamente, non sapeva precisamente nemmeno lui il motivo per cui la sua ragazza avesse voluto fare un tale gesto … “Non lo so …” rispose sconfitto. “Perché ti ama.” Proruppe ad un tratto la signora Hazel, interrompendo il silenzio. “Tesoro mio, ti sei mai chiesto cosa sia il Natale?” lui alzò lo sguardo, guardandola confuso. “So che lo abbiamo sempre visto come il giorno della scomparsa di tuo nonno, ma il Natale non è questo. Quello che ha fatto Bulma, è Natale. Quello che stanno facendo tutti i tuoi amici, aiutando i bambini all’orfanotrofio è Natale. Aiutarsi, offrire se stessi per gli altri, amarsi incondizionatamente, non solo oggi, ma ogni giorno dell’anno. Tutto questo, è Natale.” Concluse lei emozionata. Vegeta sgranò gli occhi, e come colto da un’improvvisa illuminazione, si alzò di scatto, afferrando il giubbetto e avviandosi verso l’uscita. La signora Hazel domandò confusa:” Vegeta, ma dove vai?” si voltò, rivolgendole un mezzo sorriso, prima di risponderle: “All’orfanotrofio.”
 
L’orfanotrofio era gremito di bambini di tutte le età. Gli educatori, i volontari, anche noi avevamo dato una mano per rendere speciale il Natale a quei bambini con cui il destino non era stato proprio generoso. All’interno della struttura che accoglieva tutti, non vi erano riscaldamenti, perciò ognuno di noi stava congelando avvolto nel proprio cappotto. Avevamo finito da poco di cenare, e di lui non c’era traccia. Sospirai delusa: ma d’altronde, come potevo sperare che Vegeta si unisse a tutti noi Voci fuori dal coro, alla vigilia di una festa che odiava? “Scusami …” mi richiamò una vocina. Abbassai lo sguardo verso una dolce bambina che mi stava tirando per la manica del giubbetto, osservandomi con grandi occhioni verdi. “Dimmi pure, piccola.” Le dissi, sorridendole dolcemente. “Perché sei triste?” sgranai leggermente gli occhi: incredibile come i bambini riuscissero a percepire qualunque stato d’animo, emozione, anche se nascosto da una maschera di gioia. Scossi leggermente la testa: “Non è niente piccolina, non preoccuparti. Ehi, che ne dici, ti piacerebbe ascoltare qualche canzone?” le proposi. Lei sorrise entusiasta, iniziando a saltellare sul posto emozionata. “Sii, per favore!!” sorrisi dolcemente, guardando poi verso i miei amici, anche loro impegnati con altri bambini. “Ragazzi, che ne dite, vogliamo cantare qualcosa a questi bambini?” sorrisero tutti entusiasti, accettando la mia proposta. “Ottima idea Bulma!” disse il professor Dawson, tirando fuori lo stereo che aveva portato con sé. Proprio in quel momento la porta d’ingresso alle mie spalle si aprì, e da quella direzione si espanse una voce che avrei riconosciuto tra mille: “Tsk, non vorrete cantare senza di me, spero!” sgranai gli occhi, voltandomi poi in sua direzione. “Vegeta …” balbettai, commossa. “M – ma che ci fai qui?” chiesi ancora incredula. Lui ghignò leggermente. “Beh, è Natale, no?” (http://www.youtube.com/watch?v=emIi-uo4I8I  esibizione)

Vegeta:
It's Christmastime, there's no need to be afraid
At Christmastime, we let in light and we banish shade

Sorrisi dolcemente,non appena la musica iniziò, accompagnata dalla voce di Vegeta. Tutti quanti, ci raggruppammo in un angolo della stanza, di fronte ai bambini.

Chichi:
And in our world of plenty we can spread a smile of joy
Throw your arms around the world at Christmastime

Bulma:
But say a prayer, Pray for the other ones
At Christmastime it's hard, but when you're having fun

 
Guardavo Vegeta, ancora emozionata ed incredula nel vederlo lì insieme a noi. Quando poi dopo Chichi iniziai a cantare io, mi riscoprii a piangere dalla gioia.

Yamcha e Crillin:
There's a world outside your window
And it's a world of dread and fear

Tensing:
Where the only water flowing
Is the bitter sting of tears

Tensing e Riff:
And the Christmas bells that ring there are the clanging chimes of doom
Chichi:
Well tonight thank God it's them
Chichi e Bulma:
instead of you

I bambini ci fissavano rapiti, incantati da quella canzone e dall’atmosfera tutt’intorno a noi. Gli educatori e i volontari sorridevano commossi e riconoscenti. Il nostro insegnante sorrideva orgoglioso. Noi, sorridevamo felici.

Tutti:
And there won't be snow in Africa this Christmastime
The greatest gift they'll get this year is life
Where nothing ever grows
No rain nor rivers flow
Do they know it's Christmastime at all?
Here's to you

Tutti e C18:
Raise a glass for everyone
Spare a thought this yuletide for the deprived
If the table was turned would you survive
Here's to them
Underneath that burning sun
You ain't gotta feel guilt just selfless
Give a little help to the helpless
Do they know it's Christmastime at all?


Ci avvicinammo ai bambini, prendendoli per mano, e giocando con loro, mentre continuavamo a cantare. Sorrisi commossa nel vedere Vegeta aiutare un bambino aprire il suo regalo di Natale: non sapevo come, ma Vegeta aveva cambiato idea.

Bulma e le Voci fuori dal coro:
Feed the world
Feed the world
Feed the world
Feed the world
Feed the world
Let them know it's Christmastime again
Feed the world
Feed the world


Quando la canzone terminò, tutti quanti iniziarono ad applaudire felici ed emozionati. In mezzo a tutta quella confusione ed euforia, mi avvicinai a Vegeta. “Allora, posso sapere per quale motivo hai cambiato idea? Non avevi detto che odiavi il Natale?” lo stuzzicai curiosa. Lui ghignò leggermente: non avrebbe mai ammesso che a fargli cambiare idea era stato il mio amore. “Tsk, che ti importa? E comunque, effettivamente, questo Natale non è poi tanto male …” constatò, guardandosi intorno. Io sorrisi, avvicinandomi a lui. “Finalmente lo hai capito.” Sussurrai, prima di baciarlo delicatamente. “Buon Natale, Vegeta.” Dissi non appena ci staccammo. Lui sorrise. “Buon Natale, Bulma.”
 
Nota Autrice:
salve gente!! Ed eccomi con il nuovo capitolo! So cosa state pensando: ma tra tutti gli autori di questo sito, proprio l’unica cerebrolesa che scrive un capitolo sul Natale ad inizio ottobre dovevate incontrare? Ebbene si, miei cari. Anche se non siamo ancora in periodo, ho comunque deciso di scrivere ora questo capitolo, essendo piuttosto importante ai fini della storia. ;) e niente, come sempre vi ho lasciato il link dell’esibizione, che vi consiglio di guardare, se volete immaginarvi la scena. Spero che questo capitolo vi piaccia, ringraziandovi già da ora per l’attenzione, vi saluto in attesa di recensioni. Al prossimo capitolo! ;)
Bacioni
TWOTS
   
 
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