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Autore: Defendmeharry    05/10/2014    1 recensioni
Attorno ad Hazel era tutto tranquillo, si sentiva soltano il rumore della natura; le foglie che si muovono accompagnate dal vento che leggere sbattono tra di loro e cadono, le poche persone che passano in quel parco dietro la scuola che Hazel frequenta, calpestano le foglie ormai cadute al suolo, ricreando quel rumore che la ragazza tanto ama.
Hazel ha un diario con sè, lo porta dentro il suo zaino tutte le volte che esce di casa, quel diario è sempre con lei. Alle tre del pomeriggio quando ormai le lezioni sono finite, si siede nella panchina di sempre dove riesce a concentrarsi, e scrive.
Hazel non è una ragazza popolare, è una ragazza semplice, una ragazza che vive nell'ombra, una ragazza che nessuno nota. I suoi genitori si chiedono cosa abbia di tanto speciale quel diario che Hazel ha sempre con sè. Non se ne separa mai e la maggior parte del tempo sta sul letto a scrivere sulle pagine scure di quel libriccino riciclato.
Hazel scrive di qualcuno. Qualcuno che non l'ha mai notata ma che lei tanto ammira.
E se colui di cui Hazel scrive si scopre essere molto simile a lei? Un ragazzo silenzioso, cupo e misterioso
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio di colpo nella notte sopraffatta dai miei incubi. 
Incubi che continuo a sognare ormai da parecchio tempo. Un nuovo incubo non mi lascia dormire: vengo picchiata a sangue, sono a terra appoggiata sugli armadietti e una popolosa folla guarda la scena. Tre ragazzi robusti cominciano a darmi schiaffi e poi pugni sul viso fino a farlo sanguinare, mi tirano dei calci nello stomaco, mi accovaccio su me stessa cercando di evitarli ma sono sempre più forti. La folla sorride ai tre ragazzi e annuisce in consenso. Si fermano quando stavo per perdere completamente i sensi e sento una voce chiamarmi. La voce di Luke. 
Dopo mi sveglio e sono in lacrime. 
E vorrei tanto avere le braccia di Luke strette sul mio corpo ancora e ancora. Le sue mani che mi accarezzano i capelli cercando di calmarmi, cercando di far smettere le lacrime di scendere. Il suo profumo aspro e così dolce allo stesso tempo. Continuo a sentirlo in giro per la mia camera tra i miei vestiti, tra le lenzuola, è un profumo così forte e secco che il mio naso si rifiuta di dimenticarlo. 
I suoi occhi calmi e rassicuranti, blu e azzurri, profondi e leggeri, cupi e pieni di luce, così difficili da decifrare. 
E il suo cuore così veloce, battito dopo battito. 
 
Sposto il polso sotto il mio sguardo accurato e mi accorgo di quanto sia diventato gonfio e colorato di viola verde e nero. Poso una mano sui lividi e sussulto per il dolore. Vado in bagno, prendo qualche fascia e l'avvolgo sopra quei brutti segni. Il dolore sembra attutirsi leggermente. 
Metto la giacca e ne assaporo il profumo. 
 
 
Appena entro a scuola tanti occhi mi scrutano e alcuni volti ridono. 
Cammino cercando di non guardare nessuno ma riesco a sentire il rumore delle risate in sottofondo. Sento pronunciare il mio nome come se finalmente l'avessero scoperto tutti e si fossero accorti di me. Non ero sicuramente sulla bocca di quella folla perchè ero diventata famosa o perchè ero bella o mi vestivo bene, parlavano di me per quanto era successo il giorno precedente. Per il resto della scuola ormai ero la sfigata che scrive sul diario. 
Non capisco cosa ci sia di "sfigato" nello scrivere su un paio di pagine tutte quelle cose sensate che mi passano per la testa. Non capisco perchè delle parole scritte a matita possano essere giudicate invece di alcune stupide parole dette a voce e gettate così, a casaccio. Parole per cui non si riflette, dette tanto per dirle. 
 
Alzo lo sguardo per un attimo e senza pensarci più di un minuto mi avvio fuori scuola. Dietro la scuola, mi siedo sulla panchina di sempre. È desolato e la luce del mattino filtra tra gli spazi che le foglie lasciano. 
L'aria, che diventa di giorno in giorno più sottile e fresca mi sfiora il viso e rabbrividisco per il freddo. Mi stringo un po' di più nella mia giacca contorcendo il naso per il dolore che provoco con questo innocuo gesto al mio polso destro. 
Decido di prendere il mio diario per scrivere qualcosa che possa far passare il tempo più in fretta. 
 
Dear diary, 
non riesco a capire cosa c'è di sbagliato e di diverso in me. Non capisco perchè scrivere su un diario sia una cosa da sfigati.
Io penso che sia bellissimo fissare i propri ricordi in delle pagine per riviverle tutte le volte che se ne ha il bisogno. Penso che sia straordinario riuscire ad intrappolare le parole giuste, le parole che nessuno, compresa me, ha il coraggio di pronunciare, in delle pagine pulite, che hanno solo voglia di essere sporcate. Così le scrivo. Scrivere mi rende più facile controllare i miei pensieri e talvolta anche le mie emozioni. Con quelle ci sto ancora lavorando. 
 
 
Sento il peso di qualcuno che fa leva sul lato opposto della panchina. 
"Che scrivi?" mi chiede Luke curioso accigliando le sopracciaglia.
Mi giro a guardarlo cercando nella mia testa una risposta sensata da dargli. Le mani mi sudano e sento un nodo in gola che cerca di non farmi parlare ma schiarisco la voce.
"Sto, sto scrivendo di questo posto." mento un po' preoccupata delle conseguenze. 
"Sicura? Eri accigliata quando scrivevi." si acciglia anche lui e cerco una risposta tra i mille pensieri che passano per la mia testa. 
Vedo che tiene il suo diario tra le mani. "Tu che scrivi?" dico di getto e abbastanza sicura di me e della domanda che ho posto a Luke. 
"Scrivo ad una persona di quello che penso o mi succede." 
 
Comincio a pensare ad una possibile persona a cui Luke possa scrivere e non mi viene nessuno in mente. Guardo i suoi occhi che diventano sempre più cupi e quasi persi nei pensieri del momento. 
 
"A chi scrivi?" 
 
La curiosità mi brucia dentro e non riesco a controllare le parole che sono appena uscite dalla mia bocca. 
Il suo sguardo si posa prima sulle mie labbra, come se fosse spaventato da quello che sono riuscite a pronunciare poi sulle sue mani poggiate sul diario. 
Non risponde e non sposta più lo sguardo dal suo diario. 
Stiamo in silenzio per più di cinque minuti fino a quando non sento Luke alzarsi dal suo posto "Devo andare a scuola. Mi piace la lezione di musica moderna." 
Annuisco, sorride un po' quasi per accontentarmi e si allontana senza dire una parola in più. 
 
 
La campanella suona e lo stomaco mi si rivolta dentro il mio corpo. 
Aspetto dieci minuti prima di avviarmi verso casa per cercare di evitare più sguardi possibili. 
 
Il cellulare vibra e sorpresa che qualcuno mi stia cercando apro velocemente il messaggio. 
È un numero che non ho in rubrica. 
 
14:32 pm: 
Buongiorno Hazel, non ti ho vista a scuola e penso proprio che non c'eri. Mi sono fatto dare il tuo numero dalla segreteria scolastica e devo dire che non è stato semplice. 
Ci vediamo davanti scuola alle cinque in punto, spero ti piaccia il gelato. 
 
Sorrido appena alla vista di quel messaggio e rispondo:
 
Mi piace il gelato, però fa un po' freddo non credi? 
 
Cammino verso casa, passo dopo passo la strada sembra stia per finire in fretta. Sono a 100 metri da casa quando Ashton risponde al mio messaggio:
 
Si, hai ragione fa freddo. Magari una cioccolata calda o un caffè. 
 
L'idea della cioccolata calda non mi dispiace quindi opto per quella e rispondo: 
 
 
Vada per la cioccolata, a dopo. 
 
 
Sono le cinque meno dieci e pronta per andare, esco da casa e mi incammino verso scuola dove Ashton mi ha detto di aspettarlo. 
Quando arrivo è già lì con il solito sorriso stampato sul viso. 
"Hazel, sei venuta." dice quasi sorpreso della mia decisone. 
"Già, avevo voglia di cioccolata." 
Lui sorride e cominciamo ad andare per la nostra strada. Non so in che bar mi sta portando fino a quando non riconosco la strada che sto percorrendo. 
Lo strano bar che ha dato nomi bizzarri alle bevande in elenco. Inarcai le labbra ripensando a quel bigliettino che Luke lasciò sul tavolo appena se ne andò quel giorno che mi sorrise, lasciandomi poi sola. 
"Perchè sorridi?" chiese lui curioso di sapere la mia risposta.
"Conosco questo posto." dico invece io di getto, senza pensarci troppo sù. 
 
Appena entriamo Ashton ed io ci sediamo e scegliamo quello che voglio ordinare dallo strano elenco. 
"Un morocchino, per favore." dico decisa quando il cameriere si avvicina e mi guarda aspettando il mio ordine. Anche Ashton ordina e in fretta arrivano le nostre cose. 
"Perchè oggi non eri a scuola?" 
"Ero stanca, non avevo voglia." dico mentendo un po'. In fondo era vero, non avevo voglia. 
Non avevo voglia di essere guardata e derisa da tutti per quello che era successo il giorno prima fuori dalla mensa. 
"Mi dispiace per quello che ti hanno fatto Tristan, Brandon e Tyler. È stato cattivo da parte loro." 
Già, cattivo. Penso io tra me e me guardando ancora il mio polso. 
"Li conosci?" domandai. 
"Si, abbiamo delle cose in comune." 
Riflettei su quello che voleva significare quel 'abbiamo delle cose in comune' ma non me ne preoccupai molto e non continuai a parlare, a corto di domande. 
 
La serata passò in fretta tra domande stupide e risposte imbarazzanti. Tra le risate di Ashton e i miei sorrisi stipati. Ritornai a casa e mi resi conto di quante parole era capace di utilizzare Ashton e di quanti argomenti avevamo parlato. 
Eppure pensavo ancora a quelle poche parole che avevo scambiato con Luke questa mattina. 
Alla fine mi resi conto di preferire dei silenzi e poche parole a dei dialoghi forzati e sorrisi falsi. 
  
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