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Autore: Not_Lollipops    08/10/2014    1 recensioni
E’ strano come tutto quello che percepiamo sia direttamente collegato alle nostra aspettative, credo che siano in realtà le aspettative a fotterci. Quando abbiamo aspettative nutriamo una sorta di attaccamento e gli diamo importanza; rimaniamo delusi se la realtà non raggiunge le nostre aspettative. Al contrario, senza aspettative, tutto può stupirci e deluderci incondizionatamente. E penso che sia questo il segreto di Frank; non nutriva alcuna aspettativa, era in balia del destino.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frank Iero, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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East Jesus Nowhere


Starnutisco rumorosamente, portando le mani alla bocca. Una giornata autunnale ,come tante altre di una lunga serie; a Belleville sono già le sette di sera e il mio turno sta quasi per finire .  E’ tutto così polveroso e si gela in questa dannata stanza. Qualche spiffero passa attraverso le maglie del mio pullover verde acqua, facendomi rabbrividire. Sollevo lo scatolone che mi serve con un po’ di sforzo, contenente i libri da mettere al loro posto ed esco dal magazzino. Attraverso la sala principale della biblioteca, cercando di non inciampare nelle borse delle persone che sono sedute. Mi godo il calore della sala enorme, quasi vuota, e del resto, chi va in biblioteca il venerdì sera? Qualche occhio annoiato solleva lo sguardo dal tomo che ha davanti e mi guarda, magari cercando di capire se ho bisogno di una mano o meno. Non scomodatevi prego, tutta questa galanteria mi strugge il cuore. 

Mi rifugio dietro il vecchio bancone di legno, dove di solito passo le ore di lavoro, mentre leggo o studio. Le mie normali occupazione sono registrare i libri dati o ricevuti e rimettere a posto tutto dopo l’orario di chiusura; ma adesso devo cercare un po’ di spazio per dei vecchi libri ammuffiti dell’altro secolo ,che mi fanno starnutire, tra gli scaffali. Entusiasmante. Lascio cadere la scatola sul pavimento che fa un rumore del diavolo, qualcuno dei presenti si gira di nuovo, alzo le spalle a mo’ di scuse. “Tutto bene John!” –rassicuro il mio “capo” che si affaccia dalla sezione romanzi. Mi siedo sul pavimento, cercando di mettere al loro posto i libri con l’etichetta mentre sposto gli altri.

Starnutisco di nuovo e impreco tra i denti, passa qualche minuto, poi sento il campanello della porta suonare che avvisa dell’arrivo di un altro caso disperato per l’imminente compito di letteratura o vattelappesca. Un colpo di tosse richiama la mia attenzione, alzo la testa verso l’alto , rivolta all’altro lato del banco. “Posso aiutarla?”- mi alzo in piedi  e stringo la coda di cavallo, scostando con le dita gelide qualche ciuffo di capelli che mi finisce in bocca.

Il ragazzo che ho di fronte si abbassa il cappuccio del giubbotto, mostrando i capelli corvini e le gote arrossate per il freddo, Gerard mi guarda appena mentre si mordicchia il labbro inferiore, visibilmente nervoso e per niente a suo agio. L’ho visto due settimane fa, il giorno dopo l’uscita con il gruppo e la “rissa con Frank”, che camminava verso la fermata dell’autobus. Le mie sopracciglia si avvicinano mentre corrugo la fronte, sto per chiedergli perché diavolo si trova lì ma, appena un secondo prima che dalla mia bocca aperta esca un suono, il ragazzo mi anticipa. “Possiamo parlare?” – annuisco perplessa e lo raggiungo dall’altro lato del tavolo. Mi segue con la mani in tasca e si guarda intorno senza fare alcun rumore, mi domando come abbia fatto a sapere quando e dove lavoro.

Ci sediamo al tavolo nell’angolo, proprio dove si concentra il calore della sala, studiandoci a vicenda in silenzio. “Ti chiederai per quale motivo sia qui” – dice atono, incrociando le dita lunghe e sottili

“In effetti non credo tu sia qui per un libro.”- sorride appena alle mia parola, stuzzicandosi il piccolo naso con l’indice.
“Sono qui per scusarmi con te, Carter. “- sembra più adulto mentre dice questa frase, completamente un’altra persona rispetto al ragazzo ubriaco che sbraitava insulti di qualche sera prima.
“Non credo ce ne sia bisogno, Gerard. Non nutro alcun tipo di risentimento nei tuoi confronti.”
“Desidero chiederti scusa comunque, per quello che ho detto, mi dispiace davvero.”
“E’ tutto okay, so che non lo pensavi” – lo rassicuro sorridendogli, poggio le mani sui jeans, sentendomi più a mio agio.
“E così, è qui che lavori… Frank mi aveva detto che era un posto carino” – spiega guardandosi intorno - “la biblioteca e tutto per studiare  ma con le prove e la scuola…” – vorrei chiedergli se è stato proprio Frank a mandarlo da me, ma non ne ho il coraggio.
“Si sta caldi, almeno, è un po’ polveroso e vecchio ma si trovano tanti libri e guadagno qualcosa”
“Anch’io ho un lavoretto, o qualcosa del genere, con quei soldi posso togliermi qualche sfizio” – sorride ancora gentile.

Appoggio la mano sulla maniglia della portiera e tiro cercando di sbrigarmi, ritento con più forza ma sembra bloccata; il cappuccio della giacca si abbassa e la pioggia mi bagna i capelli, qualche ciuffo mi finisce negli occhi che già vedono poco la scarsa illuminazione dei fari. Impreco e provo ancora ad aprire quella maledetta portiera, mentre la borsa umida mi sbatte contro il fianco. Frank scende dall’auto e mi apre la portiera con uno movimento deciso del braccio, sguscio nel piccolo abitacolo dell’ auto. Fradicia e mortificata, mi maledico mentalmente per aver fatto la figura della scema. Abbasso lo sguardo sui miei anfibi azzurri mentre Frank mette in moto, anche lui bagnato. Non mi accorgo di battere i denti finché non me lo fa presente, mentre le mie guance si accendono di rosso. Mi aveva offerto un passaggio dopo il lavoro, qualche giorno prima, con fare dolce e dopo avermi rubato qualche bacio il figlio di puttana.

“Questo scassone si blocca, certe volte… adesso accendo il riscaldamento ti starai congelando” – dice sorridendomi. Lo ringrazio mentalmente avvertendo il calore che si diffonde ,e il suo profumo estasiante, anche immaginando quanto orribile sarebbe stato aspettare l’autobus sotto questo temporale. - “Colpa di questo freddo di merda… “
“E’ carina l’auto, da quanto tempo ce l’hai?”
“Un paio d’anni, da quando ho la patente” – sedici più due diciotto – “Hai diciotto anni quindi!” – esclamo in modo vergognosamente acuto, asserendo più a me stessa che a lui
“Ad Halloween, diciotto. E tu ne hai quanti?” – allora gli propongo di indovinare – “Sedici? Oh, sei una bambina” – ride guardando la strada
“No, ne ho diciassette!” gli faccio una boccaccia e lui scoppia a ridere
“Oh, che donna!” – ride ancora ironico.
“ Frank? Frankie?”
“Sì?” – domanda incerto
“Sei un coglione”- ride ancora alle mie parole facendomi l’occhiolino – “ Ma sono anche un bellissimo chitarrista, l’hai detto tu, e poi a letto…” – gongola spavaldo
“ Ah, però, non ti scambiano per un bambino quindi ?!” – rido ancora mentre lui arrossisce – “Lo scoprirai, questo” – mi ammonisce

“Sei stato tu a mandare Gerard a scusarsi oggi, Frank?” –raccolgo il coraggio a due mani e sputo fuori le parole: non ce l’avrei fatta a stare con questo dubbio assillante. Lui ferma la macchina e gira la chiave, davanti al vialetto di casa mia.
“Si è scusato, allora?”
“Rispondi alla domanda!” –replico più decisa. Lui mi guarda per poco, cercando di decifrare la mia espressione; quando capisce che è solo curiosità, inarca i fianchi noncurante (Oh, Dio.) tastandosi la tasta posteriore dei jeans scuri, cercando qualcosa. Ne tira fuori con un gesto elegante un pacchetto ammaccato di sigarette.
“Sì, sono stato io, Carte. Doveva scusarsi” –sfila una Marlboro dal quadrato di cartone e se la infila tra i denti – “ e l’importante è che l’abbia fatto, volente o nolente”
“E tu? C’hai fatto pace?”
“Sì, una specie…” – ammette lui, aggiustandosi i capelli solo un po’ umidi – “E tu?”

Annuisco, guardandolo ancora per un po’ con la testa appoggiata allo schienale del sedile, lui mi restituisce lo sguardo, ancora con la sigaretta in bocca, beffardo e sorridente. Mi perdo nei suoi occhi pensando a quando s’è esibito al magazzino, forse non è il momento di trovarsi un ragazzo eppure …
“Non posso fumare se non scendi” –interrompe il mio flusso di pensieri, usando un tono dolce quanto ironico dopo un po’, facendomi riscuotere dallo stato di venerazione in cui ero sprofondata – “Sì, sì… scusa.”

Raccolgo le mie cose e alzo il cappuccio, sto per aprire la portiera ma mi giro guardandolo ancora per una volta. Mormoro un ‘grazie’ e con le guance rosse esco dall’auto e dal suo calore per immergermi nel freddo autunnale del vento e della pioggia del New Jersey. Ho fatto appena qualche passo quando mi sento richiamare, Frank è bagnato dalla testa ai piedi con la testa coperta dalla sua felpa blu e mi sorride. Un attimo dopo le nostre lingue si cercano, beandosi l’una del sapore dolciastro e del calore dell’altra.  Le sue braccia mi tengono stretta contro di lui mentre gli mordo e inumidisco il labbro inferiore, tirandogli piano il piercing, lo percepisco sorridere sulla mia bocca mentre mormora qualcosa come “Grazie a te.” E ritorna strafottente verso l’auto. Mi asciugo le labbra con la manica della giacca, gli faccio un gestaccio che ricambia con un sorriso ancora più ampio, poi si accende una sigaretta e mette in moto.

Probabilmente alla dodicenne figlia dei vicini ,che mi spia dalla finestra, questa scena potrebbe sembrare degna delle << migliori >> commedie romantiche e dei squallidi romanzetti rosa dei favolosi ’80; un melodrammatico e appassionato bacio sotto la pioggia. Io invece avverto il suo odioso profumo addosso e i calzini zuppi d’acqua e a me questo fa solo incazzare di brutto. E stranamente, mi rimbombava in testa la parte di East Jesus Nowhere dei Green Day :

<< Oh bless me lord for I have sinned 
It's been a lifetime since I last confessed 
I threw my crutches in "the river of a shadow of doubt" 
And I'll be dressed in my Sunday best >>


Dopo poco la sua macchina è fuori dalla mia visuale, mentre io sono ancora sotto la pioggia, fradicia ad imprecare bestemmiando, con quella canzone in testa, sforzando me stessa di odiarlo e maledicendo il giorno in cui l’ho incontrato. Ma , sfortunatamente, già non penso più a nulla che non sia lui, quando la porta di casa si chiude alle mie spalle.

Writer's corner:
Sono un po' in ritardo, avendo già pronto il capitolo, perché a casa mi mancava la connessione. Sto facendo del mio meglio, rispetto a prima, con questa storia infatti cercherò di modificare i capitoli precedenti. Lasciate un commento e fatemi felice haha. Il prossimo capitolo sarà pubblicato entro il weekend- spero- un bacio xx
  
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