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Autore: Ray Wings    08/10/2014    1 recensioni
Non voltare la testa, non andartene di nuovo! Sono cambiata. Sì, è vero, non sono più Alice! E questa ti sembra una colpa? Tu e il tuo strafottutissimo gruppo del cazzo mi avete trascinata qui: è solo colpa vostra. Mai più, mai più rivedrò gli occhi di mia sorella o di mia madre, ed è solo colpa vostra. Mai più rivedrò i tuoi occhi. Ma quelli non voglio nemmeno ricordarli, vuoti e disperati, mentre affondavano e annegavano e io impotente sulla spiaggia a pregare.
Mi avete lasciata sola, cazzo!
Sono rimasta in un angolo a piangere, come ho sempre fatto, aspettando l'arrivo di qualche supereroe dimenticandomi che questa è la fottuta realtà! Che qui si muore!
E sono morta.
Dimentica Alice...te la sei portata via.
So che sei un sogno, stai sfumando, comincio a non vederti più e so che quando aprirò gli occhi sarò di nuovo sola. Ma non voltare la testa. Guardami fino alla fine...guarda l'Oceano. Fino alla fine. Come ho fatto io. Pregando, sciocco, di svegliarti.
Manu. Guardami.
Ora sono Ocean.
[In revisione]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Commiato

Afferrò i suoi vestiti appesi: erano ancora fradici. Poco importava. Voleva togliersi subito le cose che aveva addosso, voleva subito tornare ad essere Ocean. L'attimo di dolore che era nato in quel pomeriggio, di fronte a quei tragici eventi, aveva subito lasciato il posto a un altro tipo di dolore, un dolore legato alla paura e che insieme ad esso diventava strazio. Lori, che si trovava lì, tentò di dirle << No, sono ancora bagnati! >>, ma non ebbe neanche tempo di pronunciare la frase che la ragazza era già di spalle che si allontanava dopo aver letteralmente strappato via i vestiti dal filo. C'era fretta nei suoi passi, una fretta che rasentava l'urgenza. Ma ormai Lori aveva smesso di cercare di capirla, e lasciò che si allontanasse senza neanche chiedersi cosa le passasse per la testa., senza neanche notare il volto corrucciato della ragazza che sembrava stesse per scoppiare a piangere.
Ocean raggiunse la stalla dove c'era come sempre la sua cara Peggy e il resto delle sue cose: sacca, cotta di maglia, mantello e altri ciottoli utili alla sopravvivenza. Anche le sue armi erano lì: le aveva recuperate nel momento in cui la regola "niente armi" era stata calpestata più volte da Shane. Raggiunse il box della sua cavalla che quasi ormai correva e cominciò subito a spogliarsi, ignorando ancora una volta il pudore che in altre occasioni le avrebbe impedito di farlo. Si tolse il vestito con tanta urgenza che quasi fece fatica, rimanendo per un attimo incastrata all'interno, e arrotolando su se stesso lo scaraventò a terra con un verso colmo di fatica e astio. Prese la sua camicia nera e la indossò alla ben e meglio, prese i pantaloni e di nuovo per colpa della fretta arrancò. Un altro verso le uscì dalla gola, uguale al precedente: fatica, astio, dolore. E si fecero sempre più frequenti. Inciampò e si appoggiò a Peggy, continuando a spingere violentemente col piede. Altri versi. E altri. E alla fine divennero singhiozzi. Si lasciò cadere in ginocchio colma di rabbia e dolore, sbilanciandosi in avanti e atterrando sulle mani. Ignorò il dolore e strinse tra le dita terra e fieno. Sassolini si conficcarono sotto le unghie. Nessun dolore fisico poteva superare quello che provava dentro sè.
I lamenti e i singhiozzi erano così forti, così schiaccianti, così difficili da tenere dentro che quasi la strozzavano e le impedivano di respirare. Cosa aveva scatenato tutto quello? Niente che già non le facesse male anche prima. Lei non voleva restare lì, non aveva mai voluto! Lei voleva restare sola, niente più gruppi.
Niente più affetti.
Era questo che si era ripromessa. Niente più dolore. Niente più perdite. Non voleva più niente di tutto quello, ne aveva già avuto abbastanza! Il suo passato continuava a non volerla lasciare in pace.
La gola bruciava e l'aria mancava, eppure ancora sembrava non essere abbastanza. Si sentiva morire dentro, uno squarcio era stato aperto dentro di lei nel momento in cui si era ritrovata sola, rendendosi conto di cosa stava vivendo. Un gruppo di persone che si amavano che andavano decimandosi. Lei aveva davvero sperato...
Aveva davvero aperto il suo cuore. Senza volerlo e senza aspettarselo, non si era mai resa conto di quanto avesse bisogno di qualcuno a cui voler bene. Ma lei davvero, anche se solo per un paio di giorni, in quel gruppo ci era stata! E non solo fisicamente. E ora era tornata a soffrire per qualcuno che andava perso dietro di loro nel cammino. E non aveva potuto fare a meno di ripensare, stramaledettamente ricordare, rivivere il SUO inizio. Il giorno in cui Alice era diventata Ocean. Il giorno in cui Alice, dopo essere stata torturata e lasciata sola, era stata infine uccisa.
Sbattè i pugni a terra, cercando sfogo per la rabbia che non trovava soddisfazione nei semplici lamenti, nei semplici signhiozzi e nelle lacrime. La pancia cominciò a dolerle e in pochi minuti arrivò anche il senso di nausea. Lanciò un urlo. Non lo aveva mai fatto e si era sempre ripromessa di non farlo. Era pericoloso. Ma aveva bisogno...aveva bisogno di buttar fuori quel fuoco che la stava divorando dall'interno.
Alzò gli occhi pieni di lacrime, il viso zuppo si stava pian piano macchiando di nero per colpa della terra e della polvere del luogo, muco e saliva completavano l'opera. La gola bruciava troppo per riuscire a deglutire.
Gli occhi appannati andarono a posarsi sulla sua sacca, il suo "zaino" primordiale, che era buttata a terra aperta, e dalla quale uscivano alcune delle sue cose. Tra queste una attirò la sua attenzione. Forse l'unica cosa che Alice si era sentita di voler conservare. Ocean gattonò velocemente verso essa e l'afferrò: era un piccolo flauto traverso in legno, lungo non più di 15 cm, e il cui suono era decisamente più acuto e affilato del flauto dolce classico. Era il suo ultimo legame col passato.
Ocean lo guardò e mille ricordi le riaffiorarono alla mente, uno più bello dell'altro: colori e balli, risate, canti e tanta gioia. Tamburi che battevano al tramonto, sotto un castello in festa, sonagli e cornamuse, la gente raccolta in cerchio intorno ai musici, vestiti di mille colori e frattaglie, che urlavano e cantavano con tutto il fiato che avevano fino a diventar paonazzi. E poi lei, lei che mai si fermava, lei che saltava, lei che ballava, lei che afferrava i bambini per mano e improvvisava un girotondo, e suonava, e sonagli ai suoi piedi facevano sembrare il suo passo quello di una fata che andava di fiore in fiore, i capelli raccolti, ma con ciocche disordinate al vento che non trovavano pace nella sua folle danza. Lei che cantava, lei che raccontava storie che mai erano esistite...lei che rideva.
Era tutto così bello quando era Prima.
Ocean strinse il flauto al petto, continuando a singhiozzare e cercare l'aria che i ricordi le stavano portando via, uccidendola lentamente.

Finì di rivestirsi, asciugandosi gli occhi alla meglio e pulendosi il viso con l'acqua di una delle bottigliette che le aveva dato Hershel. Il minimo per evitare che qualcuno le chiedesse con preoccupazione se avesse pianto: non voleva più saperne di nessuno, non voleva più dar di conto a nessuno. Aveva raggiunto quel limite che da un paio di giorni decantava: ora era tempo di andarsene. Sistemò le sue cose sulla cavalla, e si legò ben addosso le sue armi. Ora cominciava a sentirsi a suo agio, ora cominciava a tirare qualche sospiro di sollievo, finalmente si sentiva al sicuro dentro quella corazza che con tanta fatica si era costruita.
Si infilò il flauto grossolanamente nella cintura, prese Peggy per le redini e uscì dalla stalla seguita come sempre dal suo fedele Max. Ognuno era preso dalle proprie cose, come sempre, e nessuno fece caso alla ragazza, la quale comunque evitava di incrociare le strade degli altri. Si spinse verso il confine, ma non quello più esterno: prima andò a dare il suo ultimo saluto ai defunti. Non si era fermata quando c'era tutto il gruppo, inizialmente aveva pensato che la cosa non la riguardava: non era i suoi morti. Quindi sentendosi ancora estranea a tutto si era allontanata e basta, lasciandosi alle spalle il funerale e da lì erano cominciati i pensieri. Ma ora ne sentiva il bisogno, sentiva che anche lei doveva dare il suo contributo: quelle persone erano morte esattamente come molte altre, nella maniera più brutta che poteva capitare in quel periodo. E poi anche lei alla fine aveva pianto per loro, anche se non le conosceva personalmente.
Legò momentaneamente Peggy a una staccionata lì vicino e si avvicinò lentamente alle tombe ormai deserte. Non aveva niente per la testa, nessun pensiero particolare, solo tanta tristezza e dispiacere, soprattutto per la piccola Sophia che tanto aveva fatto piangere la sua mamma, e che tanto aveva probabilmente pianto lei prima di essere uccisa e trasformata. Si inginocchiò e sfiorò la terra, la fece scorrere tra le dita e continuò la sua preghiera silenziosa. Non credeva in Dio, le preghiere canoniche non facevano per lei, non sarebbero state sincere, ma decise comunque di esprimere il suo dolore a voce usando una forma più adatta a lei. Si alzò in piedi, ben dritta su se stessa e alzò la testa al sole in lontananza. Poi afferrò il suo flauto e, dapprima un po' titubante (era così tanto tempo che non lo usava! Lo aveva sempre tenuto sepolto nella borsa, riluttante anche solo nel vederlo), poi con decisione se lo portò alle labbra e suono qualche lunga e bassa nota, che una ad una andavano disperdendosi e allontanandosi. Delicate come gocce di pioggia che cadono in un fiume, un fiume che scorre sereno e si perde in lontananza. Verso l'orizzonte. Solo poche note, come un richiamo agli angeli, un incipit a voler ricevere attenzione dal Divino, per poi proseguire con un canto. Una liturgia in latino, un "planctus" veniva chiamato. Un canto dedicato ai morti di derivazione medievale. Quello in particolare era il planctus dedicato al defunto Carlo Magno, non c'entrava molto con la situazione attuale ma era l'unico Planctus che Ocean conosceva. Fece risuonare la sua voce, come se volesse raggiungere il cielo, e cantò lentamente e solennemente quelle poche strofe che conosceva, che parlavano di dolore per la grave perdita che la terra aveva subito, dolore che accumunava per la prima volta tutti gli uomini. Il planctus era in realtà molto più lungo, ma non l'aveva mai imparato tutto. Terminò di cantare e riportò il flauto alle labbra, concludendo la sua liturgia con le stesse note delicate con cui aveva cominciato. Terminò nel più completo silenzio. Tutta la campagna sembrava essersi zittita in onore dei morti. Ocean rimase per qualche altro secondo ferma nella sua posizione, guardando le tombe, dedicando loro ancora tempo e dolore, poi fece un sospiro e si voltò verso Max che sentendosi osservato cominciò subito a scodinzolare. Era sempre una gioia quando Ocean gli dedicava qualche attenzione.
La ragazza si inginocchiò e accarezzò il suo compagno sorridendo teneramente << E' ora di andare >> disse. Si voltò di nuovo verso le tombe, questa volta sorridendo teneramente, prese un po' di terra da vicino ai suoi piedi e allungando una mano la fece cadere delicatamente sopra la tomba che aveva di fronte, in un ultimo gesto funebre. Un modo per dare il proprio addio.
<< Andiamo. >> disse alzandosi in piedi, riprese Peggy per le redini e si avviò verso il confine esterno, da dove poi avrebbe ricominciato la sua avventura solitaria, fino a quando il destino glielo avrebbe permesso. E si sarebbe di nuovo lasciata andare nelle sue mani e lui avrebbe deciso quando e come sarebbe morta e avrebbe raggiunto chi già da tempo non toccava più quel suolo.

Stava camminando a piedi, concedendo a Peggy un po' di leggerezza, non voleva approfittare di lei: fin tanto che riusciva a camminare da sola lo avrebbe fatto. E poi aveva proprio bisogno di sgranchirsi un po' le gambe, in quei giorni si può dire avesse poltrito abbastanza, camminare le faceva bene. Si allontanò dalla fattoria cercando di ignorare lo stato di vuoto che andava formandosi sempre più dentro di lei, ad ogni passo lasciava un granello dietro sè, come i piccoli Hansel e Gretel. Una parte di lei sentiva era la cosa sbagliata, una parte di lei sentiva di voler restare lì con loro, sentiva di aver bisogno del calore umano. Ora che l'aveva riprovato sentiva che le piaceva, e le mancava. Ed era la stessa parte di lei che si sentiva in colpa per essersene andata così, senza dire niente a nessuno, sparendo semplicemente dalla circolazione, chiedendosi cosa avrebbero detto quando sarebbero andati a cercarla. Sperava che avrebbero reagito con l'indifferenza, sarebbe stato meglio per tutti quanti. E per Carl...beh, se ne sarebbe fatto una ragione! In fondo non era poi così male che si raffreddasse un po', l'avrebbe aiutato a sopravvivere.
Risalì un piccola collinetta e solo quando fu quasi in cima riuscì a scorgere inginocchiato sotto un muretto diroccato, ad affilare ramoscelli, una figura fin troppo familiare: Daryl. Che diavolo ci faceva così lontano dalla fattoria? Poco importava! Non le interessava, e sicuramente anche lui non si sarebbe interessato del suo passaggio. Anzi, probabilmente avrebbe festeggiato.
E sotto queste considerazione Ocean decise di ignorare la sua presenza e continuare per il suo cammino, anche se voleva dire passargli accanto. E come immaginava non la degnò neanche di uno sguardo quando passò davanti a lui.
O forse aveva parlato troppo presto.
<< Te ne vai? >> disse lui senza alzare gli occhi dal suo ramoscello su cui si stava accanendo particolarmente.
Ocean si fermò dov'era, neanche un metro oltre il ragazzo, e lo guardò solo con la coda dell'occhio, senza voltare completamente il volto.
<< E' stato un piacere conoscervi. >> si limitò a dire, risultando poco convincente perfino a se stessa.
<< No, non è vero. >> disse lui con un leggero sforzo nella voce, ancora intento nel suo lavoro.
Ocean fece spallucce, senza rispondere, ma facendo intuire al ragazzo i suoi pensieri "poco importa", e riprese a camminare. Solo allora Daryl alzò il volto e la guardò, provando un evidente senso di fastidio. Già si odiava per quello che stava per fare. Sospirò e si alzò in piedi << Non dovresti. >> disse evidentemente scocciato. Ocean si fermò di nuovo ma questa volta si voltò a guardarlo e inarcando un sopracciglio, assumendo un espressione palesemente sorpresa, disse semplicemente << Prego? >> invitando il ragazzo a spiegarsi meglio. Forse aveva capito male. Anzi, sicuramente aveva capito male! Stava cercando di...fermarla?!?!?!
<< Con noi saresti più al sicuro. >> si giustificò lui.
<< Oh certo, e poi il tuo fidanzatino sarebbe contrariato non è vero? Lo fai per Rick, non fare il finto perbenista! So benissimo che di me non te ne frega niente. >>
<< La smetti di offendere? Non sei simpatica. >> disse Daryl scocciato, evitando di rispondere a tono alla provocazione.
<< Non ho intenzione di esserlo, soprattutto con te. >>
<< Come ti pare. >> disse Daryl con un gesto scocciato e tornò a sedersi << Ma non dovresti andartene. >>

<< Oh, beh. Grazie per l'informazione. >> rispose Ocean caricando la frase di sarcasmo. Fece un finto sorriso e tornò a ripercorrere la strada che aveva cominciato, ignorando completamente il suggerimento del ragazzo, che aveva provato a fare "il suo dovere", ma l'orgoglio e soprattutto la rabbia che gli ribolliva nelle vene in quel momento gli avevano impedito di essere più convincente di così. Ocean aveva ragione, lo faceva soprattutto per Rick, sapeva quanto era stato felice di vedere suo figlio giocare con quel cane e sapeva anche lui che un sorriso di un bambino in momenti così difficili era oro puro. Ma era anche vero che alla fine la ragazza era sopravvissuta fino a quel momento per puro miracolo, e andarsene voleva dire morire. Non ce l'avrebbe fatta a lungo, di questo era certo. Era un'imbranata, non poteva che far conto sulla sua fortuna che prima o poi le avrebbe voltato le spalle. La guardò che se ne andava: l'avrebbe davvero lasciata andare? Non era suo dovere! Nessuno gli aveva detto tieni al guinzaglio la ragazza, quindi se lei se ne andava e Carl tornava a essere il ragazzino freddo che stava diventando non era certo responsabilità sua. Anzi, aveva fatto fin troppo! E anche se la ragazza fosse morta non era responsabilità sua! Lui l'aveva avvertita, cavoli suoi se non l'aveva ascoltato.

Ma qualcosa dentro lui non trovava pace. Una specie di senso del dovere e della giustizia, la parte di sè che continuamente nascondeva, la parte di sè che l'aveva portato ad essere il braccio destro di Rick, la parte di sè che l'aveva spinto sempre oltre nella ricerca di Sophia. Era odiosa, ma gli attorcirgliava le budella.
Decise di ignorarla, continuando a ripetersi che non era responsabilità sua e non erano cose che lo riguardavano. E osservò la ragazza inoltrarsi nel bosco, lasciando definitivamente la fattoria.
Affari suoi, continuava a ripetersi.
Sarebbe morta. Cavoli suoi! Lui l'aveva avvertita. Cavoli, com'era testarda e antipatica quella ragazza! Era una delle donne più fastidiose e rompiscatole della terra, incredibile come il destino abbia voluto risparmiare una delle peggiori. Fece un altro taglio al suo bastoncino serrando la mascella.
E alla fine sbuffò << Vaffanculo! >> disse lanciando il legnetto e si alzò in piedi. Prese in spalla la sua balestra, qualche freccia improvvisata e la seguì. Non la vedeva già più, si era allontanata molto, ma sarebbe bastato seguire le tracce del suo cavallo che erano le più visibili e non avrebbe fatto fatica a ritrovarla.

<< Ha cercato di fermarmi. >> disse Ocean parlando con i suoi animali, cosa che faceva spesso quando era sola. Non le piaceva stare completamente in silenzio, e da quando era rimasta sola esprimere a voce alta i suoi pensieri era diventato più facile: gli unici ascoltatori erano i suoi animali, e loro non giudicavano. Loro erano sempre dalla sua parte.
<< Vi rendeto conto? >> disse ancora accennando una risata divertita << Non vedeva l'ora di mandarmi via, e poi cerca di impedirmelo. Ma che problemi ha quel ragazzo? >> e come se davvero stesse partecipando alla discussione Peggy sbruffò.
<< Si, ha ragione. >> disse Ocean interpretando il suono della cavalla a modo suo << Dev'essere stato in passato uno di quei ragazzi disgraziati che vivono...che so'...in qualche roulotte con zii delinquenti che lo malmenavano e sfruttavano, senza genitori perchè assassinati e roba del genere. Lo si vede dai suoi modi di fare, di parlare e anche vestire. >> si voltò a guardare Max e sogghignò divertita << Lui è un duro! >> disse ironica e aggiunse una risata prima di tornare a guardare davanti a sè. Solo alberi, cespugli e arbusti, niente di nuovo. Non aveva idea di dove si stava dirigendo, seguiva una direzione senza sapere dove portasse, tanto prima o poi da qualche parte sarebbe sbucata.
<< Carino però. >> proseguì ammiccando tra sè e sè e assumendo un espressione vagamente maliziosa << Come al solito il destino si diverte a prendersi gioco di te: ti piazza di fronte un bel tipo, dopo tanto tempo di completa solitudine e astinenza, palestrato, figo, occhi del cielo e un culo che parla....ma più stronzo di tutti gli stronzi che potevano esserci al mondo, e l'unico istinto che ti scatena dentro non è l'ormone ma la furia omicida. Che palle, eh? >> disse ancora voltandosi a guardare Max, che rispose ancora alle attenzioni della padrona con una scodinzolata e un'espressione allegra.
<< Bon per te, caro Max, che tanti problemi non ne hai. Ti accoppi seguendo l'istinto del momento, e poi via...chi si è visto si è visto. Tanti saluti. Bella vita quella da cani. >> continuò a parlare, non riuscendo proprio a stare zitta, e scostò un ramo di un albero che era caduto in mezzo alla via e che gli impediva di vedere ciò che c'era davanti a lei. Si fermò e guardò la sua nuova scoperta: una chiesa. La zona sembrava tranquilla, non sentiva rumori di zombie e non ne vedeva in lontananza, benchè il bosco riprendesse subito oltre. Era solo una piccola valle quella che aveva scoperto, con una chiesa nel centro.
<< Che cacchio ci fa una chiesa qui in mezzo al nulla? >> si chiese inarcando un sopracciglio, restando immobile nella sua posizione e continuando a studiarla. Come tutte le cose ultimamemente, anche lei sembrava abbandonata a diroccata.
<< Bah. Che strani sti americani. >> fece spallucce e si avvicinò alla struttura << Diamo un'occhiata, magari proprio perchè qui in mezzo al nulla non è stata saccheggiata e riusciamo a trovare qualcosa di utile. >> Non c'erano staccionate o pali nelle vicinanze, così legò Peggy a un albero lì vicino, ma distante un paio di metri dall'entrata, e insieme a Max si avvicinò al portone d'ingresso. Sfoderò la sua spada, preparandosi ad un eventuale faccia a faccia. Il cuore cominciò a pulsarle nel petto, era stata solo due giorni in piena tranquillità ma sembrava passata una vita, e già si era dimenticata cos'era la paura. Non era più abituata a quell'adrenalina. Max si mise sull'attenti e cominciò come suo solito a fiutare l'aria, pronto ad avvertire la sua padrona qualora ci fosse qualche problema. Si avvicinò all'entrata della chiesa e abbassò il muso all'altezza dello spiffero sotto la porta, annusando l'interno. Fece un piccolo ringhio, ma che Ocean non interpretò come certezza assoluta. Più volte Max si era sbagliato, soprattutto negli spazi chiusi: l'aria era pregna di morte, non sempre era facile distinguere gli zombie dai semplici cadaveri.

Daryl non fece fatica a seguire le tracce, era molto più semplice che seguire quelle di Sophia: il cavallo aveva il passo pesante, lasciava sul terreno orme inconfondibili. E un attento osservatore poteva riuscire a scorgere vicino a essere anche tracce di stivali, marcate tanto quasi quelle del cavallo. La ragazza aveva il passo pesante, non proprio una donzella leggiadra. Infondo più volte aveva appurato e aveva avuto di fronte l'evidenza: Ocean aveva la femminilità di un camionista. L'unico momento in cui aveva avuto la conferma che era una donna (perchè sì, con un atteggiamento simile aveva addirittura dubitato a volte, benchè i lineamenti affermassero il contrario) era stato quando quel pomeriggio aveva girato in gonnella. Per un attimo aveva avuto come l'impressione di vedere in lei qualcosa che fosse veramente suo, e non fosse solo un'armatura. Perchè l'aveva notato subito, si vedeva lontano un miglio, che quella era solo una maschera, un'apparenza, e che in realtà nascondeva qualcosa dentro lei. C'erano cose che non erano state mostrate e che lei proteggeva scrupolosamente, ed era stato uno dei motivi per cui non si era fidato molto. Poteva essere qualsiasi cosa, e se qualcuno aveva dei segreti rischiava di essere una minaccia per il gruppo. Ma ciò nonostante non era sicuro che quello che Ocean nascondeva fosse qualcosa di malvagio. Dale, che tra tutti era quello che riusciva a vedere meglio dentro le persone, aveva detto qualcosa la prima sera di permanenza di Ocean, quella dove aveva rifiutato l'aiuto di Andrea e se n'era andata, qualcosa che gli aveva messo in moto dei pensieri.
Shane era stato il primo a commentare il gesto della ragazza con parole poco carine, considerandola una possibile minaccia e suggerendo, tra le varie cose, di ucciderla nella notte così via i problemi e il cane sarebbe potuto rimanere con Carl. Proposta che ovviamente non fu accettata da nessuno nel gruppo, ancora legati alla loro umanità. Proposta che a Daryl non importava molto: se il gruppo avesse deciso di farla fuori lui l'avrebbe fatto, se il gruppo avesse deciso di no allora si sarebbe comportato di conseguenza. Non gli importava, e poi era Rick che prendeva le decisioni e lui le aveva sempre rispettate e condivise.
Ma Dale....Dale che poco parlava ma quando lo faceva ciò che diceva valeva più di mille discorsi, Dale che sempre vedeva dove altri non riuscivamo, disse << Avevo trovato un gatto così una volta. Scappava, soffiava e graffiava chiunque provava ad avvicinarsi, e si era fatto una cattiva reputazione nel quartiere, da tutti considerato feroce e pericoloso. La verità è che l'unica volta che quel gatto aveva provato ad avvicinarsi ad un umano, da cucciolo, nella speranza di ricevere carezze e magari un po' di cibo, dei ragazzini l'avevano legato per la coda e avevano provato a usarlo come esca per la pesca, buttandolo nel fiume. >>
<< Penso anche io che non sia cattiva. E' solo un brutto periodo. >> aveva confermato Carol, l'unica che tentava sempre di avvicinarsi alla ragazza nel tentativo di avvicinarsela un po'. Credeva che nessuno meritasse di restare solo, e che anche lei avesse bisogno di un'amica anche se sembrava così schiva.
I discorsi di quella sera non l'avevano portato a rivalutare la ragazza, la considerava ancora una grandissima rompiscatole e non poteva sopportarla, credeva che tutte quelle attenzioni fossero eccessive, ma avevano un po' acceso la sua curiosità e l'avevano portato a pensare che se il gruppo voleva darle una possibilità lui avrebbe fatto altrettanto. Chissà che magari non avesse solo bisogno di essere sbloccata e calmata. Come quel gatto. Come lui stesso.
Era stato questo il motivo per cui quella notte, sentendosi lievemente dispiaciuto per averla trattata male quel pomeriggio, le aveva fatto le frecce. Era una specie di armistizio, un gesto che simboleggiava il suo "proviamo a venirci incontro".
Ma aveva ancora avuto la conferma che era una matta rompiscatole la mattina dopo quando era andata da lui sbraitando come una matta. L'istinto di strozzarla era stato forte... ma era riuscito a trattenersi.
E anche in quel momento continuava a chiedersi chi glielo stesse facendo fare. Perchè doveva correrle dietro, cosa meritava? Perchè rischiare la vita per una rompiscatole che aveva già deciso il suo destino? Continuò a sbuffare più volte, scocciato, ma proseguendo e deciso a trovarla e riportarla indietro.
Riconobbe la strada, l'aveva già percorsa quando cercavano Sophia e intuì dove potesse essersi fermata Ocean: probabilmente era arrivata alla chiesa, e probabilmente stava cercando lì qualche scorta. Perciò, dato che era vicino, lasciò perdere le tracce ormai quasi sicuro di sapere dove portassero e proseguì abbastanza spedito.
Si fermò di colpo dietro un albero!
La chiesa stava per essere presa d'assedio dagli zombie. Li vide pochi metri più indietro, era uno sciame che si dirigevano verso la struttura, probabilmente attirato dal rumore che il cavallo faceva sbruffando nervosamente e tirando zoccolate in terra. O forse attirati dall'odore.
Cercò di non farsi vedere dallo sciame e guardò la piccola valle e la chiesa: c'era solo la cavalla legata a un alberello. Il resto era deserto. Probabilmente Ocean era dentro con Max.
Daryl aveva poco tempo per riflettere e prese decisioni mosse dall'istinto: corse verso la chiesa con la balestra puntata davanti a sè, nel caso fosse sbucato qualche zombie imprevisto. Il portone era aperto. Si piantò con le spalle allo stipite, si preparò psicologicamente, ascoltò i rumori provenire dall'interno, e si girò di colpo, rivolgendo lo sguardo all'interno e puntando la balestra sempre davanti a sè, pronto a sparare. Si guardò attorno velocemente, e cominciò ad avanzare cercando di essere il più rapido e silenzioso possibile. Perfino Gesù in croce, che fino a poco tempo prima era fonte di tranquillità e pace, ora trasmetteva paura. Era diventato un luogo così macabro.
<< Ocean! >> chiamò cercando di non alzare troppo la voce, ma l'eco la fece sembrare assordante. La cavalla fuori nitrì nervosa, si agitò e alla fine Daryl sentì il rumore delle redini spezzate. Corse di nuovo all'entrata, controllando fuori, e come immaginava vide lo sciame avvicinarsi velocemente: il rumore di Peggy aveva messo fretta nei loro piedi zoppi. Ma la cavalla si sarebbe salvata: con un colpo di collo mosso dal terrore aveva spezzato le redini e ora stava fuggendo via. La stessa sorte probabilmente non sarebbe toccata a loro! Cercò di ragionare velocemente, aveva poco tempo, gli zombie l'avevano visto e stavano correndo (per quanto potessero correre) verso di lui. Fece l'unica cosa che al momento gli sembrava sensata: spingendo di spalle il portone lo chiuse e cercò di bloccarlo provvisoriamente con una trave lì vicino. Si allontanò di un paio di passi, osservando la porta che cigolava e si inarcava a ogni colpo subito dall'esterno.
Doveva sbrigarsi a trovare Ocean, non avrebbe retto molto, loro sarebbero poi usciti dal retro. Maledetta ragazza, in che guaio l'aveva cacciato!! Impugnò di nuovo la balestra e dando le spalle alla porta ripercosse il corridoio formato dalle panche, avvicinandosi all'altare e tornò a guardarsi attorno, a cercare la matta. Vide sulla sinistra una porta, probabilmente di quelle che davano agli alloggi del prete, e vi entrò velocemente puntando la balestra ad ogni angolo. Percorse un piccolo corridoietto, poi entrò in un'altra porta aperta sulla destra e lì trovò la ragazza china nella dispensa che scartava barattoli vuoti. Max lo sentì subito e si voltò a guardarlo, ma riconoscendo la figura non emise suono. Ocean dal canto suo era troppo presa a scegliere il pranzo per accorgersi della presenza nella stanza e Daryl ebbe di nuovo conferma dei suoi pensieri: era solo fortuna se era ancora viva. Se non fosse arrivato lui a quell'ora lei sarebbe stata attaccata da uno degli zombie che si trovava all'esterno, e neanche se ne sarebbe accorta fino a quando non avrebbe sentito il dolore del morso. Alzò gli occhi al cielo e fece un passo avanti per mettere una mano sulla spalla alla ragazza. Voleva la sua attenzione ma senza troppi rumori: c'era una finestra lì vicino, se gli avessero sentiti sarebbero potuti entrare anche da là. Ma la mano non arrivò alla spalla: il piede di Daryl sul parquet in legno quasi marcio lo fece cigolare. Ocean sussultò e gridò << Oddio!! >> , si voltò velocemente e tirò un barattolo che aveva tra le mani contro chi gli stava alle spalle, colpendo Daryl dritto in fronte, che rispose con un istintivo << AHI! >>, anche abbastanza incazzato. Ocean, arrancò, perdendo l'equilibrio, e cadde all'indietro fece uno strike di barattoli degno del campione di Bowling, facendosene cadere anche qualcuno in testa dai ripiani più alti.
E meno male Daryl voleva puntare sul silenzio.
<< Mi hai colpito!! >> disse Daryl incazzato a Ocean. Che diavolo le diceva la testa?
<< Sei matto? Mi hai fatto morire di paura!! >> gridò Ocean in risposta alle accuse del ragazzo.
<< Sono venuto ad aiutarti! >> brontolò ancora Daryl, nero di rabbia. Perchè diavolo doveva essere sempre così ingrata!
Ocean aprì la bocca con tutta l'intenzione di rispondere ancora, incazzata a sua volta per averla presa così di spalle, ma degli zombie bussarono amichevolemente alla finestra interrompendo il loro sproloquio di gentilezze e carinerie. Ocean si alzò in piedi di scatto, afferrando di volata le sue cose e la sacca con i 3 barattoli di numero raccolti e seguì Daryl che già era uscito nel corridoietto.
<< Dobbiamo uscire dal retro! Il portone d'ingresso è infestato. >>
<< Potevi avvertirmi che ti eri portato dietro degli amici! >> Ocean cercò di smorzare la tensione con qualche battuta di spirito, ma al momento Daryl non era dell'umore adatto per ridere. Anzi le trovò abbastanza fastidiose.
Sentirono altri rumori provenire dalle loro spalle, dall'interno della chiesa, segno che gli zombie erano riusciti a buttar giù la porta marcia ed erano entrati. Questo metteva loro una certa fretta.
<< Dov'è il retro? >> chiese Ocean guardando le porte che aveva intorno. La chiesa era piccola, ma di stanze ce n'erano almeno 4 e probabilmente alcune erano solo sgabuzzini.
<< Non lo so. >> disse Daryl guardando le porte intorno a lui, indeciso su dove tentare la fortuna.
<< E come sai che lì non ci sono zombie? >> chiese ancora Ocean.
<< Vuoi stare zitta? Sto cercando di pensare! >> si innervosì Daryl volgendole uno sguardo di fuoco.
<< Non parlarmi così, sai? >> si innervosì anche Ocean puntandogli un dito contro. Ma ancora una volta furono interrotti da zombie che pian piano entrarono nel corridoio. Daryl puntò la balestra contro il primo di loro e lo buttò giù al primo colpo. Ocean sfoderò la spada e andò loro incontro: l'entrata del corridoio era stretta per fortuna, sarebbero stati costretti ad entrare poco per volta, aveva modo di gestirli, e così fece. Con un affondo perforò la testa del secondo e subito, dandosi una spinta col piede, cercò di sfilare via la spada per colpire il terzo vicino a lui.
<< Aprine una a caso, no?? >> gridò Ocean impegnata a cercare di tenersi in vita. Daryl avrebbe voluto evitare quel gesto, non sapeva cosa ci fosse dietro le porte e rischiavano di andare dalla padella alla brace, ma la situazione era tragica. Un rumore di vetri rotti fece capire loro che la finestra nella stanza accanto era stata sfondata e presto si sarebbero trovati sopraffati.
<< E va bene. >> sospirò tra sè e sè Daryl pregando nella sua fortuna. Sparò un'altra freccia a uno degli zombie che Ocean aveva davanti per aiutarla, poi afferrò il primo pomello che aveva accanto e l'aprì. Ocean vide zombie arrivare da dentro la stanza, di fianco a lei, poco più indietro e capì che non poteva restare lì o sarebbe stata circondata. Si voltò e corse dietro, verso il ragazzo, pronta a seguirlo verso l'uscita, ma dovette inchiodare e arretrare di un passo mentre Daryl cercava di richiudere la porta.
<< Merda! Anche l'uscita sul retro è infestata. >> constatò Daryl.
<< Ma quanti ce n'è? >> chiese disperata Ocean buttando giù uno zombie che li aveva raggiunti. Daryl aprì un'altra porta, di fianco a loro, pregando fosse libera: aveva bisogno di una via di fuga! La stanza dentro era completamente buia e dentro sembrava esserci solo uno zombie che stava già correndo verso loro. Daryl lo buttò giù con una freccia. Max non si trattenne e cominciò ad abbaiare preso dal panico, forse in un disperato tentativo di riuscire a spaventarli e cacciarli via, poi si infilò tra le gambe del ragazzo ed entrò nella stanza appena libera. Daryl afferrò Ocean per un braccio e la trascinò dentro sbrigandosi a chiudere la porta alle sue spalle. Ocean, ripresa dal frastornamento dell'essere stata tirata e spintonata, si scagliò contro la porta aiutando Daryl a chiuderla contrastando la forza degli zombie dietro che spingevano e allungavano braccia nella fessura d'entrata per riuscire ad afferrare le prede. Max li guardò agitato e continuò ad abbaiare contro i loro aggressori, ringhiando, mostrando i denti e simulando attacchi.
<< Max, se ti azzardi a morderli ti prendo a calci in culo! >> lo ammonì Ocean storpiando le parole per colpa della fatica. Finalmente, dopo tanti sforzi, riuscirono a vincere le deboli forze che c'erano all'esterno e chiusero la porta, che Ocean si sbrigò a chiudere con delle mandate di chiave.
<< Una chiave! Ingegnoso. >> disse con finto stupore la ragazza, sempre con un pizzico di sarcasmo, rivolta al metodo di sicurezza trovato. Chissà perchè nei film horror non ci pensavano mai a chiudere le porte a chiave invece che usare travi mezze marce.
Ocean si lasciò cadere a terra per riprendere fiato: non si era mai trovata a fare così tanta fatica prima di quel momento. Daryl, che non si sentiva del tutto sicuro, si guardò attornò con la balestra puntata al vuoto: la stanza era completamente buia, era difficile distinguere dove si trovassero. Sperava di non essersi messo nei guai da solo. Max, anche lui ancora nervoso per la situazione, cominciò a scrutare la stanza e ad annusare l'aria e il pavimento, controllando che non ci fosse qualche pericolo. Il posto sembrava tranquillo, se mai ci fosse stato uno zombie a quell'ora sarebbe già saltato addosso al gruppetto, ma questo pensiero nacque solo nella mente di Ocean.
Daryl cominciò a camminare, andando un po' a tentoni data l'oscurità e sperando che la sua vista si abituasse quanto prima. Riuscì a trovare solo scaffali pieni di ragratele e robaccia. Ocean prese la sua sacca e cominciò a rufolarci dentro, anche abbastanza rumorosamente, dando sui nervi a Daryl, fino a quando non trovò quello che stava cercando.
<< Forse così andrà meglio. >> disse e accese un fiammifero. La luce era minima, ma gli permetteva di vedere almeno ciò che la circondava. Si alzò in piedi alzando il fiammifero sopra la sua testa, sperando di vedere meglio e anche lei cominciò a girovagare per la stanza che si dimostrò molto più piccola di quello che credeva. Tempo pochi secondi il fiammifero bruciò tanto da arrivare alle sue dita e Ocean lo lasciò cadere a terra con un << Ahi! >>.
Si ciucciò il dito bruciato, poi ne prese un altro e lo accese, continuando nella sua perlustrazione. Daryl le si era affiancato, sfruttando anche lui la luce del fiammifero.
<< Sai, questo mi ricorda tanto un libro di Stephen King. >> disse Ocean prima di lasciar cadere a terra il secondo fiammifero dopo essersi bruciata ancora nel tentativo di sfruttarlo al massimo.
<< Dei ragazzini quando scendono dentro una fogna per cercare It usano lo stesso metodo per farsi luce. Anche la presenza di mostri direi che è pertinente. >>
<< Ma tu non stai mai zitta? >> brontolò Daryl. Non sopportava più la sua voce e il suo voler sdrammatizzare. Erano nei guai! Dovevano uscire di lì e quella pensava ai libri!
Ocean lo guardò male e spense il fiammifero che aveva in mano con un soffio proprio vicino alla sua faccia. Così, giusto per infastidirlo. Era odioso!
<< Li ho finiti. Mi dispiace. >> disse acida poi.
<< Comunque sembra siamo finiti dentro uno sgabuzzino. Farebbe comodo un po' di luce per vedere se c'è qualcosa tra questi scaffali che può servirci. >>
<< Arrangiati. Cerca da solo. Io me ne starò zitta qui nell'angolo, così non sarò più un impiccio a sua Maestà. >> brontolò Ocean. Era rimasta palesemente offesa da ciò che Daryl le aveva detto e ora stava facendo l'orgogliosa.
<< Guarda che è colpa tua se ci troviamo in questo casino!! >> brontolò ancora Daryl, scocciato dall'atteggiamento infantile della ragazza. Non stava prendendo sul serio la situazione! Sembrava che niente fosse preso sul serio da quella ragazza. Meritava di finire in pasto agli zombie, così magari si sarebbe svegliata un po' e avrebbe cominciato a dare il giusto peso alle sue azioni.
<< Colpa mia? >> brontolò Ocean alzando la voce di un'ottava. Cosa che non piacque agli zombie fuori dalla porta che cominciarono a far di nuovo casino e cercare di buttarla giù.
<< Chiudi quella bocca!! >> brontolò ancora Daryl cercando di sussurrare, benchè l'istinto fosse quello di urlare. La porta era chiusa, era vero, ma con una giusta forza avrebbero potuta buttarla giù, e allora non avrebbero avuto speranze.
<< Sei tu che sei venuto a rompere le scatole! >> proseguì Ocean cercando di risultare minacciosa nonostate stesse sussurrando.
<< Se non venivo io quelle cose là fuori a quest'ora ti avevano spolpata per bene! >> brontolò ancora Daryl avvicinando il suo volto a quello della ragazza per risultare ancora più minaccioso. Che voglia aveva di prenderla a sberle!
<< Se tu non mi facevi prendere quel colpo non avrei fatto rumore, Max avrebbe fiutato il pericolo e io a quest'ora sarei già fuori a cavalcare sulla mia.... >> improvvisamente si ricordò << Oh, no!! Peggy!!! >> si allarmò assumendo il panico nella voce.
<< La tua cavalla sta bene. E' scappata. >> disse Daryl semplicemente, prima di voltarsi e tornare a studiare gli scaffali con quel poco di visibilità che aveva e cercando di affidarsi al tatto. Voleva rassicurarla, ma era troppo arrabbiato al momento per cercare di essere pacato, e tutto ciò che diceva risultava minaccioso e incazzato. Ocean tirò un sospiro di sollievo, ma non disse altro. Piano piano stava cominciando a realizzare: era bloccata in uno sgabuzzino, con fuori un'orda di zombie che mai le avrebbero permesso di scappare. Era in trappola..se non fosse morta mangiata, sarebbe morta di fame o di sete.
<< Forse ho trovato qualcosa. >> comunicò Daryl con tono pacato, come se la cosa avesse poca importanza. E forse era così. Come sarebbero usciti da lì?
Ocean sentì armeggiare e poi vide una fioca luce che dapprima l'accecò, poi una volta abituata riuscì a riconoscere l'oggetto che aveva in mano Daryl: una lampada elettrica da giardino.
<< Speriamo duri abbastanza la batteria. >> disse ancora Daryl forse più a se stesso che alla ragazza e finì il suo giro di perlustrazione sfruttando la piccola luce trovata. Ocean si avvicinò al muro e si lasciò cadere a terra, seduta, poggiando la schiena. Max le si avvicinò e le si accucciò accanto. Era agitato e impaurito anche lui, ma sapeva che c'era ben poco da fare, così si stese vicino alla sua padrona, stringendosi a lei per ricevere coccole, calore e conforto. E Ocean non mancò alle aspettative: aveva anche lei bisogno di conforto. Ora che l'adrenalina andava scemando lasciava spazio al sentimento peggiore di tutti: la paura. Non fece niente per cercare l'uscita, al momento era demoralizzata, stanca e troppo giù per pensare che forse ci sarebbe stato un modo per scappare. In qualche modo, anche se mai l'avrebbe riconosciuto a se stessa, si mise nelle mani di Daryl e aspettò fosse lui a trovare una soluzione. Non per malafede, non per cattiveria o per prigrizia, semplicemente stava perdendo di coraggio e di forza di volontà....e in qualche modo, in una maniera tutta sua, si fidava di Daryl e sapeva che se mai ci fosse stata una possibilità per loro, lui l'avrebbe trovata. Era una persona forte. Questo non era da negare. E le aveva salvato la vita, anche se questo l'avrebbe negato molto volentieri.
Lasciò la testa ricadere in avanti e sentì come un calo di pressione: l'adrenalina aveva avuto un calo spaventoso e troppo velocemente, lasciandole dentro solo tanta debolezza. Gli occhi si annebbiarono, la testa le girò e con un ultimo sospiro si lasciò andare e si addormentò...o forse svenne. Non seppe mai qual'era delle due cose.



Angolino Autrice :P

Niente....volevo solo aggiungere un info (importantissimissima!!!! u.u)
Ho messo un'immaginetta a inizio storia, nel capitolo "Presentazione" ^_^
Perchè è importantissimissima? Perchè c'ho perso un'intera mattina  a farla!!!! xD e dato che è il mio primo lavoro in Photoshop, e che mi sembra venuto vagamente decente, ne vado orgogliosamente fiera! Indi per cuiii...tutti a vedere l'immagine!!!!
E per i pigri la inserisco qui xD


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