Commiato
Afferrò
i suoi vestiti appesi: erano ancora fradici. Poco importava. Voleva
togliersi subito le cose che aveva addosso, voleva subito tornare ad
essere Ocean. L'attimo di dolore che era nato in quel pomeriggio, di
fronte a quei tragici eventi, aveva subito lasciato il posto a un
altro tipo di dolore, un dolore legato alla paura e che insieme ad
esso diventava strazio. Lori, che si trovava lì,
tentò di dirle <<
No, sono ancora bagnati! >>, ma non ebbe neanche tempo di
pronunciare la frase che la ragazza era già di spalle che si
allontanava dopo aver letteralmente strappato via i vestiti dal filo.
C'era fretta nei suoi passi, una fretta che rasentava l'urgenza. Ma
ormai Lori aveva smesso di cercare di capirla, e lasciò che
si
allontanasse senza neanche chiedersi cosa le passasse per la testa.,
senza neanche notare il volto corrucciato della ragazza che sembrava
stesse per scoppiare a piangere.
Ocean
raggiunse la stalla dove c'era come sempre la sua cara Peggy e il
resto delle sue cose: sacca, cotta di maglia, mantello e altri
ciottoli utili alla sopravvivenza. Anche le sue armi erano
lì: le
aveva recuperate nel momento in cui la regola "niente armi"
era stata calpestata più volte da Shane. Raggiunse il box
della sua
cavalla che quasi ormai correva e cominciò subito a
spogliarsi,
ignorando ancora una volta il pudore che in altre occasioni le
avrebbe impedito di farlo. Si tolse il vestito con tanta urgenza che
quasi fece fatica, rimanendo per un attimo incastrata all'interno, e
arrotolando su se stesso lo scaraventò a terra con un verso
colmo di
fatica e astio. Prese la sua camicia nera e la indossò alla
ben e
meglio, prese i pantaloni e di nuovo per colpa della fretta
arrancò.
Un altro verso le uscì dalla gola, uguale al precedente:
fatica,
astio, dolore. E si fecero sempre più frequenti.
Inciampò e si
appoggiò a Peggy, continuando a spingere violentemente col
piede.
Altri versi. E altri. E alla fine divennero singhiozzi. Si
lasciò
cadere in ginocchio colma di rabbia e dolore, sbilanciandosi in
avanti e atterrando sulle mani. Ignorò il dolore e strinse
tra le
dita terra e fieno. Sassolini si conficcarono sotto le unghie. Nessun
dolore fisico poteva superare quello che provava dentro sè.
I
lamenti e i singhiozzi erano così forti, così
schiaccianti, così
difficili da tenere dentro che quasi la strozzavano e le impedivano
di respirare. Cosa aveva scatenato tutto quello? Niente che
già non
le facesse male anche prima. Lei non voleva restare lì, non
aveva
mai voluto! Lei voleva restare sola, niente più gruppi.
Niente
più affetti.
Era
questo che si era ripromessa. Niente più dolore. Niente
più
perdite. Non voleva più niente di tutto quello, ne aveva
già avuto
abbastanza! Il suo passato continuava a non volerla lasciare in pace.
La
gola bruciava e l'aria mancava, eppure ancora sembrava non essere
abbastanza. Si sentiva morire dentro, uno squarcio era stato aperto
dentro di lei nel momento in cui si era ritrovata sola, rendendosi
conto di cosa stava vivendo. Un gruppo di persone che si amavano che
andavano decimandosi. Lei aveva davvero sperato...
Aveva
davvero aperto il suo cuore. Senza volerlo e senza aspettarselo, non
si era mai resa conto di quanto avesse bisogno di qualcuno a cui
voler bene. Ma lei davvero, anche se solo per un paio di giorni, in
quel gruppo ci era stata! E non solo fisicamente. E ora era tornata a
soffrire per qualcuno che andava perso dietro di loro nel cammino. E
non aveva potuto fare a meno di ripensare, stramaledettamente
ricordare, rivivere il SUO inizio. Il giorno in cui Alice era
diventata Ocean. Il giorno in cui Alice, dopo essere stata torturata
e lasciata sola, era stata infine uccisa.
Sbattè
i pugni a terra, cercando sfogo per la rabbia che non trovava
soddisfazione nei semplici lamenti, nei semplici signhiozzi e nelle
lacrime. La pancia cominciò a dolerle e in pochi minuti
arrivò
anche il senso di nausea. Lanciò un urlo. Non lo aveva mai
fatto e
si era sempre ripromessa di non farlo. Era pericoloso. Ma aveva
bisogno...aveva bisogno di buttar fuori quel fuoco che la stava
divorando dall'interno.
Alzò
gli occhi pieni di lacrime, il viso zuppo si stava pian piano
macchiando di nero per colpa della terra e della polvere del luogo,
muco e saliva completavano l'opera. La gola bruciava troppo per
riuscire a deglutire.
Gli
occhi appannati andarono a posarsi sulla sua sacca, il suo "zaino"
primordiale, che era buttata a terra aperta, e dalla quale uscivano
alcune delle sue cose. Tra queste una attirò la sua
attenzione.
Forse l'unica cosa che Alice si era sentita di voler conservare.
Ocean gattonò velocemente verso essa e l'afferrò:
era un piccolo
flauto traverso in legno, lungo non più di 15 cm, e il cui
suono era
decisamente più acuto e affilato del flauto dolce classico.
Era il
suo ultimo legame col passato.
Ocean
lo guardò e mille ricordi le riaffiorarono alla mente, uno
più
bello dell'altro: colori e balli, risate, canti e tanta gioia.
Tamburi che battevano al tramonto, sotto un castello in festa,
sonagli e cornamuse, la gente raccolta in cerchio intorno ai musici,
vestiti di mille colori e frattaglie, che urlavano e cantavano con
tutto il fiato che avevano fino a diventar paonazzi. E poi lei, lei
che mai si fermava, lei che saltava, lei che ballava, lei che
afferrava i bambini per mano e improvvisava un girotondo, e suonava,
e sonagli ai suoi piedi facevano sembrare il suo passo quello di una
fata che andava di fiore in fiore, i capelli raccolti, ma con ciocche
disordinate al vento che non trovavano pace nella sua folle danza.
Lei che cantava, lei che raccontava storie che mai erano
esistite...lei che rideva.
Era
tutto così bello quando era Prima.
Ocean
strinse il flauto al petto, continuando a singhiozzare e cercare
l'aria che i ricordi le stavano portando via, uccidendola lentamente.
Finì
di rivestirsi, asciugandosi gli occhi alla meglio e pulendosi il viso
con l'acqua di una delle bottigliette che le aveva dato Hershel. Il
minimo per evitare che qualcuno le chiedesse con preoccupazione se
avesse pianto: non voleva più saperne di nessuno, non voleva
più
dar di conto a nessuno. Aveva raggiunto quel limite che da un paio di
giorni decantava: ora era tempo di andarsene. Sistemò le sue
cose
sulla cavalla, e si legò ben addosso le sue armi. Ora
cominciava a
sentirsi a suo agio, ora cominciava a tirare qualche sospiro di
sollievo, finalmente si sentiva al sicuro dentro quella corazza che
con tanta fatica si era costruita.
Si
infilò il flauto grossolanamente nella cintura, prese Peggy
per le
redini e uscì dalla stalla seguita come sempre dal suo
fedele Max.
Ognuno era preso dalle proprie cose, come sempre, e nessuno fece caso
alla ragazza, la quale comunque evitava di incrociare le strade degli
altri. Si spinse verso il confine, ma non quello più
esterno: prima
andò a dare il suo ultimo saluto ai defunti. Non si era
fermata
quando c'era tutto il gruppo, inizialmente aveva pensato che la cosa
non la riguardava: non era i suoi morti. Quindi sentendosi ancora
estranea a tutto si era allontanata e basta, lasciandosi alle spalle
il funerale e da lì erano cominciati i pensieri. Ma ora ne
sentiva
il bisogno, sentiva che anche lei doveva dare il suo contributo:
quelle persone erano morte esattamente come molte altre, nella
maniera più brutta che poteva capitare in quel periodo. E
poi anche
lei alla fine aveva pianto per loro, anche se non le conosceva
personalmente.
Legò
momentaneamente Peggy a una staccionata lì vicino e si
avvicinò
lentamente alle tombe ormai deserte. Non aveva niente per la testa,
nessun pensiero particolare, solo tanta tristezza e dispiacere,
soprattutto per la piccola Sophia che tanto aveva fatto piangere la
sua mamma, e che tanto aveva probabilmente pianto lei prima di essere
uccisa e trasformata. Si inginocchiò e sfiorò la
terra, la fece
scorrere tra le dita e continuò la sua preghiera silenziosa.
Non
credeva in Dio, le preghiere canoniche non facevano per lei, non
sarebbero state sincere, ma decise comunque di esprimere il suo
dolore a voce usando una forma più adatta a lei. Si
alzò in piedi,
ben dritta su se stessa e alzò la testa al sole in
lontananza. Poi
afferrò il suo flauto e, dapprima un po' titubante (era
così tanto
tempo che non lo usava! Lo aveva sempre tenuto sepolto nella borsa,
riluttante anche solo nel vederlo), poi con decisione se lo
portò
alle labbra e suono qualche lunga e bassa nota, che una ad una
andavano disperdendosi e allontanandosi. Delicate come gocce di
pioggia che cadono in un fiume, un fiume che scorre sereno e si perde
in lontananza. Verso l'orizzonte. Solo poche note, come un richiamo
agli angeli, un incipit a voler ricevere attenzione dal Divino, per
poi proseguire con un canto. Una liturgia in latino, un "planctus"
veniva chiamato. Un canto dedicato ai morti di derivazione medievale.
Quello in particolare era il planctus dedicato al defunto Carlo
Magno, non c'entrava molto con la situazione attuale ma era l'unico
Planctus che Ocean conosceva. Fece risuonare la sua voce, come se
volesse raggiungere il cielo, e cantò lentamente e
solennemente
quelle poche strofe che conosceva, che parlavano di dolore per la
grave perdita che la terra aveva subito, dolore che accumunava per la
prima volta tutti gli uomini. Il planctus era in realtà
molto più
lungo, ma non l'aveva mai imparato tutto. Terminò di cantare
e
riportò il flauto alle labbra, concludendo la sua liturgia
con le
stesse note delicate con cui aveva cominciato. Terminò nel
più
completo silenzio. Tutta la campagna sembrava essersi zittita in
onore dei morti. Ocean rimase per qualche altro secondo ferma nella
sua posizione, guardando le tombe, dedicando loro ancora tempo e
dolore, poi fece un sospiro e si voltò verso Max che
sentendosi
osservato cominciò subito a scodinzolare. Era sempre una
gioia
quando Ocean gli dedicava qualche attenzione.
La
ragazza si inginocchiò e accarezzò il suo
compagno sorridendo
teneramente << E' ora di andare >> disse.
Si voltò di
nuovo verso le tombe, questa volta sorridendo teneramente, prese un
po' di terra da vicino ai suoi piedi e allungando una mano la fece
cadere delicatamente sopra la tomba che aveva di fronte, in un ultimo
gesto funebre. Un modo per dare il proprio addio.
<<
Andiamo. >> disse alzandosi in piedi, riprese Peggy per
le
redini e si avviò verso il confine esterno, da dove poi
avrebbe
ricominciato la sua avventura solitaria, fino a quando il destino
glielo avrebbe permesso. E si sarebbe di nuovo lasciata andare nelle
sue mani e lui avrebbe deciso quando e come sarebbe morta e avrebbe
raggiunto chi già da tempo non toccava più quel
suolo.
Stava
camminando a piedi, concedendo a Peggy un po' di leggerezza, non
voleva approfittare di lei: fin tanto che riusciva a camminare da
sola lo avrebbe fatto. E poi aveva proprio bisogno di sgranchirsi un
po' le gambe, in quei giorni si può dire avesse poltrito
abbastanza,
camminare le faceva bene. Si allontanò dalla fattoria
cercando di
ignorare lo stato di vuoto che andava formandosi sempre più
dentro
di lei, ad ogni passo lasciava un granello dietro sè, come i
piccoli
Hansel e Gretel. Una parte di lei sentiva era la cosa sbagliata, una
parte di lei sentiva di voler restare lì con loro, sentiva
di aver
bisogno del calore umano. Ora che l'aveva riprovato sentiva che le
piaceva, e le mancava. Ed era la stessa parte di lei che si sentiva
in colpa per essersene andata così, senza dire niente a
nessuno,
sparendo semplicemente dalla circolazione, chiedendosi cosa avrebbero
detto quando sarebbero andati a cercarla. Sperava che avrebbero
reagito con l'indifferenza, sarebbe stato meglio per tutti quanti. E
per Carl...beh, se ne sarebbe fatto una ragione! In fondo non era poi
così male che si raffreddasse un po', l'avrebbe aiutato a
sopravvivere.
Risalì
un piccola collinetta e solo quando fu quasi in cima riuscì
a
scorgere inginocchiato sotto un muretto diroccato, ad affilare
ramoscelli, una figura fin troppo familiare: Daryl. Che diavolo ci
faceva così lontano dalla fattoria? Poco importava! Non le
interessava, e sicuramente anche lui non si sarebbe interessato del
suo passaggio. Anzi, probabilmente avrebbe festeggiato.
E
sotto queste considerazione Ocean decise di ignorare la sua presenza
e continuare per il suo cammino, anche se voleva dire passargli
accanto. E come immaginava non la degnò neanche di uno
sguardo
quando passò davanti a lui.
O
forse aveva parlato troppo presto.
<<
Te ne vai? >> disse lui senza alzare gli occhi dal suo
ramoscello su cui si stava accanendo particolarmente.
Ocean
si fermò dov'era, neanche un metro oltre il ragazzo, e lo
guardò
solo con la coda dell'occhio, senza voltare completamente il volto.
<<
E' stato un piacere conoscervi. >> si limitò a
dire,
risultando poco convincente perfino a se stessa.
<<
No, non è vero. >> disse lui con un leggero
sforzo nella voce,
ancora intento nel suo lavoro.
Ocean
fece spallucce, senza rispondere, ma facendo intuire al ragazzo i
suoi pensieri "poco importa", e riprese a camminare. Solo
allora Daryl alzò il volto e la guardò, provando
un evidente senso
di fastidio. Già si odiava per quello che stava per fare.
Sospirò e
si alzò in piedi << Non dovresti.
>> disse evidentemente
scocciato. Ocean si fermò di nuovo ma questa volta si
voltò a
guardarlo e inarcando un sopracciglio, assumendo un espressione
palesemente sorpresa, disse semplicemente << Prego?
>>
invitando il ragazzo a spiegarsi meglio. Forse aveva capito male.
Anzi, sicuramente aveva capito male! Stava cercando
di...fermarla?!?!?!
<<
Con noi saresti più al sicuro. >> si
giustificò lui.
<<
Oh certo, e poi il tuo fidanzatino sarebbe contrariato non è
vero?
Lo fai per Rick, non fare il finto perbenista! So benissimo che di
me non te ne frega niente. >>
<<
La smetti di offendere? Non sei simpatica. >> disse Daryl
scocciato, evitando di rispondere a tono alla provocazione.
<<
Non ho intenzione di esserlo, soprattutto con te. >>
<<
Come ti pare. >> disse Daryl con un gesto scocciato e
tornò a
sedersi << Ma non dovresti andartene. >>
<< Oh,
beh. Grazie per l'informazione. >> rispose Ocean
caricando la frase di sarcasmo. Fece un finto sorriso e
tornò a ripercorrere la strada che aveva cominciato,
ignorando completamente il suggerimento del ragazzo, che aveva provato
a fare "il suo dovere", ma l'orgoglio e soprattutto la rabbia che gli
ribolliva nelle vene in quel momento gli avevano impedito di essere
più convincente di così. Ocean aveva ragione, lo
faceva soprattutto per Rick, sapeva quanto era stato felice di vedere
suo figlio giocare con quel cane e sapeva anche lui che un sorriso di
un bambino in momenti così difficili era oro puro. Ma era
anche vero che alla fine la ragazza era sopravvissuta fino a quel
momento per puro miracolo, e andarsene voleva dire morire. Non ce
l'avrebbe fatta a lungo, di questo era certo. Era un'imbranata, non
poteva che far conto sulla sua fortuna che prima o poi le avrebbe
voltato le spalle. La guardò che se ne andava: l'avrebbe
davvero lasciata andare? Non era suo dovere! Nessuno gli aveva detto
tieni al guinzaglio la ragazza, quindi se lei se ne andava e Carl
tornava a essere il ragazzino freddo che stava diventando non era certo
responsabilità sua. Anzi, aveva fatto fin troppo! E anche se
la ragazza fosse morta non era responsabilità sua! Lui
l'aveva avvertita, cavoli suoi se non l'aveva ascoltato.
- Ma qualcosa dentro lui non trovava pace. Una specie di senso del dovere e della giustizia, la parte di sè che continuamente nascondeva, la parte di sè che l'aveva portato ad essere il braccio destro di Rick, la parte di sè che l'aveva spinto sempre oltre nella ricerca di Sophia. Era odiosa, ma gli attorcirgliava le budella.
- Decise di ignorarla, continuando a ripetersi che non era responsabilità sua e non erano cose che lo riguardavano. E osservò la ragazza inoltrarsi nel bosco, lasciando definitivamente la fattoria.
- Affari suoi, continuava a ripetersi.
- Sarebbe morta. Cavoli suoi! Lui l'aveva avvertita. Cavoli, com'era testarda e antipatica quella ragazza! Era una delle donne più fastidiose e rompiscatole della terra, incredibile come il destino abbia voluto risparmiare una delle peggiori. Fece un altro taglio al suo bastoncino serrando la mascella.
- E alla fine sbuffò << Vaffanculo! >> disse lanciando il legnetto e si alzò in piedi. Prese in spalla la sua balestra, qualche freccia improvvisata e la seguì. Non la vedeva già più, si era allontanata molto, ma sarebbe bastato seguire le tracce del suo cavallo che erano le più visibili e non avrebbe fatto fatica a ritrovarla.
<<
Ha cercato di fermarmi. >> disse Ocean parlando con i
suoi
animali, cosa che faceva spesso quando era sola. Non le piaceva stare
completamente in silenzio, e da quando era rimasta sola esprimere a
voce alta i suoi pensieri era diventato più facile: gli
unici
ascoltatori erano i suoi animali, e loro non giudicavano. Loro erano
sempre dalla sua parte.
<<
Vi rendeto conto? >> disse ancora accennando una risata
divertita << Non vedeva l'ora di mandarmi via, e poi
cerca di
impedirmelo. Ma che problemi ha quel ragazzo? >> e come
se
davvero stesse partecipando alla discussione Peggy sbruffò.
<<
Si, ha ragione. >> disse Ocean interpretando il suono
della
cavalla a modo suo << Dev'essere stato in passato uno di
quei
ragazzi disgraziati che vivono...che so'...in qualche roulotte con
zii delinquenti che lo malmenavano e sfruttavano, senza genitori
perchè assassinati e roba del genere. Lo si vede dai suoi
modi di
fare, di parlare e anche vestire. >> si voltò
a guardare Max e
sogghignò divertita << Lui è un
duro! >> disse ironica
e aggiunse una risata prima di tornare a guardare davanti a
sè. Solo
alberi, cespugli e arbusti, niente di nuovo. Non aveva idea di dove
si stava dirigendo, seguiva una direzione senza sapere dove portasse,
tanto prima o poi da qualche parte sarebbe sbucata.
<<
Carino però. >> proseguì ammiccando
tra sè e sè e assumendo
un espressione vagamente maliziosa << Come al solito il
destino
si diverte a prendersi gioco di te: ti piazza di fronte un bel tipo,
dopo tanto tempo di completa solitudine e astinenza, palestrato,
figo, occhi del cielo e un culo che parla....ma più stronzo
di
tutti gli stronzi che potevano esserci al mondo, e l'unico istinto
che ti scatena dentro non è l'ormone ma la furia omicida.
Che palle,
eh? >> disse ancora voltandosi a guardare Max, che
rispose
ancora alle attenzioni della padrona con una scodinzolata e
un'espressione allegra.
<<
Bon per te, caro Max, che tanti problemi non ne hai. Ti accoppi
seguendo l'istinto del momento, e poi via...chi si è visto
si è
visto. Tanti saluti. Bella vita quella da cani. >>
continuò a
parlare, non riuscendo proprio a stare zitta, e scostò un
ramo di un
albero che era caduto in mezzo alla via e che gli impediva di vedere
ciò che c'era davanti a lei. Si fermò e
guardò la sua nuova
scoperta: una chiesa. La zona sembrava tranquilla, non sentiva rumori
di zombie e non ne vedeva in lontananza, benchè il bosco
riprendesse
subito oltre. Era solo una piccola valle quella che aveva scoperto,
con una chiesa nel centro.
<<
Che cacchio ci fa una chiesa qui in mezzo al nulla? >> si
chiese inarcando un sopracciglio, restando immobile nella sua
posizione e continuando a studiarla. Come tutte le cose
ultimamemente, anche lei sembrava abbandonata a diroccata.
<<
Bah. Che strani sti americani. >> fece spallucce e si
avvicinò
alla struttura << Diamo un'occhiata, magari proprio
perchè qui
in mezzo al nulla non è stata saccheggiata e riusciamo a
trovare
qualcosa di utile. >> Non c'erano staccionate o pali
nelle
vicinanze, così legò Peggy a un albero
lì vicino, ma distante un
paio di metri dall'entrata, e insieme a Max si avvicinò al
portone
d'ingresso. Sfoderò la sua spada, preparandosi ad un
eventuale
faccia a faccia. Il cuore cominciò a pulsarle nel petto, era
stata
solo due giorni in piena tranquillità ma sembrava passata
una vita,
e già si era dimenticata cos'era la paura. Non era
più abituata a
quell'adrenalina. Max si mise sull'attenti e cominciò come
suo
solito a fiutare l'aria, pronto ad avvertire la sua padrona qualora
ci fosse qualche problema. Si avvicinò all'entrata della
chiesa e
abbassò il muso all'altezza dello spiffero sotto la porta,
annusando
l'interno. Fece un piccolo ringhio, ma che Ocean non
interpretò come
certezza assoluta. Più volte Max si era sbagliato,
soprattutto negli
spazi chiusi: l'aria era pregna di morte, non sempre era facile
distinguere gli zombie dai semplici cadaveri.
Daryl
non fece fatica a seguire le tracce, era molto più semplice
che
seguire quelle di Sophia: il cavallo aveva il passo pesante, lasciava
sul terreno orme inconfondibili. E un attento osservatore poteva
riuscire a scorgere vicino a essere anche tracce di stivali, marcate
tanto quasi quelle del cavallo. La ragazza aveva il passo pesante,
non proprio una donzella leggiadra. Infondo più volte aveva
appurato
e aveva avuto di fronte l'evidenza: Ocean aveva la
femminilità di un
camionista. L'unico momento in cui aveva avuto la conferma che era
una donna (perchè sì, con un atteggiamento simile
aveva addirittura
dubitato a volte, benchè i lineamenti affermassero il
contrario) era
stato quando quel pomeriggio aveva girato in gonnella. Per un attimo
aveva avuto come l'impressione di vedere in lei qualcosa che fosse
veramente suo, e non fosse solo un'armatura. Perchè l'aveva
notato
subito, si vedeva lontano un miglio, che quella era solo una
maschera, un'apparenza, e che in realtà nascondeva qualcosa
dentro
lei. C'erano cose che non erano state mostrate e che lei proteggeva
scrupolosamente, ed era stato uno dei motivi per cui non si era
fidato molto. Poteva essere qualsiasi cosa, e se qualcuno aveva dei
segreti rischiava di essere una minaccia per il gruppo. Ma
ciò
nonostante non era sicuro che quello che Ocean nascondeva fosse
qualcosa di malvagio. Dale, che tra tutti era quello che riusciva a
vedere meglio dentro le persone, aveva detto qualcosa la prima sera
di permanenza di Ocean, quella dove aveva rifiutato l'aiuto di Andrea
e se n'era andata, qualcosa che gli aveva messo in moto dei pensieri.
Shane
era stato il primo a commentare il gesto della ragazza con parole
poco carine, considerandola una possibile minaccia e suggerendo, tra
le varie cose, di ucciderla nella notte così via i problemi
e il
cane sarebbe potuto rimanere con Carl. Proposta che ovviamente non fu
accettata da nessuno nel gruppo, ancora legati alla loro
umanità.
Proposta che a Daryl non importava molto: se il gruppo avesse deciso
di farla fuori lui l'avrebbe fatto, se il gruppo avesse deciso di no
allora si sarebbe comportato di conseguenza. Non gli importava, e poi
era Rick che prendeva le decisioni e lui le aveva sempre rispettate e
condivise.
Ma
Dale....Dale che poco parlava ma quando lo faceva ciò che
diceva
valeva più di mille discorsi, Dale che sempre vedeva dove
altri non
riuscivamo, disse << Avevo trovato un gatto
così una volta.
Scappava, soffiava e graffiava chiunque provava ad avvicinarsi, e si
era fatto una cattiva reputazione nel quartiere, da tutti considerato
feroce e pericoloso. La verità è che l'unica
volta che quel gatto
aveva provato ad avvicinarsi ad un umano, da cucciolo, nella speranza
di ricevere carezze e magari un po' di cibo, dei ragazzini l'avevano
legato per la coda e avevano provato a usarlo come esca per la pesca,
buttandolo nel fiume. >>
<<
Penso anche io che non sia cattiva. E' solo un brutto periodo.
>>
aveva confermato Carol, l'unica che tentava sempre di avvicinarsi
alla ragazza nel tentativo di avvicinarsela un po'. Credeva che
nessuno meritasse di restare solo, e che anche lei avesse bisogno di
un'amica anche se sembrava così schiva.
I
discorsi di quella sera non l'avevano portato a rivalutare la
ragazza, la considerava ancora una grandissima rompiscatole e non
poteva sopportarla, credeva che tutte quelle attenzioni fossero
eccessive, ma avevano un po' acceso la sua curiosità e
l'avevano
portato a pensare che se il gruppo voleva darle una
possibilità lui
avrebbe fatto altrettanto. Chissà che magari non avesse solo
bisogno
di essere sbloccata e calmata. Come quel gatto. Come lui stesso.
Era
stato questo il motivo per cui quella notte, sentendosi lievemente
dispiaciuto per averla trattata male quel pomeriggio, le aveva fatto
le frecce. Era una specie di armistizio, un gesto che simboleggiava
il suo "proviamo a venirci incontro".
Ma
aveva ancora avuto la conferma che era una matta rompiscatole la
mattina dopo quando era andata da lui sbraitando come una matta.
L'istinto di strozzarla era stato forte... ma era riuscito a
trattenersi.
E
anche in quel momento continuava a chiedersi chi glielo stesse
facendo fare. Perchè doveva correrle dietro, cosa meritava?
Perchè
rischiare la vita per una rompiscatole che aveva già deciso
il suo
destino? Continuò a sbuffare più volte,
scocciato, ma proseguendo e
deciso a trovarla e riportarla indietro.
Riconobbe la strada,
l'aveva già percorsa quando cercavano Sophia e
intuì dove potesse
essersi fermata Ocean: probabilmente era arrivata alla chiesa, e
probabilmente stava cercando lì qualche scorta.
Perciò, dato che
era vicino, lasciò perdere le tracce ormai quasi sicuro di
sapere
dove portassero e proseguì abbastanza spedito.
Si fermò di
colpo dietro un albero!
La
chiesa stava per essere presa d'assedio dagli zombie. Li vide pochi
metri più indietro, era uno sciame che si dirigevano verso
la
struttura, probabilmente attirato dal rumore che il cavallo faceva
sbruffando nervosamente e tirando zoccolate in terra. O forse
attirati dall'odore.
Cercò
di non farsi vedere dallo sciame e guardò la piccola valle e
la
chiesa: c'era solo la cavalla legata a un alberello. Il resto era
deserto. Probabilmente Ocean era dentro con Max.
Daryl
aveva poco tempo per riflettere e prese decisioni mosse dall'istinto:
corse verso la chiesa con la balestra puntata davanti a sè,
nel caso
fosse sbucato qualche zombie imprevisto. Il portone era aperto. Si
piantò con le spalle allo stipite, si preparò
psicologicamente,
ascoltò i rumori provenire dall'interno, e si
girò di colpo,
rivolgendo lo sguardo all'interno e puntando la balestra sempre
davanti a sè, pronto a sparare. Si guardò attorno
velocemente, e
cominciò ad avanzare cercando di essere il più
rapido e silenzioso
possibile. Perfino Gesù in croce, che fino a poco tempo
prima era
fonte di tranquillità e pace, ora trasmetteva paura. Era
diventato
un luogo così macabro.
<<
Ocean! >> chiamò cercando di non alzare troppo
la voce, ma
l'eco la fece sembrare assordante. La cavalla fuori nitrì
nervosa,
si agitò e alla fine Daryl sentì il rumore delle
redini spezzate.
Corse di nuovo all'entrata, controllando fuori, e come immaginava
vide lo sciame avvicinarsi velocemente: il rumore di Peggy aveva
messo fretta nei loro piedi zoppi. Ma la cavalla si sarebbe salvata:
con un colpo di collo mosso dal terrore aveva spezzato le redini e
ora stava fuggendo via. La stessa sorte probabilmente non sarebbe
toccata a loro! Cercò di ragionare velocemente, aveva poco
tempo,
gli zombie l'avevano visto e stavano correndo (per quanto potessero
correre) verso di lui. Fece l'unica cosa che al momento gli sembrava
sensata: spingendo di spalle il portone lo chiuse e cercò di
bloccarlo provvisoriamente con una trave lì vicino. Si
allontanò di
un paio di passi, osservando la porta che cigolava e si inarcava a
ogni colpo subito dall'esterno.
Doveva
sbrigarsi a trovare Ocean, non avrebbe retto molto, loro sarebbero
poi usciti dal retro. Maledetta ragazza, in che guaio l'aveva
cacciato!! Impugnò di nuovo la balestra e dando le spalle
alla porta
ripercosse il corridoio formato dalle panche, avvicinandosi
all'altare e tornò a guardarsi attorno, a cercare la matta.
Vide
sulla sinistra una porta, probabilmente di quelle che davano agli
alloggi del prete, e vi entrò velocemente puntando la
balestra ad
ogni angolo. Percorse un piccolo corridoietto, poi entrò in
un'altra
porta aperta sulla destra e lì trovò la ragazza
china nella
dispensa che scartava barattoli vuoti. Max lo sentì subito e
si
voltò a guardarlo, ma riconoscendo la figura non emise
suono. Ocean
dal canto suo era troppo presa a scegliere il pranzo per accorgersi
della presenza nella stanza e Daryl ebbe di nuovo conferma dei suoi
pensieri: era solo fortuna se era ancora viva. Se non fosse arrivato
lui a quell'ora lei sarebbe stata attaccata da uno degli zombie che
si trovava all'esterno, e neanche se ne sarebbe accorta fino a quando
non avrebbe sentito il dolore del morso. Alzò gli occhi al
cielo e
fece un passo avanti per mettere una mano sulla spalla alla ragazza.
Voleva la sua attenzione ma senza troppi rumori: c'era una finestra
lì vicino, se gli avessero sentiti sarebbero potuti entrare
anche da
là. Ma la mano non arrivò alla spalla: il piede
di Daryl sul
parquet in legno quasi marcio lo fece cigolare. Ocean
sussultò e
gridò << Oddio!! >> , si
voltò velocemente e tirò un
barattolo che aveva tra le mani contro chi gli stava alle spalle,
colpendo Daryl dritto in fronte, che rispose con un istintivo
<<
AHI! >>, anche abbastanza incazzato. Ocean,
arrancò, perdendo
l'equilibrio, e cadde all'indietro fece uno strike di barattoli degno
del campione di Bowling, facendosene cadere anche qualcuno in testa
dai ripiani più alti.
E
meno male Daryl voleva puntare sul silenzio.
<<
Mi hai colpito!! >> disse Daryl incazzato a Ocean. Che
diavolo
le diceva la testa?
<<
Sei matto? Mi hai fatto morire di paura!! >>
gridò Ocean in
risposta alle accuse del ragazzo.
<<
Sono venuto ad aiutarti! >> brontolò ancora
Daryl, nero di
rabbia. Perchè diavolo doveva essere sempre così
ingrata!
Ocean
aprì la bocca con tutta l'intenzione di rispondere ancora,
incazzata
a sua volta per averla presa così di spalle, ma degli zombie
bussarono amichevolemente alla finestra interrompendo il loro
sproloquio di gentilezze e carinerie. Ocean si alzò in piedi
di
scatto, afferrando di volata le sue cose e la sacca con i 3 barattoli
di numero raccolti e seguì Daryl che già era
uscito nel
corridoietto.
<<
Dobbiamo uscire dal retro! Il portone d'ingresso è
infestato. >>
<<
Potevi avvertirmi che ti eri portato dietro degli amici!
>>
Ocean cercò di smorzare la tensione con qualche battuta di
spirito,
ma al momento Daryl non era dell'umore adatto per ridere. Anzi le
trovò abbastanza fastidiose.
Sentirono
altri rumori provenire dalle loro spalle, dall'interno della chiesa,
segno che gli zombie erano riusciti a buttar giù la porta
marcia ed
erano entrati. Questo metteva loro una certa fretta.
<<
Dov'è il retro? >> chiese Ocean guardando le
porte che aveva
intorno. La chiesa era piccola, ma di stanze ce n'erano almeno 4 e
probabilmente alcune erano solo sgabuzzini.
<<
Non lo so. >> disse Daryl guardando le porte intorno a
lui,
indeciso su dove tentare la fortuna.
<<
E come sai che lì non ci sono zombie? >>
chiese ancora Ocean.
<<
Vuoi stare zitta? Sto cercando di pensare! >> si
innervosì
Daryl volgendole uno sguardo di fuoco.
<<
Non parlarmi così, sai? >> si
innervosì anche Ocean
puntandogli un dito contro. Ma ancora una volta furono interrotti da
zombie che pian piano entrarono nel corridoio. Daryl puntò
la
balestra contro il primo di loro e lo buttò giù
al primo colpo.
Ocean sfoderò la spada e andò loro incontro:
l'entrata del
corridoio era stretta per fortuna, sarebbero stati costretti ad
entrare poco per volta, aveva modo di gestirli, e così fece.
Con un
affondo perforò la testa del secondo e subito, dandosi una
spinta
col piede, cercò di sfilare via la spada per colpire il
terzo vicino
a lui.
<<
Aprine una a caso, no?? >> gridò Ocean
impegnata a cercare di
tenersi in vita. Daryl avrebbe voluto evitare quel gesto, non sapeva
cosa ci fosse dietro le porte e rischiavano di andare dalla padella
alla brace, ma la situazione era tragica. Un rumore di vetri rotti
fece capire loro che la finestra nella stanza accanto era stata
sfondata e presto si sarebbero trovati sopraffati.
<<
E va bene. >> sospirò tra sè e
sè Daryl pregando nella sua
fortuna. Sparò un'altra freccia a uno degli zombie che Ocean
aveva
davanti per aiutarla, poi afferrò il primo pomello che aveva
accanto
e l'aprì. Ocean vide zombie arrivare da dentro la stanza, di
fianco
a lei, poco più indietro e capì che non poteva
restare lì o
sarebbe stata circondata. Si voltò e corse dietro, verso il
ragazzo,
pronta a seguirlo verso l'uscita, ma dovette inchiodare e arretrare
di un passo mentre Daryl cercava di richiudere la porta.
<<
Merda! Anche l'uscita sul retro è infestata.
>> constatò
Daryl.
<<
Ma quanti ce n'è? >> chiese disperata Ocean
buttando giù uno
zombie che li aveva raggiunti. Daryl aprì un'altra porta, di
fianco
a loro, pregando fosse libera: aveva bisogno di una via di fuga! La
stanza dentro era completamente buia e dentro sembrava esserci solo
uno zombie che stava già correndo verso loro. Daryl lo
buttò giù
con una freccia. Max non si trattenne e cominciò ad abbaiare
preso
dal panico, forse in un disperato tentativo di riuscire a spaventarli
e cacciarli via, poi si infilò tra le gambe del ragazzo ed
entrò
nella stanza appena libera. Daryl afferrò Ocean per un
braccio e la
trascinò dentro sbrigandosi a chiudere la porta alle sue
spalle.
Ocean, ripresa dal frastornamento dell'essere stata tirata e
spintonata, si scagliò contro la porta aiutando Daryl a
chiuderla
contrastando la forza degli zombie dietro che spingevano e
allungavano braccia nella fessura d'entrata per riuscire ad afferrare
le prede. Max li guardò agitato e continuò ad
abbaiare contro i
loro aggressori, ringhiando, mostrando i denti e simulando attacchi.
<<
Max, se ti azzardi a morderli ti prendo a calci in culo!
>> lo
ammonì Ocean storpiando le parole per colpa della fatica.
Finalmente, dopo tanti sforzi, riuscirono a vincere le deboli forze
che c'erano all'esterno e chiusero la porta, che Ocean si
sbrigò a
chiudere con delle mandate di chiave.
<<
Una chiave! Ingegnoso. >> disse con finto stupore la
ragazza, sempre con
un pizzico di sarcasmo, rivolta al metodo di sicurezza trovato.
Chissà perchè nei film horror non ci pensavano
mai a chiudere le
porte a chiave invece che usare travi mezze marce.
Ocean
si lasciò cadere a terra per riprendere fiato: non si era
mai
trovata a fare così tanta fatica prima di quel momento.
Daryl, che
non si sentiva del tutto sicuro, si guardò
attornò con la balestra
puntata al vuoto: la stanza era completamente buia, era difficile
distinguere dove si trovassero. Sperava di non essersi messo nei guai
da solo. Max, anche lui ancora nervoso per la situazione,
cominciò a
scrutare la stanza e ad annusare l'aria e il pavimento, controllando
che non ci fosse qualche pericolo. Il posto sembrava tranquillo, se
mai ci fosse stato uno zombie a quell'ora sarebbe già
saltato
addosso al gruppetto, ma questo pensiero nacque solo nella mente di
Ocean.
Daryl
cominciò a camminare, andando un po' a tentoni data
l'oscurità e
sperando che la sua vista si abituasse quanto prima. Riuscì
a
trovare solo scaffali pieni di ragratele e robaccia. Ocean prese la
sua sacca e cominciò a rufolarci dentro, anche abbastanza
rumorosamente, dando sui nervi a Daryl, fino a quando non
trovò
quello che stava cercando.
<<
Forse così andrà meglio. >> disse e
accese un fiammifero. La
luce era minima, ma gli permetteva di vedere almeno ciò che
la
circondava. Si alzò in piedi alzando il fiammifero sopra la
sua
testa, sperando di vedere meglio e anche lei cominciò a
girovagare
per la stanza che si dimostrò molto più piccola
di quello che
credeva. Tempo pochi secondi il fiammifero bruciò tanto da
arrivare
alle sue dita e Ocean lo lasciò cadere a terra con un
<< Ahi!
>>.
Si
ciucciò il dito bruciato, poi ne prese un altro e lo accese,
continuando nella sua perlustrazione. Daryl le si era affiancato,
sfruttando anche lui la luce del fiammifero.
<<
Sai, questo mi ricorda tanto un libro di Stephen King. >>
disse
Ocean prima di lasciar cadere a terra il secondo fiammifero dopo
essersi bruciata ancora nel tentativo di sfruttarlo al massimo.
<<
Dei ragazzini quando scendono dentro una fogna per cercare It usano
lo stesso metodo per farsi luce. Anche la presenza di mostri direi
che è pertinente. >>
<<
Ma tu non stai mai zitta? >> brontolò Daryl.
Non sopportava
più la sua voce e il suo voler sdrammatizzare. Erano nei
guai!
Dovevano uscire di lì e quella pensava ai libri!
Ocean
lo guardò male e spense il fiammifero che aveva in mano con
un
soffio proprio vicino alla sua faccia. Così, giusto per
infastidirlo. Era odioso!
<<
Li ho finiti. Mi dispiace. >> disse acida poi.
<<
Comunque sembra siamo finiti dentro uno sgabuzzino. Farebbe comodo un
po' di luce per vedere se c'è qualcosa tra questi scaffali
che può
servirci. >>
<<
Arrangiati. Cerca da solo. Io me ne starò zitta qui
nell'angolo,
così non sarò più un impiccio a sua
Maestà. >> brontolò
Ocean. Era rimasta palesemente offesa da ciò che Daryl le
aveva
detto e ora stava facendo l'orgogliosa.
<<
Guarda che è colpa tua se ci troviamo in questo casino!!
>> brontolò ancora Daryl, scocciato
dall'atteggiamento infantile della
ragazza. Non stava prendendo sul serio la situazione! Sembrava che
niente fosse preso sul serio da quella ragazza. Meritava di finire in
pasto agli zombie, così magari si sarebbe svegliata un po' e
avrebbe
cominciato a dare il giusto peso alle sue azioni.
<<
Colpa mia? >> brontolò Ocean alzando la voce
di un'ottava.
Cosa che non piacque agli zombie fuori dalla porta che cominciarono a
far di nuovo casino e cercare di buttarla giù.
<<
Chiudi quella bocca!! >> brontolò ancora Daryl
cercando di
sussurrare, benchè l'istinto fosse quello di urlare. La
porta era
chiusa, era vero, ma con una giusta forza avrebbero potuta buttarla
giù, e allora non avrebbero avuto speranze.
<<
Sei tu che sei venuto a rompere le scatole! >>
proseguì Ocean
cercando di risultare minacciosa nonostate stesse sussurrando.
<<
Se non venivo io quelle cose là fuori a quest'ora ti avevano
spolpata per bene! >> brontolò ancora Daryl
avvicinando il suo
volto a quello della ragazza per risultare ancora più
minaccioso.
Che voglia aveva di prenderla a sberle!
<<
Se tu non mi facevi prendere quel colpo non avrei fatto rumore, Max
avrebbe fiutato il pericolo e io a quest'ora sarei già fuori
a
cavalcare sulla mia.... >> improvvisamente si
ricordò <<
Oh, no!! Peggy!!! >> si allarmò assumendo il
panico nella
voce.
<<
La tua cavalla sta bene. E' scappata. >> disse Daryl
semplicemente, prima di voltarsi e tornare a studiare gli scaffali
con quel poco di visibilità che aveva e cercando di
affidarsi al
tatto. Voleva rassicurarla, ma era troppo arrabbiato al momento per
cercare di essere pacato, e tutto ciò che diceva risultava
minaccioso e incazzato. Ocean tirò un sospiro di sollievo,
ma non
disse altro. Piano piano stava cominciando a realizzare: era bloccata
in uno sgabuzzino, con fuori un'orda di zombie che mai le avrebbero
permesso di scappare. Era in trappola..se non fosse morta mangiata,
sarebbe morta di fame o di sete.
<<
Forse ho trovato qualcosa. >> comunicò Daryl
con tono pacato,
come se la cosa avesse poca importanza. E forse era così.
Come
sarebbero usciti da lì?
Ocean
sentì armeggiare e poi vide una fioca luce che dapprima
l'accecò,
poi una volta abituata riuscì a riconoscere l'oggetto che
aveva in
mano Daryl: una lampada elettrica da giardino.
<<
Speriamo duri abbastanza la batteria. >> disse ancora
Daryl
forse più a se stesso che alla ragazza e finì il
suo giro di
perlustrazione sfruttando la piccola luce trovata. Ocean si
avvicinò
al muro e si lasciò cadere a terra, seduta, poggiando la
schiena.
Max le si avvicinò e le si accucciò accanto. Era
agitato e
impaurito anche lui, ma sapeva che c'era ben poco da fare,
così si
stese vicino alla sua padrona, stringendosi a lei per ricevere
coccole, calore e conforto. E Ocean non mancò alle
aspettative:
aveva anche lei bisogno di conforto. Ora che l'adrenalina andava
scemando lasciava spazio al sentimento peggiore di tutti: la paura.
Non fece niente per cercare l'uscita, al momento era demoralizzata,
stanca e troppo giù per pensare che forse ci sarebbe stato
un modo
per scappare. In qualche modo, anche se mai l'avrebbe riconosciuto a
se stessa, si mise nelle mani di Daryl e aspettò fosse lui a
trovare
una soluzione. Non per malafede, non per cattiveria o per prigrizia,
semplicemente stava perdendo di coraggio e di forza di
volontà....e
in qualche modo, in una maniera tutta sua, si fidava di Daryl e
sapeva che se mai ci fosse stata una possibilità per loro,
lui
l'avrebbe trovata. Era una persona forte. Questo non era da negare. E
le aveva salvato la vita, anche se questo l'avrebbe negato molto
volentieri.
Lasciò
la testa ricadere in avanti e sentì come un calo di
pressione:
l'adrenalina aveva avuto un calo spaventoso e troppo velocemente,
lasciandole dentro solo tanta debolezza. Gli occhi si annebbiarono,
la testa le girò e con un ultimo sospiro si
lasciò andare e si
addormentò...o forse svenne. Non seppe mai qual'era delle
due cose.
Niente....volevo solo aggiungere un info (importantissimissima!!!! u.u)
Ho messo un'immaginetta a inizio storia, nel capitolo "Presentazione" ^_^
Perchè è importantissimissima? Perchè c'ho perso un'intera mattina a farla!!!! xD e dato che è il mio primo lavoro in Photoshop, e che mi sembra venuto vagamente decente, ne vado orgogliosamente fiera! Indi per cuiii...tutti a vedere l'immagine!!!!
E per i pigri la inserisco qui xD