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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    08/10/2014    1 recensioni
[PostShamballa][RoyEd]
Una serie di sparizioni e comparse misteriose dona una nuova possibilità ai fratelli Elric.
"La ripresa della conoscenza fu, per Edward Elric, dolorosa.
Sentiva il petto alzarsi ed abbassarsi nel tentativo, da parte dei suoi polmoni, di inspirare avidamente aria e, ad ogni movimento, poteva quasi giurare di sentire le proprie costole spaccarsi in mille pezzettini di osso e poi rimettersi assieme come uno scherzo crudele, pronte a farlo soffrire ancora al prossimo inspirare."
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Nuovo personaggio, Roy Mustang, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Go the Distance - Di nuovo a casa'
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GO THE DISTANCE

CAPITOLO 4

Guardandosi attorno con aria vispa, Elycia Hughes entrò nell'atrio dell'ospedale che era ormai tarda serata, la manina stretta a quella della mamma e dello zio acquisito.

Perchè siamo venuti qui?” chiese lei, puntando i grandi occhioni azzurri sul Comandante: “Me lo hai promesso, zio Roy.” s'imbronciò, arricciando il nasino.

A quella vista, il Fuhrer per poco non scoppiò a ridere ma si limitò a sorriderle e a inginocchiarsi per raggiungere la sua altezza: “Voglio farti incontrare due persone che ti vogliono tanto bene e a cui farebbe tanto piacere vederti.” disse.

Ma non potevano venire a casa nostra?” chiese ancora la piccola con espressione dubbiosa.

No, Ely. Si sono fatti male e non possono muoversi di qui.” Gracia giunse in soccorso di Mustang, il quale le fu estremamente grato: non era abituato ad avere a che fare coi bambini, temeva di dire cose che avrebbero potuto turbare la piccola, la quale sgranò gli occhietti e si strinse nelle spalle.

Mamma, allora perché non abbiamo fatto i biscotti? Magari gli sarebbero piaciuti.” chiese quindi alla madre.

Perchè ai dottori non piacciono i biscotti.”

Ma che cosa triste!”

A quel punto, Roy non resistette più e se la caricò in braccio: “Andiamo, che ci stanno aspettando.” concluse, guidando le due.

Ed era vero: poco prima di uscire di casa si era assicurato di chiamare i propri uomini e di avvertirli che stava arrivando con due fanciulle molto speciali al seguito.

Confusi, Jean e Breda avevano cercato di saperne di più ma Mustang li aveva liquidati con un semplice “Vedrete.” e aveva riattaccato.

Ora, con la bambina in braccio e Gracia al fianco, il Comandante percorreva a passo svelto il corridoio deserto che ormai conosceva praticamente a memoria: buffo come un luogo possa diventare rapidamente il centro del tuo mondo nel giro di qualche ora.

Muovendosi rapidamente e con passo silenzioso, i tre visitatori raggiunsero in breve la vetrata che separava il reparto dal resto dell'edificio.

I militari, appena li videro, rivolsero loro un saluto: “Tutto a posto, Comandante.” disse uno dei due, quello che pareva il più giovane, “Falman e gli altri sono ancora dentro e nessuno ha gironzolato da queste parti.”.

Mustang annuì: “Ottimo lavoro, fate buona guardia.” disse, congedandosi infine prima di entrare.

Dopo un'altra manciata di minuti, finalmente raggiunsero le due porte, al cui esterno trovarono Breda e Kain i quali non riuscirono a non lasciarsi sfuggire un sussulto sorpreso nel vedere la coppia di madre e figlia: “Buonasera, ragazzi.” trillò Gracia, sistemandosi lo scialle sulle spalle, “Siamo venuti a vedere come stanno i due animaletti domestici.” sogghignò Roy, prima di voltarsi verso Elycia.

Ti ricordi di Edward e di suo fratello?” le chiese quindi l'uomo.

Alla piccola si illuminarono gli occhi: “Il fratellone Edward?!” esclamò, divincolandosi per scendere: “C'è veramente il fratellone qui dentro?!” chiese, indicando febbrilmente la porta alle spalle dei due soldati.

La mamma le sorrise: “Sì, ma devi stare calma. Si sono fatti male e hanno bisogno di riposare.” disse lei.

Elycia annuì vigorosamente: “Farò pianissimo. Ma voglio vedere il fratellone Edward!” il suo tono non ammetteva repliche.

Breda si lasciò scappare un sorriso: era bello vedere quella peste.

Ti accompagno io, Ely-chan.” si offrì Kain, tendendole la mano: “E' al sicuro con me, Comandante, Gracia-san.” aggiunse il giovane ufficiale.

La vedova Hughes sorrise: “Non potrei immaginare nulla di meglio per lei.” confermò, dando un bacio sulla testa alla figlia prima di farla andare.

Nel corridoio restarono solo i due soldati e la donna mentre tra di loro cadeva un silenzio strano, stanco e pieno di domande e preoccupazioni. Fu infine la voce di Heymans, esausta, a rompere quella fragile tranquillità: “La dottoressa Grunwald è passata un altro paio di volte, Edward è stato definitivamente trasferito in questa stanza assieme ad Alphonse. Ha chiamato Hawkeye-san e ha detto che resterà con Winry-san per stanotte.”

Mustang assorbì le informazioni con estrema rapidità e già la sua mente stava organizzando piani e progettando ordini da dare al più presto: “Ottimo lavoro, ragazzi. Sapevo di poter contare su di voi. Notizie di altri ritrovamenti?”

Il sottoposto scosse la testa: “Niente, abbiamo però richiesto che venisse rafforzata la sorveglianza in giro per la città e Sheska-san dovrebbe già essersi messa al lavoro.”

Allora se è lei ad occuparsi delle cose, sono tranquillo.” decretò infine Mustang, dando il braccio a Gracia: “Vi affido la sorveglianza qui fuori, per qualunque cosa, lanciate una voce e vi raggiungo.” concluse.

§§§

Quando Elycia e il suo accompagnatore entrarono all'interno della stanza, la prima cosa che fece Jean, vedendoli, fu di lanciare la sigaretta fuori dalla finestra e sorridere alla piccola visitatrice: “Guarda guarda chi è venuto a trovarci!” disse a voce tenuta bassa, in considerazione dei due feriti che riposavano.

Con un sorrisino, la bambina annuì e agitò la manina in un cenno di saluto prima di concentrarsi unicamente sul letto più vicino, tra le cui coltri si poteva distinguere il viso pallido del maggiore dei due Elric.

Lasciata la presa sulla mano del militare più giovane della compagnia, ella si avvicinò in silenzio e, sportasi un pochino, accarezzò la fronte del ragazzo davanti a sé: “Edo-nii...” mormorò Elycia, sbirciandone i graffi sul volto, “Aru-nii...” disse ancora, spostando lo sguardo sull'Elric minore, nel letto accanto al fratello.

Le guance di Edward, poi, erano visibilmente arrossate.

Sta male?” chiese lei a voce bassa per evitare di svegliarlo.

Kain si scambiò un'occhiata con i propri colleghi, poi annuì: “Sì, Ely-chan.” mormorò, affiancandola, “Il dottore ha detto che ha un po' di febbre.” aggiunse Jean, avvicinandosi.

Per tutta risposta, la piccola fissò il proprio sguardo sul viso tormentato del ragazzo più grande, lo stesso biondino che aveva conosciuto tanti anni prima, che aveva imparato ad amare come un vero e proprio fratello maggiore; pochi minuti dopo, ella tirò fuori dalla tasca della giacchetta un fazzoletto di stoffa e lo inzuppò nella ciotola lasciata abbandonata sul vicino comodino.

Con cura, Elycia passò la pezza umida e fresca sulla pelle bollente del malato, che trasse un sospiro di sollievo nel sonno.

Visto?” disse lei con un sorriso: “Il fratellone sta meglio adesso.” aggiunse con orgoglio mentre continuava nella sua accurata opera di recare soccorso al ragazzo più grande, la leggera barba incolta – che nessuno sembrava aver ancora avuto tempo di radere – non era un ostacolo eccessivo e, sportasi meglio, la ragazzina riuscì a ripulire anche gli ultimi residui di sangue secco celati da orecchie e capelli spettinati.

La porta alle sue spalle si aprì con un cigolio ma lei non si distrasse e Mustang e Gracia la videro all'opera; stupita e anche un poco commossa, la madre si voltò in direzione del più giovane dei militari per poi staccarsi lentamente dal fianco del Comandante Supremo, avvicinandola.

Mamma, il fratellone ha la febbre.” dichiarò lei a bassa voce non appena la donna la ebbe raggiunta: “Volevo che scendesse un po'...” borbottò.

La donna, con le lacrime agli occhi, non potè più trattenersi: gettò le braccia al collo della figlia e la strinse forte.

Mustang, alle loro spalle, era ugualmente emozionato dalla scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi: sapeva di aver fatto bene a portare lì Elycia, la sua presenza sarebbe stata di sicuro aiuto.

C-Che succede qui?”

Un sobbalzo improvviso accomunò tutti i presenti, che si voltarono di scatto verso i due letti: ma non era stato l'Elric maggiore a parlare – ancora profondamente addormentato – quanto piuttosto Alphonse, i cui occhi erano velati di sonno e confusi; “C-Cosa s-state facendo?” domandò ancora.

Jean sospirò e, con un movimento rapido, gli rimboccò le coperte e gli sistemò meglio il cuscino: “Nulla, Alphonse. Siamo qui per evitare che vi cacciate in qualche altro guaio. E poi, avete una visita.” aggiunse, facendo poi un cenno alla piccola Elycia di raggiungerlo.

Uscita dall'ombra della lampada da tavolo, la bambina mosse qualche timido passo sotto lo sguardo sconvolto di Al: “Ciao, fratellone...” bisbigliò lei, “Come stai?”.

Con aria smarrita, il minore dei due fratelli Elric alzò lo sguardo e il cuore gli si fermò in gola nel vedere Gracia Hughes e i suoi occhi pieni di lacrime.

Ben svegliato, Al-kun.” sussurrò la donna, che aveva imitato la figlia e aveva raggiunto il biondo militare: “Bevi un po'.” disse ancora, porgendogli un bicchiere pieno di acqua fresca.

Al ragazzo tremavano parecchio le mani, così la donna, con fare materno, gli avvicinò il contenitore alle labbra e – sorreggendogli la testa – lo aiutò a bere poche ma sostanziose sorsate: “Va meglio ora, vero?” chiese lei con un sorriso.

Al annuì piano, ancora sconvolto.

Non fare quella faccia da pesce lesso, Al-kun.” rise Jean, dandogli uno scherzoso colpetto alla spalla: “Gracia-san è stata gentile a passarci a trovare!” aggiunse Kain, avvicinandosi al gruppo: “Di nulla, spero che questi ragazzi possano venire a casa nostra, una volta che li avrete rilasciati da questa specie di prigione.”

Parola mia, sono più confortevoli le celle militari.” scherzò Breda.

Una risata a bassa voce serpeggiò tra loro, liberando il petto dell'Elric minore da un considerevole peso.

Visto, mamma?! Dovevamo fare i biscotti!” esclamò Elycia, poggiata coi gomiti sul materasso: “Non preoccuparti, fratellone... Chiederò alla signora dei gatti di farmene un po' e te li porto la prossima volta...” sussurrò con fare cospiratorio.

Alphonse non sapeva chi fosse questa “signora dei gatti” ma non potè non sorridere all'espressione amorevole della bambina.

Il Comandante osservò con aria affettuosa i compagni lì riuniti, che facevano a gara per tenere Alphonse di buon umore, mentre lui stesso, seduto accanto al letto di Acciaio, ne teneva d'occhio la temperatura: aveva dato la propria parola alla dottoressa che non sarebbe successo nient'altro ai quei due ragazzi e aveva tutta l'intenzione di mantenere la parola.

§§§

Sei sicura che non ti dispiaccia ospitarmi per la notte?” chiese Riza dal bagno dell'appartamento della giovane meccanica.

Winry, impegnata a fare il letto nella stanza degli ospiti, non rispose subito ma – una volta finito di mettere a posto i cuscini – la sua voce non aveva la benchè minima sfumatura di incertezza: “Certamente, nessun problema. E' anche un ringraziamento per oggi pomeriggio. Vi sono davvero grata... Per tutto...” disse in un sussurro.

L'ufficiale la raggiunse qualche secondo dopo, pronta per la notte: “Winry-san, l'abbiamo fatto volentieri.” disse lei con una sfumatura di dolcezza nella voce, “Per il Comandante, per noi tutti... Siete importanti. Lo sai.”.

Sì, è che è strano pensare che... Che siano qui... Che siano veramente qui.”.

Riza annuì, si sedette sul letto appena fatto e fece un cenno alla ragazza più giovane di imitarla; Winry si affrettò ad obbedire e, appena ebbe toccato il materasso, venne avvolta dalla stretta possente dell'ufficiale: “Concentrati sul tuo lavoro e vedrai che in men che non si dica usciranno dall'ospedale e tornerà tutto come prima. Abbi solo un po' di pazienza...” le sussurrò.

Aveva sempre avuto a cuore quella ragazza, l'aveva vista diventare una donna meravigliosa davanti ai propri occhi e, per lei, aveva sempre cercato di essere qualcosa il più possibile vicino ad una sorella, sentiva di avere un legame speciale con Winry.

Le era affezionata e voleva che fosse felice.

La giovane artigiana si dimostrò ancora una volta più forte che mai: sciolse l'abbraccio, si sfregò rapidamente gli occhi per cancellare ogni traccia del momento di debolezza appena avuto e scattò in piedi, sorridendole.

Ora torno in laboratorio, c'è ancora molto da fare!” esclamò con decisione: “Stavo pensando di sperimentare un nuovo tipo di metallo con un innesto particolare che dovrebbe essere più leggero e meno doloroso da installare, i nervi sicuramente ne gioveranno e...”

Mentre Winry sembrava tornata la solita e spumeggiante giovane donna di sempre, Riza la ascoltava sorridendo, finalmente rilassata.

§§§

La stanza era buia, fredda e sporca.

In ogni angolo, cartacce, rifiuti e chiazze di inchiostro che si allargavano a vista d'occhio sul logoro parquet davano all'ambiente una nota di degrado non indifferente; per non parlare dell'odore fetido che aleggiava nell'aria, rendendola quasi irrespirabile.

I rantoli che la figura – rannicchiata in un angolo – faceva erano bassi e spezzati, come se le mancasse l'ossigeno.

Stretto nel suo pugno, illuminato dalla fioca luce di una candela consunta, stava un pennino, intriso del sangue delle molteplici ferite che gli percorrevano la mano e il braccio, arabeschi sanguigni che risaltavano sulla pelle pallida che s'intravedeva sotto lo sporco di lunghi giorni trascorsi in quella topaia.

Anche le vesti erano strappate e inservibili ma erano le uniche che possedeva.

Il pennino percorreva il muro di granito, disegnando con un tratto sottile dei segni all'apparenza mistici, figli di una cultura troppo lontana dal mondo che lo aveva accolto, se così si poteva dire.

Nella sua follia, era certo che quel mondo lo avesse rapito, lo avesse strappato alla sua vita e alla sua famiglia, spaventato dal suo potere inenarrabile.

Era stato perseguitato a lungo...

Ricordava il fuoco, le armi che si abbattevano sul suo corpo, egli stesso incapace di difendersi...

E poi la quiete di quel luogo schifido in cui aveva trovato temporaneo rifugio.

Ma lui voleva vendicarsi, vendicarsi su coloro che lo avevano trattato alla stregua di un animale e poi tornare finalmente a casa.

Finì di compilare gli ultimi segni, poi nascose il pennino tra le vesti e infine poggiò ambedue le mani scheletriche e tremanti sul muro; questi splendette per un attimo di una luce sanguigna, illuminando tutto l'ambiente circostante.

Poi una folata di vento violenta spense tutte le candele e la stanza sprofondò nell'oscurità più fitta.

NOTE DELL'AUTRICE

Capitolo più corto del solito perchè, a partire dal prossimo, si entra nel vivo della storia: ma attenzione, non è tutto oro quel che luccica: non fidatevi subito del vostro istinto e fate attenzione ai colpi di sciena.

Grazie a Nemesi e Lelouch e santa sia la mia beta Kurai.

   
 
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