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Autore: _maya_chan_    08/10/2014    1 recensioni
Laertia, uno dei tanti regni che compongono il Grande Continente. Un regno in cui, come ovunque, cozzano ricchezza e povertà. Nonostante la miseria non sia un male divagante, ce ne sono molti altri che minacciano il regno. Almeno secondo il regnante, un uomo misterioso che mai è stato visto dal suo popolo. Primo tra tutti, lo spettro onnipresente della stregoneria. Ormai nessuno si fida del suo prossimo, chiunque è un possibile figlio del demonio. Le accuse piovono dal cielo, e i Giustizieri del Demonio sono certamente pieni di lavoro. Ma non basta. Il reame è troppo lento, le esecuzioni non sono pubbliche e aumentano i numeri della morti, magari di innocenti, causati dai concittadini delle vittime. Come aumentano i numeri di cadaveri scomparsi, di fanciulle senza tutore che badano a loro stesse e di misteriosi eventi senza spiegazione. Ma chi c'è dietro? Cosa nasconde il re? Perché mai le esecuzioni non sono pubbliche?
In un mondo in cui la magia è presente in ogni angolo senza mai essere vista, in cui essa è proibita, riuscire a sopravvivere è l'unico obbiettivo di chi è costretto a vivere nell'ombra. Ma non tutti sono disposti a rimanere seduti con sempre più presenti ingiustizie.
[Aggiornamenti poco frequenti]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nyotalia, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
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Capitolo 1

 

Sbatté le palpebre un paio di volte. La luce del sole era così fastidiosa... non la lasciava dormire in pace. Mugolò qualcosa mentre chiudeva nuovamente gli occhi, tentando di girarsi su un fianco. Non le piaceva dormire sulla schiena. Peccato che un'intensa fitta di dolore al fianco la dissuadé dal continuare a tentare di trovare una posizione migliore. E la svegliò anche del tutto, come se non bastasse.

Aprì gli occhi verde mare, ancora assonata, e fissò il bianco soffitto della sua stanza. “Non mi girerei troppo, se fossi in te. Hai delle brutte ferite.” una voce maschile raggiunse la sua mente ancora intorpidita. “Ok...” rispose la donna dai corti capelli biondi, girando la testa verso l'uomo che aveva parlato. Biondo, occhi verdi, sopracciglia esageratamente folte... un volto sconosciuto. La ragazza chiuse per un attimo gli occhi, prima di riuscire a processare le informazioni.

Si sedette di scatto, tirando il morbido cuscino direttamente in faccia al ragazzo. “Chi cavolo sei?! Che ci fai nella mia stanza?!” urlò la bionda, tentando di ignorare le scariche di dolore che muovere il corpo le provocava. Se non fosse stata in quella situazione, avrebbe riso vedendo la faccia che il biondino esibiva in quel momento. Era buffa, ebete e stupita. E si tramutò rapidamente in una faccia decisamente arrabbiata. La ventenne capì che si trovava in una situazione potenzialmente letale. Quindi fece tutto quel che poteva per tirarsene fuori.

Gettò il secondo cuscino al ragazzo, posizionato in piedi di fianco alla porta, e saltò giù dal morbido letto su cui si trovava. Cercò di correre fuori dalla stanza, solo per cadere faccia a terra appena mosse il primo passo. Gemette per il dolore. Il ragazzo la guardò contorcersi a terra e sbuffò seccato. “Immagino che non sia facile per te, quindi posso capire il tuo comportamento. Ti spiegherò tutto, ma prima devi riposarti ancora un po'.” disse il giovane dagli occhi verdi, mentre prendeva la ragazza tra le braccia e la adagiava nuovamente sul morbido letto. Si chinò a riprendere i cuscini e li risistemò. “Sei comoda?” chiese alla sua ospite, cercando di farla sentire a suo agio.

La bionda lo guardava ancora sulla difensiva, ma alla fine, con un sospiro, si decise a parlare. “Sì, grazie. Ma come ho fatto a finire in questo stato? Perché sei a casa mia?” rispose, anche dando voce ai suoi dubbi. “Smettila di essere diffidente. Se ti volevo morta, non ti avrei curata. Se ti volevo uccidere, l'avrei già fatto. E non puoi comunque scappare, quindi stai buona.” ordinò seccato il ragazzo, senza dare spiegazioni di alcun genere.

La ventenne sbuffò, arrabbiata, sbadigliando subito dopo. Era terribilmente stanca, sentiva le palpebre che si abbassavano. Mentre, con molta fatica, cercava di rimanere sveglia, vide che il misterioso ragazzo stava uscendo dalla stanza. “Chi sei?” chiese nuovamente, con un filo di voce. Sorprendentemente, ricevette una risposta. “Arthur.”

E poi lei chiuse gli occhi.

 

* * *

“Arthur?” chiamò una donna stesa in un imponente letto posto al centro di un camera. Si era appena svegliata, e voleva essere sicura di non aver sognato tutto. “Sono qui.” le rispose una voce familiare. Il biondo entrò nella stanza tenendo in mano un vassoio su cui erano posati un paio di piatti e delle tazze. “Quanto ho dormito?” chiese laconica la ragazza, guardandolo di sottecchi. “Abbastanza. Quattro giorni.” rispose Arthur, un lieve sorriso sul volto mentre posava la colazione sul comodino di fianco al letto.

“Vuoi avvelenarmi?” domandò annoiata la donna, osservando il cibo che le veniva offerto. Una strana aura pericolosa circondava il vassoio. Il ragazzo la guardò, boccheggiando. Poi fece una faccia che, la bionda si trovò ad ammettere, era molto carina. Imbronciato e con le guance arrossate, stava guardando da un'altra parte, evidentemente imbarazzato. “Guarda che la mia cucina è buona...” bofonchiò, poco convinto. “E poi dovresti essermi grato per averti salvato la vita!” aggiunse, saltando in piedi e gesticolando come un maniaco.

La ragazza si esibì in un'espressione interrogativa. “Tu eri sul punto di morte; eri stata accusata di stregoneria da qualcuno e ti hanno lapidata! Ma mi hai chiesto di salvarti e io l'ho fatto!” spiegò orgoglioso Arthur, mettendosi le mani sui fianchi. “E come l'avresti fatto precisamente?” chiese per nulla convinta la bionda, con un sopracciglio elegantemente inarcato. “Con la magia, ovvio! Certo, c'è un prezzo da pagare perché io ti salvi; diventerai una mia apprendista e non potrai mai lasciarmi!” affermò il ragazzo, apparentemente molto felice, porgendole un piatto ripieno di quelli che sembravano biscotti con una tazza di latte caldo.

“Certo, come no. E poi andremo insieme a cavalcare gli unicorni nel mondo delle favole insieme a tante allegre fatine!” commentò acida la bionda, prendendo quello che il ragazzo le porgeva e sorseggiando il latte. “Se proprio ci tieni, ma sappi che è più pericoloso d quel che sembra.” asserì Arthur, addentando un biscotto. Ingerendolo a fatica, tra l'altro, visto che sembrava sul punto di vomitarlo. “Stai dicendo sul serio?” domandò la ragazza, come se stesse parlando con uno psicopatico. “In fondo, spiegherebbe quelle cose che ti volano attorno.” commentò con fare disinteressato subito dopo, alzando le spalle. Si stava riferendo agli strani esserini che giravano intorno al ragazzo. Non sembrava, comunque, che gli importasse più di tanto di quel che il biondo diceva.

Con un sospiro, Arthur impose le mani sui biscotti. Si suffuse una luce azzurrina e dopo poco al posto dei precedenti biscotti si notavano dei frollini dall'aspetto e il profumo incantevole. “Non è proprio come del cibo normale, ma dovrebbe essere mangiabile...” disse, un po' dispiaciuto. La bionda lo guardava a bocca aperta, sinceramente stupita. “Davvero non potrò più allontanarmi da te?” chiese poi, pensierosa. Il biondo abbassò lo sguardo, masticando velocemente un biscotto. “In realtà devi rimanere con me solo fino alla fine dell'apprendistato di base... poi se vuoi, potresti studiare altri tipi di magia con me o con qualche altro mago..” ammise rassegnato il giovane.

La bionda annuì comprensiva. “Ho sempre pensato che essere una maga sarebbe stato bello e che non voleva dire essere figlia del demonio... ma prima avrei delle richieste. Primo: io cucino; non so proprio come hai fatto a sopravvivere fin'ora. Secondo, chiamami Lily. Terzo, mi servono dei vestiti, meno femminili possibili ma della mia taglia. Quarto, ho bisogno di un bagno. Quinto, dopo mi ricontrollerai le ferite.” ordinò Lily, alzandosi con una smorfia di dolore sul volto.

“Sei sicura di star bene?” chiese Arthur preoccupato, pronto a sorreggere l'apprendista, solo per venire scansato bruscamente. “Certo che sì! Preparami le cose, per favore...” suonava più un ordine che una richiesta, ma il ragazzo fu pronto ad eseguirlo. Uscì dalla stanza e presto si udì lo scrosciare dell'acqua. La bionda si alzò, traballando, e si diresse verso il bagno. Arthur stava già sistemando i vestiti che le aveva procurato su una sedia, mentre l'acqua calda riempiva la vasca. Il ragazzo se ne andò subito, lasciandola sola.

 

* * *

Riuscì a fare il bagno in meno tempo di quel che pensava. L'acqua calda era un sollievo per la sua pelle, e non l'avrebbe mai lasciata se fosse stato per lei. Sospirò ricordando il piacevole tepore che la circondava mentre si immergeva nella vasca. “Arthur, le ferite!” chiamò, uscendo dal bagno, avviandosi verso la camera dove si era svegliata. Sapeva che era stupido fidarsi di lui, era un completo sconosciuto. Ma la situazione era più vantaggiosa in quel modo e le spiegazioni di lui reggevano, insomma, più o meno, quindi non era una pessima scelta al momento. E poi era terribilmente curiosa. Voleva sapere di più sugli esserini che giravano intorno al ragazzo, voleva sapere di più su di lui, voleva sapere di più sulla magia. Si ricordava di quel che era successo; e sapeva fin troppo bene che era un miracolo se era viva. Un miracolo, o una magia.

“Sei già qui!” osservò, piacevolmente sorpresa, vedendo il ragazzo seduto elegantemente su una poltrona. Sembrava un fiero aristocratico, consapevole di esserlo. Ridacchiò al pensiero di vederlo vestito come un uomo importante. Il biondo le si avvicinò e lei non poté fare a meno di chiedersi perché fosse tanto imbarazzato. “Ehm... le ferite più gravi dovrebbero essere solo due... alla testa e al fianco...” mormorò a disagio il ragazzo, torturandosi le mani. “Come mai questo cambio di atteggiamento? L'hai già fatto, scommetto!” commentò Lily, alzando gli occhi al cielo. Quel ragazzo si faceva troppi problemi.

Tirò su la camicia bianca che le era stata prestata, fino a che la ferita al fianco non fu visibile. Il ragazzo esaminò tutte le ferite, da quelle che erano più gravi a quelle che lo erano di meno. Il responso fu positivo: anche se non erano del tutto guarite, stava sicuramente meglio. Arthur gli fece delle raccomandazioni. Le solite cose. 'Non sforzarti troppo, sta attenta...'. Tipico. “Sì, lo so. Grazie mille per le delucidazioni.” disse, annoiata, mentre saltava giù dal letto.

“Mi hai almeno ascoltato?” sbottò il biondo, mentre la ragazza si sgranchiva gli arti.

“Certo. Ma erano raccomandazioni inutili e noiose, non trovi?” ribatté innocentemente Lily, con un sorriso sornione. Era evidente che il ragazzo non era d'accordo con lei, ma qualcosa lo trattenne dal dirglielo in faccia. Si chiese cosa, di preciso. Poi pensò anche che aveva un carattere strano. S'imbarazzava e arrabbiava facilmente. Magari era solo una maschera e sotto era completamente diverso, ma lo conosceva da così poco- il che le fece tornare in mente che era da pazzi fidarsi- e non poteva certo dirlo. “Sei testarda...” disse il ragazzo, sospirando, arruffandosi i capelli con un'espressione infastidita sul viso. La giovane ridacchiò, contagiando anche Arthur che non poté trattenere un lieve sorriso.

 

* * *

“Ma quei cosi non ti danno fastidio?” chiese Lily al ragazzo seduto dall'altra parte del tavolo, prima di addentare un altro boccone del pranzo delizioso che lei stessa aveva preparato. Gli esserini che solitamente giravano intorno al giovane erano ora impegnati a tirargli con insistenza delle ciocche dei capelli biondi, probabilmente tentando di attirare la sua attenzione. Non che lui gliela stesse prestando, la tanto desiderata attenzione. “Non sono dei cosi, sono dei pixie. Ma non direi che mi danno fastidio. Ormai ci sono abituato.” le rispose, cercando comunque di scacciare uno dei pixie con la mano destra. “Contento tu...” commentò la ragazza, ridendo sotto i baffi. Si vedeva lontano un chilometro che era sul punto di commettere un pixiecidio. “Guarda che non devi comportarti come un gentiluomo solo per farti bello davanti a me!” aggiunse poco dopo, guardandolo con un'espressione furbetta.

“Non lo sto facendo per te! Io sono un vero gentiluomo! E poi ho detto che non mi danno fastidio...” ribatté il ragazzo, con un evidente vena pulsante sulla fronte, probabilmente dovuta sia ai commenti sgraditi della bionda sia alle dispettose fatine che non accennavamo a lasciarlo mangiare in pace il suo pranzo, per una volta delizioso. La ragazza si lasciò andare in un'allegra risata vedendo come il biondo avesse agguantato una delle fatine e la stesse 'gentilmente' stritolando.

“Forse stanno cercando di dirti qualcosa, non credi?” suggerì Lily, stiracchiandosi. Aveva appena finito di mangiare. “Oh! In effetti potresti anche avere ragione...” rifletté Arthur. Avrebbe voluto pensarci prima, e per primo. Se fosse stato vero si sarebbe risparmiato praticamente un'ora di tormenti. “Ma come credi di riuscire a capirli? Insomma...” la ventenne non fece in tempo a finire la frase che venne interrotta dal compagno. “Lena.” pronunciò, accompagnando le sue parole con un gesto della mano. La bionda lo guardava interrogativa. Non stava succedendo nulla.

Almeno finché, dopo essere stata avvolta da una luce azzurrina, una delle fatine si trasformò in una creatura umanoide. Lily la fissò a bocca aperta, sotto lo sguardo soddisfatto del mago. La fata era bellissima, ma evidentemente non umana. La pelle era di un intenso indaco- come se non bastassero le antenne e le orecchie esageratamente appuntite a far capire che non era della loro stessa specie-. Lena si spostò aggraziatamente una ciocca dei lunghi e mossi capelli viola dietro ad un orecchio, rivelando così gli occhi, di un verde talmente scuro da sembrare nero.

“Ah, finalmente mi hai capito! Avevo proprio bisogno di sgranchirmi le gambe!” esclamò la fata, abbracciando da dietro il mago, ignorando completamente la ragazza, innocente spettatrice.

“La tua fidanzata è una fata?” fu la prima domanda che fece la giovane, ottenendo come risultato una cristallina risata- ovviamente appartenente alla fata- e un imbarazzato biondo che urlava che non c'era nemmeno una remota possibilità che una cosa del genere potesse accadere. Alla fine, con un sorrisetto, la fata si decise a spiegare la situazione alla nuova arrivata.

“Ci sono molte cose che non sai, vero? Te le spiegherò io, allora. Uno dei vantaggi di essere un mago è la possibilità di stringere dei contratti con diversi tipi di creature; quello che avete tu e lui è un tipo. Quello che ha con noi pixie è un altro. Anche i metodi con cui lo ha stretto sono diversi: ha fatto in modo che fossimo in debito con lui, ci ha catturati oppure ci siamo uniti di nostra spontanea volontà. Fatto sta, ora siamo i suoi 'aiutanti'. Ci dona un nome, che diventerà la chiave per attivare la nostra forma umana. Per ora ti basta sapere questo.” le disse la fata, gentilmente.

La bionda annuì, dopo aver compreso più o meno la situazione. Il ragazzo aprì la bocca, cercando di dire qualcosa. Peccato che non fece in tempo. “Era ora che Iggy si decidesse a prendere un nuovo apprendista! Era un bel po' che non ne prendeva uno... essere da soli per così tanto tempo non fa affatto bene...” esclamò allegra Lena, battendo le mani. La bionda ridacchiò. “Iggy?” ripeté, guardando con un sopracciglio inarcato Arthur, che fingeva di non sentire e guardava da un'altra parte.

“Ehm... che volevi dire Lena?” chiese il biondo, cambiando repentinamente argomento, dopo essersi schiarito la voce. “Ah! Giusto. E' arrivato un messaggio della congrega. Tra tre mesi si terrà un incontro a casa tua, dato che è il tuo turno. Insomma, ti devi organizzare. Mi chiedevo se devo avvisarli che hai un apprendista, se accetti e se devo inviare i saluti a qualcuno in particolare, o qualsiasi altra cosa, ecco.” spiegò la blu, inclinando la testa da un lato per emulare un'espressione interrogativa umana in modo migliore.

Arthur sbuffò prima di rispondere. “Non è che posso rifiutare, tristemente. Accenna al fatto che ho un'apprendista, se vuoi. Chiedi se stanno bene e salutali.” ordinò il ragazzo, con un tono svogliato e annoiato. Lena si congedò con un cenno del capo, seguita dagli altri pixie. “Una congrega?” chiese Lily, con uno sguardo interrogativo che richiedeva spiegazione. “Essere isolati quando si è dei maghi non è mai una buona cosa... quindi abbiamo creato un gruppo in cui ci supportiamo a vicenda. Viviamo tutti abbastanza vicini, e ci incontriamo una volta ogni tre mesi al massimo.” spiegò Arthur, facendo qualche piccolo giochetto con la magia mentre parlava. La ventenne provò a imitare i suoi gesti, senza successo. La cosa non la rese molto felice, ed era anche abbastanza evidente. Il biondo sorrise, scuotendo la testa. Davvero credeva di riuscire a usare la magia senza che nessuno le spiegasse come fare?

“Quindi hai degli amici alla fine!” esclamò poco dopo la ragazza, facendo rimanere di sasso il povero ventenne, che non aveva evidentemente preso molto bene il fatto che l'apprendista lo considerasse un povero asociale. “C-certo!” esclamò lui, imbarazzato. E anche poco convincente. Lily lo guardò con sguardo piatto. “Bugiardooo. Sembra quasi che tu non abbia questo gran rapporto con i tuoi compagni.” commentò canzonatoria la ragazza. “N-non è vero... solo che non sono gente normale e...” non finì la frase, ma la lasciò in sospeso.

“Nemmeno tu lo sei, per questo.” asserì la bionda, con un sorrisetto sornione sul volto. Molto signorilmente, il ragazzo incassò il colpo solo con un'espressione stupita- forse anche un po' imbronciata- e si alzò per iniziare a mettere a posto i piatti. Lily non si mosse. Chissà perché non usava la magia per farlo.

 

* * *

 

“Vuoi già iniziare ad addestrarmi?” chiese incredula Lily, ricevendo come risposta un cenno della testa del giovane. “Prima s'inizia, meglio è. Poi voglio fare bella figura con gli altri quando arrivano.” spiegò il mago, con una strana luce negli occhi. Per qualche motivo la ragazza pensò che era meglio non contraddirlo.

La prima cosa che il giovane le fece fare fu camminare. Il che non le sembrò molto furbo. Sarebbe potuta scappare. E fu quasi tentata. Ma dove sarebbe andata? E senza nessun medicamento. Inoltre, aveva il sospetto che ci fosse sotto qualcosa. Non l'aveva seguita. Strano. E poi, a che le serviva camminare per imparare la magia non lo capiva, davvero. Assorta com'era nei suoi pensieri non si accorse dell'iridescente barriera azzurra che si trovò davanti, finendo con la faccia spiaccicata contro quello strano muro.

“Ma che...?” si chiese, stupita, massaggiandosi la guancia. “Te l'ho detto, no? Non poi allontanarti da me, questa barriera te lo impedisce. E quando la tocchi, ricevo una specie di segnale. Non puoi andartene se io non ti lascio.” le spiegò Arthur, apparso in quel momento dietro di lei.

La bionda inarcò un sopracciglio, come per chiedergli perché l'avesse precisato, ma preferì non approfondire l'argomento. “Bene, Iggy. Non so a cosa mi serve, ma non importa. Facciamo qualcosa di veramente utile o no?”

Il biondo aprì la bocca, ma Lily non scoprì mai quello che il ragazzo le avrebbe voluto dire, perché la sua bocca si richiuse senza emettere nemmeno un suono.

Forse l'aveva fatto per toglierle subito dalla testa l'idea di scappare. Poco importava; non le interessava. Non poteva riuscirci se non poteva stare da sola. Prima avrebbe chiuso il contratto che aveva con quello strano ragazzo, meglio sarebbe stato, visto che sarebbe tornata libera.

“Iniziamo.” disse Arthur, porgendole una mano che la ragazza prese con esitazione. Un secondo dopo, erano entrambi spariti.

* * *

“Non rompere il cazzo, bastardo.” “Lovi, sto solo cercando di farti ragionare!” “Nessuno te l'ha chiesto, idiota!”.

La ragazza stravaccata sulla poltrona sospirò, cercando di ignorare i suoi fratelli che erano intenti a litigare, come al solito. Cerco di sistemarsi i capelli, lunghi fino a poco sotto le spalle e mossi, in modo che non si spettinassero troppo. Diede un'occhiata ai suoi parenti. Dalla sua posizione si notavano solo i loro capelli, castani come i suoi, anche se quelli della femmina erano un po' più chiari rispetto agli altri membri della famiglia.

Chiuse gli occhi ambrati, sprofondando ancora di più nella vellutata stoffa rossa. “Heey! Non c'è bisogno di litigare!” esclamò dalla poltrona, con un sorriso che i suoi fratelli non potevano vedere.

“Lovino non vuole capire che deve venire alla riunione della congrega!” esclamò il più alto tra i due litiganti, un ragazzo dalla pelle ambrata. I capelli castani, probabilmente quelli dalla tonalità più scura, gli incorniciavano il viso e gli occhi verdi brillavano di una luce allegra, persino durante quella discussione col fratello.

“Ma chiudete il becco tutti e due, cacchio! Sia tu, Antonio, che tu, Alice! Nessuno vi ha chiesto di impicciarvi nei cazzi miei, non credete?” replicò rabbioso l'ultimo dei tre fratelli, quasi ringhiando. Anche lui aveva i capelli castani e gli occhi verdi, ma era sostanzialmente più pallido e basso del fratello.

“Oh, ma certo che Lovi verrà!” le parole della ragazza sembravano definitive, erano degli ordini nascosti dietro un sorriso. Si era messa in ginocchio sul cuscino della poltrona, girata in modo che i fratelli fossero nel suo campo visivo. Questa volta Lovino non ribatté, si limitò a stringere le labbra con un'espressione arrabbiata e a lanciare occhiate che avrebbero potuto uccidere agli altri membri della famiglia.

Si gettò anche lui su una sedia, il più possibile lontano da Antonio e Alice, sbuffando rumorosamente. “Che palle.” affermò, sconfitto. Gli altri due si scambiarono un sorriso, prima d'intraprendere una nuova conversazione.

* * *

“Ah, accidenti a voi due! Vincere è impossibile...” esclamò frustrato un ragazzo biondo, gettando sul tavolo le carte che fino a quel momento reggeva in mano. Gli occhi azzurri lanciavano lampi in direzione delle altre due giocatrici, anch'esse bionde. Una delle due, quella coi capelli color del miele, ridacchiò, gli occhi verdi che brillavano.

Alfred era un bambinone, ma di sicuro non amava perdere. Raccolse le carte dal tavolo, sospirando. In effetti, però, sua sorella era un vero fenomeno. E non lasciava vincere nessun altro.

Lanciò un'occhiata alla ragazza seduta di fianco a lei. Pensò che si assomigliavano, almeno un pochino. Insomma, avevano gli stessi occhi. Però i capelli di sua sorella erano decisamente più chiari rispetto ai suoi.

Mentre osservava, lei si portò elegantemente la pipa alla bocca, emettendo piccoli anelli di fumo. “Belle, potresti dare le carte? Dobbiamo giocare.” le disse la maggiore, allontanando per un secondo la pipa dalle labbra.

“Ah, no! Scordatelo, Artienne!” esclamò l'unico uomo della combriccola, incrociando le braccia sotto al petto. “Daii Alfred! Ti prego, scommetto che questa è la volta buona!” lo pregò Belle, cercando di essere il più adorabile possibile. Dopo solo un paio di minuti il ragazzo cedette e sul volto di Artienne si formò un piccolo accenno di sorriso. Le Jenssen avevano un tocco speciale, di sicuro.

“Giuro che questa volta vincerò!” urlò il ragazzo, gli occhi azzurri accesi di una nuova determinazione, sorridendo e ridendo rumorosamente. Anche Belle si unì al ragazzo, ma per motivi diversi. La stessa scena andava avanti dalla prima partita e fin'ora Alfred aveva vinto la bellezza di due partite, ma continuava a sperare. Lo trovava buffo il suo comportamento. E non era cambiato molto dalla prima volta che si erano visti, questo era sicuro.

* * *

“Se io vinco, tu resterai con me per sempre.” intimò una pallida e bionda ragazza, fissando il fratello dall'altro capo del tavolo. La sua espressione era a metà tra lo spaventato e l'esasperato, mentre scuoteva lentamente la testa.

L'unico maschio presente si passò nervosamente la mano tra i capelli, talmente chiari da poter essere considerati bianchi, fissando la sorella con gli occhi viola vigili e spalancati.

“Dovresti essere meno dipendente da me, sai Nat.” bofonchiò lui, sottovoce, cercando di rifiutare la scommessa nel modo più delicato possibile. “Io non sono dipendente da te. Semplicemente, non voglio che tu te ne vada, Ivan.” replicò la giovane donna, abbassando lo sguardo per nascondere le sue gote teneramente arrossate.

Il fratello la guardò, cercando nel suo viso il motivo per cui riteneva le due cose tanto differenti. Non lo trovò e si imitò a lasciar fuggire la sua ansia con un profondo sospiro. “Non vedo la differenza. Ma, comunque, non sarà una partita di scacchi a decidere il mio destino. Anche perché” le rispose onestamente “Non sono certo che sia una promessa che posso mantenere”.

Improvvisamente il tabellone su cui erano disposte le pedine gli sembrava immensamente più interessante del volto fin troppo glaciale di Natasha. Sentiva in ogni caso il suo sguardo, freddo come le montagne da cui erano venuti, che lo scrutava, cercando qualcosa che non conosceva e che non era certo di poterle dare.

* * *

“Dovremmo andare in città al più presto, non credete anche voi?” “Ma anche no, Francis. Non ho voglia di accompagnarti nei tuoi giri alla ricerca di ragazze. O ragazzi.” “La bellezza rimane tale, che sia femminile o maschile.” “A me va bene! Sono certo che nessuna donna potrà resisterci!” “Chiudi la bocca, Gilbert.” “Eliza, non esagerare con le padellate!”.

Una classica conversazione, una di quelle che avvenivano spesso in quella casa. Era tentata di indietreggiare e nascondersi da qualche parte, ma Eliza l'avrebbe trovata per farla parteggiare con lei contro i due uomini di casa. Si arricciò la punta di una delle sue codine castane intorno al dito, guardando i suoi compagni con gli occhi marroni socchiusi.

C'era la sua ancora di salvezza, Eliza, che con aria furiosa minacciava i ragazzi con una padella. Gli occhi verdi erano sempre illuminati alla naturale fierezza della ragazza, accompagnati dai lunghi capelli castani che le ricadevano sulle spalle. Senza di lei, sarebbe già morta con quei due.

Poi c'era Gilbert un ragazzo albino continuamente maltrattato da Eliza e infine Francis, l'altro maschio, biondo e con gli occhi azzurri.

La convivenza tra di loro era difficile, estremamente difficile. Non andavano d'accordo, erano continuamente sul piede di guerra e litigavano per ogni sciocchezza. Ma tutto sommato, era sempre divertente.

“Celine, scommetto che tu non hai affatto voglia di andare in città e doverli aspettare delle ore, vero?” le chiese Eliza, cercando manforte nell'amica. Celine conosceva la risposta a memoria, dato che era sempre quella. “Eliza ha ragione, l'ultima volta non è andata a finire bene. Non ho nessuna voglia di ripetere l'esperienza”.

Questione chiusa, come ogni volta. I due uomini si andavano a sedere sul divano, fingendosi offesi e pronti a parlare male di loro fino allo sfinimento mentre lei e l'altra castana fuggivano in cucina, pronte a lamentarsi dei ragazzi mentre preparavano a mangiare.

Alla fine, durante la cena, avrebbero promesso di discuterne il giorno dopo. Celine sorrise. Le andava bene così, non avrebbe cambiato nulla.

* * *

“ E quindi, questo è quanto. Avete ben chiari gli ordini, soldati?” un'esclamazione d'assenso unanime si alzò dalla folla di ventenni, sia maschi che femmine, tutti sull'attenti.

Le divise si confondevano con le ombre della stanza, rendendo il più possibile anonimi i ragazzi incappucciati. L'uomo che fino a quel momento aveva parlato celava la soddisfazione di trovarsi davanti una squadra tanto ben disposta nei suoi confronti dietro un'austera maschera di severità.

“Bene. Ora sparite, voglio parlare con l'elité.” ordinò, osservando con piacere come la maggior parte dei giovani si apprestasse ad andarsene, con la precisione e la meccanicità nei movimenti di un'invenzione dell'uomo. Rimaneva un gruppetto, formato da una decina di elementi, ancora silenziosi e scattanti. Li squadrò, come se potesse vedere sotto tutto il nero che indossavano.

“Mi aspetto molto da voi, che questo si chiaro. Un singolo errore e pagherete con la vita. Fin'ora vi abbiamo risparmiati, ma sia ben chiaro, non avrete alcun trattamento favorevole.” era stato chiaro e conciso, tuttavia non vide segni d'esitazione nella postura delle macchine più perfette che avessero creato. L'accenno di un sorriso si fece strada sul suo volto, mentre si accingeva a spiegare quel che era il loro particolare dovere.

 

Angolo autrice:

Eccomi tornata, finalmente!

Sono riuscita a finire il primo capitolo, anche se devo ammettere che non mi soddisfa del tutto. L'ho pubblicato comunque, ma se farà troppo schifo lo riscriverò.

Questa storia mi sta prendendo molto, anche se sono indietro rispetto al punto in cui volevo arrivare.

Come avete potuto notare, i protagonisti sono Arthur e Lily (alias Inghilterra e Liechtenstein, per chi non l'avesse capito), almeno in questo capitolo. Ho comunque cercato di dedicare un po' di spazio agli altri personaggi di rilievo, cercando di darvi un'idea su di loro, sulle famiglie eccetera eccetera.

So che sono OOC, ma io ho messo l'avviso, quindi teoricamente non mi potete dire nulla. E poi ho intenzione di spiegarvi il perché più avanti, quando si approfondiranno i passati dei protagonisti.

Non so che dire... direi che basta!

Allora, ringrazio Minori-chan per aver recensito e per aver inserito la storia tra le preferite e ringrazio anche tutti quelli che hanno letto solamente (non credo che Micchan abbia fatto 83 visite da sola ^^ almeno spero!)

Ah, Micchan, devo scusarmi per l'enorme lista di coppie assurde che ti ho inviato, ma se ti avessi dato le coppie che shippo, sarebbe stato ovvio quali avevo intenzione di inserire e ti avrebbe rovinato la sorpresa XD Ciò non toglie che potrei accoppiare Germania e Taiwan se mi andasse di farlo xD

Bye!

Maya-chan

  
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