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Autore: saramermaid    08/10/2014    1 recensioni
Thadastian | Mini Long | Bas!The Flash
Dal testo:
"E frattanto mentre il suo respiro diventava regolare ed il suo petto si alzava ed abbassava per incamerare aria, Sebastian non sapeva nemmeno lontanamente quanto quell’incontro con Harwood avrebbe sconvolto radicalmente sia la sua vita che quella dell’altro, ma lo avrebbe capito molto presto e forse quello in fondo era semplicemente il loro personale punto di partenza. "
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Superheroes


Capitolo Secondo






Alla mia Twin,
che non vedeva l’ora di leggere questa storia
e che è il Thad del mio Sebastian.
Ti voglio bene ❤









L’odore del caffè bollente che stringeva tra le mani gli colpiva le narici ad ogni passo, permeando i corridoi con quell’aroma intenso e forte in grado di incantare qualsiasi buon americano che si rispetti. Non aveva dormito molto quella notte e, puntualmente, quando sembrava sul punto di abbandonarsi del tutto al sonno il consueto paio di occhi color smeraldo gli tornava alla mente. Thad sospirò fermandosi accanto alla porta blindata e passando il tesserino magnetico lungo la barra metallica.

Le porte si aprirono con un leggero Biip e le sue sopracciglia si aggrottarono nel constatare il clima di relativa quiete che permeava nel laboratorio. Contando se stesso, i ricercatori pronti ad un’intensa sessione di lavoro erano in tutto meno di una decina rispetto all’usuale numero elevato. Tuttavia con ancora la fronte corrugata si diresse verso la sua scrivania, premurandosi di indossare il camice bianco e gli occhiali da vista che usava solo in circostanze come quella.

Fortunatamente almeno per quel giorno avrebbe potuto contare sul sostegno e la compagnia del suo collega nonché migliore amico iperattivo ed esuberante. Lui e Jeff si conoscevano dai tempi del liceo, erano praticamente cresciuti insieme e se non fosse stato per l’opposto colore dei tratti somatici – carnagione scura, capelli mori con occhi scuri per Thad, carnagione chiara con capelli biondi ed occhi castani per Jeff – li avrebbero certamente scambiati per fratelli.

«A giudicare da quelle occhiaie anti estetiche direi che non hai dormito e quello sono sicuro è il terzo caffè della giornata.» Proruppe Jeff con sguardo eloquente, ruotando la sedia girevole per poterlo osservare meglio.

Thad si lasciò andare al secondo sospiro in meno di dieci minuti scuotendo la testa in segno di assenso. «Avevo quasi dimenticato di avere un veggente come migliore amico. Buongiorno anche a te Jeffie.» Rispose con tono divertito accomodandosi accanto al biondino.

La risata dell’altro si espanse nella stanza facendo voltare un paio di teste nella loro direzione, ma Jeff non se ne curò affatto. «Thaddy conosco vita, morte e miracoli di te. So persino quante volte vai al bagno, quando hai perso la verginità e com’è stato avere il primo orgas- Ouch! Perché diavolo mi hai colpito?» Esclamò massaggiandosi il braccio all’altezza del gomito.

«Per quanto ti voglia bene vorrei evitare che mi sputtani davanti a tutti i nostri colleghi. Quindi tieni la bocca a posto.» Chiarì il moro posando il bicchiere di carta, contenente il caffè, sul ripiano della scrivania.

Jeff alzò gli occhi al cielo di rimando, puntandogli un dito contro. «Se non ricordo male hai anche avuto il piacere di provarla la mia bocca, Thaddy. Ora non fare tanto la schizzinoso!» Terminò con tono ovvio incrociando poi le braccia tra loro.

A quelle parole le labbra del moro si sollevarono aprendosi in un sorriso di ilarità; quel piccolo particolare era accaduto durante il loro primo anno di college quando lui era ancora confuso circa la sua sessualità mentre Jeff aveva già fatto coming out da tempo. Thad ricordava bene quel giorno perché era stato il più brutto della sua vita; il suo primo esame era stato un fallimento ed aveva rotto da poco con la sua fidanzata storica. E quando Jeff era tornato nell’appartamento che condividevano lo aveva trovato avvolto tra i plaid del divano con un kilo di gelato stretto tra le mani.

In quell’occasione finalmente Thad era riuscito a buttar fuori tutto quello che da tempo rifiutava di ammettere anche a se stesso e, dopo una quantità industriale di lacrime versate stretto tra le braccia di Jeff, era stato quasi naturale sporgersi per baciarlo. Tuttavia gli ci erano voluti pochi secondi per realizzare che si, era ormai certo di essere gay, ma che per l’altro provava soltanto amicizia. Inutile dire di come alla fine lui e Jeff ne avessero riso per ore intere, restando comunque abbracciati su quello stesso divano.

«Hey! Non vale rivangare il passato e poi quello era solo un bacio a stampo.» Ci tenne a precisare mascherando una risata con un sonoro colpo di tosse.

«E’ comunque un bacio», sottolineò l’altro stando al gioco di quel loro piccolo siparietto quotidiano, «in ogni caso so che c’è qualcosa che non va Thad ma non ti farò pressioni.» Terminò tornando improvvisamente serio e preoccupato.

Le labbra del moro si dischiusero appena, in procinto di raccontare a colui che considerava la sua unica famiglia ciò che era accaduto, ma l’entrata del dottor Wells interruppe tutte le sue buone intenzioni costringendolo a prestare attenzione alle file di tabulati ed ellissi di DNA disposti lungo lo schermo virtuale del computer. Nel giro di una settimana aveva compiuto grandi progressi nel decifrare e decodificare le lunghe catene composte da globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, tuttavia c’era ancora una parte della catena genetica che gli dava non pochi grattacapi.

Era come se per arrivare alla soluzione avesse dovuto inserire geni non ancora conosciuti alla specie umana o animale attualmente esistente sul pianeta. Di fronte a quell’assurdo pensiero scosse meccanicamente la testa in segno di diniego, convincendosi che probabilmente la troppa caffeina gli aveva bruciato anche gli ultimi neuroni attivi. Imperterrito continuò tuttavia a lavorare, digitando i tasti in rapida successione, mentre gli innumerevoli codici criptati si riflettevano sulle lenti degli occhiali.

«Signor Harwood, come procede la decodificazione?»

Le sue iridi castane si voltarono verso la fonte di quella voce e Thad cercò di mascherare lo stupore di trovarsi davanti il dottor Harrison Wells in persona. Capitava spesso che il grande capo facesse una rapida visita tra i settori per controllare le varie procedure e progressi compiuti, ma mai prima di allora si era concesso una sana chiacchierata con qualche dipendente.

«Procede tutto alla perfezione, signore. Ho già decriptato e controllato un quarto dei progetti attualmente in sperimentazione.» Rispose in maniera professionale sistemandosi la montatura rigida degli occhiali.

«Non avevo alcun dubbio, le tue capacità sono preziose per questa struttura. Ragazzo, permettimi di presentarti uno dei migliori chimici che abbiamo la fortuna di avere.» Aggiunse l’uomo facendo un cenno alle sue spalle.

Soltanto in quel momento Thad parve accorgersi della presenza di un’altra persona all’interno del laboratorio. Un ragazzo di circa la sua età con folti capelli castani, abilmente sistemati in un ciuffo sulla fronte, ed accattivanti occhi verdi lo stava scrutando con attenzione e quello che sembrava sgomento. Si sentiva leggermente in soggezione sotto il peso di quello sguardo profondo e dovette lottare parecchio per non restare a bocca aperta a causa della naturale bellezza del tipo in questione.

«Sono Sebastian Smythe. E’ un piacere conoscerti visto che Harrison mi ha parlato del tuo enorme talento.» Proruppe l’altro, con tono di voce che lui reputò roco e sensuale, allungando una mano nivea nella sua direzione.

Thad si riscosse ricambiando prontamente quella stretta ed avvertendo uno strano senso di familiarità che, tuttavia, non riusciva a collegare a nessuna esperienza personale già vissuta. Per quanto si sforzasse era assolutamente certo di non aver mai visto prima Sebastian, eppure c’era una parte del suo subconscio che sembrava divertirsi un mondo a sgretolare ogni sua convinzione. Cercando di non fare la figura dell’imbecille e timido ragazzo nerd, si schiarì la gola puntando finalmente le iridi color cioccolato in quelle dell’altro.

«Io sono Thad Harwood. Il piacere è tutto mio ed anche tu sei una legenda qui dentro.» Rispose con educazione, notando un leggero cambiamento di espressione nel volto di Sebastian.

L’altro sembrava estremamente teso e nervoso come se lo stesse accusando di qualcosa, a giudicare dalla postura eccessivamente rigida delle spalle, e il moro si chiese se avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato che avesse potuto in qualche modo far mutare atteggiamento al chimico. Il suo stomaco iniziò ad attorcigliarsi dalla tensione e le sue mani afferrarono in automatico il caffè, dimenticato in precedenza, pur di non mostrare il loro leggero tremolio.

«Sono sicuro che avrete modo di lavorare fianco a fianco d’ora in avanti. Per il progetto Heroes sarà necessario l’aiuto di entrambi, ma per il momento la lasciamo tornare al suo lavoro signor Harwood.» Li interruppe il dottor Wells spostandosi verso l’uscita seguito da Sebastian, mentre la mente di Thad era ancora una volta in completo subbuglio.







Sebastian percorreva con fin troppa fretta quel corridoio deserto, aveva appena fatto la conoscenza di Thad Harwood e quell’incontro lo aveva sconvolto più del dovuto. Quella carnagione scura, i capelli mori abilmente sistemati, il naso leggermente pronunciato, le labbra carnose e quegli intensi occhi cioccolato erano gli stessi identici tratti somatici del ragazzo che aveva salvato la sera precedente nei panni di Flash e che puntualmente non riusciva a togliersi dalla testa. Aveva faticato parecchio per evitare di stringere la mano dell’altro con fin troppa energia e si era intimato di non lasciarsi prendere dalla tensione.

Il dottor Wells non era a conoscenza del salvataggio e Sebastian sapeva perfettamente che se lo avesse saputo probabilmente avrebbe rimandato quel singolare incontro. Nonostante le circostanze poco fortuite, avrebbe comunque dovuto lavorare a stretto contatto con quel moretto decisamente appetibile e questo gli avrebbe provocato fin troppi problemi. La riuscita del progetto Heroes era di massima e vitale importanza, ci avevano lavorato per anni ed attualmente stavano continuando a svilupparlo per un motivo ben preciso che soltanto lui ed Harrison Wells conoscevano. Dietro quella matassa di codici genetici si nascondeva in realtà una cura potenziale per arginare gli effetti collaterali dei suoi superpoteri.

Le sue scarpe da ginnastica costose bloccarono giusto in tempo le porte dell’ascensore metallico prima che si chiudessero e lui si infilò al suo interno allungando le dita sottili e lunghe in direzione dei pulsanti. La sua mano tremò visibilmente in modo innaturale mentre premeva il tasto che l’avrebbe condotto nel seminterrato privato di Wells e per fortuna appurò di essere l’unico ospite all’interno di quell’aggeggio mobile. Contò esattamente fino a dieci, iniziando a passarsi la mano destra tra il ciuffo castano e dondolandosi leggermente sul posto, pur di ritrovare un briciolo di autocontrollo e, quando finalmente arrivò a destinazione, Harrison lo stava già attendendo pronto a somministrargli il siero in via di sperimentazione.

L’uomo lo guardava con un velo di preoccupazione ed una faccia talmente seria che lui non aveva dubbi su ciò che stesse per dire. «Gli effetti collaterali stanno diventando sempre più frequenti, Sebastian, e sai cosa significa questo. Se non troviamo subito una soluzione tu potresti mor-»

«Lo so Harrison. Sono perfettamente consapevole dei rischi che corro e di cosa potrebbe succedere al mio corpo ma non ho altra scelta. Non ho scelto io tutto questo né ho mai voluto avere dei poteri ma la gente lì fuori ha bisogno di me. Hanno bisogno di The Flash e di sentirsi al sicuro.» Rispose con convinzione sentendo l’effetto del siero diffondersi in ogni parte del suo corpo agendo con successo.

Sbatté le palpebre per diversi secondi finché non fu certo di aver recuperato il controllo delle proprie azioni; si sentiva intorpidito come se avesse avuto la febbre alta per una settimana nonostante il suo organismo fosse praticamente predisposto a rigettare le comuni malattie quali l’influenza. Sapeva perfettamente che i poteri di Flash a lungo andare avrebbero potuto ucciderlo, eppure a conti fatti sembrava non importargli. L’altra parte di sé era frutto di un mix di radiazioni e provette di laboratorio innescato da un fulmine che l’aveva colpito in pieno; nessun essere umano avrebbe potuto sopportare tanto a lungo tutta quella energia senza risentirne almeno in minima parte.

«Devo andare», aggiunse senza dar modo all’altro di replicare ma fermandosi poco prima di varcare la soglia della porta, «ed Harrison fai in modo che il tuo nuovo pupillo inizi subito il progetto Heroes. Non possiamo più attendere.» Aggiunse prima di chiudersi l’uscio alle spalle.

Camminava da circa una decina di minuti spostandosi in mezzo alla folla chiassosa ed occupata nella solita ruotine caotica. Il cappuccio della felpa nera era abilmente calato sopra la sua testa e le sue scarpe da ginnastica strisciavano sull’asfalto umido del marciapiedi scuro; una leggera pioggerellina bagnava le strade di Los Angeles ma Sebastian la ignorava essendo completamente perso tra i ricordi. Gli occhi verdi sembravano scintillare in mezzo a tutto quel grigiume dai toni monocolore, ma solo un occhio esperto avrebbe potuto notare la leggera patina opaca sopra di essi.

Aveva praticamente intimato a Wells di dare ufficialmente il via a quel progetto che forse avrebbe potuto significare la sua salvezza, e quella di molte altre persone, ma adesso si ritrovava a fare i conti con l’ennesimo problema per lui indecifrabile come il resto della sua esistenza. Heroes significava dover collaborare ogni giorno con Harwood e questo gli provocava una leggera stretta all’altezza dello stomaco. Sebastian era decisamente preoccupato e terrorizzato al tempo stesso. Se una delle sue normali crisi lo avesse colpito nel bel mezzo del loro lavoro, Thad avrebbe scoperto la verità circa la sua identità segreta e, per quanto l’altro lo attraesse visibilmente, non riusciva a fidarsi.

Nonostante i suoi continui turbamenti interiori, il suo subconscio sembrava suggergli di lasciarsi andare e di mostrare finalmente a qualcuno il vero se stesso. La sua mente continuava a spingerlo verso Thad, senza sosta e con determinazione, quasi come a volergli far capire che aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi. Qualcuno che l’avrebbe capito, avrebbe compreso e soprattutto l’avrebbe accettato ed amato per intero. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso amaro di fronte a quella prospettiva e se la situazione non fosse stata così tragica avrebbe sicuramente riso.

Amore. Quella parola non faceva più parte della sua vita da non ricordava nemmeno lui quanto e si era promesso che non avrebbe mai più permesso a quel sentimento di colpirlo nel profondo. L’amore verso i suoi genitori, la sua unica vera famiglia, gli era stato strappato via il giorno in cui sua madre era morta sotto i suoi stessi occhi a causa di qualcosa o qualcuno di molto simile a lui e suo padre era stato incolpato dell’assassinio. Erano passati anni eppure non riusciva a dimenticare quei capelli biondi* scossi dal vento che filtrava attraverso le finestre rotte della loro abitazione, né avrebbe mai potuto dimenticare quel corpo privo di vita riverso sul pavimento pieno di detriti.

Le sue nocche si strinsero in automatico a causa di quei pensieri ed utilizzò tutta la sua forza di volontà per ricacciarli all’interno della parte più remota nel suo cervello. In parte era quello il motivo fondamentale per cui non riusciva ad accettare a pieno quella situazione, si sentiva colpevole e quel doloroso sentimento scavava all’interno del suo animo ogni singolo giorno in cui il suo cuore continuava a battere. Ci aveva pensato parecchie volte a come sarebbe stato smettere di vivere e trovare finalmente la pace. Ma ogni volta che quell’insano desiderio faceva capolino la sua codardia gli impediva di portarlo a termine.

I suoi passi, e quelle continue riflessioni, si arrestarono davanti alla figura di una lapide in marmo grigio lucido incastonata nel terreno e lui allungò la mano per tracciarne i contorni. I polpastrelli sfiorarono con devozione le varie lettere incise sopra, mentre crollava sulle ginocchia sfiorando l’erba bagnata accanto alla tomba. Fu in quel preciso momento che qualcosa sembrò rompersi incrinando la maschera perfetta che si era abilmente costruito attorno e diverse lacrime iniziarono a solcargli le guance ispide di barba. La foto di Charlotte Smythe* lo osservava con un’espressione sorridente da dietro la cornice, non potendo parlargli in alcun modo.

Non seppe quanto tempo diede sfogo alle sue emozioni ma quando quelle stille salate si arrestarono, lasciandogli gli occhi visibilmente arrossati, il cielo stava imbrunendo colorando di arancione l’orizzonte di fronte a lui. Le sue orecchie captarono un movimento improvviso alle sue spalle, segno che qualcuno si stava avvicinando a quella zona del cimitero di solito poco frequentata. Sebastian si alzò spolverandosi i jeans ormai irrimediabilmente sporchi di terra e si premurò di ripulire la lapide da tutta l’erba secca. Il rumore dei passi si arrestò nell’esatto momento in cui l’ultimo filo d’erba veniva tolto.

«Sebastian?»

La voce di qualcuno che lo chiamava lo costrinse a voltarsi in direzione di quel richiamo e le sue iridi verdi si specchiarono in quelle profonde color cioccolato di Thad Harwood che lo scrutava con cipiglio sorpreso, probabilmente non aspettandosi di incrociarlo in quel luogo. Sebastian lo vide mordersi le labbra con un certo nervosismo e non poté fare a meno di restare rapito da quel naturale e spontaneo gesto. Tuttavia sistemò di nuovo il cappuccio della felpa sopra la testa incrociando le braccia tra loro nel tentativo di scaldarsi. Era rimasto sotto la pioggia per diverso tempo ed il freddo era perfettamente in grado di sentirlo a prescindere dai superpoteri.

«Harwood» Rispose con tono cortese, facendo qualche passo in direzione del sentiero che l’avrebbe portato all’uscita.

«Hey ma tu stai tremando», constatò l’altro portando l’ombrello a coprire parte del corpo di Sebastian, «puoi ripararti qui sotto almeno non rischi di ammalarti.» Aggiunse con un sorriso tirato e timoroso indicando il tessuto impermeabile della stoffa.

«Ti ringrazio ma devo declinare l’offerta, abito qui vicino.» Precisò il castano cercando di mascherare il disagio che Thad gli provocava. «Ci si vede a lavoro, Harwood.» Terminò, poi, salutandolo con un gesto della mano ed imboccando il viottolo alberato sparendo oltre le siepi ben curate.












A/N

Scrivere questo capitolo è stata un’impresa ardua ed assolutamente difficile a causa dei passaggi estremamente delicati riguardo il passato di Sebastian e su come sia diventato The Flash. Diciamo che ho corretto molte volte la stesura dell’ultima parte perché ci tenevo a renderla quanto più realistica possibile, soprattutto dopo aver visto in streaming il primo episodio della serie tv andata in onda ieri negli Stati Uniti. Spero di aver fatto un buon lavoro e di essere riuscita a far vedere qualche spezzone del passato di Bas. Nel prossimo capitolo ci sarà probabilmente un punto di svolta nella storia e vedremo se la collaborazione tra i due andrà a buon fine. Non aggiungo altro se avete domande, dubbi, richieste, consigli, critiche o volete dirmi il vostro parere lasciatemi una piccola recensione mi piacerebbe sapere cosa ne pensate in modo schietto e sincero. Grazie di cuore a chi commenta, chi legge e chi mette la storia tra seguiti/preferiti/ricordati. Vi lascio alla lettura!

*Biondi/ Charlotte Smythe: ovviamente trattandosi di Sebastian e non di Barry Allen ho dovuto cambiare colore di capelli e inventare un nome. Nella storia anche il dottor Wells è differente rispetto alla serie tv.

xoxo

Sara
  
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