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Autore: bimbaemo    11/10/2008    2 recensioni
La storia è ambientata 5 mesi dopo Eclipse. Bella ha lasciato Edward e ora sta con Jacob. Ma Bella soffre, non riesce a vivere senza il suo Edward... e lui di certo non si lascerà sfuggire l'occasione di riprendersela..
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Ciao! Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e messo la storia tra i preferiti. Ho pochissimo tempo per aggiornare, scusate! Non ho tempo neanche di rileggerlo, quindi se c’è qualche errore, prdonatemi. Questo capitolo è la conclusione della storia, ma ce ne sarà un altro con tutte le spiegazioni. Bene, vi lascio alla lettura, ricordatevi di recensire!!

*BiMbA*

 

 

 

CAPITOLO 7-  VISITE INATTESE

Non avevo ancora capito chi fossero. Fino a quando non sentii quella voce.

«Edward… Isabella… che piacere rivedervi!» cinguettò Jane.

«Che cosa vuoi, Jane?» ringhiò Edward, ignorando le parole della vampira. Lei sorrise di scherno, poi tornò seria e gli rispose:

«Mi pare di aver capito che non sei in vena di chiacchiere, piccolo Cullen. Bene, sarò chiara: Aro non è più al comando, Caius vuole che gli portiamo la tua mezza umana per parlarle. Poi dobbiamo ucciderla. Fine della storia. E ora togliti.» Ma mio marito non si mosse di un centimetro, ringhiando e mostrando i canini. Jane lo guardò solo un attimo e ciò basto per farlo accasciare a terra. Non sopportavo quella visuale, urlavo forte. Poi un cellulare squillò e, a malincuore, Jane distolse il suo sguardo da Edward per rispondere. Lui fu al mio fianco appena si sentì liberato da quella tortura. Non intendeva arrendersi.

«Caius? Dimmi!» disse Jane, una volta risposto. Rimase un secondo ad ascoltare, annuì e chiuse la chiamata. Si rivolse ai suoi compagni:

«Vuole che gli portiamo anche il piccolo Cullen.» Gli altri annuirono. Poi lei si rivolse nuovamente a noi:

«Se volete seguirci…» Edward non si mosse. Sentii un dolore strano pervadermi… tuttavia era familiare. Dove l’avevo sentito?! Poi notai Jane che mi fissava. E se… Edward riusciva a leggere  miei pensieri, ora. Perciò, anche Jane poteva esercitare il suo potere su di me. Ecco scoperta la fonte del dolore. Ma allora perché era così familiare se prima di allora non l’avevo mai provato?!

«Andiamo.» ordinò Jane.

“Edward” pensai. Lui si voltò verso di me.

“Io vado. Non posso permettere che ti facciano del male. Prendi Rose e andatevene, in modo che non vi prendano.”

“No” pensò lui di rimando. “Io vengo con te.”

«Andiamo!» ripetè la vampira, iniziando ad alterarsi. «La mia pazienza ha un limite, e voi state per superarlo.» Edward, allora, mi prese in braccio. Ma non fece neanche un passo che Jane obiettò:

«No. Non se ne parla. Separate gli sposini.» Uno dei Volturi, non so chi fosse, ma strappò dalle braccia di Edward e mi portò via di corsa. Non riuscii a vedere se gli altri ci stessero seguendo, la velocità era troppa. In più, ero ancora in piena trasformazione, e il dolore mi dava ancora fitte lancinanti. Persi i sensi.

 

Quando mi risvegliai, ero in un ampio salone. Tutte le pareti erano scure e opprimenti. La luce era talmente fioca che sembrava di stare al buio. Ed ero sola. Sdraiata sul pavimento, agonizzante per il fuoco che mi bruciava le vene. Poi una voce ruppe il silenzio.

«Sia chiaro fin da ora che non sei stata portata qui per implorarmi di risparmiarti la vita.» rise. «Sarebbe ridicolo.» Non risposi. Attesi solo che continuasse.

«Isabella Swan, sei qui solo perché voglio dirti il motivo della tua imminente morte.» Di nuovo silenzio.

«Morirai perché, a causa tua… a causa tua… uno dei nostri è morto. E, oltretutto, sei qui perché hai fatto impazzire mio fratello Aro, che non è più in grado di intendere e volere.»

Rimasi zitta assorbendo quelle parole.

«Chi… è… morto…?»

Silenzio.

Silenzio.

Silenzio.

«Alec.»

«Cosa… c’entra… con me?»

Di nuovo silenzio, rotto solo dalla leggerezza dei miei lamenti.

«Dopo… aver sentito l’odore del tuo sangue, rifiutava di… nutrirsi di qualsiasi altro essere umano. Possiamo resistere un po’ di tempo senza bere, ma poi non ce la facciamo più e…» Lo sentii singhiozzare. Poi si mise di fronte a me e lo vidi. Caius, inpiedi davanti a me, il volto contratto dal dolore.

«Era.. come un figlio per me!» grido, prima di scagliarsi contro di me e darmi un calcio che, se fossi stata ancora del tutto umana, mi avrebbe probabilmente perforato lo stomaco. Fortunatamente, la mia trasformazione era quasi completa, e sentii solo un dolore fortissimo al ventre. Gridai. Caius sembrò compiacersi del mio grido, perché si allontanò. Rimase alcuni minuti in silenzio, poi parlò di nuovo.

«E Aro» sibilò «dopo che ve ne andaste, l’anno scorso, Aro rimase assai sconvolto dal fatto che il suo potere non avesse effetto su di te. E ciò lo portò a stare giorni e giorni immobile a riflettere su questo. Sono quattro mesi ormai che non si alza da quella poltrona. Dopo la morte di Alec, mi è sembrato il caso di prendere in mano la situazione.»

«Non…» cominciai. Ma era difficilissimo parlare. «Non è… colpa mia.»

«Se tu non fossi esistita, niente di tutto ciò sarebbe accaduto.»

«Non ha… senso… uccidermi… dopo che… è… già successo…»

«Non ha senso vendicarsi ragazzina? Oh, io credo di no. Entrate!» Urlò l’ultima parola. Sentii solo un leggero fruscìo, prima che Caius riprendesse a parlare.

«Portatela alla torre. Sarà molto meglio vedere ciò che resterà di lei volare per centinaia di metri.»

Non mi opposi quando mi presero di nuovo in braccio. Non ne avevo la forza. Che ore erano? Non ne avevo idea. Questo dolore sarebbe cessato prima della mia morte?  Sentii che eravamo all’aria aperta, avvertii la brezza sul viso.

 

Chiunque mi avesse portata su, mi lanciò senza troppi complimenti al centro della torre. Sentii dei rumori e vidi Edward, disperato, che cercava di laberarsi da due vampiri per venire da me.

“Bella! Bella!” sentivo ancora i suoi pensieri.

“Salvati, Edward, non pensare a me. Ti amo.”

Lo vidi scuotere la testa. Poi Caius gridò:

«Prego, miei cari, cominciate pure!» e rise. E quello che vidi in quel momento mi fece trattenere il respiro.

Un cerchio, intorno a me, fatto di figure scure, dei fantasmi dalle lunghe mantelle, che giravano intorno a me stringendo sempre di più il cerchio. Solo una cosa pensai: il mio non era stato solo un sogno. Un campanile iniziò a suonare.

Uno… Due… Tre rintocchi. Il dolore che Jane provocava tornò a comprimermi. Ecco, quindi, perché era così familiare. Lo sentivo nel mio sogno, quel dolore.

Quattro… Cinque… Sei rintocchi. Il cerchio si stringeva. Rimaneva solo il dolore della trasformazione.

Sette… Otto…Nove rintocchi. Anche il dolore della trasformazione andava scemando. Che stava succedendo? Il cerchio si stringeva. Ma che diavolo di ore erano?

Dieci… Undici…Dodici. Di colpo, sentii tutto il dolore svanire. Nessuna traccia di fuoco rimase nel mio corpo. Presi un respiro lunghissimo. Non mi provocava più fitte al petto. Con una lentezza mostruosa mi alzai in piedi. Il cerchio aveva smesso di girare e di restringersi. Sentii qualcuno che diceva “Come fa ad alzarsi in piedi?”. Ma nessuno aveva aperto bocca. Vedevo tutto perfettamente, anche troppo, niente sembrava sfocato, tutto, anche a grande distanza, era preciso e definito. Avevo capito. Mezzanotte. Tre giorni dopo il morso. La mia trasformazione era completa. Guardai ad una ad una le figure che mi circondavano. Individuai Jane e la fissai. Usò il suo potere contro di me ma non mi provocò dolore. Anzi. Sentii una forza inaudita entrarmi dentro. Un secondo dopo, Jane era stesa a terra, urlante. Una delle figure mi si avvicinò, a una velocità che ora mi sembrava normale, anzi, piuttosto lenta. Senza alcuna difficoltà, bloccai i suoi colpi e presto fu a terra. Tutti mi fissavano impauriti.

Inspirai un po’ d’aria. Non mi sembrava più fredda. Poi, lentamente, sospirai. Un’energia invisibile fece cadere a terra tutti gli altri. Caius non c’era più. Scappato, pensai. Vedendo tutti a terra, mi girai verso il pundo in cui era Edward poco prima. Non c’era. Non feci in t empo ad andare da nessuna parte. Due braccia mi strinsero i fianchi, non con violenza, dolcemente. Sentii la carezza leggere di un paio di labbra che mi sfioravano il collo.

«Edward…» sussurrai.

«E’ finita, Bella. Andiamocene di qui.»

 

 

 

 

CONTINUA….

 

  
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