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Autore: Midnight_whisper    09/10/2014    1 recensioni
Una storia forse leggera all'apparenza, ma molto introspettiva, sull'adolescenza. La storia nasce come sceneggiatura, quindi spero mi perdonerete alcuni passaggi poco narrativi, ma ho dato il massimo. Spero possa piacervi la storia di Claudio, Andrea, Mario, Liliana, Paola e Alessandro.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sembrava di sciogliersi al sole. Un caldo torrido prosciugava le gocce di sudore prima che, staccatesi dalla punta dei capelli, potessero toccare l’asfalto rovente. L’I-pod nelle orecchie di Andrea continuava a martellare un pezzo rock che ormai la stanchezza aveva messo in secondo piano. Rallentò progressivamente e si poggiò le mani sulle ginocchia. Gli venne quasi istintivo poggiarsi sul vaso che gli stava accanto, ma dovette subito ritrarsi indietro quando si sentì scottare il sedere al contatto. Aveva decisamente il fiatone. Aveva le mani sui fianchi, aveva staccato la musica e ora un silenzio irreale pervadeva quel lungo viale senza alberi dove tutti solitamente correvano, tranne in quei giorni d’afa.
Poi quasi dal nulla un rumore di passi cadenzati. Qualcuno stava correndo dietro di lui e fra poco gli sarebbe passato accanto. Ma com’era possibile? Avrebbe potuto giurare che non ci fosse stato nessuno fino a poco prima. Si voltò di scatto e rimase immobile, bloccato. Era Claudio. Andava avanti con la sua solita andatura da maratoneta, instancabile, il viso alto e rivolto alla fine della strada. Gli sfrecciò a pochi centimetri. Non lo guardò nemmeno. Erano arrivati a questo punto? Non si salutavano nemmeno più. Rimase pietrificato per qualche istante, poi lo seguì con gli occhi nella sua corsa. Claudio diventò in pochi attimi un lontano puntino.
E se qualcuno avesse visto tutto questo da fuori, avrebbe potuto giurare che di ragazzi per strada non ce n’erano due. Se qualcuno avesse guardato con Andrea il viale, in prospettiva. Non sarebbe riuscito a scorgere nessun puntino. Nessun maratoneta. Nessun Claudio.
 
Si sentiva maledettamente scomoda su quel lettino. Ci si era distesa ormai tante volte da averne perso il conto. Ancora una volta si trovava lì a dover parlare, da sola. Si sentiva terribilmente stupida. Riprese:
‹‹È stata la prima persona a non aver avuto pregiudizi su di me dopo quello che è successo. Ricordo perfettamente la nostra prima discussione...››
La pensilina mezza rotta permetteva al sole di trapelare parzialmente e di toccare con un rettangolo luminoso la gamba destra di Paola. L’autobus era in ritardo, senza dubbio. Due grosse cuffie le abbracciavano le orecchie e le pompavano in testa musica alternativa. Qualcuno le si mise accanto. Era un ragazzo di altezza normale, intorno al metro e settanta, poco più, dal viso rotondo, la pelle chiara e i capelli di un biondo cenere scompigliati dal vento. I suoi occhi erano azzurri, magnetici. Aveva un’espressione spensierata e leggera, una tracolla con i Beatles stampati sopra. E sembrava un cascamorto. Le chiese l’ora.
Paola si sfilò lentamente le cuffie e fece cenno di ripetere la domanda.
‹‹Mi sai dire che ora è?›› Sorriso affabulatore, patetico.
La ragazza scosse la testa senza rispondere, lasciando ondeggiare i lunghi capelli ondulati. Quegli stessi capelli che, insieme alle sue labbra molto evidenti e i suoi occhi chiari, facevano impazzire tutti i suoi coetanei.
‹‹Ma tu sei Paola... Cristaldi? Quella del...›› Non concluse la frase. Paola lo fulminò prima ancora che potesse concluderla.
‹‹E se anche lo fossi?››
‹‹Piacere, io sono Claudio!››
Stizzita, Paola fece spallucce, visibilmente disinteressata. Eppure il ragazzo sembrava non rendersi conto del fastidio procurato e continuava a parlare, troppo.
‹‹Senti, mi chiedevo...››
‹‹Allora, scusa, parliamoci chiaro: cosa vuoi da me? Sappi che non è giornata, quindi non attaccare a parlare della solita storia perch...››
‹‹Ohi, calma... Volevo solo scambiare due chiacchiere aspettando l’autobus!››
‹‹Beh, non prendertela per favore, ma a me non va proprio.››
Paola si voltò dall’altro lato, facendo per rimettersi le sue ingombranti cuffie nel orecchie.
‹‹Io prendo il 49, tu?›› Claudio sorrise.
Paola si voltò, ancora una volta.
Paola fece entrare in contatto le punte delle sue scarpe. Si ritrovava sempre a guardarsi i piedi quando stavo su quel lettino da psicologo.
‹‹Non saprei dire cos’è successo dopo. Mi dava fastidio all’inizio e poi... mi sono resa conto di aver sbagliato. Mi sono resa conto di quanto fosse interessante, era speciale ed è diventato indispensabile per me. Non saprei come fare senza lui adesso. Penso sia il mio unico amico per ora.››
La psicologa annuiva, mentre lei parlava. Parlava, parlava. Parlava, sempre di Claudio.
La sua terapia intensiva era finita. Avrebbe continuato a vedere la dottoressa solo una volta ogni mese o due adesso. In teoria avrebbe dovuto sentirsi soddisfatta, come se avesse fatto un passo avanti verso una nuova stabilità. Eppure, uscendo da quello studio, Paola non provò nessuna emozione. La strada era sgombra e silenziosa, come capitava sempre in quella fase della giornata. L’ora di pranzo era passata da poco. I palazzi le facevano ombra sul viso. Si diresse lentamente verso il suo motorino. Un vecchio motorino un po’ scassato perché di seconda mano. Le piaceva guardare i marciapiedi tutti rotti della sua città, teneva il volto basso. Solo quando lo alzò vide, seduto sul suo motorino, Claudio. Un sorriso le si dipinse sul volto e accelerò il passo iniziando già a salutarlo con un gesto della mano. ‹‹Ehi! Cosa ci fai qui?››
Claudio si alzò dal sellino per poterla salutare, poi si portò una mano dietro la nuca e la sfregò un paio di volte contro i capelli ‹‹Ma sai, passavo di qui e ho visto il tuo motorino! Mi avevi detto che venivi qui per gli incontri, me ne sono ricordato e... ho aspettato.››
Paola gli si fece incontro salutandolo affettuosamente con un abbraccio ‹‹Ma da quanto sei qui?››
‹‹Non saprei, pochi minuti...›› Il suo solito sguardo vago, perso fra le nuvole.
Già, il suo sguardo era il solito, ma lui sembrava un po’ più assente del solito, da qualche tempo a quella parte.
‹‹Senti...›› Cominciò Paola iniziando a estrarre dalla tasca dei pantaloni le chiavi del motorino.
Silenzio. ‹‹Devi dirmi qualcosa?››
Paola rimase interdetta, voleva sfogarsi, voleva raccontare tutto. Aveva bisogno di parlare, anche di cose inutili. ‹‹No, niente. Scusa... Non è che ti serve un passaggio?››
‹‹Figurati, sto qua dietro...›› La frase fu accompagnata da un lieve cenno del pollice.
‹‹Già... Okay, allora io vado!›› Con pochi gesti tolse il bloccasterzo e il cavalletto.
Girò la chiave. ‹‹Paola...›› La ragazza si voltò con noncuranza, ma sentendosi dentro bruciare al pensiero di cosa le avrebbe detto l’amico ‹‹...hai bisogno di qualcosa? Vuoi parlare?››
Paola titubò. Non sapeva nemmeno lei se volesse davvero parlare o meno. Poi sfoderò un sorriso ‹‹Io? No, perché?››
‹‹Niente, niente! Però, se mi cerchi, io ci sono, va bene?›› Claudio portò le mani in alto come un colpevole quando si vede puntare addosso le pistole della polizia.
Paola rise. ‹‹Ciao...››
Il motorino si svegliò con un ultimo rombo e andò via.
 
Il ronzio del condizionatore era in qualche modo rassicurante e aiutava ad auto-convincersi che quel caldo potesse essere sopportabile. Altrettanto rassicurante era quel ragazzo con cui Mario parlava. Mario, sempre così occupato a cercare di apparire in un certo modo, quando parlava con lui si riusciva ad aprire, come non riusciva con nessun’altro.
‹‹È tutta una situazione strana. Non so cosa pensare. Hai presente quello che ti ho raccontato? Quella cosa successa l’ultimo giorno di scuola?››
C’era piuttosto caldo mentre Mario passeggiava sotto il sole dell’ultima giornata scolastica. La fresca battaglia di gavettoni l’aveva visto sconfitto su tutta la linea ma, anche se non l’avrebbe mai ammesso, amava quella sensazione di bagnato che contrastava l’afa estiva. Non pensava a nulla quando si sentì stringere i fianchi da dietro. Si voltò di scatto. Ragazza di media altezza, piuttosto magra, capelli lunghi, appena ondulati e castani, gli occhi chiari nascosti da alcuni tratti del viso un po’ goffi. Era certo che fosse lei. Era Liliana.
‹‹Ehi!›› La ragazza lo abbracciò da dietro sentendo inevitabilmente l’acqua di cui la maglietta di Mario si era impregnata ‹‹Ma che hai combinato?››
Mario si passò una mano fra i capelli corti, vedendo chiaramente qualche goccia saltare a destra e a sinistra ‹‹Mi hanno distrutto a forza di gavettoni. Maledetti... Si sono alleati tutti contro di me! Non lo trovi pazzesco?››
‹‹Veramente no! Non eri tu quello che faceva gli agguati lanciando palloncini dalle finestre fino a tre ore fa?›› Sapeva che in fondo gli importava ben poco dei gavettoni, ma era certa che avrebbe risposto, come sempre, in maniera perentoria.
‹‹Liliana, non vuol dire nulla. Io adesso sono completamente fradicio.››
Liliana non poté trattenere un sorriso, mise il suo braccio sotto quello di Mario e comincio a camminare rallentando l’andatura del ragazzo e sentendosi immediatamente in imbarazzo. Iniziò a sorridere freneticamente, da stupida, ma lui non se ne accorse. Perché era così impacciata?
‹‹Ah, ho parlato con Alessandro! Mi ha detto di averti visto con una ragazza qualche giorno fa! Da soli al cinema... Chi è? Non mi hai detto che ti vedevi con qualcuno!›› Sorrise sforzandosi.
‹‹Davvero non te ne avevo parlato?›› Mario sfilò gli occhiali da sole appesi al colletto della sua maglietta e li porto al viso con fare spontaneo. Non la guardò.
‹‹Ora che ci penso, forse... Ma è stato tanto tempo fa! Sei uscita con quella... Sara?›› Ricordava benissimo di quella Sara. Non gli era certo balenata in mente all’ultimo momento.
‹‹Sara? No, ma cosa dici! Con lei ho solo flirtato, mesi fa, infatti! Sono uscito con Claudia... un’amica di Sara, in effetti!›› Non doveva voltarsi verso di lei. Sguardo in avanti, sorriso stampato.
‹‹Oh, ogni tanto mi chiede come arrivi a conoscere tutte queste ragazze! Non ti bastano quelle che hai già vicine, quelle che conosci meglio?›› Poteva sempre dire di stare parlando di qualcun’altra, dopotutto.
‹‹Vorresti dire che... dovrei provarci con quella di terza C? Non so, non credo di conoscerla poi tanto bene!››
Liliana sfilò il braccio dal corpo di Mario e lo porto con un gesto automatico ai suoi capelli. Iniziò a toccarsi una ciocca, insistentemente ‹‹No, lascia perdere. Quindi, pensi sarai con questa Claudia, quest’estate?››
Mario si sentì bene a sentire quella frase ‹‹Non lo so, dipende da come mi andrà. Certo se volessi potrei portare la mossa finale e il gioco sarebbe fatto! Ma un po’ mi sono annoiato con lei...››
‹‹Certo, ti capisco.››
Mario si fermò di colpo. ‹‹Oh, scusa, preso com’ero non ho pensato che ho la moto posteggiata da questa parte.›› E indicò una stretta strada laterale. ‹‹Ci salutiamo?››
‹‹Oh, certo! Buona estate Mario.›› Lo baciò su una guancia e fece un immediato passo indietro.
‹‹Naturalmente ci sentiamo! Usciamo con gli altri! Magari ci facciamo una chiacchierata in chat in questi giorni!››
‹‹Okay, ci conto. Ciao ancora.›› Liliana accelerò il passo e fu via, in pochi attimi.
Il volto di Claudio era rimasto impassibile per tutto il racconto.
‹‹Certo, che me lo ricordo. Perché me lo chiedi?›› Il suo solito sorriso rassicurante. Il solito di Claudio.
‹‹Perché? Perché io non so cosa pensare! Da quando abbiamo parlato quella volta mi sento come... una pulce nell’orecchio. Ecco.››
 
‹‹Secondo te fra noi può esserci qualcosa?›› Lo sguardo di Liliana puntava interrogatorio quello della sua migliore amica Alice. Erano entrambe distese sul letto. L’oggetto della discussione era il solito Mario.
‹‹E lo chiedi a me? Non lo conosco nemmeno! Però, insomma, per quanto mi racconti, mi sembra che sia un tipo un po’ stronzo. E poi se la tira!››
 
‹‹Lo so Claudio, lo so perfettamente. Siamo completamente diversi e non credo di essere interessato a lei, infatti. Ma allora, come mai la penso?››
Claudio osservò un momento l’amico. I suoi lineamenti non erano troppo dolci ma era senza dubbio un tipo affascinante. Aveva un taglio di capelli molto eccentrico: rasato dal lato destro e lungo in quello opposto. Da sempre Claudio gli diceva che non gli donava, ma alle ragazze sembrava piacere. Prese il respiro.
‹‹Mario, ti faccio notare che ogni volta che ti sei messo con una ragazza era o perché dovevi vincere una scommessa o perché ti piaceva il suo culo. Ma pensare a queste cose spontaneamente: ad una ragazza... è normale!››
 
‹‹Cosa intendi dire?››
‹‹Intendo dire che per me tu hai solo paura, Liliana. Il passato è passato.››
 
‹‹No, aspetta un momento: tu mi stai dicendo che dovrei provarci? Dovrei provarci con Liliana?›› Mario era appena amareggiato nel pronunciare quelle parole e non fece altro che incitare un asciutto sorriso sul volto di Claudio.
‹‹Ci provi con tutte, perché con lei no?››
 
‹‹Va bene, va bene. Ma... se poi lui non ci sta?››
‹‹Allora non gli dirai mai niente, non ti dichiarerai mai a nessuno e la tua vita sarà quella di una vecchia zitella sola e colma di rimpianti.›› Alice si voltò dall’altro lato del letto, come a chiudere la discussione.
 
‹‹Non so, ecco. Io credo che lei non faccia per me, semplicemente. Mi conosci: non starei mai con una come lei. Parliamo di Liliana! Ti ricordi Liliana? Timida, introversa, riservata? Non fa per me.››
Claudio smise di ruotare sulla sedia che si trovava di fronte la scrivania di Mario per guardarlo dritto negli occhi ‹‹Tu hai chiesto il mio parere. E io ti sto solo chiedendo: e se fosse questa? La tua fermata giusta?››
  
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