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Autore: Magali_1982    10/10/2014    3 recensioni
"Per questo correva sempre così tanto, così veloce. Per rendere indefiniti i contorni di una realtà aliena, dove non aveva punti saldi di riferimento. Per questo annotava tutto ciò che valeva la pena di apprendere, sentire, vedere, assaggiare, leggere. Per trovare il vero significato da dare alla sua seconda possibilità." Mai come dopo una distruzione totale servono punti di riferimento. Persino a un uomo definito "Leggenda Vivente". Steve e Captain America ora sono due entità divise, in conflitto. Sole. Alla ricerca di un modo per convivere e di un nome creduto perso in una tormenta di neve. A volte, l'unico modo per andare avanti è tornare indietro, a casa e scoprire di non essere stati i soli a farlo perché esiste un altro Soldato dilaniato tra due nomi. La loro guerra è la stessa e ciascuno cerca di punti fermi per non precipitare; un viaggio lungo e allo stesso tempo brevissimo, scandito da una lista.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Nick Fury era stanco.
Lo scoprì all'improvviso in una fredda notte autunnale, mentre il vento scuoteva i rami degli alberi del viale di Iffley Road. Sembrava il momento che solo uno scrittore particolarmente a corto d'idee poteva inventarsi per dare drammaticità al suo eroe: uno di di profondo sconforto, con le forze della natura ostili tenute fuori solo da una porta e quattro, tetre mura.
La casa era immersa in un silenzio squallido. Nonostante vivesse lì da diversi giorni, il Colonnello non si era azzardato a scoprire i mobili, lasciando al loro posto i teli bianchi, così come aveva fatto Clint. Gli unici segni di vita erano in cucina, col piano di lavoro ingombro degli avanzi di una cena thailandese take away e il bricco del caffé colmo e ancora caldo.
Non aveva mai realizzato cosa fosse successo fino al momento dopo la partenza di Occhio di Falco e della Vedova Nera.
Niente più sedi di comando, niente più agenti da dirigere. Niente più missioni.
Niente più obbiettivi.
Con l'unico occhio buono, fissò lo schermo del computer portatile. Lesse alcuni passaggi di un rapporto e poi lo chiuse, togliendosi nel frattempo un auricolare; quello tornato in funzione quando Stark era riuscito a dare allo SHIELD una nuova via di comunicazione.
Sorrise con cattiveria.
Lo aveva fatto di nuovo; aveva pensato allo SHIELD come a una realtà ancora viva e in grado di agire sotto il suo comando. Allo stato attuale della sua situazione, sarebbe stato saggio chiedersi se mai lo avesse comandato davvero.
Cosa aveva governato?
Cosa aveva ereditato dai fondatori della Riserva Scientifica Strategica?
Con un sommesso stridio di freni, una grossa jeep scura si fermò nel parcheggio adiacente l'ingresso. Ne scese Laogharie Randall, sempre ben infagottata nel suo giaccone. Andò a prendere un paio di buste di Tesco dal portabagagli e dando un' occhiata nei dintorni, affrontò il corto vialetto che dava accesso alla porta tinta di un blu ormai sbiadito e scrostrato. Si meravigliò di trovare l'appartamento al buio.
“Direttore Fury?” mormorò esitante. Era certa di non essere stata seguita, dal suo ritorno da Heathrow dopo aver accompagnato Natasha e Clint al loro aereo per gli Stati Uniti. Posò il suo carico e rimanendo rasente al muro, prese da dietro la schiena una piccola pistola dalla cinta dei pantaloni; la armò e braccia tese in avanti, proseguì il suo cammino.Trovò Nick nel soggiorno.
“Non dovresti più chiamarmi così.” le disse senza voltarsi per guardarla. “Non ho più nulla per giustificare quel titolo.”
“Ne è così sicuro?” ribatté la donna, brusca. Non ottenendo altra risposta, imprecò qualcosa in gaelico; rinfoderò l'arma e portò quanto aveva comprato nell'altra stanza, per disporla nei pensili sopra i fornelli. Mentre sistemava del latte nel frigo, decise di non poter lasciar cadere il discorso. Prese quanto era rimasto della cena precedente, lo buttò via e tornò da lui.
“Sono atterrati?” domandò risoluta, andando a sederglisi accanto sul divano sfondato.
“Sani e salvi. Sono già alla Stark Tower.”
“Questo significa che hanno eseguito i suoi ordini. E sempre per ordine suo, sono stati a Londra per scoprire se l' HYDRA vi aveva lasciato tracce recenti.”
Lentamente, Fury piegò il capo verso sinistra, per guardare quella veterana scozzese disposta a dar fondo alla proverbiale testa dura della sua gente, pur di spronarlo.
“Cosa sarebbe successo se Stark non fosse riuscito a usare uno dei suoi satelliti per farmi comunicare con loro?”
Non si aspettò di vederla sorridere. “E' stato lei a dirgli di farlo?”
“No.” La fronte di Nick si aggrottò.
“E allora non le sembra strano che un personaggio egocentrico, scostante e individualista come Iron Man abbia fatto una cosa del genere da solo per aiutare i suoi compagni?”
Laogharie si tolse il pesante pastrano; le cicatrici da ustione spiccavano, spettrali e bianche, alla luce incerta dei lampioni stradali. Dovevano tirarle ancora molto, quando rideva o sorrideva. Nick la conosceva da una manciata di giorni ma non l'aveva mai sentita lamentarsi a quel proposito o venire meno a quanto le veniva chiesto di fare.
Stava rischiando molto più del suo lavoro di guida turistica nell' aiutare un uomo che doveva continuare a risultare morto, per il resto del mondo. Aveva offerto il suo aiuto a Wilson con spontaneità, come non ci fosse stata altra scelta possibile; si era esposta per dare una pista concreta da seguire a Clint e Natasha.
Mai una domanda, una richiesta di spiegazioni, un tentennamento.
“Posso chiederle cosa la spinge a voler mettere a repentaglio la sua vita per un' organizzazione che non esiste più, maggiore Randall?”
La donna si strinse nelle spalle, raccogliendo i secondi necessari per formulare la risposta.
“Ogni militare al mondo conosce la storia dello SHIELD. Uno dei nostri più famosi soldati è stato suo alleato, durante la Seconda Guerra Mondiale. Sappiamo con che scopi è nata e sono certa che qualcosa di quello spirito è riuscito a preservarsi. Non lo vede? Il Progetto Avengers, tanto osteggiato, sta dando i suoi frutti e se lo sta facendo è perché personalità tanto diverse, persino in conflitto l' una con le altre, hanno compreso la vera missione dell' organizzazione.”
La famosa idea.
Quella su cui, segretamente, Nick Fury aveva sempre puntato. Forse non aveva mai davvero creduto al2l' arsenale di armi generate dal potere del Tesserakt; nemmeno alla reale efficacia di Insight.
Lo SHIELD non era nato con lo scopo di prevenire il male a qualsiasi costo. Non avrebbe dovuto calpestare senza vedere la direzione del suo passo.
Lo scopo di quello scudo era di salvare. Salvare e proteggere il mondo intero da battaglie che ormai esulavano dalle solite definizioni. Era per quelle ancora da scrivere, che lo SHIELD era stato fondato.
“Non so come aiutarli” ammise; una folata di vento più forte fece sbattere un ramo contro le finestre del bovindo, che vibrarono appena. “Non c'è nulla che possa fare per loro.”
“Non sarebbe venuto in Gran Bretagna, se così fosse stato. Ha continuato a dirigere i suoi uomini, signore. Sono certa non smetterà.”
Gli occhi grigi e saggi di Laogharie studiarono il computer. “Posso chiedere cosa stava leggendo?”
“Stark mi ha fatto avere i primi risultati sulle indagini che stiamo conducendo tra Europa e Stati Uniti. La base HYDRA trovata a Londra aveva delle caratteristiche assai peculiari: vi si tenevano degli esperimenti, condotti su soggetti fatti rapire e poi sparire in caso d' insuccesso.”
Nick era preparato all'espressione sgomenta e disgustata che sarebbe giunta; accolse quella di Laogharie con un solo cenno del capo, in silenzio. L'orrore non aveva bisogno di commenti superflui, per far sapere di esistere.
“I nostri nemici hanno sfruttato le nostre stesse conoscenze; non hanno mai abbandonato l'intenzione di creare un esercito di soldati spietati e senza emozioni, perfettamente addestrati a uccidere senza fare domande.”
“E' tutto nato dal Siero che fece nascere Captain America?”
“Riteniamo di sì.”
Il maggiore Randall strinse a pugno le mani appoggiate sulle ginocchia; il modo in cui strinse le labbra rivelava chiaramente fosse scossa più di quanto volesse far trasparire.
“Cosa sta pensando?”
“A una sciocchezza.”
“La dica. C'è bisogno anche di sciocchezze, in momenti simili.”
“Durante la mia missione in Iraq, ho avuto spesso a che fare con le tribù dei villaggi sparsi nel deserto. Più che capire la loro lingua, andava compreso il loro comportamento dove non esistevano parole ma solo determinate azioni per esprimere concetti impossibili da riferire. La simbologia dell' onore, del potere, della minaccia avevano un vocabolario proprio fatto di gesti apparentemente privi d'importanza. Qui...vedo uno scopo, signore, per quanto raggiunto involontariamente.”
Si alzò e andò verso le finestre. Sembrava voler seguire il suo ragionamento tra le foglie strappate via dai rami, come ci fosse un disegno prestabilito dietro la fatalità di una folata di vento.
“Il Capitano Rogers è stato il vero successo della Riserva Scientifica Strategica, all'epoca; Sam mi ha parlato del Soldato d' Inverno, l'assassino perfetto. E' nato dal suo migliore amico e ne è diventata una sorta di nemesi; Si colpisce il proprio bersaglio in un modo molto peggiore di una pallottola piantata nel cuore, in questo modo. Se penso al Tenente Falsworth...chissà come ci sarebbe rimasto male, nel sapere il nemico per cui si è alleato con Rogers proprio nella sua Londra!”
Lo scrittore senza idee che era il Destino decise fosse venuto il momento di un' epifania. Di regola, queste non avvenivano sempre dopo il momento di massima commiserazione del già citato eroe?
Il Direttore Fury si sentì investito da una scossa di adrenalina tale da lasciarlo perfettamente immobile per un lungo istante.
Fino a un secondo prima, era stato disposto a dare credito al commento amaro di Laogharie Randall classificandolo come mero, seppur efficacie, esercizio di stile; considerazioni espresse per sottolineare la tragicità di un fatto. Ma dopo era stato pronunciato quel nome e tutto si era trasfigurato.
“Come dice?” domandò a bassa voce, incredulo. Per quanto uno del suo stampo potesse concedersi il lusso di una debolezza come l' incredulità.
“Stavo parlando di Londra-”
“No, prima!” Nick aprì di scatto il portatile e lo avviò nuovamente.
“Ho citato il tenente James Falsworth” ripeté la donna, di nuovo titubante nel vederlo in preda a una tale frenesia.
“Appunto. Uno degli Howling Commandos. Origini inglesi!”
Il programma finalmente si avviò: sul monitor si aprì una finestra nera e una voce calma e amichevole declamò le generalità del Colonnello, per procedere a una scansione dell' impronta.
“Jarvis, deve mettermi immediatamente in contatto con Stark. Priorità massima.”
Se la sua intuizione si fosse rivelata corretta, non solo avrebbe dovuto rendere grazie alle indiscusse abilità antropologiche e linguistiche del maggiore Randall ma avrebbe potuto aiutare concretamente l'unico progetto che lo SHIELD era riuscito a far nascere dal suo antico principio.
Bisognava sempre credere negli Eroi.




Qualcuno aveva acceso della musica.
Le note lo stavano cullando nel suo stato d'incoscienza; sette delicate carezze capaci di divenire più decise e illanguidirsi fino a morire dolcemente nel silenzio per riprendere col prossimo brano.
James non sentiva più il fischio lacerante della tormenta; era l'attacco, morbido, esitante, di un pianoforte. La melodia girava in volute sempre più articolate, mantenendo una dolcezza di esecuzione intima, come se il musicista fosse intento a suonare un pezzo d'esercizio, nella quiete di una stanza baciata dal primo sole del mattino.
Musica. Quanto gli era piaciuta, sempre. Sia ascoltarla che suonarla.
In un tempo sepolto dalle righe di un pentagramma appena ritrovato, c'erano i pomeriggi polverosi di Brooklyn trascorsi in una bettola; ore per scaldare le dita e prepararsi a sostituire un pianista impossibilitato a raggiungere il suo quartetto jazz per lo spettacolo della sera. Era un buon modo per racimolare soldi in un periodo dove nemmeno un padre ufficiale dell' esercito poteva garantire una vita decorosa a una moglie e ai loro quattro figli.
Era...divertente. E non ero mai solo.
L'oblio terapeutico del sonno cominciò a sparire, bassa marea che lasciava scoperta una spiaggia. Una spiaggia piena di acuminati pezzi di vetro, ciascuno affondato nella sabbia troppo tenera della battigia.
Il suo corpo non stava bene; il dolore pulsava mescolandosi alle ultimi visioni di ricci di fiamma e fiocchi di neve. Mugolando appena, cercò di aprire gli occhi.
L'immagine era sfocata ma sorrise; avrebbe riconosciuto quell' album da disegno tra mille.
Spalle chine, la mano destra impegnata a tracciare complesse volute su un foglio.
Quando veniva chiamato all' ultimo minuto per un' esibizione in uno dei locali di Brooklyn, Steve lo seguiva e si portava da fare i compiti per la sua Scuola d' Arte. Era proprio vero che il Destino poteva possedere un modo di procedere sempre uguale.
...Un momento.
Andava bene essere un assassino spietato con seri problemi di memoria ma era abbastanza certo che Steve non avesse lunghi capelli scuri. Figuriamoci del-
... resto.
Ovvero un corpo femminile di tutto rispetto.
Sbatté le palpebre.
Si trovava nella camera da letto assegnatagli dal figlio di Howard. Dalle grandi finestre a parete intera filtrava l'ultima luce arancio e indaco del tramonto. Era stato fatto stendere sul letto e proprio lì accanto, a vegliarlo c'era Andy.
La ragazza alzò la testa in alto, piegandola piano prima a destra, poi a sinistra, per dare sollievo alle vertebre del collo. Posò la matita contro il blocco e trovandolo sveglio, sorrise in un modo tale da farlo vergognare. Non si poteva meritare tanto sollievo.
“Bentornato tra noi, James.”
“Per quanto tempo sono rimasto incosciente?”
“Un bel po'. E non ti sei svegliato nemmeno quando ti abbiamo pulito la ferita.”
Ferita?
Si accorse in quel momento di essere nudo dalla cintola in su; una grossa garza, applicata con nastro adesivo medico, gli copriva quasi tutto il fianco. Il braccio sinistro, splendido, artificiale, terribile, spiccava con la violenza inespressa del metallo contro il bianco delle lenzuola. Lo sguardo saettò subito su Andy; era sempre quieta, indifferente allo spettacolo che stava vedendo.
“Con dei muscoli del genere, mi avresti fatto fuori in un secondo, a Central Park.”
“E pensa che non ho nemmeno il mio aspetto migliore.”
Aveva scoperto da un paio di giorni che con lei risultava facile usare uno spirito arguto rimasto inerte per settant' anni; il Soldato sapeva non si sarebbe offesa per la sua battuta.
“Cosa è successo? Dove sono gli altri?”
“Pepper è andata a riportare in infermeria le medicazioni avanzate; Steve e Natasha sono qui fuori, credo stiano ancora discutendo. Siamo saliti noi con te, dai laboratori.”
“Discutere?”
“Te lo ha mai detto nessuno che pieghi la testa come un gatto? E' carino.”
“Stai cercando di sviare le mie domande?” Andy sogghignò davanti alla sua aria minacciosa.
“Volevo farti un complimento, Sergente Barnes. La prossima volta dirò hai un aspetto da spaventare a morte.”
“Ecco, così è decisamente meglio.”
Chiuse l'album da disegno con cura e lo posò ai piedi del letto. Bucky era pronto a scommettere di sapere chi glielo aveva dato.
“Sei svenuto dopo la spiegazione di Tony sul-” La sua sincera pietà la fece esitare per farle trovare la parola giusta “-procedimento a cui ti sottoposero in Germania. Ho chiesto a Steve e Pepper di poter venire con voi ma una volta fatto sdraiare a letto, ci ha raggiunto anche Natasha.”
“C' ha ripensato e voleva darmi qualcosa peggio di un pugno?” domandò ironico. L'aria scanzonata sparì nel sentirsi addosso la serietà di Andy.
“Siamo state io e lei a curarti. Forse adesso mi sopporta un po' di più.”






“Credo non sia il momento di chiedersi in che lingua abbia parlato.”
Andy aveva scostato i capelli di James dalla fronte e si era ritratta con uno scatto fulmineo della mano. Vide la pelle imperlata di sudore, le macchie rosse sulle guance spiccavano su un viso privo di colore.
“Scotta. Deve avere la febbre.”
“Non credo dipenda dalla pioggia presa ieri.” Era ironico fosse Steve a farlo notare; il ragazzo asmatico, affetto da rachistimo e da una lunga serie di limitazioni dovute alle malattie più diverse non sapeva cosa fosse un bacillo influenzale dal 1943. Osservò l'amico con apprensione, chiedendosi cosa potesse avere. Alzò le sopracciglia di colpo.
“Steve?” domandò perplessa Pepper nel vederlo afferrare il Soldato per le spalle.
“Mettetegli dei cuscini dietro la schiena, devo farlo stare seduto.”
Bucky emise un lamento flebile ma non si svegliò. Meglio così, perché Andy non voleva immaginarsi la sua reazione nel sentirsi spogliare di maglia e canotta.
A quanto sembrava, a New York erano attualmente in circolo due sculture ambulanti, anche se forgiate da circostanze diverse.
C'erano delle cicatrici sui muscoli perfetti del Sergente Barnes; la peggiore era quella che correva, slabbrata, lungo l'inserzione del braccio bionico con la spalla, dove l'umanità di un corpo fatto di sangue, pelle e ossa s'interrompeva crudelmente per lasciar posto alla disumanità di un arto robotico. Nonostante questo, la perfezione dell'insieme non poteva venir guastata; anche se segnata profondamente da crepe, lingue sbiadite di tessuto cicatriziale sparse sul petto e l'addome.
“E questa?” Andy rabbrividì.
Ogni incantesimo doveva finire; era nella loro natura illusoria. Presto ci sarebbe stato un altro, ingrato trofeo da sfoggiare per James.
La ferita aveva un andamento che dal posteriore del dentato sinistro scorreva sul lato del fianco fino all' inserzione con l'addominale intermedio. Nonostante fosse superficiale, era altrettanto chiaro fosse quello il motivo della febbre improvvisa, stimolata anche dal trauma ricevuto in laboratorio con la rivelazione parziale dei piani dell' HYDRA. Le due labbra erano state chiuse sommariamente con dei punti a farfalla e pulite con un disinfettante operatorio. Erano gonfie, con un colorito rosso acceso per nulla promettente.
“Deve essersi medicato da solo, dopo aver lasciato la baia del Triskelion.”
Andy e Pepper avvertirono lo stomaco contrarsi allo stesso modo, di fronte alla pena contenuta nella voce di Steve.
“Dobbiamo rifare tutto.” Andy si riprese per prima, cominciando a lambiccarsi il cervello su cosa si doveva fare. Possedeva un' infarinatura generica su argomenti infermieristici ma desiderò comunque fortemente di avere sua madre accanto. Realizzando la sua mancanza, strinse i denti e ricacciò indietro le lacrime.
“I punti vanno sostituiti e dopo la medicazione, va messo uno strato di protezione tra la pelle e gli indumenti.” Sì, stava reagendo nel modo giusto. Implorò il suo orgoglio di non mollarla proprio adesso. “Deve essere stato lo sfregamento con la divisa a causare il principio d' infezione.”
“Tu puoi farlo?” chiese Steve, ansioso.
Andy scosse il capo in un cenno negativo carico di sconfitta. “Ho studiato disegno, è mia mamma l'infermiera.”
“Se non sbaglio lo era anche la tua, Rogers.”
Natasha era ferma sulla porta, le braccia conserte. Pareva fosse lì da diverso tempo o riusciva a darne la perfetta impressione.
Alla fine, dopo la risalita dai sotterranei, si era decisa a cercare Steve per cominciare a capire cosa stesse succedendo al suo amico dopo aver ritrovato il Sergente Barnes. Non si era pentita del pugno datogli prima ma se davvero quella macchina di morte stava tornando alla vita, gli doveva la stessa possibilità di riscatto che lei stessa si era meritata lottando con le unghie e con i denti.
Avanzò nella camera e si chinò appena verso il letto.
Era assurdo ma da quando lo aveva visto, poco tempo prima, nel soggiorno open space di Stark, non avvertiva più il terribile gelo che la stava perseguitando dalla distruzione dello SHIELD.
“Sono certa che due teste potranno mettere insieme il modo di uscire da questo momento. Pepper, ci servirebbero garze sterili, un applicatore di suture e dei punti. Oltre a una massiccia dose di antibiotici e disinfettante.”
“La nostra Infermeria ne ha in esubero, di queste cose.”
Si alzò, imitata da Andy. L' agente la bloccò con un'occhiata. “Steve, vai tu. Ci penseremo io e la signorina Martin, quando sarete tornati con l'occorrente.”
La provocazione lanciata sortì subito l'effetto voluto; Steve irrigidì le spalle, pronto a scattare e mettersi davanti alla ragazza per difenderla, fosse stato necessario.
“Perché?”
“Perché ti conosco e non voglio vederti ronzare intorno al tuo amico chiedendomi ogni minuto se lo sto aiutando oppure ammazzando.”
Allora era vero quanto avvertito poche ore prima.
Andy Martin era importante per lui. Molto più di qualsiasi altra donna venuta a incrociare il cammino di Captain America dopo il suo risveglio.
Recuperato il materiale richiesto, Natasha cacciò via senza troppo garbo un preoccupato e impacciato Super Soldato, raccomandando a Pepper di tenerlo buono. Solo dopo si voltò verso Andy, rimasta al capezzale di Bucky.
“Te la senti?”
“Solo se mi spiegherai cosa hai in mente. Credevo non mi sopportassi.”
La ragazza arrossì ma non abbassò lo sguardo. Prima Steve era disposto a mettersi in mezzo pur di proteggerla da un altro scontro verbale con la Vedova Nera; non ce n'era bisogno, dal momento che stava dimostrando di sapersi arrangiare da sola e fronteggiare una donna sicuramente molto più preparata di lei a vincere in una realtà fatta di complotti internazionali, battaglie e morte.
Ha coraggio.
“I civili sono palle al piede, per noi.”
“Ne sono consapevole.”
“Ma se ti sei fidata del Soldato d' Inverno tanto da volerlo aiutare adesso, vuol dire che hai fegato. Volevo solo esserne certa.”
Andy sbuffò un sorriso mordace. “Mi sembrano i presupposti migliori per l'inizio di una splendida amicizia.”
Lavorarono instancabilmente per quasi un'ora; l'operazione più complicata fu togliere la vecchia sutura, fatta male e approssimativamente.
“Passami le forbici.”
Natasha sentì il peso dello strumento, appoggiato sul palmo della mano, proteso dalla parte corretta. Fortunatamente, il tessuto cutaneo aveva già cominciato a guarire e in tempi assai più rapidi di quelli preventivati per ferite di quel tipo.Un altro “regalo” del trattamento di Zola.
“Per fortuna non c'è cattivo odore” mormorò Andy, sollevata. Preparò su una pinza un grosso tampone di ovatta imbevuta di alcol. “Niente rischio di necrosi.”
“Tua madre è una vera infermiera, allora, se sai questi dettagli.”
“Visto che siamo destinate a diventare anime gemelle, imparerai presto non amo mentire.”
La sagacia della giovane disegnatrice era di quelle dotate di denti bianchi e bellissimi, sicuramente capace di piantare morsi dolorosi e profondi tra un sorriso e l'altro. Con l'esperienza accumulata nello studio dei caratteri, Natasha impiegò poco tempo nel vedere l'intento di difesa dietro l'attacco. Esistevano davvero infinite maniere per non andare in pezzi e farsi vincere dalla tensione.
“Abbiamo finito. Vai a chiamare Steve prima che pensi di poter buttare giù la porta con una sola spallata.”
Andy annuì ma prima di andare ad aprire, si fermò.
Attorno a loro aleggiava l'odore chimico tipico di una stanza di ospedale e nei suoi occhi, di nuovo impudentemente in cerca di quelli della spia, aleggiava una domanda precisa.
“E' vero che ti ha sparato contro due volte?”
Niente poteva rendere più audaci dell' aver avuto le mani sporche del sangue di una persona.
“Sì.”
“Allora per quale motivo lo hai aiutato?”
Poteva apparire una stupida richiesta di spiegazioni; era solo ingannevole. Natasha inclinò appena il capo verso terra, continuando a fissarla.
“Nel nostro mondo, il confine tra bene e male può essere distorto e spostato a piacimento. Non posso avercela con chi è stato vittima inconsapevole di questo trucchetto.”
Non avrebbe detto altro. Non a lei. Andy lo comprese senza bisogno di altre stilettate silenziose; annuì solennemente e finalmente fece tornare Steve.
Come previsto, ci volle un po' di pazienza per rassicurarlo sul fatto che Natasha non solo non aveva avvelenato James ma nemmeno accoltellato o dissanguato. Alla fine anche Pepper sospirò di sollievo e raccolse quanto era avanzato delle medicazioni. Non annunciò nemmeno l'intenzione di andarsene; lo fece e basta, in punta di piedi.
“Sembra proprio ti debba ringraziare.”
“Prego, non sforzarti troppo. La gratitudine comporta uno dispendio di energie debilitante persino per un Super Soldato.”
Steve provò a dare un lodevole tentativo di risata; servì solo a rendere maggiore l' imbarazzo provato nel sapere di dover qualcosa a una persona a cui spettava ogni diritto di avercela a morte col Soldato d' Inverno e non in senso figurato.
Alle loro spalle, Andy si schiarì la voce.
“Immagino che l'agente Romanoff sarà stanca dopo il viaggio da Londra.”
Natasha afferrò l'occasione con una soave scrollata di spalle.
“Esatto, Steve; perché non mi accompagni a vedere in quale sgabuzzino mi terrà Stark?”
Per soffocare le probabili obiezioni, afferrò l'uomo per il braccio e dopo due secondi, erano fuori dalla porta.




James ascoltò il racconto di Andy con gli occhi chiusi. Ne aprì solo uno, puntandolo deciso sulla ragazza.
“Lo hai fatto apposta.”
“Si notava molto?”
“Sì, era un tentativo un po' patetico.”
In risposta ottenne un paio di braccia che si tesero verso l'alto, stiracchiandosi voluttuosamente.
“Ho comunque ottenuto il mio scopo; spero si stiano chiarendo.”
Il Soldato richiuse le palpebre, sperando in quel modo di non rendere palese il desiderio che lo stava attraversando; era certo che Andy si sarebbe accorta di qualcosa e non era decisamente pronto a rivelare a una ragazza tanto perspicace cosa lo turbava.
Sperava ardentemente di avere anche lui l'occasione per parlare con Natasha Romanoff. Di saperla nella stessa stanza, di sentire di nuovo la sua voce, ammirare il rosso dei suoi capelli. Forse in quel modo avrebbe ricordato.
Ricordato i reali motivi per cui, tanti anni prima, si era trovato in una base segreta in Siberia ad addestrare l'unica sopravvissuta di un gruppo di ventotto adolescenti provenienti da ogni angolo dell' Unione Sovietica, scelte per determinate caratteristiche. Agilità, intelligenza, abilità nel sopravvivere o raggirare il prossimo.
Lei era stata la bambina di neve.
Malienki edieveska sniecko.
Prima di quel soprannome non c'era nient'altro; solo uno un sipario dal livido colore viola, quello assunto dall'aria invernale quando cominciava a nevicare. James non sapeva, non ancora, dire cosa ci fosse prima: era uno dei tanti, troppi buchi neri in cui era andato a gettarsi il suo passato. Stava riemergendo solo la parte dedicata a Steve ma sapeva, con istinto animale, ci doveva essere molto altro.
Perché lui non era solo Bucky. Non più.
“Andy?”
“Sì?”
“La musica di prima l'hai scelta tu?”
La riservatezza della ragazza andò in mille, lucenti frantumi a quella domanda; si animò di colpo, tendendosi verso di lui. Per l'entusiasmo, congiunse le mani in un piccolo, attutito applauso.
“Ti piaceva? Io l'ascolto sempre, quando disegno.”
“Era molto bella. Di chi è?”
“L'ha composta un musicista italiano per un uno dei miei film preferiti, tratto da un romanzo che avrò letto decine di volte: Orgoglio e Pregiudizio.”
Il titolo gli diceva qualcosa. L' immagine di una ragazzina dagli occhi grigi uguali ai suoi emerse per un istante. Stava leggendo quel libro seduta nella veranda di una casa grande ma decisamente trasandata.
“La faresti ripartire? Era un bel pezzo di pianoforte.”




Steve non stava credendo alle sue orecchie.
“Non devi usare queste scuse.”
Il sopraciglio ramato di Natasha s' inarcò con eleganza. “Pensavo fossimo diventati abbastanza...intimi da farti capire quando scherzo oppure no.”
Cercò di mettere tutta la malizia necessaria in quell'allusione ma vedendo come il suo interlocutore spianava la fronte, senza nemmeno prendere un po' di colore sulle guance, capì di aver perso.
“Non riesco a farti perdere la calma. Stark ti sta abituando alle frecciate.”
“Non ti è mai venuto in mente che già qualcun altro mi aveva abituato alle sue battute?”
Senza dire altro, lasciandole il tempo di intuire a chi si stesse riferendo, il Capitano condusse la Vedova Nera nell' appartamento di Tony. Sul tavolo principale dell' open space troneggiava ancora quanto rimaneva del suntuoso brunch offerto ai Vendicatori.
“Caffé, giusto?”
“Sì. Nero e con un solo cucchiaio di zucchero.”
Per fortuna il bricco era ancora pieno e la bevanda, tollerabilmente tiepida. Sicuramente era uno dei tanti retaggi comportamentali sopravvissuti agli anni Quaranta ma la donna sorrise compiaciuta nel vedere l'amico prepararle personalmente la tazza e offrirgliela.
Dopo aver girato il cucchiaio per qualche istante, ne bevve un sorso, poi un secondo.
“Come è successo? Come lo hai trovato?” gli chiese a bassa voce, come stesse tentando di venire a conoscenza di un segreto. Era sicura di non essere troppo distante dalla verità.
Steve si sedette, posando il pugno destro sulla superficie scura e traslucida di cristallo.
“Ero partito da Washington con l'intento di mostrare a Tony il dossier che mi avevi dato. Mi ci sono volute due settimane per trovare il coraggio necessario; temevo trovasse al suo interno la notizia di come il Soldato d' Inverno avesse ucciso i suoi genitori.”
“Non è stato lui. Vero?”
“No ma questo non cancella il sangue versato per conto degli ordini impartiti dall' HYDRA. Io-”
S'interruppe, stropicciandosi il volto con l'altra mano. Sotto le dita sentì l'ispido di una barba lasciata crescere in quegli ultimi giorni.
“Io so che non era in lui, Natasha. Non lo è più stato, da quando Zola e i suoi uomini lo catturarono e resero un'arma perfetta, senza emozioni e ricordi. Il vero Bucky non avrebbe mai compiuto crimini del genere e ora sto vedendo quel Bucky farsi strada nell' uomo che abbiamo lasciato a riposare.”
Un uomo che era stato annientato e ricostruito secondo una logica di spietata determinazione. Steve non ebbe bisogno di dirlo; osservò la compagna di tante missioni e vide nei suoi occhi felini la comprensione sperata.
“Forse non tornerà più il ragazzo che hai conosciuto e amato.” provò a farlo ragionare, con quella delicatezza scoperta dal momento in cui avevano imparato di potersi fidare l'uno dell' altra.
“Lo so.”
“Questo non toglie che sia stata la vostra amicizia a spezzare le catene con cui lo legava Pierce. Ti ha seguito, per caso?”
“Sì. E' stato allo Smithsonian, ha visto la mostra e mi ha cercato e trovato qui, a New York.”
Natasha sorrise. Non c'era bisogno d' altro per sottolineare l'ovvio: qualsiasi cosa fosse successa, se era bastato Steve a chiamarlo per nome per provocare una scossa tanto devastante in un guerriero privato di tutto, significava l'esistenza di legami capaci di miracoli. L'entità di quest' ultimo si sarebbe scoperta solo col tempo.
“E poi ha salvato Andy Martin dal rapimento.”
Per poco non si mise a ridere, nel vedere Steve agitarsi goffamente sulla sedia. Bevve altro caffé ed attese con la pazienza dei gatti a caccia di ottenere nuove risposte.
“E' stato più complicato di così.”
“Ricordo il racconto di Tony ma io vorrei sentire la tua versione.”
“Devo proprio?”
Natasha tamburellò le dita sul tavolo. Il tichettio delle sue unghie aveva un che di sinistro.
“Vuoi che torni assillante come in passato?”
Vuoi di nuovo chiuderti in te stesso?
Non sarebbe stato giusto proprio nei confronti della ragazza amante dei cappelli con strane orecchie feline. Era stata Andy ad avergli indicato la strada giusta, con un libro.
“L'ho conosciuta per caso qualche giorno fa. A Central Park, dove va sempre a disegnare; è il suo lavoro.”
Un pezzo alla volta, confessato dopo mille e mille ripensamenti, Steve permise a Natasha di vedere quanto non aveva concesso nemmeno a Bucky. E diede la possibilità a se stesso di ammettere quanto era visibile da tempo, proprio davanti ai suoi occhi. Si sentì come un cieco inconsapevole pronto a vedere quanto aveva rinnegato.
“E' una ragazza molto carina. E scommetto non ha piercing sulla lingua.”
“Pensavo non ti piacesse.”
Con un gesto vago della mano, portò dietro le spalle una ciocca di capelli fulvi. “Ho sbagliato a giudicarla. Ero convinta avresti chiamato Sharon, come ti avevo suggerito.”
Questa volta, non c'era nessuna allusione partorita apposta per imbarazzarlo.
“Temo di avere dei problemi con chi cerca di manipolarmi. So che proteggermi era la sua missione ma Fury non voleva solo questo. Non si fidava di me, non completamente e mi aveva assegnato una sorvegliante.”
“Puoi biasimarlo?”
“No ma avrei preferito la verità.”
Il caffé era finito da un pezzo. Non il loro confronto.
“Sempre questa illusione della verità in grado di salvare, Capitano?”
Degli occhi azzurri cercarono pacatamente, con determinazione, i suoi. “L' ultima volta persino tu ci hai creduto.”
Steve Rogers non avrebbe mai posseduto la stoffa della spia; nemmeno la capacità di vendere per oro del volgare piombo placcato. Era per questo che le sue parole erano naturalmente dotate di una t forza pura e incorruttibile.
Natasha sbuffò una risata e tirò più vicino un vassoio di ciambelle.
“Ero solo convinta, beh- che avresti scelto qualcuna come noi. Del nostro mondo.”
“Natasha. Non sono stato completamente del vostro mondo, mai.”
Eppure ci sarebbe stato sempre bisogno di uomini giusti, di spie letali, di soldati infallibili. Persino di egocentrici scienziati milionari. Erano tutti pezzi sopravvissuti di uno scudo, piacesse loro o no. Per alcuni di loro, gli altri componenti di quella squadra destinata a trovare ogni volta nuovi punti di un improbabile equilibrio erano quanto di più simile potessero associare alla parola “famiglia”.
“Adesso cerca di non aspettare mesi per parlare con lei, va bene?”
Steve scosse il capo, esasperato e divertito insieme.
L' umanità poteva essere di nuovo in pericolo ma c'erano bisogni e sentimenti decisamente riottosi a farsi imbrigliare dal senso di responsabilità.
“Te lo prometto, agente Romanoff.”






Angolo (tetro e buio) dell' autrice: il brano scelto da Andy e che sta ascoltando mentre veglia su Bucky, non è per nulla casuale: fa parte della colonna sonora del film Pride and Prejudice con Keira Knigtley. E' stata scritta da Dario Marianelli e vi do un caldissimo consiglio se apprezzate il genere o amate il pianoforte: REPERITELA! E anche il film è un gioiellino!
Grazie a una domanda di una lettrice, mi sono accorta troppo tardi di aver dimenticato una noticina importante nello scorso capitolo: mo chirdre è una parola gaelica e può essere tradotta con "mia bambina" o "mia piccola".
Una cosa però non la scordo: di dirvi ancora grazie. E offrirvi muffin da qui a fine mese per le vostre parole, le chiacchiere, i momenti che condividiamo ridendo. Grazie, grazie davvero!
Maddalena





















 
  
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