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Autore: Koaluch    10/10/2014    2 recensioni
Tutti potevano ammirare il lato luminoso della Luna, proprio come tutti potevano vedere in Ale la persona brillante che era. Pochissimi esseri umani però erano riusciti a vedere il lato oscuro della Luna, quello nascosto alla Terra.
Così come questo meraviglioso satellite eclissa il suo lato buio, Ale, il nostro protagonista, cela nel suo animo un segreto che lo macchia nel profondo, obbligandolo a nascondere quella parte di sé che l'ha cambiato drasticamente da quando aveva tredici anni.
Il nostro protagonista si ritroverà ad odiarsi, o meglio, odiare ciò che si cela in lui, poiché se stesso è ciò che mette davvero in pericolo la persona che ama.
Ma perché è diventato così? Perché non può avvicinarsi a lei, che subito entra in campo l'istinto di farle del male?
Nessuno sa come e perché quel giorno il fato ha deciso di cambiare la sua vita per sempre.
 
"Perché quella ragazza magnifica non sarebbe mai potuta essere sua. Nemmeno se Ivan non fosse mai esistito. Nemmeno se quell'episodio al mare non fosse accaduto. Nemmeno se lei lo avesse voluto."
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luna se ne stava in silenzio ad ascoltare, in attesa che Ale continuasse la storia. Il suo sguardo era rivolto verso il mare, quindi Ale non poté decifrare la sua espressione. Era impaurita? Scettica? Lo odiava? Questo non riusciva a vederlo e il silenzio di lei gli provocava solo insicurezze. Ormai però doveva andare sino in fondo e il fatto che Luna non fosse ancora scappata nel panico lo aiutò ad andare avanti. Purtroppo però il peggio doveva ancora arrivare.

I mesi erano passati da quel brutto giorno e Ale aveva ripreso una vita normale. Lo spavento iniziale dovuto al cambio di colore dei suoi occhi era già scemato e ormai si stava abituando alla sua immagine riflessa nello specchio che lo fissava con due penetranti occhi blu. Suo fratello non sapeva dare una spiegazione neanche a questo e a parte le analisi iniziali, non aveva scoperto niente su quella sostanza nonostante le ripetute ricerche che portava avanti. La scienza era il suo campo e non poter scoprire nulla sul problema che aveva il fratello lo faceva star male. Avevano escluso l’ipotesi di portarlo da altri dottori. Dario era sicuro che la sostanza non esisteva e non voleva far finire Ale analizzato da dottori che volevano solamente scoprire di più su una anomalia che avrebbe avuto fama mondiale. Insomma, era stato d’accordo con Marco per tenere in quella casa quello strano segreto.
Ale in quei mesi era stato bene, non aveva avvertito malessere o stranezze e il dolore iniziale era solo un brutto ricordo. Dario gli faceva le analisi del sangue una volta al mese, sperando di non trovarci la strana sostanza. Purtroppo però il corpo di Ale sembrava davvero non poterla smaltire e le quantità erano più o meno sempre le stesse.
Tutto sommato però non potevano lamentarsi, erano stati fortunati, si dicevano.
Poi un giorno successe una cosa inaspettata.
Marco stava andando al supermercato dietro casa e Ale lo aveva accompagnato. Avevano deciso di andare a piedi perché era una bella giornata e soffiava un venticello che rendeva l’aria fresca e leggera. Erano le sette di sera e di gente in giro ce n’era poca, così Ale riuscì subito a sentire la voce di un ragazzino che gridava. Si fermò di scatto per poi correre nella direzione della voce. Sentiva Marco corrergli dietro chiedendo cosa gli avesse preso, ma non si fermò finché non raggiunse un piccolo spazio erboso dietro una fila di case. Quattro ragazzi gli davano le spalle e un altro ragazzino, l’unico di cui riusciva a vedere il viso era seduto a terra con un labbro sanguinante e gli occhi spalancati per la paura. “Glielo dirò!” continuava a ripetere.
Uno dei quattro fece due passi verso il ragazzino, facendolo tremare e accovacciare ancora di più. “Lo spero per te” gli disse continuando ad avvicinarsi
Ale non voleva intromettersi, erano fatti loro e lui non c’entrava assolutamente nulla. Qualcosa nello sguardo del ragazzo a terra però lo spinse a volerlo difendere. Sembrava averne bisogno.
“Smettetela!” disse a voce alta e decisa.
I quattro ragazzi si girarono contemporaneamente a guardarlo per la prima volta. Evidentemente nessuno si era accorto di lui fino a quel momento. Erano molto alti e tutti e quattro avevano vestiti costosi e i capelli pettinati accuratamente all’indietro. Erano almeno qualche anno più grandi di lui e del ragazzino che stava a terra.
“Prego?” disse quello più a destra, girando leggermente la testa. L’aveva detto in tono tranquillo e educato, che indusse Ale a pensare che fosse uno con cui si può parlare tranquillamente.
“Non vedi che lo spaventate? Lasciatelo in pace” disse con un’alzata di spalle.
I quattro rimasero in silenzio per qualche secondo, poi uno di loro si mosse talmente all’improvviso e inaspettatamente che Ale non se ne accorse. Il dolore lo fece quasi lacrimare, ma si morse un labbro per trattenersi. Il ragazzo sulla destra lo aveva colpito talmente forte che lo zigomo gli sanguinava. La rabbia che ne seguì fu inaspettata almeno quanto il colpo. Come si permetteva? Un’istinto di vendetta lo pervase e lo fece dimenticare di dove si trovava, di chi era e che suo fratello magari lo stava cercando. Esisteva solo lui e quel ragazzo che ora se la rideva insieme ai suoi amici. L’avrebbero pagata tutti quanti e magari anche il ragazzino per terra, che era la causa per il quale si era beccato un pugno. Prima il ragazzo a destra però. Iniziò a tremare incontrollabilmente e i ragazzi davanti pensarono che aveva paura, cosa che li fece ridere ancora di più.
Ale scattò in avanti travolgendo il ragazzo che lo aveva colpito e buttandolo a terra. Gli diede un pugno in faccia, ma non gli bastava. Voleva fargli più male. Sentì i suoi denti farsi appuntiti e bucargli le labbra tanto facilmente che quasi se ne sorprese, così le affondò nel braccio del ragazzo, mordendo più forte che poteva. Quello urlò di dolore e spavento e in meno di un secondo gli furono tutti addosso.

Marco aveva un brutto presentimento fin da quando Ale era scappato via di corsa. Correva velocissimo, il ragazzino e così lo aveva perso di vista. Lo aveva chiamato urlando tra le vie del Webmley, ma di lui non c’era traccia. Continuò a cercarlo finché non senti un ragazzo urlare. Non era la voce di Ale, ma andò a controllare per sicurezza.
Dietro un angolo, un gruppo di ragazzini se ne stava a terra ad azzuffarsi. Cose che succedono, si disse. Se ne stava per andare quando, guardando meglio , riconobbe Ale in mezzo alla mischia. Marco non poteva credere ai suoi occhi. Ale stava letteralmente strappando la carne a morsi dal braccio di un ragazzo che era sotto di lui e gli altri tre cercavano di tirarlo via. Uno di loro diede un calcio in testa ad Ale che avrebbe dovuto mandarlo fuori combattimento, ma Ale si girò verso di lui con i denti insanguinati e il volto sfigurato dalla rabbia. Lo guardò per un istante, durante il quale il ragazzo fece un passo indietro, spaventato, poi Ale si buttò su di lui. Alla luce del crepuscolo Marco riuscì a vedere il volto di Ale. Non lo aveva mai visto così. I lineamenti erano distorti dall’odio e dalla rabbia, i suoi denti erano appuntiti e le sue labbra insanguinate, ma lui non sembrava curarsene, anzi sembrava provarne piacere, ma peggio di tutto, i suoi occhi blu da angioletto ora erano rossi, come il sangue che ricopriva il suo viso.
Spaventato fece un passo indietro. Quello non era suo fratello! Che cosa era stato di lui? Cosa aveva davanti adesso? Provò disgusto nel vederlo in quello stato, non era mai stato tanto sconvolto in vita sua. Non poteva permettersi però di rimanere con le mani in mano. Non sapeva cosa aveva davanti, ma quei ragazzi erano in grave pericolo e lui doveva fare qualcosa. Scattò in avanti e sollevò Ale di peso. Era forte e cercava di liberarsi. Molto più forte di quanto ricordasse. Sembrava addirittura più forte di lui.
Per miracolo riuscì a tenerlo quanto bastava per non farsi mordere anche lui. I quattro ragazzini a terra lo guardavano spaventati, sguardo ricambiato da Marco, e ci misero mezzo secondo a sparire. Del primo ragazzino che aveva visto prima in disparte non c’era traccia già da un po’.
Ale continuava a dimenarsi e urlare.
“Lasciami andare, fratello.”
La sua voce gli fece ghiacciare il sangue. Non aveva mai sentito Ale parlare in quel modo. Il suo tono di voce gelido era carico d’odio e per di più lui non lo aveva mai chiamato “fratello”, nome che in quel momento gli sembrava quasi un insulto.
Distratto dalle parole che Ale aveva detto se lo fece scappare e si sentì morso su una mano.
“Smettila, piccoletto!”
Era nel panico. Ale era suo fratello, non gli avrebbe mai voluto fargli del male in quel modo, eppure lo stava facendo. Ale non accennava a smettere, anzi stringeva sempre più forte e i suoi denti appuntiti bucavano con facilità il palmo della mano del fratello.
Nella disperazione, Marco trovò il coraggio e gli diede un pugno per farlo smettere. Quel mostro che sembrava suo fratello perse i sensi per il colpo. Forse aveva esagerato, ma in quel momento era troppo sconvolto per non sentirsi sollevato. Se lo caricò in spalla e corse verso casa.

Dario faceva avanti e indietro per la piccola stanzetta dove riceveva i suoi pazienti. Appena Marco era tornato a casa in quelle condizioni gli era preso un colpo. Avevano poggiato Ale sul lettino e dopo aver controllato che stesse bene aveva notato che Marco ci si teneva debita distanza. Così, mentre gli fasciava la mano che sembrava esser stata morsa da un lupo, aveva sentito quella terribile storia che non poteva essere la verità. Era talmente impossibile che aveva sperato che lo stessero prendendo in giro, ma purtroppo era un medico e sapeva distinguere benissimo una ferita vera da uno scherzo. Si diresse verso Ale e con le mani tremanti accese una lucetta e la puntò verso l’occhio che aveva aperto di Ale. Era di un “normale” azzurro cielo e dei denti appuntiti che aveva menzionato il fratello non c’era traccia. La bocca di Ale però era inspiegabilmente insanguinata.
Quando il ragazzo riprese i sensi non riuscì a dare spiegazioni alle domande del fratello. Non sapeva perché lo aveva fatto, aveva solo sentito di odiare tutti quei ragazzi e poi anche suo fratello che aveva provato a fermarlo. Scoppiò in lacrime. Era una persona orribile, aveva fatto cose orribile e peggio di tutto, era qualcosa di orribile, qualcosa a cui nessuno sapeva dare una spiegazione, un mostro.
Qualche giorno dopo Dario gli disse che ciò che gli era successo quel giorno al parco era stata la causa di tutto quello che aveva fatto l’altra sera, ne era certo. Tentò anche di rassicurarlo dicendogli che non è stata colpa sua, che non poteva farci niente e cose del genere, ma Ale si chiuse in camera sua e non volle parlare con suo fratello Marco per almeno tre settimane.

“Episodi come quello non si sono verificati spesso, sapevo che ero qualcosa di strano, e da quella volta cercai sempre di non arrabbiarmi. Ogni tanto la situazione mi è sfuggita leggermente di mano e quando succedeva i miei fratelli se ne accorgevano dal colore rossastro dei miei occhi, ma avevo il terrore che succedesse di nuovo come quella sera, quindi mi controllavo sempre più che potevo. Poi passò qualche anno e mi ritrovai a fare i conti con un altro problema.”

Ora Ale aveva sedici anni, sapeva benissimo cosa aspettarsi se si alterava e, anche se non avevano scoperto bene il perché, sapeva che era per via di quella strana sostanza che aveva nel sangue. La sua vita era ripresa a scorrere quasi normalmente quanto prima di quella sera. Durante l’inverno si rintanava con i suoi amici a casa di qualcuno a giocare ai videogiochi e durante l’estate andavano al mare a divertirsi.
Proprio in uno di quei giorni di estate avevano deciso di andare in una spiaggia diversa, così Ale e il suo gruppo conobbero Brian e i suoi amici sfidandoli a beach volley. Passarono la giornata insieme e decisero di pranzare in un ristorante lì vicino. Si sedette accanto a lui una ragazza che si era presentata come Glenys. Aveva i capelli a castani caschetto che le arrivavano alle spalle e due grandi occhi azzurri che brillavano di una strana luce. Ne era stato subito colpito. Avevano un colore talmente intenso che sembravano irreali quanto i suoi e in quel momento non li trovò più tanto strani. Glenys gli piacque fin da subito e sentiva che tra loro c’era uno strano feeling. Anche se non si rividero più con Brian e gli altri, lui rivide la ragazza qualche altra volta. Era la prima ragazza che sentiva piacergli veramente, era strano avere qualcuno di così vicino e allo stesso tempo così irraggiungibile. Un giorno prese coraggio e la invitò a casa. Le aveva preparato un fiore, il massimo che aveva potuto fare non essendo riuscito a farle un regalo per il troppo imbarazzo. Voleva confessarle che gli piaceva, e non appena lei mise piede in casa lui glielo disse. Sentiva il cuore battere all’impazzata e dopo lo sentì stranamente leggero quando lei rispose che voleva stare con lui, prendendo il fiore tra le sue mani come fosse il regalo più bello del mondo.
Insicuro su cosa dire, la baciò un po’ insicuro, ma quando vide che lei lo voleva si fece più convinto. Di punto in bianco si accorse di quanto la voleva. La voleva sempre di più fino a che non si ritrovò a chiedersi se non era troppo. Sentì un strana sensazione, come di perdere il controllo e subito si ricordò quando aveva provato una sensazione del genere. Con orrore si rese conto di perdere il controllo, come gli era successo quella sera che voleva cancellare dalla sua vita. Sentì di nuovo i denti bucare le labbra, ma questa volta erano le labbra della ragazza che stava baciando. Poi sentì il sapore del sangue che gli gocciolava sulla lingua e si rese conto che ne voleva far scorrere altro. La ragazza si ritrasse. Aveva sangue che le colava dal labbro e una faccia sgomenta. Aveva visto i denti appuntiti di Ale ed ora li guardava con occhi spalancati. Poi fissò i suoi occhi in quelli di Ale e si spaventò ancora di più.
“Ale, i... i tuoi occhi...”
Quel briciolo di Ale che combatteva ancora per rimanere normale lo fece girare verso lo specchio che aveva in soggiorno, aspettandosi di vederli rossi. La sua iride era di un viola intenso, un colore che non può esistere in natura. I suoi occhi erano ancora più spaventosi di quando li vedeva rossi e grazie alla paura, per un attimo ritornò in sé.
“Te ne devi andare” le disse bruscamente.
“Non ti senti bene? Che cosa sta succedendo? Voglio aiutarti.” Sembrava davvero preoccupata, ma era ancora lì.
“Va via.” Ale tremava. Non si era arrabbiato, anzi stava molto bene in quel momento, ma allora perché provare quella sensazione, la sensazione di essere un mostro, se gli succedeva solo quando si alterava? Alterava... quando si arrabbiava provava una sensazione forte e il cuore gli batteva veloce. Quando aveva baciato Glenys aveva provato su per giù le stesse emozioni. Come aveva fatto ad essere tanto sciocco da non pensarci prima? Era pericoloso e doveva prendere precauzioni. In quel momento sentiva solamente la voglia di farle del male e questo non lo aiutò nel cercare di allontanarla da sé stesso.
Sentì una carezza sulla guancia e il suo cuore aumentò il ritmo. No, no, no, no!
Si voltò verso di lei e a giudicare dall’espressione spaventata della ragazza aveva una faccia spaventosa. Lei fece qualche passo indietro, molto lentamente . Quel gesto lo fece sentire un predatore che spaventa la preda e rise di gusto. In risposta lei indietreggiò ancora di più. Un attimo e le fu addosso. La ragazza non poteva fare niente, era completamente in balia di lui

“Non so se posso arrivare ad uccidere, ma di sicuro non mi sarei limitato a qualche ferita superficiale se mio fratello non fosse tornato prima dal lavoro. È stato orribile comunque. Non ha voluto denunciarmi perché le abbiamo fatto credere che ero matto e in fondo mi voleva abbastanza bene perché le facessi pena. Mio fratello ha giustificato i miei denti e i miei occhi inventandosi sintomi si una sindrome con un nome strano e lei ci ha creduto senza approfondire. Da quel momento mi sono tenuto a debita distanza da qualsiasi cosa potesse farmi provare emozioni più forti del normale, ho evitato persino di bere o di farmi un giro sulle montagne russe al luna park. La mia vita si è incentrata sul tenere sotto controllo quello che provavo e ci riuscivo bene, perlomeno fino a che non ho incontrato te.”
Luna teneva ancora lo sguardo fisso sul mare. La parlantina di Ale era giunta al termine e ora non aveva più niente da dire. Aspettava solo di essere odiato, quello che si meritava.
La ragazza si girò verso di lui, ma di punto in bianco Ale perse il coraggio di guardarla e abbassò lo sguardo.
“Ale, guardami.”
Non c’era odio nella sua voce, ma Ale non riuscì a guardarla lo stesso. Se non lo odiava significava che provava pietà per lui e vedere la compassione negli occhi di Luna era un’umiliazione troppo grande da poter sopportare. Scosse la testa e continuò a fissare il pavimento di pietra tormentandosi le unghie.
Luna gli prese le mani per farlo smettere e le strinse delicatamente tra le sue.
“Scusami se ti ho fatto star male ieri nella grotta.”
Ale alzò di colpo lo sguardo, incredulo. Luna stava chiedendo scusa a lui? La guardò negli occhi questa volta e non trovò traccia della pietà di cui aveva avuto paura. Vide solamente senso di colpa. Che cosa ridicola. La colpa non era la sua.
“Luna, io sono un mostro, qualcosa che non dovrebbe esistere!”
“No Ale, sapevo fin dall’inizio che nascondessi qualcosa, ma non potresti mai essere altro che te stesso.”
“Sono un pericolo per chiunque mi stia vicino.”
“Non mi farai mai star male tanto quanto mi fai star bene.”
E detto questo sembrò sentirsi in imbarazzo. Le parole le erano sfuggite via senza poterle controllare.
Ale rimase qualche minuto in silenzio. Aveva sempre pensato che chiunque avesse scoperto il suo segreto lo avrebbe odiato e ripudiato. Certo i suoi fratelli lo sapevano, ma erano la sua famiglia, cresciuti con lui e non potevano odiarlo. Anche Adam lo sapeva, ma forse non avendolo mai visto di persona non riusciva ad immaginare quanto potesse essere grave la cosa. Luna invece lo aveva visto e per ben due volte. Fortunatamente non fino in fondo, ma sapeva quanto bastava per odiarlo e non volerlo mai più rivedere. Invece era lì a dirgli che le aveva fatto più bene che male da quando si conoscevano. Esisteva davvero qualcuno all’infuori della sua famiglia capace di amarlo pur sapendo il suo segreto, e quel qualcuno era lì, davanti a lui. Qualcosa gli diceva di doverla lasciare andare, che avrebbe sofferto ancora in futuro se fosse rimasta con lui, ma in quel momento sentiva solamente il bisogno di starle vicino. Starle vicino ed abbracciarla. Non la voleva con cattive intenzioni, non per farle del male, ma solo con amore e voglia di essere felice con lei.
Un abbraccio lo rese dimentico di ciò che lo circondava, di ciò che era successo e poi come a prenderlo in giro un bacio lo rese vigile e gli fece tornare in mente il giorno precedente, il giorno al mare, ma non solo. Gli ricordò anche tutto ciò che era successo con Glenys e, meno recentemente, con suo fratello Marco. Si allontanò da Luna ma, non volendola ferire si sforzò per sorriderle.
“Grazie per essere venuta oggi, grazie per essere ancora qui adesso.”
Lei gli sorrise dolcemente e gli prese le mani. Il tocco lo fece star bene, ma aveva bisogno per stare da solo in quel momento così chiese a Luna di vedersi il giorno dopo.

Una volta a casa Luna si ritrovò davanti una madre furente. Sembrava proprio essersi alzata col piede sbagliato ma, peggio ancora sembrava essere arrabbiata con lei. Sua madre non si arrabbiava mai con lei.
“Tutto ok, mamma?”
“Dove sei stata?”
“A scuola...” disse con un’alzata di spalle.
“E allora perché la scuola ha chiamato dicendomi che sei sparita? Stavo per chiamare la polizia! Ti rendi conto che si sono preoccupati tutti? Dov’eri?”
“Non sono stata tanto bene.”
“Ah si? Questa mattina però stavi abbastanza bene per uscire all’alba e presentarti a casa dei Thompson! E ieri invece dov’eri in realtà invece di essere a casa di Kate? “
“Ma tu come fai a...”
Come diavolo faceva sua madre a sapere tutte quelle cose? Non era mai stata così protettiva come lo era ora, e ora non ce ne era proprio motivo!
“Eri con quel ragazzo, non è vero?”
Il silenzio di Luna parlò per lei. Sua madre in qualche modo aveva saputo la verità, forse chiamando a casa di Kate, e lei non ce la faceva a negare davanti all’evidenza. Abbassò lo sguardo aspettandosi una sfuriata, ma la madre disse semplicemente: “Non voglio che lo frequenti ancora.”
Luna alzò lo sguardo per protestare, ma qualcosa nell’espressione della madre le fece cambiare idea. Soffriva davvero per quella situazione, non era solo un capriccio della madre, ma Luna non riusciva a capire perché. Gli occhi di Nicole erano lucidi, come se si stesse trattenendo dal piangere e le mani le tremavano. Senza dire una parola Luna si chiuse in camera sua e ci rimase fino all’ora di cena, scendendo solamente per mangiare in silenzio. I tentativi di Chris di cominciare una conversazione erano evidenti, ma né Luna né sua madre si sforzavano per farlo felice. Alla fine rimase in silenzio anche lui finché Luna non risalì in camera sua.




Spazio autrice.
Ciao a tutti! Dopo un po' di tempo sono tornata e ho scritto un nuovo capitolo :D Chiedo scusa se sono stata assente per un periodo, ma le idee proprio non ne volevano sapere di arrivare e mi ero bloccata non sapendo come andare avanti. Anche se procedo a rilento non ho intenzione di abbandonare questa storia, alla quale tengo molto perciò ecco oggi un nuovo capitolo. Ho avuto paura che fosse troppo "forte" come capitolo, perciò chiedo a chiunque lo leggesse di farmi notare se così fosse.
Un po' di tempo fa avevo scritto che un paio di canzoni mi avevano ispirato per scrivere questa storia. La canzone che questa volta mi ha ispirato è stata: Three Days Grace - Animal I Have Become =)
Grazie a tutti per la lettura,
Un bacio, Koaluch!

   
 
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